Articolo precedente
Articolo successivo

“Videocracy” o del fascismo estetico (1)

videocracy_2_us--400x300

di Andrea Inglese

[La seconda parte dell’intervento, qui]
La negligenza, e quasi la cecità, della sinistra e della sua intellighentsia dinanzi a questo fenomeno deriva dalla situazione con cui hanno guardato alla cultura delle masse, che è stata considerata sempre marginale rispetto al potere presunto vero, cioè alla dimensione politica ed economica. Raffaele Simone

Essere spettatori di Videocracy è un’esperienza profondamente sgradevole. Durante la proiezione del documentario è percepibile un diffuso imbarazzo, che ogni tanto è rotto da qualche risata liberatoria. Ma quelle risate, appena risuonano, più che liberare incatenano maggiormente alla propria vergogna. Poi c’è lo schifo. Uno schifo da tagliare col coltello. E quindi la nausea di nervi, veri e propri crampi. E quando ti alzi e vedi gli altri spettatori come te, e sai già fin d’ora che se ne andranno come se niente fosse, come si esce ogni sera da un cinema, un po’ stralunati e un po’ eccitati, ti piomba di nuovo addosso la vergogna, quasi fossimo tutti quanti testimoni passivi e docili di un crimine detestabile, concluso il quale ognuno se ne va solitario, omertoso e impotente a casa propria. Strano effetto, davvero. Ma come? Non avevo io letto Anders, Debord, Baudrillard, Bauman? Non avevo letto Barbaceto, Travaglio, Perniola, la Benedetti, Luperini? Non conoscevo già tutta questa vicenda a memoria? Non avrei dovuto essere immune dallo shock? Non ho forse letto analisi e ascoltato dibattiti sul genocidio culturale, sulla rivoluzione mediatica degli anni Ottanta? Sul grande smottamento antropologico, cominciato con Drive in?

Non sono forse un tipico esemplare di quella classe media acculturata che, grazie ad una certa memoria storica e ad una formazione umanistica, si sente sufficientemente critica nei confronti del mondo che lo circonda? Addirittura, non sono forse un esemplare medio di quello che è una volta si sarebbe chiamato intellettuale di sinistra, uno cioè che crede nel valore della ricerca e del dibattito pubblico, nel valore della scienza e della letteratura, per rendere il mondo più giusto? E non sono, infine, un insegnante di liceo, che ha quasi ogni giorno un contatto diretto con le “nuove generazioni”? Io, dunque, non sapevo? Non ne sapevo abbastanza di com’è l’Italia, di come è diventata? Ma non lo sappiamo tutti, da tanto tempo? Ma allora perché quel senso desolante e irrimediabile di umiliazione, che solo un antidolorifico coi fiocchi, un oppiaceo in polvere, avrebbe potuto lenire?

La prima risposta che trovo, non so quanto corretta, è questa: il mio sapere è stato a lungo scisso dal mio sentire. Il mio sistema morale deve aver trovato una strategia alquanto vigliacca di sopravvivenza, da un lato mandava avanti la mente libresca, la nutriva di dati e concetti, dall’altro ottundeva il sensorio, lo teneva al riparo dalla “malvagità del banale”, per utilizzare una formula letta da qualche parte e che rovescia assai ragionevolmente il titolo della Arendt. Non è forse stato il mio (il nostro) un ritiro sull’Aventino? Non già un ritiro parlamentare, una rinuncia politica, una protesta sterile e controproducente. No, un ritiro estetico, e non della classe politica, bensì di una certa società civile. Abbiamo fatto di tutto per non percepire, mentre intanto blandivamo la coscienza, nutrendola di letture e tavole rotonde sull’informazione.

Da tempo immemorabile la sinistra grida “al lupo al lupo”, parlando di regime, di guasto della democrazia, di monopolio dell’informazione. La sinistra istituzionale, quella che fa riferimento al PD, dovrebbe su questa questione tacere per sempre. Forse per inconsapevole terrore di quella stessa ideologia, di cui è stata prigioniera nel suo remoto passato di PCI filosovietico, forse per consapevole contrabbando politico con Berlusconi, essa ha rinunciato ad ostacolare la frana in corso. Nessuna legge ha intralciato il massivo esperimento antropologico del Grande Intrattenitore. Sanare i conti, è stata la priorità dei governi di centro-sinistra, mentre le menti, quotidianamente, si guastavano. Ma poiché il partito si era finalmente de-ideologizzato, poco si curava di questo versante e di coloro che in esso moltiplicavano cantieri. Quanto a certa sinistra radicale, la sua vocazione al settarismo l’ha completamente immunizzata dal problema. Essendo i compagni autentici una ristretta e gelosa élite, e vivendo essi tra di loro, perfettamente adeguati alla psicologia dell’assedio, e dotati infine della celebre pazienza rivoluzionaria, possono attraversare deserti estetici e antropologici senza battere ciglio. La dura necessità della lotta li ha anestetizzati in partenza.

Quando dunque si parla di attacco ai diritti civili e si addita con scandalo, da Repubblica al manifesto, la costituzione bistrattata, si spara in parte fuori bersaglio. Non che ognuno di questi allarmi sia fasullo, ma essi ignorano l’isolamento estetico da cui vengono lanciati. Chi pensa alla costituzione ha una mente libresca, chi continua ad amare Berlusconi ha una mente televisiva. Questa banale affermazione ha conseguenze, storicamente, tragiche. Nel senso più tecnico e appropriato del termine. Le condizioni di vita, nel paese, possono peggiorare per un numero sempre più ampio di persone, senza che ciò alzi di un grado la cosiddetta conflittualità sociale. Questa è l’implacabile legge di quello che io chiamerei “fascismo estetico”.

Che cos’è il “fascismo estetico”? Le sequenze iniziali e finali di Videocracy lo illustrano perfettamente. Il “fascismo estetico” è quella lotta per la salvezza sociale che impegna ogni componente dei ceti popolari, nella più assoluta solitudine, sul terreno della propria immagine. Nell’epoca della fine della mobilità sociale e del lento disfacimento della classe media, il nemico di classe non esiste più, come non esistono più alleati nella lotta per il miglioramento delle condizioni di vita. Vi è un’unica fede, quella della trasformazione individuale. Non una religiosa rivoluzione interiore, ma una laica e materialista metamorfosi della propria immagine. Il giovane operaio bresciano che è intollerante nei confronti del proprio lavoro, che si rifiuta ostinatamente a un destino di tornitore a vita, ha di fronte a sé un’unica via di salvezza che, tragicamente, è in realtà la sua maledizione. Egli vive da anni nella costruzione di un personaggio televisivo attraverso una dura disciplina fisica, che lo rende straordinariamente atletico e prestante. Ha ininterrottamente lavorato sulla propria immagine, ossia sul proprio corpo, sulla gestualità, sugli abiti. Ma per lui, probabilmente, non verrà alcuna salvezza. Ruoterà per sempre, come in un girone infernale, intorno alla ribalta televisiva, senza mai poter abbandonare il suo posto di spettatore ed accedervi. Per lui, il salto sociale non avverrà mai, anzi si cumuleranno, su un terreno nuovo e diverso da quello della fabbrica, delle umiliazioni ulteriori. Passerà di casting in casting, calcherà gli studi televisivi, solo per mettersi tra le sagome indifferenziate di coloro che ridono e applaudono. Non diventerà, nonostante le ore quotidiane di palestra, la dieta, i sacrifici di tempo e denaro, famoso, e quindi neppure ricco, e quindi neppure attraente da un punto di vista sociale. Resterà un qualsiasi operaio non qualificato, di quelli guardati con sufficienza dalle compagnie femminili di paese.

Per le giovani e giovanissime donne, il fascismo estetico presenta un quadro, se possibile, più cinico e disperato. In un mondo del lavoro ancora sessista, la via della realizzazione professionale passa per la prostituzione spontanea. Si parla sui giornali della propensione del premier erotomane per le minorenni. Si parla con orrore di violenza sulle donne, di abusi e aggressioni sessuali. Nell’ultima sequenza di Videocracy, un gruppone di giovanissime aspiranti veline è ripreso mentre ancheggia a suon di musica, nel modo che ognuna immagina il più sensuale e provocante possibile. Quanti di questi corpi sono volontariamente sacrificati ai molteplici intermediari dell’industria dell’immagine? Sotto l’occhio complice della famiglia, del gruppo di amici, della comunità di paese, che preferisce ignorare il prezzo imposto dal raggiungimento di una tanto agognata apparizione televisiva? Anche qui non sfugge la condizione tragica che impone al mondo femminile di raggiungere la propria salvezza sociale – l’autonomia professionale – attraverso la dura prova del baratto sessuale, poiché l’unica merce di scambio che una donna può offrire, in quel mercato gestito dall’uomo, è il corpo. Se poi sia peggio, quanto a prostituzione spontanea, quella dei corpi, riservata alle donne, rispetto a quella delle menti – e quali menti! –, riservata agli uomini, non sarò certo io a dirlo, che non sono avvezzo né all’una né all’altra.

Insomma, nonostante tutto ciò che che sapevo (o supponevo sapere), la visione di Videocracy mi ha prodotto uno shock cognitivo, che mi ha spinto ad elaborare il nuovo concetto di “fascismo estetico”. Innanzitutto ho pensato che ci è davvero mancato un Pasolini, come cronista di questo terrificante esperimento di massa. Non il Pasolini che viene sempre invocato, quello del genocidio culturale e della fine del mondo contadino. Il Pasolini degli anni Settanta, quello delle Lettere Luterane per intenderci, non scopre niente, da un punto di vista intellettuale. Dice cose che altri studiosi e scrittori, filosofi e sociologi, hanno già detto almeno una decina d’anni prima. La forza e la necessità dell’urlo di Pasolini viene dal fatto che, quello che altri hanno saputo prima, lui lo sente dopo. Altri, più lucidamente di lui, avevano analizzato la rivoluzione antropologica, che stava segnando la scomparsa della cultura popolare e contadina. Ma lui è stato in grado di patire fino in fondo l’esperienza di questa scomparsa, proprio in virtù di quel contatto con i ceti popolari di cui era continuamente alla ricerca. Lui l’ha vissuta su di un piano estetico più che politico e intellettuale. E proprio per questo ne ha misurato più coraggiosamente di altri la portata.

