« Non ne posso più. Datemi il mio resto. »
Non li guardavo in faccia. Non mi guardavano in faccia. Per un lungo istante nessuno aveva una faccia.
La storia durava ormai da diversi anni. Era iniziata in modo confuso e rapido, come quando nell’agguato le ombre immobili si staccano dai muri e si fanno veloci ed ostili. Ma non c’era stato nessun vero agguato. Io mi ero mosso per primo. Nessun agguato. Anzi, si erano inizialmente spaventati, rompendo il loro cerchio, ognuno concentrato di colpo sulla possibile via di fuga, poi speranzosi mi si assieparono intorno, da bravi cialtroni. E cominciarono a prendere tempo. Anch’io d’altra parte presi il tempo: il loro. Era un gioco d’astuzia: prendersi tempo a vicenda, magari calcolando che a qualcuno non sarebbe, ad un certo punto, più bastato. Ma chi di loro poteva avere l’audacia, per compiere un tale calcolo? Non erano zotici, e in fondo neppure cialtroni. Questo no. Ma erano abbastanza pericolosi. E mai mi guardavano in faccia. Ed io neppure, per dispetto. E in quella penombra di torsi, di mani e braccia agitate, di piedi strisciati nella polvere, avanzavamo e indietreggiavamo, come un’onda.




di Gianluca Veltri


