di Victor Pelevin
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Quando studiavo all’università nell’ultima decade dell’USSR (nessuno poteva lontanamente immaginare che fosse l’ultima decade), il mondo era organizzato in modo molto semplice. Aveva due poli. Un polo era il Male e l’altro era il Bene. Un polo era l’America e i suoi satelliti; noi e i nostri amici eravamo l’altro.
Ci consideravamo naturalmente il Male. Il fatto che molti intellettuali americani protestassero contro questa rozza divisione del mondo serviva semplicemente a confermare la sua correttezza: il confronto tra l’Occidente dubbioso, dialettico, autoriflessivo, e il progetto Sovietico, ottuso e lineare come un tratto di rotaia arrugginita, rese di colpo tutto chiaro.



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“Io la velocità della luce la so,
Amo le femmine folli. Le accattivate vittime di fasi lunari e maree zuppe di ormoni. Le mestruate teste matte che non si risparmiano mai.
Dialogo a quattro voci sul romanzo e il romanzesco
Antifona.

Il dibattito culturale più interessante di questo inizio anno si interroga sulla cosiddetta “letteratura popolare” e ha come protagonista due donne: Carla Benedetti, scrittrice e acuta critica letteraria e Loredana Lipperini, giornalista cultura di Repubblica. Tutto inizia da un articolo di Carla il 7 gennaio su L’Espresso, poi in versione integrale su Nazione Indiana (vedi
“Oggi l’Italia è più rispettata e credibile nel mondo e in Europa, perchè tiene fede alle responsabilità che si è assunta. (…) L’Italia è cambiata ed è cambiata in meglio. E’ migliore di quella che avevamo quando nacque An a Fiuggi. Questo grazie al centrodestra.”