di Franz Krauspenhaar

Caro Piero Ciampi, ti conosco da non molto, tanto tempo è passato da quando te ne sei andato per quel cancro in gola (e che? tu pensavi di morire di cirrosi, vero? e invece tac, il cancro alla gola; e già, la sorte è originale…)e io di te, allora, 1980, non ne sapevo niente, tu avevi 46 anni, io ne avevo diciannove, ascoltavo il rock, quello progressivo, bum bum, e i Led Zeppelin, doppio bum bum, e qualche volta il cool jazz, – Lee Konitz, Lennie Tristano, patam patam.
Caro Piero Ciampi, ascolto tutte le tue canzoni, ora che di tacche di vissuto ne ho 45 come un calibro d’arma da fuoco; e si, quelle tue canzoni che non ebbero alcun successo mi tengono la compagnia di un’alchimia negativa; non m’interessa, io ho una corazza ben dura, anzi le cose troppo leggere cominciano davvero a infastidirmi, mi piace la durezza di parole acuminate e trapananti, e le canzoni che aumentano la mia nostalgia (e non ne avrei il bisogno, a dire il vero, ché di nostalgia ne sono pieno, ne sono assediato addirittura); e dunque, forse, ascoltarti è rischioso, perché l’arte può far male, certa arte (certa, certissima) può anche ammazzare, pian piano, sofficemente, un giorno dopo l’altro, io credo, però si, comunque ammazza; anche se la corazza tiene, si, questa mia corazza è solida, è temprata, ha resistito, in passato, a colpi micidiali.