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Vomitorium (7)

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vomitorium7.gif di Gianni Biondillo e Loredana Lipperini

GIANNI BIONDILLO
Ciao, Lippa. Se ne hai voglia, dimmi la tua. Prendi pure una birra. Io berrò una camomilla, devo ancora smaltire le birre precedenti… se te la senti, diamo in pasto alla rete queste nostre elucubrazioni.

LOREDANA LIPPERINI
Accetto volentieri la birra (per esser logici, a questo punto dovremmo ordinare una pizza e iniziare una disquisizione sulla supremazia di quella milanese sulla romana, come tu sostieni: ma non lo faremo).

Risposta a Antonio Moresco

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di Giuseppe Caliceti

Caro Antonio,

mi spiace che l’abbia presa così. Per la tristezza, intendo. Ho cercato di contribuire anche io a quel “dibattito” che mi pareva avevi lanciato. A un dibattito si partecipa, no?

Forse non ho usato le parole giuste e sono stato frainteso, forse no. Non l’ho capito.

A ogni modo, un confronto è un confronto e il mio intento era solo questo. Con tutti gli errori e le omissioni che posso avere fatto. E le semplificazioni e tutto il resto di negativo.

Ti ringrazio comunque per avermi scritto. E spero che tu risponda ancora. A me e a altri.

Certo avrò frainteso anche io più di una cosa e “letto” troppo superficialmente quello che tu hai scritto. Ma ripeto, io, oltre a quel positivo spirito di “sfida”, nel tuo pezzo ho sentito qualcosa in più che non mi pare mi appartenga. E te l’ho voluto semplicemente far sapere.

Risposta a Carla Benedetti

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di Piersandro Pallavicini

Riprendo – senza avergli chiesto il permesso – questo intervento di Piersandro Pallavicini dalla finestra dei commenti all’ultimo post di Carla Beneddetti. T.S.

Cara Carla,
ti rispondo al volo e senza pensarci troppo. Intervento insomma non ponderato, ma a caldo. L’atteggiamento rinunciatario, autoemarginante e sfiduciato di Caliceti mi ha francamente sorpreso (e cioè: strano che Caliceti dica quelle cose, di lui mi ero costruito un’impressione opposta). Ovvio che non lo condivido. Parte del mio lavoro di scrittore sta proprio nel cercare di aprire squarci e nell’inoculare germi che spero svelino, agiscano, mettano chi legge di fronte al proprio cattivo gusto, all’omologazione del mondo, alla propria (talvolta incosciente) malvagità, alla propria stupidità… Questo è già fare qualcosa? Questo è già agire, mettersi in attitudine di combattimento e di sogno? Sognare che qualcosa cambi e combattere attraverso la scrittura per il proprio sogno…

Due note (?) su Ballads di John Coltrane

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di Franz Krauspenhaar

John_Coltrane-Ballads-23-09-03.jpgBallads di John Coltrane è un disco “tradizionale”. Uno dei miei dischi di jazz preferiti. Niente a che fare con le straordinarie innovazioni di cui Trane fu portatore, però.

I pompieri

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di Carla Benedetti

Caliceti ha un’idea rinunciataria e immiserita della scrittura letteraria e della cultura. Tant’è vero che si accontenta serenamente della zona di marginalità in cui si cerca di relegarla, e in cui si autorelega lui per primo, serenamente.
Quella stessa idea debole, imiserita, depotenziata che le macchine di potere nella nostra epoca stanno cercando di inculcare negli stessi scrittori (per non parlare dei critici!): “Cosa vi credete di fare! Di trasmettere pensiero, esperienza attraverso i vostri libri? Di agire nel mondo? Di contagiare il mondo con il vostro sogno? Macché sogno! Questa è roba vecchia! Oggi non si può più! Accontentatevi del vostro posticino di ricamatori, di animatori terminali, di amministratori della vostra immagine. Accontentatevi di esistere nella vostra zona di marginalità. E siate sereni, mi raccomando! Non sta succedendo niente! Non c’è nessun genocidio culturale intorno. Non c’è nessuna restaurazione. Mettetevi l’animo in pace! E ascoltate gli scrittori sereni come Caliceti! Lasciate parlare i rinunciatari! Lasciatevi sommergere dai pompieri che vengono a spengere il vostro piccolo incendio!”

