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Risposta (non obbligata) a Giuseppe Genna

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Segnaliamo l’intervento di Giulio Mozzi apparso sul suo blog, in risposta alla lettera di Giuseppe Genna sui Miserabili.

Let it bleed

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di Manuela Ardingo

menstrual[1].pngAmo le femmine folli. Le accattivate vittime di fasi lunari e maree zuppe di ormoni. Le mestruate teste matte che non si risparmiano mai.
Amo il mio essere cerchio con croce. Da sempre, da subito.
E, soprattutto: tanto il cerchio, quanto la croce.

Il giorno delle mie prime mestruazioni c’era un cielo come quello di oggi.
Il giorno delle mie prime mestruazioni era il giorno della mia seconda nascita. Da allora nasco e muoio spesso. Almeno una volta al mese.
Con tutte le fasi del caso che mi spazzano: distinte eppure amiche.
La nascita si emancipa in gioia. La gioia si macchia vivace. La vivacità richiede consapevolezza. La consapevolezza arriva e esplode, isterica. L’isteria stridula conduce al dolore. Il dolore saggio insegna la morte. La morte è il fondo.
Poi si ricomincia.

Simposio antimoderno (2)

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Dialogo a quattro voci sul romanzo e il romanzesco

di Stefano Zangrando

Cavalleresco, aristocratico, borghese o rivoluzionario, il romanzesco è – più concretamente – quel Kitsch di cui il romanzo, fin dalla sua nascita, non ha potuto fare a meno di nutrirsi: sono le eroiche avventure di Amadigi di Gaula, che generano il folle ideale cavalleresco di Don Chisciotte e lo conducono lancia in resta contro i mulini a vento che egli scambia per giganti; sono le melensaggini da romanzo sentimentale di cui si nutre il sottile e spietato occhio critico di Choderlos de Laclos, autore de Le relazioni pericolose; sono i romanzi d’amore e d’avventura che fanno sognare Emma Bovary, generando uno scarto fatale tra i suoi ideali romantici e la prosaica realtà borghese a cui essi finiranno per soccombere; sono, più in generale, tutte le “regressioni liriche” che ogni autore concede a sé stesso, alla propria opera e ai suoi fruitori (il romanzesco, così inteso, è ciò che dilaga oggi nel cinema popolare o in saggi critici come quello di Margaret Doody, per non parlare della fiction televisiva), ma che nel caso particolare del romanzo verrebbero accolte come bersaglio privilegiato della critica più o meno dissacrante dell’autore medesimo.

Simposio antimoderno (1)

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ATELIER DU ROMAN.jpgDialogo a quattro voci sul romanzo e il romanzesco

di Stefano Zangrando

L’avreste mai detto? La critica accademica, dopo diversi decenni di negazioni sempre più compiaciute e rifiuti sempre meno convinti, è tornata a flirtare con il romanzo. I frutti di questa insospettabile liaison, tutt’altro che clandestini, sono ormai sotto gli occhi di tutti: quale frequentatore italiano di librerie, sia egli o no un lettore colto, non si è imbattuto, nel corso degli ultimi anni, nella nidiata enciclopedica Einaudi, cinque nutriti volumi sul Romanzo realizzati sotto la direzione di Franco Moretti?

E’ possibile ancora scrivere un libro scandaloso?

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di Mauro Covacich

covacich_fiona.jpgIl saggio di Tiziano Scarpa (quello è proprio un saggio; vedi qui) muove una critica fondamentale: mi pare di poter dire “muove” e non “mi muove” e adesso proverò a spiegare la ragione di questa mia impressione. La critica fondamentale è: questo romanzo contro il sistema è perfettamente funzionale al sistema, questo romanzo che addita la nostra epoca come unico colpevole non fa che rispecchiarla vicariamente, questo romanzo, distruggendo a parole il mondo dei giornali e delle tv, si presta surrettiziamente a dibattiti giornalistico-televisivi.
Ecco, io non so se è così, ma se è così credo che non si possa fare diversamente, credo che non ci sia scampo. La critica di Scarpa secondo me ci costringe a chiedererci: è possibile ancora scrivere un libro scandaloso?

Folklore italiano del XXI secolo #2

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di Alderano Marco Rovelli

prison.jpgAntifona.

Marcello Lonzi è morto l’11 luglio 2003. Aveva ventinove anni. Era detenuto nel carcere di Livorno per tentato furto, con quattro mesi ancora da scontare. Infarto, hanno detto. Ci hanno messo dodici ore per avvertire i familiari. Poi sono venute fuori le foto. E sarebbe difficile negare che Marcello è stato vittima di un pestaggio – se non fosse per le reciproche complicità dei poteri. Leggetevi la storia. E questa storia, non è che una delle tante. Se potete, fatevi un giro sul sito dei Filiarmonici – per un meraviglioso viaggio nel mondo segreto delle galere.