Molti di noi, nel trentennio di ascesa della videocrazia, si sono difesi proprio dall’esperienza estetica che il nuovo regime imponeva. Mi prendo come esempio, in quanto so bene di non rappresentare un’eccezione, semmai una minoranza. In un momento imprecisato, all’inizio degli anni Novanta, ho smesso di guardare la televisione. Ho compiuto questo gesto semplice: ho portato in solaio il televisore, e da allora guardo la tele assai raramente, a casa di qualcun altro. È una colpa? Posso andarne fiero? Potevo fare altrimenti? (Una delle frasi che appaiono in coda a Videocracy afferma: Oggi l’80% della popolazione italiana ha la televisione come prima fonte di informazione.) Lo ammetto, ad un certo punto mi sono rifiutato di sottopormi compiutamente all’esperimento che Silvio Berlusconi stava realizzando sul pubblico televisivo italiano. Lo avrò fatto per privilegio di classe, per intolleranza personale, per istinto di sopravvivenza… non sono sicuro di conoscerne il vero motivo, ma sicuramente l’ho fatto. Il problema è che, in questo modo, ho finito per ignorare l’entità del disastro. Aggravante ulteriore è stata la latitanza dal suolo patrio per alcuni anni. È pur vero che, ogniqualvolta mi è capitato in questi anni di vedere un programma d’intrattenimento, faticavo a credere ai miei occhi e alle mie orecchie. Mi dicevo: “Ma come è possibile che le donne italiane accettino questo?” (Non parlo qui d’informazione. Delle mezze verità dei telegiornali, della censura spontanea o imposta, della manipolazione e della propaganda. Parlo proprio dei programmi di puro intrattenimento, con la presenza del pubblico: dai quiz ai reality show.)

Ma le occasioni di spaesamento si moltiplicavano anche nella vita reale. L’avvento in città di automobili sempre più implausibili: le fuoristrada con la sbarra di metallo antibufalo, o quelle nere con i vetri oscurati da gangster. La moltiplicazione davanti a qualsiasi locale dalla luminaria un po’ esotica d’ingombranti e inutili buttafuori. Ricordo la scoperta di ambienti a tal punto ridicoli, da sembrare irreali. Un conoscente una sera m’introdusse, con un paio di amici, al “Just Cavalli Café”, un locale esclusivo – o che si pretende tale – di Milano, frequentato da gente della moda, del calcio e della televisione. C’erano due ragazze in tailleur all’entrata con le liste degli invitati: una miscela di doganieri, hostess, e maestrine terribili: serie come la morte. Nel ristorante dei Vip – o presunti tali – gli uomini sembravano controfigure più o meno riuscite di Fabrizio Corona, ma generalmente col cranio rasato; le donne, presentatrici più o meno plausibili alla ricerca disperata di contatti importanti. Sociologicamente nulla di speciale: nuovi arricchiti. Atmosfera: Mosca anni Duemila, magari senza pistole automatiche nella giacca. Ma l’arredamento, gli abiti, la gestualità erano ciò che più mi sorprendeva. Tutto si svolgeva come su una ribalta televisiva, ma mi sfuggiva la regola del gioco, dal momento che di spettatori non ce n’erano. Quando si dice “apparire”, non si è detto ancora nulla. Uno, infatti, pensa subito ad una politica dell’apparire, all’apparenza come mezzo. Ma nel “fascismo estetico” – e lo capisco tardi – mezzo e fine finiscono per confondersi. La disciplina dell’apparire, il quotidiano esercizio per diventare belli ed eleganti, non ammette basse strumentalizzazioni. Raggiungere lo splendore di un’immagine si trasforma nel fine in sé.

E tutte le volte che a Milano camminavo per certe vie o passavo davanti a certi caffè o discoteche, mi chiedevo: “Ma chi sono questi?” Era snobismo? È stato snobismo smettere di avere la tele in casa? Questa è l’accusa più in voga oggi rivolta a chi rimane estraneo ai grandi compiti imposti dal “fascismo estetico”. Le mie ragioni, però, non sono state sociali, ma estetiche: era una vigliacca necessità di preservarmi da tanta bruttura e banalità, da tanto conformismo, che mi ha reso cieco alle grandi trasformazioni. Non ne ero ignaro, ma non percepivo il disegno unitario e la macchina potente che le governava. Ora vedo l’enorme sforzo di essere belli, il rovello perenne, la disciplina marziale dell’apparire, a cui una gran quantità di giovani italiani è sottoposta. È affascinante constatare fino a che punto, in certi caffè o per certe vie, ci siano solo ragazze accuratamente truccate che indossano abiti vistosi e attraenti, e ragazzi con muscolature e tatuaggi opportuni. Tutte e tutti abbronzati. L’unica nota inquietante in tanta bellezza è lo spettro aleggiante della clonazione. Tutti questi belli e queste belle, disinvolti e ridanciani, si assomigliano maledettamente. Hanno lo stesso taglio di capelli, gli stessi occhiali, le stesse magliette, gli stessi tatuaggi. Non solo, ma il loro sforzo perenne, la loro aspra disciplina, li rende anche tremendamente aggressivi. Questa è una caratteristica del “fascismo estetico”: vi è un sovrano disprezzo per colui che non si piega alla stessa rigida regolamentazione. Costui non è visto semplicemente come un “brutto”, uno “sfigato”, perché privo di opportuna abbronzatura e tatuaggio, ma è considerato in qualche modo una minaccia, anzi uno sberleffo vivente di fronte allo zelo dei belli-a-tutti-i-costi. Vi è un grande risentimento in questi “sacerdoti del corpo scolpito e dell’abito perfetto” per colui che non appartiene alla loro tribù. E mostra di vivere, di divertirsi, di amare, senza intrupparsi nel loro corteo e senza condividere i loro riti impietosi.

Non m’interessa più di tanto, in realtà, proporre una fenomenologia dell’italiano dedito all’ossessiva e conformista cura della propria immagine. Ognuno ha di fronte a sé una quantità di esempi sufficientemente eloquenti. Il punto è un altro. E riguarda la mia (e di altri) grande capacità di astrazione e di oblio di fronte a tutto ciò. Accettare fino in fondo quanto è accaduto, guardarlo in faccia senza schermi intellettuali, è un compito arduo. Lo è soprattutto per chi vive ancora tra due mondi, tra quello della lettera e quello dell’immagine, tra la cultura del libro e l’impero della televisione.

Print Friendly, PDF & Email

250 Commenti

  1. Difatti la politica non è più politica, come la storia non è più storia, l’informazione non è informazione, l’uomo non è più tale. L’asse Craxi-Fininvest ha trionfato per un equivoco: che estetica sociale e antropologia culturale differissero. Al tele-pensiero e alla tele-politica si è ritenuto di contrapporre temi e argomentazioni sullo stesso terreno, come le tasse o il numero di stranieri o i minuti di pubblicità nei film: ma lì non c’è meglio e peggio, c’è unicamente conformismo, uniformità, povertà ideologica. Così è successo che la sola differenza tra centrodestra e centrosinistra fosse Berlusconi. Che tuttavia non è poco: un mondo “con” non può equivalere a un mondo “senza”. E così si arriva all’estetica. E’ l’estetica che lo condanna e ci condanna, al di là di qualsiasi parrucchino. I bassifondi morali/culturali frequentati dal berlusconismo si alimentano necessariamente delle ombre nere che proiettano sull’intero assetto della convivenza civile. E’ la bruttezza la cifra dell’Italia aziendalizzata. Di certo deprecabile, ma è soprattutto epidermicamente ributtante che quattro ceffi bercianti violentino la storia, l’arte, l’intelligenza e le istituzioni a beneficio dei propri affari e della smisurata vanità di un trafficante. La società berlusconizzata è volgare nel suo abito blu che occulta il nulla e il portafogli. Lui è brutto nei suoi insulti, nel suo ghignante livore, nella sua bava suadente. L’universo che auspica è una melma di aggressività monetaria e di individualismo egoista. E non sarà mai col voto che sarà dato di cambiare alcunché: è il paradosso di una democrazia a orologeria, telerappresentata a puntate. Quel che potrà un giorno la democrazia elettorale è tutt’al più di fissare il limite finale del’orrore, del kitsch, il fondo ultimo dell’oscenità toccato il quale si potrà magari (chissà…) cominciare a risalire. Un voto (se mai ci sarà) metapolitico, dunque, finalizzato a riallestire le precondizioni della democrazia: un’aria scevra dai miasmi del sotterfugio e dell’imbroglio, un cielo libero dall’irrealtà catodica, un suolo privo delle fangose impronte del denaro elevato a unità di misura della vita.

  2. Il “fascismo estetico” è quella lotta per la salvezza sociale che impegna ogni componente dei ceti popolari, nella più assoluta solitudine, sul terreno della propria immagine.

    Innanzitutto, Andrea, questo intervento è di quanto più lucido abbia letto sulla questione. Il paradigma che hai trovato funziona, ovvero spiega senza limitarsi a mostrare. E non solo. Mi è capitato la settimana scorsa di viaggiare sul treno torino roma in compagnia di due ragazzi, uno di origine pugliese, l’altro calabrese, residenti a Torino. Palestrati, così si dice no, maschi latini, ben presenti a se stessi. Per le prime ore ci si guardava con curiosità, snobberia, fino a quando, ritrovandoci sul predellino a fumare, abbiamo scambiato due chiacchiere. Cosa fai, tu, ah ti occupi di libri, noi no, televisione, e una volta seduti, la rivelazione. Erano due tronisti. Va notato che “il grande intrattenimento” si è appropriato perfino del linguaggio e come la poesia un tempo inaugura nuove parole: tronista, palestrato…
    Quello che volevo dirti è che quei due ragazzi non hanno suscitato in me nessuna riflessione del tipo : ecco il nemico! Anzi, quando mi raccontavano che due volte a settimana facevano su e giù tra roma e torino, per continuare a lavorare, uno in un call center, l’altro in una ditta di costruzione, quando raccontavano il loro spaesamento nel mondo, lo stesso di tanti commentatori di NI, in taluni casi anche più autentico, la sensazione che ho avuto alla fine era di una nuova emigrazione. Quelle facce un tempo partivano dalla Puglia e Calabria per raggiungere Mirafiori oggi ripartivano da Torino per gli studi televisivi di Roma. Nella sostanza non era cambiato nulla. Solo che un tempo i muscoli servivano a fare quanti più pezzi in catena di montaggio. oggi a sedurre quante più candidate alla gloria del mezzo.
    effeffe
    ps
    mi hanno spiegato la logica del gioco che non conoscevo due uomini per trenta donne. rovesciamento insomma di un autentico rapporto di forza, secondo me, in cui bastano due donne per trenta uomini.

  3. @gina
    evidentemente quel bastare denotava forza e virtù del femminile non di certo la mia quota pari opportunità :-)
    effeffe

  4. ff
    l’affaire pare avere parecchio a che fare col capitalismo cognitivo-relazionale ( ti sono già spuntate le tette, caro:)

  5. fascismo estetico. mi piace. mi piace anche dittatura elettrica. icona transattiva. raggi polivisivi. fanta-verità. e se gli androidi sognavano pecore elettriche, gli italiodi sono pecore che fanno bee rlusca bee rlusca.
    ecco l’immaginario indifferenziato ecco l’era del soggetto soggetto non all’Altro ma a Questo Qui Ora Che Vedi.
    … spero di non essermi spiegato.

