di Dario Borso
Mia cugina l’altro giorno buttò lì al telefono: “Dario, ho curiosato su Nazione Indiana: ma se quello è un blog letterario, gli altri come sono?” La frase, innocua di primo acchito, mi lasciò subito dopo annichilito. Pensai ai vent’anni in meno di Federica, ai miei vent’anni fa, ai trenta, alla prima giovinezza… Avevamo trasformato chissà come l’Osteria delle Caravelle (tre ostesse-sorelle in fiore) in un bar letterario a suon di Gadda: un racconto per sera (non tutte le sere) da La meccanica e dagli Accoppiamenti giudiziosi, che gli avventori bevevano stupiti dalle labbra di noi due avventurieri. E quando Ico, di me maggiore, ebbe esaurito la sua piccola scorta lombarda, ricordo che chissà come mi dimostrai non da meno estraendo dal cappello Le avventure del Guizzardi di Celati. Era l’inverno del ’73, ne sono sicurissimo perché poi, quando girammo per gli States nell’estate del ’74, già lì mi chiamavano Densi, che era la versione americana del Danci emiliano (e per anni fui Danci a Cartigliano, favorito dall’assonanza della prima sillaba). Così fu nell’inverno del ’74 che ci mettemmo in proprio, un po’ esordienti un po’ talent-scouts: quanto segue è un documento di quell’era pretelematica.