È sempre verde…

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Di Giorgio Mascitelli

Se la traduzione di un libro è sempre un momento significativo nella storia dei rapporti culturali tra due paesi, a maggior ragione lo è quando il libro appartiene a una cultura e a una lingua poco note nella nazione in cui viene tradotto. È questo il caso del romanzo È sempre verde… dello scrittore slovacco Pavel Vilikovsky, appena pubblicato presso la casa editrice Anfora, una casa editrice meritoriamente specializzata nelle letterature dell’Est europeo, nella versione di Alessandra Mura ( prezzo euro 11). Il romanzo è imperniato sulla confessione- racconto di una grande spia internazionale fatta a un giovane, e alquanto disprezzato, allievo, seguendo e parodizzando tutti gli stereotipi del genere spionistico.

Fantato’s Trio

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di Gabriela Fantatojazztrio.jpg

in viale sarca

la linea a perdita di sguardo
si dà potentemente grigia
di cubi: facciata d’occhi
senza mani alla finestra
(superficie dissennata
nel ripetersi di case a deserto
in sempre passi, uno su uno,
uno su mille; a sorte)

Letteratura popolare, terra di conquista

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di Giuseppe Caliceti

conquistador1.jpgIl dibattito culturale più interessante di questo inizio anno si interroga sulla cosiddetta “letteratura popolare” e ha come protagonista due donne: Carla Benedetti, scrittrice e acuta critica letteraria e Loredana Lipperini, giornalista cultura di Repubblica. Tutto inizia da un articolo di Carla il 7 gennaio su L’Espresso, poi in versione integrale su Nazione Indiana (vedi qui), Genocidio culturale, che mette in guardia di fronte ai pericoli di una mutazione genetica che avrebbe trasformato l’editoria italiana in una monocultura del best seller, prendendo a esempio Io uccido di Giorgio Faletti.

Folklore italiano del XXI secolo

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di Sergio Baratto

blood2.jpg“Oggi l’Italia è più rispettata e credibile nel mondo e in Europa, perchè tiene fede alle responsabilità che si è assunta. (…) L’Italia è cambiata ed è cambiata in meglio. E’ migliore di quella che avevamo quando nacque An a Fiuggi. Questo grazie al centrodestra.”
“Il cambiamento che c’è stato con il governo del centrodestra si è visto già al G8 di Genova quando la sinistra dei no-golbal, che magari non considera assassini gli assassini dei fratelli Mattei, ha tentato la spallata.”

(Autore ed esecutore: Gianfranco Fini, ministro degli esteri della Repubblica italiana.
Luogo e data di registrazione: Roma, 30 gennaio 2005)

Al Qaeda è solo uno spauracchio di Bush?

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di Robert Scheer

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Sabato 19 febbraio al Teatro i di Milano (in Conca del Naviglio) Nazione Indiana organizzerà un incontro dal titolo GIORNALISMO E VERITA’, invitando alcune voci libere e tenaci del giornalismo d’inchiesta. Pubblico qui di seguito un articolo di Robert Scheer , giornalista d’inchiesta del Los Angeles Times, uscito il 13 Gennaio 2005 su ZNet. A.S.

Le scimmie… (86)

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di Dario Voltolini

Dio, Robot

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di Sergio Baratto

“È il metallo che sogna!”
(Valerio Evangelisti, Metallo urlante)

talon.jpg2002. Gaak

Nella primavera del 2002, il Magna Science Adventure Park, una struttura ludico-scientifica dello Yorkshire inglese, aveva avviato su un gruppo di robot un esperimento per verificare la possibilità di uno “sviluppo co-evolutivo della macchina vivente”. L’esperimento in questione si chiamava “La sopravvivenza del più forte”.
Un giorno – era giugno – Noel Sharkey, un docente di robotica dell’Università di Sheffield che partecipava all’esperimento, parcheggiò temporaneamente la propria creatura in un recinto e andò a farsi un giro in una pausa tra un test e l’altro. In tutto, quindici minuti.

Le scimmie… (85)

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di Dario Voltolini

Il giovane collega

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di Giovanni Maria Bellu

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Sabato 19 febbraio al Teatro i di Milano (in Conca del Naviglio) Nazione Indiana organizzerà un incontro dal titolo GIORNALISMO E VERITA’ (vedi qui), invitando alcune voci libere e tenaci del giornalismo d’inchiesta.
In vista dell’appuntamento, pubblichiamo questo intervento di Giovanni Maria Bellu, inviato de ‘La Repubblica’, in uscita su “Problemi dell’informazione”, trimestrale edito da Il Mulino. Ringraziamo l’autore per l’anticipazione.

Pop e non più pop

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di Marco Senaldi

KlineNudes.jpgPer aggiungere elementi alla discussione fra Loredana Lipperini e Carla Benedetti (vedi qui e qui) sui generi attualmente popolari in letteratura, mi sembra utile proporre una riflessione (pubblicata sull’ultimo numero di Exibart) del critico e teorico d’arte contemporanea Marco Senaldi su che cosa si può veramente considerare popolare oggi. T.S.