  6. Ho apprezzato. Soprattutto la parte iniziale in cui A.Inglese esamina lo iato profondissimo tra parte ‘colta’ (non sua in particolar modo, in generale) e parte ‘emozionale’ o della consapevolezza umana rimasta primitiva e istintuale.

    Una forma di strabismo volontario per cui la maggior parte dei presunti intellettuali, ha scelto e continua a scegliere di guardare altro, forse, per potersi permettere di guardare e condividere istintivamente questo grande spettacolo senza sensi di colpa.

    Qualche dato: sette milioni di donne italiane vittime di violenze fisiche o sessuali. Nella metà dei casi il responsabile è il partner. Pari opportunità: Italia al 67° posto dopo Uganda, Namibia, Kazakhstan e Sri Lanka. Quelle che non rientrano (forse) in queste statistiche sono carne da macello televisiva. C’è un odio e un razzismo tangibilissimo nei confronti di un certo tipo di femminile consapevole o pensante. Non è poi un caso se i razzismi, quando tornano, tornano tutti assieme: donne, omosessuali, extracomunitari. L’esaltazione della patria maschitudine contro la parte “femminile” o debole della società.

  7. Resta da stabilire se la causa sia la televisione o sia piuttosto uno specchio deformante di altro, come mi sembra più credibile. Certo è che avere – specie per chi è giovane – bisogno della televisione, specie generalista, è segno di una caduta al fondo dell’esistenza, che la volontà di vivere si è ridotta al minimo. Ma sky non la tv generalista o mediaset, offre molto uno sceglie.
    L’inquinamento psichico si guarisce di colpo rinunciando al primato dell’occidente e abbracciando altri mondi ed esperienze.
    L’occidente è al tramonto, una lunga agonia, una civiltà e una storia che deve ancora interrogarsi sulla sua nascita come civiltà dell’immagine e deve ancora affrontare il problema di cos’è l’uomo quando l’uomo è concepito come homo faber e quindi tecnica. La persuasione nascosta nell’inconscio dell’Occidente è la sua fede nell’essenzialismo tecnico dell’uomo. l’Uomo come Tecnica. La versione illuministica della ragione e del logos come linguaggio è all’origine della catastrofe

  8. A.I. sembrerebbe imboccare finalmente un sentiero, che a me piace: smettere di spostare il ‘male’ altrove, fuori, altrove, a casa LORO, degli alieni.

    Tutto questo non è successo e non sta succedendo agli ‘italioti’, tutto questo succede con la complicità smaccatissima di tutti noi. Allora dovremmo cominciare tutti a chiederci cosa di questo modello solletica tanto anche le parti basse della ‘sinistra’ e la spinge a chiudere tutti e due gli occhi.
    Non più ‘loro’, ma NOI, tutti… Perché è evidente che qualcosa in questo sistema piace, e anche molto.

  9. a gina,

    mi aiuti a disambiguare quello che andrebbe disambiguato? dico sul serio, spiegati meglio…

    a ff
    “Quelle facce un tempo partivano dalla Puglia e Calabria per raggiungere Mirafiori oggi ripartivano da Torino per gli studi televisivi di Roma. Nella sostanza non era cambiato nulla. Solo che un tempo i muscoli servivano a fare quanti più pezzi in catena di montaggio. oggi a sedurre quante più candidate alla gloria del mezzo.”
    Ecco, hai detto proprio bene.

    a bianca
    “A.I. sembrerebbe imboccare finalmente un sentiero, che a me piace: smettere di spostare il ‘male’ altrove, fuori, altrove, a casa LORO, degli alieni.”
    Si Bianca, perfettamente. A suo modo l’ha già fatto qui, recentemente, anche Chiara Valerio parlando di biblioteche.
    L’Italia ancora una volta è stata teatro di un esperiemento sociale avanzato. Siamo gli ultimi in un sacco di faccende, ma i primi che hanno dovuto affrontare un simile esperimento. Questo, e non scherzo, come ben ha colto FF, ci impone una sorta di pietas, che tocca tutti. In quanto tutti ne siamo stati vittime, anche se non solo. Poi si tratta di capire che cosa ha fatto sì che noi, in parte consapevoli del male sociale e civile del gran intrattenitore, abbiamo comunque perso. Non solo, ma tutti siamo stati contaminati dal fascismo dell’estetica. Se riesco toccherò questo punto in un prossimo intervento.

    Poi, tra le altre cose, si tratta di tirare una conseguenza politica. Io in questi anni ho votato anche la coalizione di centro-sinistra. Per uno scopo preciso: bloccare lo strapotere mediatico di Berlusconi. Ora questi signori, che oggi si ripropongono a noi, hanno fallito in ben due occasioni. A me basta e avanza. Se rimangono gli stessi, sono pronto per la prima volta ad entrare, pulito e sbarbato, nel club dei non votanti.

  10. @ Andrea Inglese

    “Io in questi anni ho votato anche la coalizione di centro-sinistra. Per uno scopo preciso: bloccare lo strapotere mediatico di Berlusconi. Ora questi signori, che oggi si ripropongono a noi, hanno fallito in ben due occasioni.

    secondo te perché hanno fallito ?

  11. non si può bloccare un potere mediatico , si può solo crearne uno più grande , hanno fallito perchè la sinistra si rifiuta di fare intrattenimento di massa .

  12. Vivo quotidianamente i disastri causati dalla televisione. Mia figlia quindicenne, come tutte le sue amiche, subisce il fascino dell’immagine femminile imposta dal Grande Satana attraverso il video. Hanno in testa la velina, magra, slanciata, svestita, che si accompagna con fustacchiotti buoni a nulla con la testa vuota, come quelli che ha conosciuto furlén in treno.

    Però condivido in parte luminamenti, se il Grande Satana avanza, è perché trova il terreno favorevole. Perché c’è la disponibilità ad accoglierlo, ad ascoltarlo e a farsi sedurre dai suoi tizzoni d’inferno sorridenti e rassicuranti.

    E’ il Vuoto che accoglie il Grande Satana, il nostro vuoto. Ed io so che se mia figlia subisce questo fascino, è anche colpa nostra, di noi genitori, del nostro vuoto, della nostra lontananza, della nostra dipendenza mai del tutto risolta da Edipo.

  13. Benjamin scriveva: “Non c’è mai stata un’epoca che non si sia sentita, nel senso eccentrico del termine, moderna e non abbia creduto di essere immediatamente davanti ad un abisso. La lucida coscienza disperata di stare nel mezzo di una crisi decisiva è qualcosa di cronico nell’umanità.”

    Le forme di aggregazione, il bisogno di appartenenza, l’insostenibilità della solitudine, fanno parte della natura umana, della sua animalità. L’uomo nasce programmato. Fin quando esiteranno forme di vita organizzata, e dunque potere, esisterà anche la contrapposizione massa – individuo. La storia della letteratura occidentale si basa anche su questa collisione.

    La nostra società non sta finendo né fallendo a causa della televisione e della cultura di massa, e ognuno di noi continua a vivere come soggetto, uomo isolato nei propri dolori e ansie, figura unica in un grande vuoto.

  14. a mario
    “non si può bloccare un potere mediatico , si può solo crearne uno più grande , hanno fallito perchè la sinistra si rifiuta di fare intrattenimento di massa .”

    Per togliere un po’ di nebbia. Non si parla di generico “potere mediatico”, si parla di monopolio dei media, che non ha eguali in Europa, almeno. In Francia, che è parte anche lei dell’Occidente-agonizzante-vuoto-coi-giorni-contati, ebbene in Francia la televisione, privato o no, non è come quella italiana. Perchè?

  15. Rispetto a gli ultimi interventi, Baldrus e frozen. Tutto quello che scrivete, che possiamo scrivere, che abbiamo letto, che è stato scritto, le grandi categorie antropologiche, le filosofie della tecnologia, tutto ok. Possiamo parlarne per ore. Non abbiamo fatto altro in questi anni. Io ho scritto questo per spostare d’un pelo il discorso. Uno per storicizzarlo e concretizzarlo al massimo. Me ne sbatto ora dell’Occidente con una O gigante, parlo dell’Italia degli ultimi trent’anni. E poi parlo di quello che “sento”, ossia dell’impatto di tutto questo strapotere mediatico particolare, quello di mr Berlusca e non di un altro, sul mio sensorio, sul paesaggio, sulla popolazione italiana, di cui sono parte.

  16. sarà che come madre sono stata fortunata, ma benché allevati dai cartoons anni ’90 i miei figli praticamente non la guardano più, perchè *noiosa*….
    sul noi/loro e sull’impianto generale del post è il classico “che fare” a latitare e non è un addebito nè all’autore nè agli intervenuti, pur troppo

  17. Anch’io vorrei parlare di quello che sento, Andrea. E non sento più così forte la rabbia che mi pervade quando vedo tutti questi poveretti conciati per le feste per assomigliare ai vip e alle veline ecc. Non mi serve più a nulla indignarmi, se non ad aumentare senza limite la mia indignazione, ad alimentarla.

    Invece vorrei capire quello che non va in noi, perché non si cambia la struttura con interventi sulla sovrastruttura (cioè il PD o Rifondazione o quello che è). I ragazzini e le ragazzine di quell’età hanno un bisogno disperato di amare, di amicizia, di riconoscere se stessi. Intorno a loro invece trovano il vuoto, il nostro, quello creato da noi, da me. Io me ne sbatto di Fabrizio Corona e di tutti gli altri poveracci. Persino del vecchio maniaco puttaniere me ne sbatto, anche se devo subire il suo lercio potere. Voto Rifonda ben sapendo che non serve a niente.

    Serve un cambiamento di vita e di cervelli e di sentimenti. Serve una nuova generosità e una nuova disponibilità. Se non c’è sprofondiamo, anche se da incazzati neri.

  18. Caro Andrea Inglese, il mio intervento non era affatto una critica al suo testo. Anzi, mentre leggevo annuivo continuamente, proprio perché lei ha descritto con estrema lucidità e precisione – e con parole che io non avrei trovato – “l’istinto di sopravvivenza”, quella sensazione che tormenta chi resta al di fuori della grande muraglia. Condivido in pieno la sua posizione.

    Detto ciò, però, vorrei chiarire che nel corso dei miei ventiquattro anni ho unicamente sviluppato un profondo senso di noia (e di colpa) per l’inevitabilità della nostra condizione sociale (italiana ovviamente), e per questo, forse, tendo ad astrarre, a trascendere, ad allontanarmi dalla concretezza della realtà, forse sbagliando. Ma in questi casi la domanda è una sola: c’è una soluzione alla condizione insopportabile in cui ci troviamo? Esiste una via d’uscita? É proprio nella risposta che ognuno di noi dà a questa domanda che si decide il nostro contegno di uomo sociale. Io sono già rassegnato alla forza centrifuga del grande vuoto che ci circonda. Saluti.