E voi indiani, cosa ne pensate? Dove siete finiti? Ce l’avete anche voi un sogno? O vi preoccupate solo di sapere a quale pseudo-categoria sociologica appartenete, e se potete definirvi “veri scrittori” oppure “scrittori anomali”? E’ questo il vostro solo rovello? O vi preoccupate solo di sapere quante copie vendono i vostri libri? Vi sentite o non vi sentite in guerra con le forze della desertificazione e dello svuotamento? Vi rendete conto o no che appena qualcuno si mette in testa di fare qualcosa, anche una semplice analisi della macchina di potere odierna, il suo discorso viene subito innaffiato dagli idranti della delegittimazione, da voci che vi accusano di “narcisismo”, “autoreferenzialità”, “lamentosità”, “pessimismo”, “rancore”. Vi rendete conto o no che chi cerca di dare voce a un sogno oggi viene bacchettato da tutte le parti perhé i sogni non sono più concessi?
Sapete solo pubblicare le risposte depistanti di La Porta e di Caliceti, o pensate anche voi qualcosa sull’argomento? O sognate anche voi qualcosa? Vi sentite o no parte di qualcosa che è in tensione, o siete tutti sereni come Caliceti? Nazione indiana è davvero un luogo in cui si sta in attitudine di combattimento e di sogno oppure un club di pensionati della cultura?

Duo da camera (6)

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immagine854201.jpg
Di Andrea Inglese

Noi due assieme non abbiamo bisogno
di sogni, né di saghe, leggende, riti,
strumenti ad arco, non abbiamo
bisogno di smalti, stucchi, porcellane,
è nitido il motivo a spirale
dei nostri polpastrelli, il foro
uditivo sormontato da una conchiglia
di carne, che sfiorata con mani
o punta di lingua irradia
ovunque la febbre, il tremore,
il precipizio del sangue, è limpido,

Marginalità o libertà

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(Risposta a Caliceti)

di Antonio Moresco

Caro Caliceti,
ho letto il tuo pezzo sulla “Restaurazione”, sia quello su Nazione Indiana che quello parallelo su Liberazione. Che tristezza! Mi fai dire cose che non ho detto (il riscatto generazionale, ecc), sostieni che liquido in quattro e quattr’otto il dibattito che c’è stato sulla “letteratura popolare” (argomento che ho invece cercato di affrontare al di fuori di certe banalizzazioni in un pezzo, sempre su Nazione Indiana, intitolato “Piccola nota”), stravolgi quello che ho detto e il senso e la natura e il referente della “sfida” di cui ho parlato, mi dai del pessimista e poi teorizzi per lo scrittore una marginalità introiettata e accettata (e tutto quello che viaggia in controtendenza sarebbe solo frutto di isolato romanticismo duro a morire).

SAVERIO

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di Martina Cossia Castiglioni

deltaplano.jpg Saverio si allaccia il casco sotto il mento, verifica ancora una volta la solidità dell’imbragatura che lo assicura al deltaplano, poi impugna la barra di controllo. Da dove mi trovo vedo solo la macchia rossa del casco, ma posso indovinare i gesti di mio fratello, immaginare la sua espressione. L’aria è immobile e nella valle c’è un silenzio irreale. Saverio prende la rincorsa sulla piattaforma e dopo pochi metri si lancia nel vuoto.

La Sfida e il Riscatto

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Giuseppe Caliceti risponde a Antonio Moresco

Calicet.jpgCaro Antonio,
ho letto con attenzione e partecipazione La restaurazione: il primo contributo all’incontro che i redattori della rivista letteraria Nazione Indiana stanno organizzando per il mese di maggio alla Fiera del libro di Torino sull’editoria e, più in generale, su quello che sta succedendo in questi anni nel campo della cultura e delle sue proiezioni.

Tracce : di vita

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charles sadinson.bmp
di Gherardo Bortolotti

4. dissonanza cognitiva

svagato, nella texture del reale, nell’intreccio dei sensi, delle cose, una specie di pagina marmorizzata del giorno, il suo emblema, la sua ricostruzione – con l’idea della mappa trasformata in canone dell’ornato, del drappeggio, della decorazione

La Disciplina della Ragione

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di Emanuele Giordano

kant.jpgPochi giorni fa ho inserito in NI un brano tratto dall’ultimo volume di Vito MancusoPer amore. Rifondazione della fede, Mondadori, 302 pp., 17 euro-. Quella che segue è una discussione del testo che ho postato. Ricevo e pubblico con grande piacere. J.G.

Kant era così fortemente legato al peso enorme della tradizione della metafisica, tanto da attenersi a ciò che ne costituisce l’oggetto tradizionale, cioè a quei temi di cui si potesse provare l’inconoscibile. Così, mentre giustificava il bisogno della ragione di pensare oltre i limiti di ciò che può essere conosciuto, rimase insensibile al fatto che il bisogno di riflettere dell’uomo abbraccia praticamente tutto quanto gli accade, le cose che conosce non meno di quelle che non potrà conoscere.

Vomitorium (6)

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di Gianni Biondillo e Se Stesso (con l’apparizione del fantasma di Antonio Moresco)

vomitorium6.gif GIANNI BIONDILLO
Dio, che mal di testa…

ME STESSO
Che c’è? Sei ubriaco?