Apprezzo come tutti l’idea di una teoria fatta di domande – tesa, come si dice, a “sollevare interrogativi”, o meglio, a “generare inquietanti questioni” – sono nato insomma con Wittgenstein tra le mani, che diceva di voler scrivere un trattato filosofico composto soltanto da domande. Non che non mi piaccia più, che mi sia stancato, per carità, solo che ogni tanto qualche risposta non guasterebbe.

Il bambino

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(Sul Conservatorio di Santa Teresa di Bilenchi)

di Dario Voltolini

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Uno vorrebbe svenarsi piuttosto che lasciare Sergio chiuso nel suo incanto. Uno vorrebbe gridare, scuotere qualcosa, provocare una rottura, in modo da crepare la superficie dell’immensa sfera che intrappola Sergio. L’affetto, la pena, l’amore e l’angoscia che si provano per Sergio sono in tutto identici a quelli che si proverebbero per una persona in carne e ossa. A patto di accorgersi di cosa quella persona, nel vivere, stia provando. Con il Sergio di Bilenchi, uno fra i più splendidi personaggi della letteratura, non accorgersene è impossibile.

La misoginia anche a sinistra

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di Lea Melandri

Il dominio maschile, pur avendo alle spalle una storia millenaria, resta ancora oggi un’ “evidenza invisibile”. Il fatto che il rapporto uomo-donna sia stato posto in secoli vicini a noi come “questione femminile”, e quindi come emancipazione o difesa del “sesso debole” e “svantaggiato”, non sembra aver scalfito più di tanto la “neutralità” dietro cui continua a celarsi il sesso che ha avuto in mano le sorti della specie umana, sotto qualunque cielo. L’idea che le donne appartengano a uno di quei gruppi sociali che, come direbbe Berlusconi, “sono rimasti indietro”, e vanno perciò aiutati, sollecitati, responsabilizzati, è purtroppo più trasversale di quanto si creda ai partiti e ai movimenti politici. Lo dimostra platealmente il fatto che non c’è sinistra, moderata o radicale, che quando nomina le donne (ed è già eccezionale che vengano nominate), non le collochi nel triste corteo dei diseredati e dei bisognosi, vittime o parenti poveri verso cui indirizzare la solidarietà , o tra quei nuovi “soggetti” che potrebbero, come fecondo integratore di energie, ridare fiato a una politica diventata sempre più sterile.

Storie di classe

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di Antonio Sparzani

Quinta non storia.

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La quinta storia non c’è, o forse è la storia delle storie e del perché le storie che stanno in questo fiume di storie, dove si nuota sempre più pericolosamente, sono solo quattro. Le storie, che lo si voglia o no, insegnano sempre qualcosa, ad ognuno una cosa, almeno in parte, diversa. L’escalation delle quattro storie potrebbe portare all’inquietante conclusione che Zenone – il protagonista dell’Opera al Nero di Marguerite Yourcenar – articola nel corso delle sue lunghe e lucidamente febbrili riflessioni (“l’atto del pensare l’interessava ora più degli incerti prodotti del pensiero”) durante la sosta a Bruges del suo viaggio verso un destino tragicamente segnato:

Non potevamo più

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di Paolo Pecere

televisori.jpg Nella sala si entrava scendendo per scale strette, e poi schivando costose casse stereo allineate come sassi rituali. Seguendo l’invito del commesso si accomodarono nell’ambiente, racchiuso da una porta di vetro infrangibile. P. vide le pareti rosse e irregolari, ricoperte di quel materiale spugnoso che serve a spegnere e contenere le vibrazioni sonore. C’era un solo divanetto, senza schienale, e all’altra estremità dell’ambiente una fila di amplificatori e casse da collegare. Gli schermi appiattiti sulla parete sembravano pannelli di un tempio, di cui non si leggeva più il messaggio. «La soluzione migliore», disse l’uomo del negozio, «potrebbe essere questa». Sollevò da un angolo un altoparlante piuttosto compatto, sul cui lato si aprivano complesse aperture circolari concentriche. «Non ha la mascherina. Si usa come spia. Ma ha il miglior rapporto qualità-prezzo. Il visore è al plasma, quello al centro».

Giornalismo in terra d’inferno

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di Enzo Palmesano

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Sabato 19 febbraio al Teatro i di Milano (in Conca del Naviglio) Nazione Indiana organizzerà un incontro dal titolo GIORNALISMO E VERITA’ (vedi qui), invitando alcune voci libere e tenaci del giornalismo d’inchiesta. In vista dell’appuntamento, pubblichiamo questo intervento di Enzo Palmesano.

…Una battaglia che continua, nonostante le intimidazioni camorristiche abbiano colpito non solo me stesso ma anche i miei incolpevoli familiari. Io temo di essere ucciso, sia detto senza alcuna reticenza. Per una lettera con minacce di morte, pervenutami per posta nel settembre del 1998 con un proiettile, è in corso un processo al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a carico di Pietro Ligato (detenuto con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso), figlio del superlatitante Raffaele Ligato….