Ai viandanti voglio ricordare. . . .

di Tina Nastasi

UMBERTO SABA, Nino Spagnoli 2004
Fondazione CRTrieste, AIAT Trieste
Comune di Trieste – Assessorato alla Cultura
(tratto da qui)

. . . . voglio ricordare le parole di un uomo che ho avuto l’onore di incontrare in forma di statua nella sua amata Trieste.

E’ uomo che si raccoglie delicatamente e si conduce a casa, dopo un andare per vie, breve o lungo che sia poco importa, in un ritrovare vie già percorse eppure nuove e strane ora che si è visto altro.
Ripercorrere nuovamente la sua città, nota fin dall’adolescenza, non basta a ritrovarsi integro dopo un viaggio, perché l’altrove fa diverso ciò che pure già conoscemmo “fino al più remoto cantuccio”.
E’ necessario “entrare nella nostra stanza, chiuderla”. E in quel “nostra” v’è tutto e solo quell’uomo che porta a casa la sua anima.

Devo ringraziare Paola Mastrocola che, in La scuola raccontata al mio cane (Guanda, 2004), libro che per altri versi mi ha irritata e delusa e di cui forse scriverò altrove e altrimenti, di alcune di quelle parole fa dono a me e al mondo.
E devo ringraziare Antonio Sparzani ogni volta che, come in questo caso, trova la fonte anche laddove viene negletta e manca di essere nominata.

Le parole che voglio ricordare ai viandanti sono custodite nei versi che Umberto Poli (in arte Saba) compose per la poesia Verso casa. Sta nella raccolta Trieste e una donna (1910-12)[1], subito alle spalle di Trieste, nota e ben più famosa lirica. Eccole:

VERSO CASA

Anima, se ti pare che abbastanza
vagabondammo per giungere a sera,
vogliamo entrare nella nostra stanza,
chiuderla, e farci un po’ di primavera?

Trieste, nova città,
che tiene d’una maschia adolescenza,
che di tra il mare e i duri colli senza
forma e misura crebbe;
dove l’arte o non ebbe
ozi, o, se c’è, c’è in cuore
degli abitanti, in questo suo colore
di giovinezza, in questo vario moto;
tutta esplorammo, fino al più remoto
suo cantuccio, la più strana città.
Ora che con la sera anche si fa
vivo il bisogno di tornare in noi,
vogliamo entrare ove con tanto amore
sempre ti ascolto, ove tu al bene puoi
volgere un lungo errore?

Della più assidua pena,
della miseria più dura e nascosta
anima, noi faremo oggi un poema.

[1] Umberto Saba, Tutte le poesie, a c. di Arrigo Stara, Meridiani Mondadori, Milano 1994, p. 90.

Nell’illustrazione una foto di Saba e la statua a lui dedicata nei pressi della sua libreria. La pipa della statua è stata rubata due volte, e il Comune ha deciso di non rimetterla più.

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2 Commenti

  1. “perché l’altrove fa diverso ciò che pure già conoscemmo “fino al più remoto cantuccio”.”
    Un grazie per quella stanza e quella primavera.

  2. Sono arrivata a questa poesia facendo lo stesso percorso, partendo dalla Mastrocola…che gioa ri-trovarla qui!
    Da allora campeggia sul mio muro delle poesie care…

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