di Bruno Bongiovanni
Ragioni forti per dare un numero alle repubbliche ve ne sarebbero state ben più che da noi. Penso agli USA del periodo successivo alla guerra di secessione (1861-1865), definita anche, sulla base di interpretazioni storiografiche assai diverse, il secondo e decisivo round della rivoluzione americana, la guerra di liberazione degli Stati del Sud contro l’egemonismo industrialista e nordista, la guerra politica, religiosa e sociale contro l’infamia dello schiavismo, la guerra del liberoscambismo filobritannico sudista contro il protezionismo manifatturiero del Nord, la guerra dell’economia della piantagione contro il mondo urbano fondato sulla produzione di beni di consumo durevoli e sul factory-system.

[Ecco il racconto “fatto in casa” destinato ai visitatori di Nazione Indiana dotati di criature, siano esse reali o interiori.







Cara Nazione,
Oggi Maurizio Cattelan (nell’immagine, uno dei suoi lavori più famosi, La Nona Ora, 1999) riceve una laurea ad honorem in sociologia dall’Università di Trento. Per l’occasione, la rivista “Work. Art in progress”, mi ha chiesto un intervento.


Morpheus lascia che sia Neo a decidere. Se ingerisce la pillola azzurra, la sua percezione del mondo non cambierà e la vita di Neo continuerà come sempre. Se ingerisce la pillola rossa, il mondo gli si manifesterà quale esso realmente è: una realtà che va ben al di là di quanto Neo possa anche solo lontanamente immaginare. «Pillola azzurra: fine della storia; pillola rossa: resti nel Paese delle Meraviglie e vedrai quanto è profonda la tana del bianconiglio.» Neo fa la sua scelta e l’avventura comincia. 

Avevo trascritto dall’ultimo librone di Peter Handke (
Gli scrittori smettono di scrivere. Sul forum di Maltesenarrazioni.it i fan implorano Matteo Galiazzo: torna a scrivere per noi. Ma lui ha altri interessi. Sullo stesso forum Marco Drago, spazientito, sbuffa: ma perché un autore deve per forza scrivere libri? ci sono tante cose più interessanti: la radio, il cinema, il multimediale. Giulio Mozzi confessa a Stilos che non riesce a pensare a storie veramente nuove e che se anche ci riuscisse la pubblicazione di libri propri non gli provocherebbe nessun brivido: si gode di più a pubblicare gli altri. Tiziano Scarpa non ha intenzione di smettere ma un suo pezzo accorato sulla sorte commerciale di A perdifiato di Mauro Covacich, uno dei più bei romanzi italiani degli ultimi anni (e uno dei più favorevolmente recensiti) indurrebbe chiunque a smettere. Neanche Antonio Moresco ha intenzione di smettere, però gli succede sempre più spesso di dedicarsi al reportage occasionale, non si sa se a scapito di opere più articolate.
Ricevo questo intervento che pubblico molto volentieri. Non ho la tivù, e purtroppo non ho ancora seguito le lezioni televisive di Busi che ci segnala Marcolini. Voi sì? Che ne pensate? Ma a prescidere dal grande Aldo Busi, mi sembra un’occasione per continuare a riflettere sull’atteggiamento degli intellettuali verso la televisione (andarci?, non andarci?) e in generale su un impegno culturale più popolare (o, per meglio dire, più pop), che tenga conto delle classi poco alfabetizzate e molto telebetizzate. T. S.