G.B.
Sì, credo di sì. Parlo con me stesso, quindi è chiaro che sono ubriaco. Sarà la birra virtuale…

M.S.
A cosa pensi?

G.B.
Che ho sbagliato tutto.

Ferdinando Tartaglia

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Fenomenologia di un’eresia anarchica

di Roberto Saviano

tartaglia.jpg Ferdinando Tartaglia l’eretico, l’agitatore, il chierico studioso, l’eremita sessuofobo, il ripudiato, il riconciliato, l’anarchico, il politico rinnovatore, il poeta sublime, l’inetto freddoloso, il satiro fastidioso, il militante romantico. Tartaglia è impensabile poterlo rubricare. Potrebbe legittimamente essere fregiato d’ogni titolo e sfregiato d’ogni insulto.

Il miracolo, il mistero e l’autorità

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di Fedor Dostoevskij

Dostoevskij.gif«Tu hai promesso loro il pane celeste ma, te lo ripeto ancora una volta, potrà mai esso stare alla pari con il pane terreno agli occhi della debole razza umana, eternamente viziosa ed eternamente ignobile? (…) Essi sono viziosi e ribelli, ma alla fine anche loro diverranno ubbidienti. Essi si meraviglieranno di noi e ci guarderanno come dèi per il fatto che noi, assumendo la loro guida, abbiamo accettato di portare il fardello della loro libertà e di governarli – ecco fino a che punto sarà diventato orribile per loro essere liberi! Ma noi diremo loro di essere i tuoi servi e di governare nel Tuo nome.

Scegliendo il pane terreno, tu avresti dato una risposta all’ansia comune ed eterna dell’umanità, l’ansia che si riassume nella domanda: “Chi venerare?”. La preoccupazione più assillante e tormentosa per l’uomo, fintanto che rimane libero, è quella di trovare al più presto qualcuno da venerare. Ma l’uomo vuole venerare qualcosa di inconfutabile, tanto inconfutabile che tutti gli uomini acconsentano immediatamente a venerarlo insieme. Giacché la preoccupazione di questi poveri esseri consiste non solo nel trovare qualcosa che uno o l’altro possano venerare, ma trovare quel qualcosa in cui tutti credano e che tutti venerino; la condizione essenziale è che si sia assolutamente tutti insieme.

Noi abbiamo rettificato la tua opera e l’abbiamo rifondata sul miracolo, il mistero e l’autorità. E gli uomini si sono rallegrati di essere guidati nuovamente come un gregge.»

(F. M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov)

La restaurazione

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di Antonio Moresco

rembrandt.jpgNazione Indiana sta organizzando per il mese di maggio, alla Fiera del libro di Torino, un incontro sull’editoria e, più in generale, su quanto sta succedendo in questi anni nel campo della cultura e delle sue proiezioni. Questo intervento vuole essere un contributo iniziale alla discussione.

Viviamo in un periodo di pesante restaurazione. Siamo alle prese con un’intossicazione che attraversa le strutture della vita, dell’organizzazione sociale e professionale, delle forme economico-politiche e democratiche, delle finalità scientifiche e tecnologiche, della religione, dei media, del pensiero, della cultura, dell’arte…
La domanda è questa: dobbiamo aspettare 10 o 20 anni per vederlo scritto nei libri o lo possiamo, lo vogliamo, lo dobbiamo vedere e dire lucidamente adesso, mentre stiamo vivendo questa situazione?
E ancora -detto in un altro modo- abbiamo o no la responsabilità di mostrare la macchina in azione nel momento stesso in cui agisce o dobbiamo mettere la testa sotto la sabbia, tirare a campare e aspettare di vederla inoffensivamente descritta domani, come abbiamo letto -seduti in poltrona o prima di addormentarci- le narrazioni di altri periodi di restaurazione descritti da chi ci è vissuto dentro? E a leggere sembrava tutto chiaro ed era facile stare dalla parte dell’autore che ce ne mostrava il peso sulla vita umana e la sofferenza e il prezzo e ci dicevamo: “Cazzo, ma com’erano mediocri, ciechi, vili, trasformisti e corrotti gli uomini di quel tempo!”

Il fallimento papale

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di Slavoj Zizek

Zizek.jpg(Su Nazione Indiana tendiamo a non riportare articoli già disponibili in rete. Per una volta, trasgredisco questo stile di comportamento incollando l’articolo del filosofo sloveno uscito sul manifesto il 7 aprile scorso. T. Scarpa).