  19. @ BALDRUS

    “Serve un cambiamento di vita e di cervelli e di sentimenti. Serve una nuova generosità e una nuova disponibilità.”

    Concordo con questa tua frase, è un discorso quasi spirituale. Ti rendi anche ben conto che è la cosa più difficile in assoluto. Può solo partire da ogni singolarità e lentamente espandersi per vicinanza, comunanza. Affrontare un percorso diquesto tipo è doloroso, ed alle persone non piace soffrire consapevolmente, queto è il vero problema.

  20. “Vi è un’unica fede, quella della trasformazione individuale. Non una religiosa rivoluzione interiore, ma una laica e materialista metamorfosi della propria immagine.”
    Oh, io non ci vedo troppo di male in questo (ma penso nemmeno tu). E non mi pare proprio che i ragazzi e le ragazze perdessero meno tempo davanti allo specchio prima di uscire e recarsi nelle piazze in cui avrebbero potuto incontrarsi e sedursi, anche solo 30 anni fa. A meno che uno non assolutizzi la propria adolescenza punk pensandola universale o anche solo rappresentativa ;-) C’è l’infinita tenerezza di chi ha poco e sogna tutto in quel lisciarsi di capelli, sistemarsi camicie, passare rimmel o aggiustare recenti pizzetti. E non mi sentirei meglio se invece del materialismo della propria trasformazione fosse egemone un atteggiamento di religiosa rivoluzione interiore (perché mai?) o un’estenuata rinuncia mitteleuropea (peggio mi sento) stile finis austriae di fronte all’avanzata dei barbari, anche perché a recitarlo dovremmo essere noi, cioè gente che non ha mezzo quarto di nobiltà per ritenersi diversa o meno barbarica. Siamo anche noi classe media, mediamente sfigata, ci manca il fisico per fare i novelli tomassmann. Semmai il problema è dare gambe al materialismo perché si emancipi da chi semplicemente ne sfrutta il brand e ne nega il godimento reale, rimandandolo ad libitum coll’identificarlo in un’immagine di esclusività. Certo non me la sento di combattere la “rilassatezza morale” o il consapevole uso del proprio corpo ai fini di un maggiore agio esistenziale, semmai combatto il modo improbabile in cui molta gente tenta di raggiungere quell’obiettivo piacevolmente pagano, l’idea che la via migliore sia seguire il pifferaio immaginando che lui sia il monopolista dei posti in platea, quando invece l’esistenza di posti limitati è la sua migliore invenzione. Il suo potere non sta nel sogno di godimento, vecchio quanto la vita, ma nel fatto che lui pretenda di venderne i biglietti e che quei biglietti siano pochi. L’invenzione della scarsità è la sua trovata. L’opposto è dire: no, tutti hanno il biglietto e tu non stai vendendo proprio niente di tuo che non abbiamo anche noi. Ma ugualmente non stigmatizzo l’ingenuità di chi vuole perseguire un fine di godimento esistenziale ma lo fa, per ristrettezza di possibilità e di vedute, in modo ahinoi inefficace, che per di più conferisce potere a chi ne fa mero commercio. la via aristocratica del rifiuto è sempre quella più reazionaria perché porta dritti dal rifiuto all’invettiva fino alla soluzione religiosa, o al cinismo. imho hai fatto male a portare la tv in soffitta, o meglio se l’hai fatto per rifiuto verso i tuoi simili e non per un piacere maggiore, che ti avrebbe di per sé riunito a loro. combattere contro il desiderio e le sue fabbriche è una falsa pista, impedisce di combattere per cose serie, ad esempio per appropriarsi di quelle fabbriche.

  21. Robin: vorrei che fosse un percorso non solo spirituale, ma anche materiale. Io sto cercando di portarlo avanti, diciamo che faccio come posso.

    Ma perché deve essere doloroso? Perché dobbiamo soffrire?
    Forse dobbiamo soffrire per inseguira una liberazione, è vero; per esempio con terapie (non obbligatoriamente psico) per liberarci dalla nostra dipendenza da un Edipo creato nei secoli da un sistema capitalista che si alimenta di nevrosi. Però si può anche alleggerire. Ci si può permettere il piacere, e l’amore, e l’amicizia, e la tolleranza, con leggerezza per esempio. Poi continuiamo a votare contro il vecchio maniaco puttaniere, non serve a niente, ma intanto va fatto.

  22. @ BALDRUS

    “Ma perché deve essere doloroso? Perché dobbiamo soffrire?”

    Perché per liberarci da qualcosa dobbiamo riconoscerla e nel riconoscerla
    in noi stessi ne avvertiamo il peso ed il dolore. A quel punto sta a noi scegliere cosa fare. Credo avvenga ogni giorno, in ogni cosa, anche se non ce ne accorgiamo. Ecco, accorgersene ed agire in maniera diversa, cambiare appunto, modifica noi e l’ambiente circostante.

  23. Sulla ‘pietas’. Non so. La pietas è qualcosa che si può avere a fronte di un distacco (anche storico, temporale) e di una consapevolezza, di una ammissione di responsabilità che io non vedo.

    Come donna e essere umano, mi sento di non abbassare la guardia, di smettere di essere connivente di fronte ad atteggiamenti che mi penalizzano, anche quando e se pur vissuti come “innocenti” o “divertenti” da chi li sfoggia. Trovo che non ci sia proprio nulla più da ridere nella volgarità gratuita vagamente razzista, ad esempio.

    Chi ostenta arroganza, razzismo, sopraffazione, povertà mentale, psicologica, umana, deve sapere, indipendentemente dal colore politico della divisa che indossa o fa finta di indossare, almeno per quanto mi riguarda, che è da me considerato un sottoprodotto di una sottocultura devastante e violenta.

    Poi certo, del mio giudizio è libero di farsene quel che vuole, ma io sono libera di esercitare il mio pensiero, almeno questo, ancora non possono togliermelo.

  24. Bene, bravo, quasi il bis, se non fosse che temo un altro rigurgito di nausea anche io. E’ un’ analisi che entra con efficacia nella pancia del berlusconismo dell’ultimo decennio (perchè sarebbe più opportuno ormai parlare delle varie fasi del berlusconismo).

  25. Analisi estremamente lucida nella quale mi ritrovo completamente e che consiglierò di leggere.
    E prendendo spunto dai commenti letti, ritengo che se il femminismo storico ha fallito, è pur vero che una nuova dimensione al femminile, nel magma politico degli ultimi 30 anni non avrebbe potuto emergere. E se è vero anche che 30 anni fa ci si “truccava” per appartenere, e scendere in piazza, era comuque per un pensiero collettivo, ora inesistente. Ora collettivamente si partecipa perchè uno o alcuni possano emergere. Una competizione continua e frustrante oltre che depistante.

  26. –Per togliere un po’ di nebbia. Non si parla di generico “potere mediatico”, si parla di monopolio dei media, che non ha eguali in Europa, almeno. In Francia, che è parte anche lei dell’Occidente-agonizzante-vuoto-coi-giorni-contati, ebbene in Francia la televisione, privato o no, non è come quella italiana. Perchè?–

    non ho mai guardato la tv francese , comunque se condivide i format con la televisione italiana , tipo il grande fratello , altri reality , quiz , telefilm americani ne condivide anche modo di pensare che cerca di imporre. Hai ragione comunque , c’è un monopolio culturale, bisogna creare la nostra alternativa vincente .

  27. Finalmente c’è qualcuno che chiama le cose con il proprio nome. Fascismo estetico: sì, mi piace. E mi ricorda quelle istruzioni che Berlusconi diramò ai candidati alle elezioni amministrative nel marzo 2002: “Per questo dovete chiamare la gente per nome, che per ciascuno è la musica più bella da sentire, e fare sempre dei complimenti: che bel pensiero, che bella cravatta, caro amico, che bel sorriso, signora, come è graziosa la bambina”.
    Aggiungo un tassello al puzzle terribile delineato qui: l’origine squisitamente commerciale dell’operazione. Nella dittatura dell’immagine si coglie chiaramente lo zampino del venditore nato, l’istinto primordiale al baratto applicato in ogni segmento dell’esistenza, dalla sfera politica a quella sessuale. Non è più il voto di scambio del pentapartito: è lo scambio eletto a regola esistenziale. A valore.
    Dissento soltanto su un punto, quando scrivi a proposito delle giovani donne: “In un mondo del lavoro ancora sessista, la via della realizzazione professionale passa per la prostituzione spontanea”. Il mondo del lavoro è sessista, ma la prostituzione spontanea è la via per la realizzazione soltanto o quasi soltanto, per fortuna, nel mondo (“luccicante” per molti) dello spettacolo e della televisione. Negli altri le donne hanno altri prezzi da pagare. Elevatissimi, ma non così poco dignitosi.
    Io sono una giornalista, mi occupo di sanità e questioni sociali. Ieri un medico mi ha scritto le seguenti parole, a proposito delle vergognose polemiche sulla pillola Ru846 e sull’articolo di Umberto Veronesi apparso sul Corriere della sera dal titolo “La forza delle donne in dieci punti. Ora serve un nuovo femminismo”: “L’undicesimo punto dopo i 10 indicati dal Prof. Veronesi è la grande capacità della donna di tollerare l’ingiustizia”. Credo abbia centrato il punto. Forse il fascismo estetico cavalca e in parte spiega questa nuova questione femminile. Cruciale, secondo me, per il futuro di questo Paese. E dei nostri figli.
    Grazie per la lettura, davvero preziosa.

  28. Cazzo che botta leggere tutto questo. Penso sia difficile, molto, spegnere per sempre un mezzo finito per essere utilizzato male, inglobato nel nostro organismo e diventato quasi un nostro arto. Penso che anche un Andrea Inglese possa diventare il Pasolini di un’epoca.
    E’ una cruda visione quella che ci appare sugli schermi e l’hai raccontanta davvero bene. Sento lo stesso schifo.
    Bisogna diffondere scritti di questo genere.

  29. L’analisi di Inglese è condivisibile, anche acuta. Secondo me però occorre andare per massimi sistemi, anche se Inglese rivendica il diritto, nonché l’opportunità, di fermarsi agli ultimi trent’anni in Italia – e com’è ovvio ne ha piena facoltà. Berlusconi è un sintomo, per quanto a tratti possa somigliare a una malattia; come è stato possibile il proliferare di un Berlusconi? Com’è stato possibile un Putin o un Bush? L’Occidente dunque (e non solamente l’Italia, che pure in tutta una serie di faccende è molto indietro) vive una fase terminale; i sistemi democratici, crollati i vecchi totalitarismi, sono preda del capitalismo mediatico e finanziario, divorano se stessi in mancanza d’un nemico materialmente visibile, sono catoplebici. Condivido chi dice trattarsi d’una capitale questione spirituale, la quale riguarda atei e credenti perchè qua non si parla di religione ma di umano. Occorre recuperare l’umano – se è ancora possibile. Le parole di Benjamin citate da Frozen, benché come sempre suonino accattivanti, a mio avviso fallano: non è vero che tutte le epoche sono ugualmente sull’orlo dell’abisso; alcune ci stanno più di altre. Questa è una di quelle. Il pezzo di Inglese è impeccabile ma, ripeto, secondo me riduttivo. Se non allargheremo l’ottica continueremo a parlare del premier Grande Satana (!), mentre invece Satana, grande o piccolo che sia, c’è sempre stato e sempre ci sarà. Quanto alla sinistra in Italia: sinistra che?
    ps: non condivido neppure che si parli ancora così manifestamente e pacificamente di una cultura “di sinistra”, come fa nel post sulle biblioteche Chiara Valerio, che pure afferma molte cose sacrosante. La cultura non dovrebbe essere cultura e basta? Vogliamo andare avanti o tornare indietro? Vogliamo barricarci o aprire le frontiere? L’ignoranza è terribile sia a destra che a sinistra, e la massa d’ignoranti che ci governa è un blob informe, non possiede un’identità degna cui contrapporsi, non possiede un volto sia pure malvagiamente scolpito (come potevano esserlo il fascismo, il nazismo, lo stalinismo), è friabile, variabile, ingannevole, incostante, finto, è una bugia che mente senza più sapere nemmeno di mentire, e che panzana racconta, e a chi: è ciò che Wallace definirebbe la Cosa Brutta.

  30. “Resistere” (anche tre volte o più) è l’unica prospettiva (illusione di prospettiva?) che resta. L’arma una sola: il rigore, la non indulgenza, magari a rischio di pedanteria. Sono con Bianca Madeccia

  31. “La prima risposta che trovo, non so quanto corretta, è questa: il mio sapere è stato a lungo scisso dal mio sentire. Il mio sistema morale deve aver trovato una strategia alquanto vigliacca di sopravvivenza, da un lato mandava avanti la mente libresca, la nutriva di dati e concetti, dall’altro ottundeva il sensorio, lo teneva al riparo dalla ‘malvagità del banale’, per utilizzare una formula letta da qualche parte e che rovescia assai ragionevolmente il titolo della Arendt”.

    Questo è proprio il punto cruciale individuato da Andrea Inglese, e che già veniva evidenziato anche da Chiara Valerio nel suo post sulle biblioteche… la separazione tra intelletto e sensi, che ancora spinge in tanti (ad esempio certi intellettuali di sinistra, detto in modo generico) a girare la testa dall’altra parte… io di tv ne guardo poca, ma ho sempre pensato che sia utile vederla, che sia cioè necessario tenere un poco gli occhi aperti, anche quando quello che si vede può sembrarci il fondo del baratro (ma purtroppo non si smette mai di scavare)… Io non ho ancora visto il film, ma descritta così, la nostra sembrerebbe una popolazione che si adatta a tutto pur d’inseguire il sogno di un’entrata in scena (ma non era così anche con “Bellissima” di Visconti, anche se si parlava di cinema e non di televisione?) che li risarcisca di tutti i sacrifici passati… E se davvero è così, allora la colpa è anche di chi non ha voluto guardare, e ha lasciato che l’immaginario venisse plasmato a senso unico… oggi forse la frana è troppo grande per essere arginata, ma coprendola con un fondale che ne occulta la vista si finisce per fare lo stesso gioco della televisione, di questa televisione…

  32. Condivido in pieno il turbamento di Andrea.
    Anch’io sono tra quelli che a un certo punto (metà anni Novanta) hanno smesso di guardare la televisione, che hanno attuato un “ritiro estetico”. “Era una vigliacca necessità di preservarmi da tanta bruttura e banalità, da tanto conformismo, che mi ha reso cieco alle grandi trasformazioni.”
    Del resto deve aver ha agito in me, fin dall’inizio, una versione antipodica di quella stessa «unica fede» nella «trasformazione individuale» che agiva sui miei simili. Nessuna vera istanza resistenziale o collettiva. Una specie di “si salvi chi può”, insomma. E anche in questo non credo di essere il solo.

  33. Bellissimo pezzo. Strepitoso, anche perchè finalmente esce dalla facile demonizzazione dell’ entità Tv e prende a bersaglio chi ha osservato il fenomeno e ha perso tempo prezioso a mitizzare il passato ed a bestemmiare il presente.

    Chi si è laureato all’inizio del Duemila davvero si sente in bilico tra due mondi, quello della città e quello dell’io davanti allo specchio, quello della piazza e della discoteca, quello dell’intelligenza sequenziale e quello dell’intelligenza simultanea, a basso grado di governo. E’ nato nei 70, ha vissuto la sua infanzia negli 8o, l’adolescenza nei 90. Ha assistito alla lenta rivoluzione, al mutamento dello Zeitgeist, ha visto pian piano sparire l’esigenza dei giovani di confrontarsi su un terreno politico e culturale, in nome di una continua uniformazione stabilita dall’equivalenza estetica. A marcare le differenze tra i ragazzi sono oggi le scelte nel vestire e nell’esibizione di sé. I nuovi iscritti all’università, quelli che non sanno cosa vuol dire giovarsi delle limitazioni di studio permesse dalla riforma del 3 più 2, sembrano per la maggior parte più belli, più ignoranti, più narcisi, più spigliati nei rapporti con l’autorità. Sono quelli che danno per scontato, come i pesci con l’acqua dove vivono, il precetto religioso dell’emarginazione dello sfigato, che non è un semplice sfortunato, con le donne e nel lavoro, ma un reietto dalla comunità estetica, sprovvisto delle qualità necessarie a vivere con gli altri, disumano ed extracomunitario. Questo fanatico disprezzo per l’indegno sfigato viene confermato anche dalla moda dei losers e degli autoesclusi, che ascoltano Creep dei Radiohead o ricordano malinconicamente il Cobain dei Nirvana, chiedendo però implicitamente un salvacondotto per accedere alla comunità in cui ognuno detiene un’immagine di sé spendibile ed efficace. L’io è passato dall’assemblea, dall’impulso primario a parlare e discutere per apprendere una visione del mondo, alla vetrina, in cui basta tacere e mostrare di avere tutto come ( il nuovo) dio comanda. Gli umanisti sono restati ovviamente in assemblea, a leggere, studiare e discettare, e tutte le volte che sono capitati davanti alle vetrine, hanno voltato il capo, o hanno pensato: “Che schifo!”. La corruzione del benessere materiale ed individuale, il diffondersi dell’anomia e dell’atomismo sociale, le dinamiche della standardizzazione delle menti e dei gusti hanno sempre di più incontrato lo sguardo disgustato e atterrito di quella sinistra che ha lasciato la perla della TV ai porci, salvo lamentarsi poi della volgarità della destra populista che l’ha sostituita nel rapporto privilegiato con le masse, in presa diretta con le loro immediatezze viscerali, comprese quelle violente e razziste. L’intellettuale non ha rivendicato esplicitamente il ritiro comodo nella cittadella interiore, ma ha fatto un passo in là per non cadere nel gorgo, per non finire nella folla di tutti quelli che si autodefiniscono artisti, per salvaguardare la propria appartenenza, la diretta discendenza dai Dante e dai Leopardi, dai Beccaria e dai Voltaire, talora anche dai Marx e dai Pasolini, renitente alla leva di una suburbia televisiva che era, come scrisse Bobbio, “naturaliter di destra”.
    Questa anestesia non è un inciampo casuale, non è un’autodifesa necessaria, non è un’armatura che permette la sopravvivenza mentre piovono bombe. Nel deserto estetico e antropologico gli intellettuali di sinistra camminano tutti i giorni, se non battono ciglio è perché se lo impongono, recitando un autocontrollo che tradisce la loro reale sensazione d’essere apolidi o marziani, costretti a sopportare un mondo che non chiede più la loro voce. Sanno non solo che la lotta è persa, ma che nessuno, se non loro stessi, gli uni contro gli altri o settariamente adunati, si pone più il problema. Hanno smesso di parlare alle menti televisive già da quando queste sono germogliate, fin dagli anni 80. L’entità del disastro non era certo palese già allora, ma certi intellettuali, in primis coloro che si proponevano di avere come primo motore quello della liberazione delle classi umili prima dal giogo del capitalismo poi da quello televisivo, che diffondeva solo i dogmi del denaro, del sesso e del potere, a quelle classi hanno smesso di rivolgersi, imputando loro la frettolosa complicità con il movimento reale delle cose, quando questo iniziava a sottoporre i luoghi cruciali dell’esistenza collettiva all’esame coatto della spettacolarizzazione. Generazioni intere educate a perdere prima possibile verginità fisica e terza dimensione, riducendosi supinamente alla bidimensionalità delle belle immagini, hanno poi visto fuggire la fortuna del dialogo con i padri. E allora non ci si può dannare l’anima se poi ci si ritrova soli e sconfitti, con l’orgoglio ridicolo della nobiltà minoritaria …

  34. a baldrus, frozen, a viola

    sul che fare? qui mi metto all’ascolto… per quanto mi riguarda ho cercato se non altro di riflettere sul cosa non fare…

    (mi scusi frozen se sono sembrato polemico con lui, ma tutto il discorso è partito da Videocracy che parla proprio dell’Italia. Per qualsiasi discorso allargato, secondo me, dobbia ripassare bene da qui, dove siamo adesso. E dal grande intrattenitore e la sua banda.)

    a bgeorg
    “Semmai il problema è dare gambe al materialismo perché si emancipi da chi semplicemente ne sfrutta il brand e ne nega il godimento reale, rimandandolo ad libitum coll’identificarlo in un’immagine di esclusività.”
    Del tutto d’accordo.
    “Il suo potere non sta nel sogno di godimento, vecchio quanto la vita, ma nel fatto che lui pretenda di venderne i biglietti e che quei biglietti siano pochi.”
    Ora non è lui che ha inventato la scarsità, lui ha inventato la finta abbondanza. La scarsità esiste. E qui rientra la vecchia economia. Se Corona o qualsiasi pinco prende diecimila euro per fare una serata, quanti euro prende il tecnico? Se il vincitore del qui è miliardario, quanto guadagnono coloro che il quiz lo perdono? La scarsità non l’ha inventata Berlusca, è semmai il fatto del neolibreismo (ma qui son già generico). Invece di specifico c’è il fatto che Berlusca fa credere che il bengodi è alla portata di tutti, basta lustrarsi l’immagine e le scarpe ogni giorno.
    E anche

  35. a Macioci
    “e non allargheremo l’ottica continueremo a parlare del premier Grande Satana (!), mentre invece Satana, grande o piccolo che sia, c’è sempre stato e sempre ci sarà.”

    a costo di sembrare ossessivo; lo shock cognitivo che ho avuto vedendo Videocracy è questo: capitalismo, neoliberismo, individualismo, società dello spettacolo, nichilismo… ok. Ma perché mai abbiamo bisogno di ALLARGARE l’ottica. L’Italia di questi ultimi trent’anni andrebbe studiata nel mondo intero, come si è studiato il fascismo. Ciò che dobbiamo studiare è innanzitutto noi stessi. perché è qui che sta avvenendo, e sta avvenendo in modo nuovo e specifico. Non è vero che tutto si ripete nella storia, e sopratutto non è vero che ovunque è uguale.

    Capire fino in fondo i meccanismi (estetici prima che politici) che non solo hanno creato consenso, ma anche modellato in senso reazionario questo consenso, coinvolgendo per primi i ceti popolari, può permetterci di predisporre alternative. Ma finché l’analisi della realtà resta generica, anche le leve del cambiamento saranno molli.

  36. si, ho visto videorazia. Mi ritrovo nelle osservazioni fatte da Andrea come spettatore al termine del film , spettatrice spettatore di sinistra che con amarezza si rende conto di aver contribuito a ciò:sì si rimane sconcertati nel dirsi ” io già sò ” e si tenta di “riversare ” su chi non va a vedere il film , tutta la colpa della situazione a dir poco “oscena ” della società italiana e europea.Sì, mi chiedo perchè così scarsa affluenza?Si ha paura di prendere coscienza? Si ha paura di perdere il solo privilegio vincente oggi quello di Apparire?A questo misero mio commento però voglio aggiungere : ma i vari corona come mai si sono lasciati intevistare e permesso di fare il film? Hanno preso dei soldi , sicuro. E ancora una volta assisto alla mercificazione per APPARIRE ?e se ciò fosse vero , la riflessione su questo film potrebbe essere pericolosa e deleteria per le giovani generazioni, che avendo il nulla alle loro spalle, trovano convingente Apparire per l arrampicamento sociale Forse è meglio non invitare alla visione del film ? Renderlo vietato ai maggiori di 20 anni ?Che facciamo Noi che abbiamo creduto che cambiare si PUO’?

  37. Condivido e sottoscrivo tutto quello che hai scritto, a partire dal senso di desolazione che mi ha preso fin dall’inizio del documentario. Condivido anche il fatto che la “nostra” colpa sia stata quella di non guardare la tv o di cambiare canale, di guardare solo Raitre, tanto per dirne una, mentre chissà, sarebbe stato necessario, per capire, guardare anche il resto. Mi chiedo però, su questo, se saremmo stati capaci di resistere, novelli Ulisse di fronte alle sirene. A parte questo, mi soffermo sull’ultima questione: che fare? perché mi sembra che questo sia il punto dolente e l’ostacolo di fronte al quale ci fermiamo inesorabilmente. Non sappiamo che fare, non sappiamo come reagire a questo fascismo. Sappiamo, come dici tu, quello che non dobbiamo fare: ad esempio che un nuovo aventino sarebbe un errore, è stato un errore. A volte ho l’impressione che quello che ci rimane, in questo periodo, sia un lavoro sotterraneo, non visibile. Non per paura, però: per scelta, proprio perchè “noi” non vogliamo essere come quello che propongono, non siamo così. Come se dovessimo diventare tanti piccoli carbonari. Forse questo potrebbe essere un modo di passare da una fase passiva, di critica non fattiva, ad una fase in cui si ha ben chiaro quale sia il modello culturale che vorremmo. Non so se sono stata sufficientemente chiara, la cosa non è poi così facile da dire. Saluti.

  38. Alla domanda di andrea inglese sulla differenza tra francia e italia, perchè in italia la videocrazia – perchè è evidente che in Italia la situazione è peggiore di altre, bisogna domandarlo a quelli di sinistra quando sono stati al potere. Non credo conseguemente che Marino possa farcela. Ma niente vi suggerisce la loggia P2? Forse bisognerebbe rileggersi alcuni passi del progetto sull’informazione e sopratutto sulla scuola privata

  39. Sento un’amica al telefono, ha visto “Videocracy” ieri sera, mi dice non è un granché, già visto, già risaputo, “si sa” dice…

    Non guardo la tv dal 2002, ma nel ’95 a Parigi entrai per la prima volta in un pornoshop, in rue Saint Denis, la stessa dove c’erano le signorine che ricevevano, di cui si parla nei “400 colpi” di Truffaut. Tra i diversi nella via, entrai in quello più grande, grandissimo, una Coin del porno, le salette dove andar a vedere i film come nella “Pianista” di Haneke, vhs e i primi dvd parete su parete, ovunque, maxi schermi con scene su scene ed in alto bambole e tutto l’armamentario e poi il bancone dietro al quale uno speaker richiamava l’attenzione degli avventori invitandoli all’esperienza dei diversi peepshow, con vetro, senza vetro, dal vivo ecc ecc. Rimasi un po’ e ritornai alla luce di quella mattina soleggiata, e poco distante orientandomi verso il Beaubourg che è li vicino, entrai in un McDonald (a quel tempo capitava ancora). Alcune cose ti saltano addosso lontano dai testi, quei 30 metri e le due visioni, porno ovunque tutto colorato e gli stessi colori ritrovandoli nelle immagini all’interno del Mac e nei contenitori dei panini. Il porno, l’osceno (fuori scena) una pornografizazzione della realtà, oggi per rifare l’esperienza basta andare in uno degli ipermercati appena fuori le nostre città. Ad un certo punto, verso la fine degli anni ’70, c’è un corto circuito tra produzione pornografica e realtà, esattamente quando il cinema porno, che era proiettato al cinema, passa all’homevideo, e la nascita delle prime tv private. Lo stesso formato visivo, lo statuto dell’immagine di un porno e delle puntate di un Beautiful ad esempio, non c’è differenza e così via per altri formati nel tempo. L’eterna ripetizione, come nelle soap, nelle telenovelas, nelle televendite. Ho visto il trailer di “Videocracy”, procura una leggerissima vertigine di sgradevolezza, una risata “isterica” per Corona, il “robin hood…”, loro sono li e sono contenti di essere li in quel documentario. Per loro non c’è differenza, è quella la realtà, non esiste sfera pubblica o privata, ma una continua oscenità/ostentazione di se, è un fuori scena continuo che tutto pervade. Loro sono immuni, noi no, ed anche se noi conosciamo la differenza, in una realtà pornocratica è quello il modello vincente. E’ davvero, un film porno che non finisce mai, come un film porno in effetti, non finisce mai, basta metterlo in loop e ci si accorge che non ha mai inizio e fine è solo ripetizione, nonostante tutte le varianti e sottovarianti dei generi. PPP avrebbe girato “Porno teo kolossal”, magari qualcuno un giorno farà quello (spero meglio) che Spielberg ha fatto con A.I di Kubrick.

    Si possono far circuitare tra loro diversi media, diverse analisi, o guardare un po’ di Simpson, talvolta dicono di più di Baudrillard e Zizek, e “spaventa” ritrovare nella realtà episodi che hai visto solo li. Poi mi è venuto in mente un libro bellissimo “Vedere e potere” di J.L.Comolli, lo riprenderò dopo averlo visto Videocracy. Quello che abbiamo cominciato a vedere 30 anni fa, quello che cominciava, a mostrarsi 30 anni fa, analizzato in Italia, prima da Zolla e poi da Pasolini, forse ne siamo troppo contagiati, dovremmo tutti andare in riabilitazione da sindrome da prolungata sovraesposizione all’immagine. Pasolini per me resta un punto fermo, aveva predetto/diagnosticato moltissimo già a suo tempo, pagando con la vita la sua onestà intellettuale, per lui questo paese era senza speranza, era irrimediabile già allora.

    Come in una dipendenza, cominciare a scardinare determinate immagini dentro di noi, ma è una questione di luce, di fonte di luce, che illumina e della sua direzione, come tra cinema e tv, a chi importa oggi di capire se ciò che produce (parola opera azione) è illuminato o meno e da dove provenga quella luce ? Qui il discorso prenderebbe troppe pieghe e mi fermo.

  40. rileggo il post e i commenti compreso il mio e avverto un senso di claustrofobia di caduta dalle nuvole e di futilità del post del film e della sequela di commenti: complementari e opposti alla videocrazia: perché state usando mano e penna per scrivere? state scendendo in piazza vestiti alla cazzo di cane per divertirvi in modo tradizionale con tarallucci e vino? no! loro hanno il culto del corpo e voi della mente. aut-aut.
    mi sembra siate tutti d’accordo e ciò non è democratico. o sbaglio?
    possibile che non ci si accorge che non se ci fosse berlusconi ci sarebbe stato un ‘francesconi’ . che se non c’era il fascismo estetico ci sarebbe stato lo stalinismo estetico?
    gli italiani ragionano o con gli schemi della televisione o con quelli libreschi delle ideologie da esame universitario.
    mi sembra.
    mi pare.
    sono certo che gli italiani che abbiamo in tutte le scuole il crocifisso (perché i genitori ‘di sinistra’ [che cellularizzano anche i loro bimbi caso mai si perdessero nei meandri della droga e dei pedofili] non protestano contro questo simbolo?) non si accorgono di quanto sia fascista questa cosa di leggere libri che quasi mai raccontano storie diverse dallo stereotipo del giovane (maschio) holden o dell’omofobo fante e questo non è fascista? vediamo mandrie di ragazzi\e vestiti o da fighetti o da antagonisti. non vediamo esseri umani individui unici. sono monoloculi portatili di muffa.
    ma il popolo capisce quello che dite o quello che dite ve lo rimbombate tra di voi?
    un giovane operaio del sudnordcentro dopo undici ore di lavoro preferisce il torpore della tv anche perché probabilmente mariadefilippi potrebbe dare l’illusione della risposta ai suoi giusti sogni di realizzazione e invece se leggesse NI si sentirebbe ancora più frustrato perché lui la cultura non ce l’ha e non ha potuto studiare. no?
    magari berlusconi sa comunicare la sua volgarità. voi sapete comunicare la vostra alternativa che sia colta e popolare allo stesso tempo?

  41. Io pero’ mi sono un po rotto i coglioni di quelli che continuamente tirano in ballo “la sinistra” per le cose (non)fatte per evitare questa catastrofe.Basta!
    Affermare questo vuol dire non avere capito una cippa del decadimento culturale di questo paese.Come dice Moretti nel Caimano, Berlusconi e il suo modello culturale HANNO VINTO prima ancora di vincere le elezioni, quello cui assistiamo è solo una accellerazione di un processo instrinseco a questo paese e a tutti i suoi difetti conosciuti da secoli.L’unico momento in cui altre scelte politiche potevano modificare il corso degli eventi era negli anni 80 quando si poteva stroncare sul nascere il moloch televisivo ma come sappiamo al potere ci stavano i socialisti e i democristiani.Dopodiché, dentro il recinto i buoi si sono ammassati causando il crollo del recinto stesso nel 94 o giu di li e da allora anche volendo era impossibile fermare la fuga.

  42. @ aparrag aculnaig

    quello che dici è molto simile a quanto afferma Cotroneo qualche giorno fa sull’Unità on line.

    Cominciamo intanto con sbarazzarci del luogo comune dell’operaio di nordcentrosud che non ha potuto studiare. Non posso non esiste, è solo non voglio. E ti porto fatti di vita vissuta nel caso come ti assicuro che dopo 11 ore non guarda la tv una volta tornato a casa…

  43. «Tu che non guardi la televisione, lo sai perché non la guardi? Perché la fai».
    (Luca Doninelli, Talk show, 1996)

  44. Andrea Inglese scrive:
    Insomma, nonostante tutto ciò che che sapevo (o supponevo sapere), la visione di Videocracy mi ha prodotto uno shock cognitivo, che mi ha spinto ad elaborare il nuovo concetto di “fascismo estetico”. Innanzitutto ho pensato che ci è davvero mancato un Pasolini, come cronista di questo terrificante esperimento di massa. Non il Pasolini che viene sempre invocato, quello del genocidio culturale e della fine del mondo contadino. Il Pasolini degli anni Settanta, quello delle Lettere Luterane per intenderci, non scopre niente, da un punto di vista intellettuale. Dice cose che altri studiosi e scrittori, filosofi e sociologi, hanno già detto almeno una decina d’anni prima. La forza e la necessità dell’urlo di Pasolini viene dal fatto che, quello che altri hanno saputo prima, lui lo sente dopo. Altri, più lucidamente di lui, avevano analizzato la rivoluzione antropologica, che stava segnando la scomparsa della cultura popolare e contadina. Ma lui è stato in grado di patire fino in fondo l’esperienza di questa scomparsa, proprio in virtù di quel contatto con i ceti popolari di cui era continuamente alla ricerca. Lui l’ha vissuta su di un piano estetico più che politico e intellettuale. E proprio per questo ne ha misurato più coraggiosamente di altri la portata.

    Davvero? Ma soprattutto che cazzo vuol dire?

  45. Solo per dire che la televisione generalista italiana è profondamente diversa da quella inglese, ad esempio. Quella che conosco meglio. In quella italiana vige il modello edipico e patriarcale berlusconiano. Anche se penso a Rai Uno, la rete della CEI, le cose non cambiano di molto. Anzi.

    In generale comunque la tv generalista italiana è ansiogena e rende sostanzialmente impotenti. Arresi.
    Oltre ad affermare sistematicamente che la realtà non esiste.
    In un paese sotanzialmente di teledipendenti.

  46. senti robin io credo che i miei due migliori amici (l. e g.) e scusa se ora non posso argomentare di sbieco mentre ascolto cccp e bevo birra a garganella.
    senti, tu hai ragione ché l e g leggono melville e jung perché li ho convinti che invece di stare davanti alla tv è meglio una paginetta ed è grazie a loro se ora nonscrivo.
    ma moltissimi altri non mi sembra abbiano avuto la fortuna di avere amici laureati che regalano libri a tutto spiano per sovvertire il sistema trendy
    cioè.
    come si fa a sfatare un luogo comune se è un luogo comune?
    un bar è un bar.

    ps
    mi fa piacere che cotroneo pensa\i cose simili.
    (sono ironico e porto rispetto per cotroneo).

    capisco che dopo il lavoro uno preferisca stonarsi, probabilmente.
    il golfo mistico è versatile.

  47. Questo pezzo di Andrea ed i commenti sono memorabili.

    Le condizioni di vita, nel paese, possono peggiorare per un numero sempre più ampio di persone, senza che ciò alzi di un grado la cosiddetta conflittualità sociale. Questa è l’implacabile legge di quello che io chiamerei “fascismo estetico”.

    Questo è un punto che condivido e che mi ha stupito tante volte. Vedere precipitare le cose ed il reddito, diminuire i servizi civici, scuole asili trasporto pubblico, e notare che non aumentano i conflitti con il potere, anzi.

    Ho sempre pensato che questo dipendesse dal carattere nazionale italiano, individualista, furbo, spietato ed irresponsabile. Dal cattolicesimo e dalle dominazioni straniere. Andrea qui indica una strategia culturale 30ennale che si innesta su questo carattere.

    Ma penso anche che la conflittualità si è incanalata altrove, contro le donne, ammazzate a suon di botte dai loro compagni, contro gli stranieri, spremuti come limoni senza in cambio uno straccio di dignità e cittadinanza.

    Da dove verrà il cambiamento? Secondo Sherif El Sebaie http://salamelik.blogspot.com dalle seconde generazioni immigrate, dagli stranieri che avranno (hanno) cittadinanza e cultura del lavoro e del vivere più concreta, meno illusa, più degna (?).

    Anche io ho buttato via la tv a fine anni 90. Forse qualcuno doveva restare sveglio a guardarla, ma chi aveva tempo?

  48. strano e sorprendente il divario tra le diverse percezioni storiche generazionali.
    penso che occorrerebbe una definizione più precisa di cosa si intende per “fascismo estetico”: fascimo è prevaricazione e persuasione violenta, mentre ciò di cui si parla è un’adesione di massa a modelli che penetrano lentamente nelle menti.
    a riprova che quello che andrebbe rivisto è in primis il concetto di individuo.
    che fine hanno fatto gli individui?
    dov’erano gli individui durante il fascismo?
    nella Russia di Stalin?
    la capacità di manipolazione della televisione commerciale è stato sotto valutata e lo è ancora: basta pensare alle quindici cartelle che Bertinotti dedicò alle ragioni della sconfitta dove la tv non viene nominata.
    la politica come arte della persuasione e della prefigurazione di un mondo migliore è morta: resta solo la televisione.
    è lì che qualsiasi forza politica guidata da non-deficienti accentrerebbe i propri sforzi per riformarla e riprenderla.
    riprendersi la televisione, strapparla al PDL: solo questo.
    a parte questo, partecipo in pieno dell’analisi di inglès, delle sue sensazioni revulsive.

  49. Sono quasi d’accordo con Pecoraro. In ogni caso, più che di “fascismo estetico” io mi esprimerei, come fanno altri, con degli ossimori. E parlerei di “populismo postmoderno”. Buone letture: ne avete tanto bisogno… Per vostra fortuna io non sono un citazionista. Dovrei? :- ))))

  50. Qui al Lido di Venezia – alla mostra del cinema – prima ho visto “Videocity” e ne sono uscito – come te – col morale a terra, poi “South of the border” di Oliver Stone (sono film paralleli) e mi sono subito ritirato su: almeno in America Latina qualcosa si muove…

  51. a francesco tash pecoraro
    “penso che occorrerebbe una definizione più precisa di cosa si intende per “fascismo estetico”:”
    sicuramente; ho dato in questo primo post degli elementi; ma conto rivenirci sopra più precisamente; sono anche d’accordo, che i nostri ultimi trent’anni presentano elementi sia di continuità sia di discontinuità con periodi storici precedenti; e mi sembra che sia importante proprio individuare gli elementi di vera novità; che comunque ci sono e sono quelli che hanno preso del tutto alla sprovvista sia l’intellighentsia di sinistra sia molti di noi…

  52. Sì, Andrea, ma gli elementi di vera novità non li cogli se non dai ascolto a chi vede l’Italia da fuori. Penso a certa pubblicistica anglosassone ad esempio. Bisogna analizzare le cose con una certa lucidità. Un certo distacco. Anche mettendo in discussione teoremi consolidati.

  53. Jan dice:
    “Questo è un punto che condivido e che mi ha stupito tante volte. Vedere precipitare le cose ed il reddito, diminuire i servizi civici, scuole asili trasporto pubblico, e notare che non aumentano i conflitti con il potere, anzi”.

    In compenso aumentano i disturbi psichici, le depressioni, i suicidi ecc. Così mi pare.

  54. Fiorentina Incolta scrivi:

    In compenso aumentano i disturbi psichici, le depressioni, i suicidi ecc.

    Infatti i conflitti non sono contro l’autorità (in piazza, nei luoghi della democrazia locale e nazionale), ma all’esterno contro chi è debole o può essere aggredito e reso tale, ed all’interno contro se stessi (il malessere psichico). Lascio stare lo stadio, che è un conflitto violento e ritualizzato, che asseconda il potere. Tutto secondo la mia opinione ovviamente.

  55. Come potrebbero mai essere contro l’autorità? La televisione dà una immagine apocalittica del futuro. O così o muori. Signori, qua state ancora a discettare su dinamiche fasciste, quando invece siete immersi totalmente in un regime postmoderno. Lo stesso uso che fate dello spauracchio fascista è postmoderno. Sì, l’Italia resta un paese intimamente fascista. Ma al di là di queste pulsioni arcaiche, è dominato da un regime postmoderno. Non fascista.

  56. Anche se io smettessi di leggere i vostri post e tornassi qui fra un anno, voi continuereste a scrivere di fascisti e a definire Berlusconi un pagliaccio e a sentire la mancanza di un Pasolini interprete degli ultimi 30 anni italiani! Lo volete capire sì o no che negli ultimi 30 anni un Pasolini non avrebbe trovato più alcuno spazio? Alcuna funzione? Lo volete capire si o no che Berlusconi non è un pagliaccio ma un Dittatore Postmoderno? Lo volete capire si o no che il pericolo non sono i fascisti, con pulsioni tanto arcaiche, poverini, ma voi, incapaci di trovare una chiave di lettura per assimilare e superare la condizione attuale? Lo volete capire sì o no che non basta spegnere la tivù o proclamare di non averla e di sostenere di nutrirsi del solo ciarpame che si edita oggi in Italia per tirarsi fuori da tutto questo?

  57. Ai
    la disambiguazione riguarda la precisazione/specificazione

    1.
    del trait d’union, al quale hai alluso, tra violenza contro le donne e drivinizzazione dell’immaginario,

    2.
    della “prostituzione spontanea”, dell’alllusione ad una mancanza di capacità di intendere e di volere delle donne che fanno del proprio corpo un prodotto, alla frettolosa (ihmo) liquidazione della prostituzione spontanea nell’ambito del lavoro cognitivo (spacciato tra l’altro come esclusivamente maschile (?))

    Per il resto sono d’accordo con bgeorg.
    ciao

  58. Bianca madeccia
    “Nella metà dei casi il responsabile è il partner”
    aggiuncici padri, amici, amici, gente conosciuta, e la metà la superi.
    http://periodicoitaliano.info/2009/08/15/brevi-considerazioni-sulla-violenza-sulle-donne-in-italia/
    Ci sono poi gli ultimi dati sull’omicidio volontario di eurispes.
    La violenza è trasversale rispetto alle classi sociali, ma statisticamente le donne in carriera e quelle con un livello di istruzione medio alto sono tra le più colpite. Chissà perché.

  59. A questo punto mi chiedo quale sia il nostro compito politico adesso.
    Riappropriarsi della televisione? Ma con quali mezzi?
    Non sto dicendo niente di nuovo, lo so, ma chi ha fatto la televisione negli ultimi trent’anni ha anche di fatto cambiato la nostra percezione della vita e della socialità: ricordiamoci che il difetto dell’apparire in video, il difetto del *voler* apparire in video, nasconde ai nostri occhi il fatto che ogni trasmissione ha bisogno di un regista. Se stiamo nella televisione, incredibilmente, non la facciamo ma ne siamo oggetti di consumo.
    Certo, la coscienza critica di noi bravi umanisti dovrebbe essere forte, ma se fate un giro nelle università vedrete che molti neo-letterati questa coscienza non ce l’hanno e questo a causa di un sistema educativo volto a non educare, ma solo ad insegnare, senza sviluppare nessun tipo di critica nei confronti dei media (o del regime, se è per questo).
    La domanda resta la stessa: A questo punto mi chiedo quale sia il nostro compito politico adesso.

  60. @ secondo francesco pecoraro riprendendosi la tv la gente cambia. Come se quelli di sinistra non comprassero e vivessero degli stessi falsi bisogni alimentati dagli sponsor pubblicitari della tv commerciale. Che genialità! che visione acuta e profonda!

  61. @ Faviv

    “La domanda resta la stessa: A questo punto mi chiedo quale sia il nostro compito politico adesso.”

    a) Riappropiarsi del legittimo partito politico a cui si sente di appartenere

    se non c’è, fondarne uno nuovo.

    b) prima e/o contemporaneamente alla riappropriazione, cambiare noi

    stessi.

    il punto a), al sottoscritto non interessa.

  62. Ma quale riappropriarsi della televisione, tornate nelle scuole piuttosto, negli assessorati alla cultura, negli assessorati ai servizi sociali(solo perchè è impossibile andare al governo °-°) dei comuni italiani e fate bene , li , il vostro lavoro. Che le televisioni , vengano spente..

    .. per andare magari a teatro ^__^ che ultimamente è più vivo che mai !!
    .. è un po’ difficoltoso trovarlo, ma è vivo !!!

  63. a gina
    “della “prostituzione spontanea”, dell’alllusione ad una mancanza di capacità di intendere e di volere delle donne che fanno del proprio corpo un prodotto, alla frettolosa (ihmo) liquidazione della prostituzione spontanea nell’ambito del lavoro cognitivo (spacciato tra l’altro come esclusivamente maschile (?))”

    1) se la chiamo “prostituzione spontanea” vuol dire che è deliberata, ossia con volontà e intenzione
    2) se guardi un programma di intrattenimento mediaset (e non solo), nella maggioranza dei casi: chi parla è maschio, chi balla è femmina, a questo mi riferivo
    quanto al mondo del lavoro (extratelevisivo) è un’altra faccenda, più complessa; ma il mondo extratelevisivo subisce anch’esso la cultura televisiva

  64. sarebbe interessante riprendere il discorso di Baldrus su generosità e disponibilità, ossia apertura che implica anche e soprattutto il rigore..sottrarsi al confronto- scontro *mediatico*, quello è un terreno ahi già colonizzato e improbo per gli sconfitti…comunicare con le azioni, quotidiane, con la parola, la voce e il corpo, più che si possa e chiedere a chi chiede il voto di agire non di rimessa ma scegliendo il proprio di luogo/luoghi….senza più vittimismi, por favor..cambiando come hanno qui detto in tanti prima noi stessi

  65. Io sono tre anni che lo vado dicendo ma nessuno vuole fare niente.
    Bisogna distruggere le macchine di proiezione localizzata dello spettacolo.
    Le stazioni, i bar, i caffé, i parrucchieri, i negozi, i supermercati, le fermate dei bus, le camere da letto, le cucine, le pareti di fronte ai nostri divani hanno appeso almeno 1 televisore.

    Bisogna distruggerli tutti.
    Questa è la rivolta che deve cominciare

    Ferinando

  66. sul che fare…

    una concreta proposta politica ed educativa io ce l’ho, nata sul terreno specifico della mia professione di insegnante e educatore. Introdurre in tutti i licei una disciplina apposita, che si può sovrapporre a materie come italiano storia o filosofia, o altre, una disciplina che si chiami: “Critica dei media”. Ovviamente non “Critica dei media di Berlusconi”. Critica dei media tout court. In una democrazia, in cui ruolo della stampa e della televisione è fondamentale nelle scelte delle persone, dall’estetico al politico, questo tipo di disciplina mi sembra altrettanto importante che il famoso insegnamento della costituzione.

  67. basterebbe Andrea introdurre la filosofia in ogni scuola secondaria. Vedo tra giovani colleghi, figli e nipoti generazioni abituati al binario si/no, bianco/nero, espertissimi nell’unghia del mignolo ma totalmente disabituati a inquadrare il corpo, a interrelare le cognizioni, come se le capacità razionali fossero (e forse lo sono, scientemente) anchilosate

  68. Ai
    non se scrivi questo
    “Quanti di questi corpi sono volontariamente sacrificati ai molteplici intermediari dell’industria dell’immagine ?”
    Sulle donne che in maggioranza ballano. Hai dato un’occhiata al video di gravid@mente che ho postato sopra? E’ una “dominante” recente?
    Sul lavoro cognitivo: i precari dello spettacolo, e il movem (mtv)? Imho astrarre dalla tua riflessione il lavoro cognitivo è un errore, e non un’altra faccenda (è nata prima la gallina!)
    E la disambiguazione del trait d’union tra violenza di genere e drivinizzazione dell’immaginario?

    sul resto. In quanto genitore, educo mio figlio (e i figli dei miei amici che me lo chiedono) ai media (non solo d’intrattenimento) da quando ha 4 anni. la tv è un ottimo mezzo. E serve. così come la pazienza. E la determinazione. E un minimo d’idea. E tempo.

    ciao

  69. @Andrea: sono tanti anno che si parla d’inserire insegnamenti tipo “educazione all’immagine” nelle scuole primarie e secondarie, ma per ovvi motivi politici è una proposta che non passerà mai, almeno che non venga preso di petto direttamente da chi la scuola la vive (insegnanti, genitori e alunni)… sarebbe già tanto se i bambini cominciassero a imparare l’abc del montaggio…

  70. Mi sono letto il post e tutti i commenti: argomento interessante, molto interessante. Faccio mie le considerazioni di Morgilllo “Anche se io smettessi di leggere i vostri post e tornassi qui fra un anno, voi continuereste a scrivere di fascisti e a definire Berlusconi un pagliaccio e a sentire la mancanza di un Pasolini interprete degli ultimi 30 anni italiani!” e Ares “Ma dove stà tutta stà gente?.. io non ne vedo in giro ..” e poi “Ma quale riappropriarsi della televisione, tornate nelle scuole piuttosto, negli assessorati alla cultura, negli assessorati ai servizi sociali(solo perché è impossibile andare al governo °-°) dei comuni italiani e fate bene , li , il vostro lavoro. Che le televisioni , vengano spente..” e
    Robin Masters “a) Riappropriarsi del legittimo partito politico a cui si sente di appartenere se non c’è, fondarne uno nuovo”.

    L’altra considerazione che mi viene è altrettanto semplice: gli intellettuali, almeno in Italia, non sanno più parlare e farsi capire. Sono diventati un circolo chiuso (anche su internet, sprecando una grande occasione), quasi una loggia massonica, che accetta solo per cooptazione e solo a fronte del rispetto rigido delle regole del gruppo. Un gruppo che distribuisce certezze e risposte; senza farsi domande o si pone domande solo all’interno della “conoscenza” del gruppo; che poi è la stessa cosa.
    Scusate, ma la conoscenza, la cultura, il sapere dovrebbero servire, sopra tutto, per dialogare, per farsi capire, per sollevare dubbi: per cercare vie alternative. E’ molto ben scritto e interessante, l’articolo di Inglese, ma l’impressione che mi ha restituito è quella di un insieme di risposte che non lasciano spazio alle domande, alla possibilità, se non di trovare, almeno di immaginare una strategia alternativa che esca dal solito ragionamento a circolo chiuso. Il pensiero che induce un simile argomentare, nel lettore esterno, è di tipo duale, o sono d’accordo o non sono d’accordo, e questa tipologia di approccio, ben evidenziata da Viola quando chiede di tornare ad insegnare la filosofia, diventa funzionale al gioco: diventa il gioco. Tesi e antitesi che si scontrano e sprecano, senza produrre risultati.

    La TV è uno degli strumenti. Serve spegnerla? Non ne ho idea, domenica ci sarà il Gran Premio di Monza e se qualcuno dovesse propormi di spegnere la TV, lo piglierei a calcioni nel didietro. E’ bene o male? Né l’uno né l’altro: che guardi o meno il Gran Premio in TV non mi rende né migliore, né peggiore. Lo sparlare della TV, il fascismo estetico e tutto il resto, mi lasciano un retrogusto strano; argomenti interessanti, ma sanno di palliativo. Come il bambino alla fiera che guarda sempre il peluche più grande sapendo già che non potrà mai averlo.

    Blackjack.

  71. @GINA

    Sì, dici bene, le statistiche sono peggiori di quel che appaiono. E non mi stupisco che il livello di conflittualità e aggressività si alzi proporzionalmente in relazione alla cultura. Una donna colta è probabilmente maggiormente consapevole dei suoi diritti, chiede, protesta, e questo la mette maggiormente in pericolo.

    Se per paradosso spostassimo il discorso sui neri che lavoravano nelle piantagioni degli Usa del Nord, l’esempio diverrebbe chiarissimo. Qualcuno (una società, una cultura) vuole che tu stia schiavo nella piantagione a piantare cotone con le catene ai piedi mentre canti bellissimi blues.

    Quando questo qualcuno scopre che questi signori non hanno nessuna voglia di stare a catena, piantare il cotone e cantare il blues, nasce inevitabile lo scontro. Il soggetto rifiuta di piegarsi la tuo immaginario e al tuo utile. Vuole essere soggetto della sua vita, e non oggetto. E tu sei il ‘padrone’ e loro sono ‘tuoi’. