Broken Barbie

di Alessandra Amitrano

broken barbie.JPG

Ho ricomprato il test di gravidanza ma esito da quattro giorni.
Non posso più prendere tempo.
Mi scappa la pipì. La faccio sulla striscetta.
È blu. Cazzo è blu.
Mi vuole restare dentro. È forte, è più forte di me. Forse fa parte dei desideri che non conosco, gli stessi che si insinuano nelle mie fughe e se la comandano. Mi sta dicendo di fermarmi, di farlo… di non farlo più…
Ma tutto questo ha la durata di un lampo.

Ritorno dal dottore.
La signorina porno, la barba, il camice bianco… è tutto uguale, lo stesso incubo che si ripete.
“Il test era positivo…” secca ma incredula. Il sogno continua.
“Si spogli”.
Tolgo le mutande e un’altra volta ancora gli espongo la cosa più segreta del mio corpo.
Dove ci fa entrare le dita e comincia frugare dentro.
“In effetti sì. Ma è meglio accertare”.
L’affare che sembra un cazzo di plastica dura mi spinge sulla pancia, scorre sullo slaim e segnala sul monitor un cuoricino che batte ancora.
“Beh può capitare ma non c’è problema, lo possiamo rifare anche ora. Sarà un attimo”.
Cristo santo.
Dio lo so che ci sei, Dio ti prego aiutami.Le lacrime stanno su ma non escono e il dottore così non capisce quanto sto male. Continua a ripetermi che sono cose che possono succedere, che non ci vuole niente, lo rifacciamo, sarà un attimo.
Non posso fare altro che scappare.
Scappo via col cuoricino che batte ancora insieme al mio.
Lo faccio. Ti faccio cuoricino.Vuoi nascere, vuoi vedere la luce… ma la mia luce è marcia. Non posso… non possiamo. Muorimi dentro che tanto io sono già morta. Troppe volte.Devo arrivare a casa. Devo trovare la forza di arrivare a casa.
Ho solo voglia di raccontare tutto quanto a mia madre e essere aiutata da lei. Vorrei che fosse lei a decidere per me, io non lo posso fare, non ne sono capace. Di decidere, di fare un figlio, di decidere di fare un figlio.
Non ho paura di ripetere l’aborto.
Basta solo che muoia di nuovo… almeno un po’.
Morire un po’ mi fa dimenticare, mi fa passare.
No, morire un po’ mi fa allontanare dalla vita, per cui nulla rappresenta un problema.
Il mio letto mi fa morire. Mi addormento e mi dimentico. E la vita potrebbe essere quella, quella del sonno, lontana dai mostri dai traditori e dai dormitori.
Poi quando mi sveglio anche se ricordo, tutto si sistema, almeno un po’. È più compatto, più liscio. Più freddo.

Mamma entra in camera… non so che ora è, né quanto ho dormito, né cos’è successo prima. Con la sua faccia davanti, me lo ricordo: sono ancora incinta.
“Che succede, tesoro?”
“Sono incinta,” ma non basta. Le mie cose per quanto orrende devono sempre avere dei risvolti macabri in più “ho già abortito ma l’aborto non è riuscito”.
Mi abbraccia e mi stringe tanto da togliermi il respiro… fermati così per sempre.
“Amore mio!” ci fermiamo nel tempo del dolore.
“Amore perché non me lo hai detto prima? Credi che non ti avrei aiutata?” mi accarezza i capelli e continua a piangere. Fallo sempre. Fallo per me… solo per me.“Anche a me è successo di abortire quando avevo la tua età,” le lacrime si bloccano e le si forma una pozzanghera liquida dentro agli occhi “è una cosa bruttissima, fa tanto male,” la pozzanghera diventa una cascata, piange a dirotto ma senza voce, solo con gli occhi che rovesciano tutto il dolore che mi appartiene ma a me non riesce a venir fuori. Mi stringe la testa sul petto. Lasciala lì… tienila tu… non farla scappare.

Mia madre mi ha portata da un altro dottore. Ricovero in clinica privata solo per una mattina. Anestesia generale.
Ricordo poco e niente.
Mi sono risvegliata nella mia stanza con un dolore atroce dentro alla pancia. Nella parte bassa, all’altezza delle ovaie.
È entrata in camera con una tazza di tè, i pavesini e una boccetta di gocce. Me ne versa un po’ in un bicchiere.
“Che sono?”
“È una medicina che ti farà ritornare l’utero piccino amore… perché con due interventi il tuo utero si è ingrandito… succede anche quando si partorisce, io anche le presi dopo aver avuto te”.
Dopo dieci minuti ricomincia il dolore che va avanti per un po’, poi passa e io cerco di rilassarmi ma respiro con l’affanno per quanto mi sono tesa durante le contrazioni. Di nuovo ricomincia il male che mi toglie il respiro… un dolore pazzesco, tipo quello che mi fa venire Margherita una volta al mese ma molto più forte.
Nella mia pancia stanno in lutto. Piangono e fanno il funerale… senza di me, io non ci sono andata. È meglio non pensarci direbbe mia madre. E io non ci penso, tanto il dolore è così forte che non mi fa pensare a niente.
Tranne che a lui… che mi fa sentire la pancia come una cosa marcia dove ci proliferano vermi e mostri che banchettano con le mie viscere e brindano col mio sangue.

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8 Commenti

  1. se poi vivi e respiri la morale cattolica il “peccato” e la “colpa” ti ronzano nella testa per mesi e quello che lasci indietro è proprio il tuo corpo. te ne stacchi in qualche modo e non è più sacro e, senza quel tempio, la tua mente si sfilaccia, si slabbra, si sbriciola lentamente e non sei più tu ma una barbie, certo, una barbie, a broken barbie.

  2. ho dovuto aspettare un pò prima di scrivere qualcosa, ero rimasto senza fiato e senza forze. Ora riesco solo a pensare ad una persona che conosco, forse Stella è lei.
    Alberico

  3. gia’ sentita mai ami calzante come in qs caso: bisogna avere un caos interire per generare una Stella
    L’immobilismo nulla genera, la vita e’ movimento e divenire…continuo
    grazie
    lasciarsi andare…
    finalmente
    grazie

  4. Ha le palle Alessandra. Un libro “vero”, ti rapisce.. ti colpisce in pieno e ti lascia stordita. Crudele e speranzoso. Non manca niente.

  5. Bel pezzo!! Belle parole, con un uso del linguaggio mai cosi’ azzeccato…Linguaggio ribelle, incazzato, viscerale….Il personaggio fa tuffare ed identificare in e con Stella milioni di teen-agers…Del resto ki nn e’ stato incazzato con tutti e con tutto, sino a farsi del male, anke solo un po’, nella propria adolescenza? Sfido kiunque…
    Un libro costruito x i piu’ giovani e di sicuro successo…

    Black, Joe Black.

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