L’ambigua reazione di Karol Wojtyla nei confronti di Passion, il film di Mel Gibson, è ben nota. Subito dopo averlo visto, profondamente commosso, ha mormorato: “È proprio come avvenne in realtà!”, dichiarazione poi velocemente ritrattata dai portavoce ufficiali del Vaticano. La reazione spontanea del papa è stata dunque immediatamente sostituita dalla posizione neutra “ufficiale”, emendata in modo da non ferire nessuno. Con questa ritrattazione, con questa concessione alla sensibilità liberale, il papa ha tradito ciò che di meglio c’era in lui, la sua intrattabile posizione etica.

La restaurazione – risposta a Filippo La Porta

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di Antonio Moresco

(Ripropongo qui la risposta che Antonio Moresco ha scritto alcuni giorni fa nella finestra dei commenti al contributo di Filippo La Porta sulla restaurazione in atto. T. Scarpa)

Caro Filippo,
ti rispondo in ritardo, perché ero via da casa. Ma cercherò di farlo con la stessa franchezza e confidenza che tu hai usato con me. Come spesso mi succede leggendo le tue cose, ho trovato nella tua risposta al mio pezzo sulla restaurazione una compresenza di preoccupazioni reali, serie e condivisibili e di argomentazioni generiche e moralistiche che rendono difficile un confronto reale e profondo.

Vomitorium (5)

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di Gianni Biondillo e Sergio Garufi (con una incursione di Raul Montanari)

vomitorium5.gif GIANNI BIONDILLO
Sergio, nel mio bar virtuale tu sei quello del tavolino di fianco che ha ascoltato tutto e si è intromesso per dire la sua. E hai fatto benissimo. Ecco che ti offro di cuore una birra virtuale.
Hai colto, in buona sostanza, uno (uno, fra gli altri, ma forse il più importante) dei noccioli della mia questione. In effetti chi mi dice che gli “iperurani” non sappiano quanto costa un chilo di pane? Chi mi assicura che gli “anomali” hanno uno sguardo obliquo? Questa tendenza, da sociologia spiccia, a incasellare tutto, dove porta? Sono generalizzazioni, e come tutte le generalizzazioni lasciano il tempo che trovano.

SERGIO GARUFI
Caro Gianni, innanzitutto ti ringrazio dell’invito, che mi lusinga e mi imbarazza, forse per il fatto che non sono uno scrittore, né vero né tantomeno anomalo.
Chissà, magari la mia allergia alla tua classificazione dipendeva anche da questo, dal sentirmi un po’ escluso; anche se in uno dei tuoi ultimi commenti compariva una categoria alla quale potrei iscrivermi, quella dei cazzi&mazzi.

I numeri del Lotto

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di Sergio Garufi

lotto-femme.jpgSebbene sussista ancora nel grande pubblico qualche pregiudizio, incentrato più che altro sul presunto minor valore artistico delle opere a soggetto sacro rispetto alla ritrattistica, la verità è che non è più il tempo di scoprire Lorenzo Lotto, come scriveva Flavio Caroli in un brillante saggio (Lorenzo Lotto e la nascita della psicologia moderna, Fabbri, 1980). Non lo è più perché quel lungo percorso di avvicinamento e di rivalutazione iniziò già ai primi del Novecento, con le appassionate peregrinazioni filologiche di Berenson nelle Marche, nel Veneto e nel bergamasco (descritte in Lotto, Electa, 1955), proseguì con le liriche divagazioni di Anna Banti, per concludersi infine con la grande mostra che Bergamo, sua patria di adozione, gli tributò pochi anni fa. Ma forse sarebbe il caso di riscoprire, o perlomeno di far conoscere a un pubblico più vasto, quel documento umano di sconvolgente modernità, quell’autobiografia in cifre che è il Libro di spese diverse (a cura di P. Zampetti , Olschki, 1969), nel quale il Lotto annotò, nell’arco di quasi vent’anni, i suoi debiti e crediti.

Contrappello

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di giulio mozzi

trenino.JPGCon riferimento al precedente intervento intitolato Appello di Italialaica (e successivi commenti), faccio notare che nella mia città (Padova) c’è una Piazza Garibaldi; e io (e non solo io, credo) dissento profondamente dalle opinioni e dalle convinzioni di Giuseppe Garibaldi. C’è anche una via Battisti; e io (e non solo io, credo) dissento profondamente dalle opinioni e dalle convinzioni di Cesare Battisti (quello impiccato in Austria-Ungheria, intendo). C’è anche una Piazza Mazzini; e io (e non solo io, credo) dissento profondamente dalle opinioni e dalle convinzioni di Giusppe Mazzini.

Appello di Italialaica

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Cari amici,
vi presentiamo questo appello che renderemo pubblico dalle ore 14 di domani, giovedi’ 7 aprile. Chiediamo la vostra adesione per poter far parte del drappello dei primi promotori. Cosi’ come fara’ Italialaica, vi preghiamo di diffonderlo con tutti i mezzi a vostra disposizione e di iniziare una raccolta di firme.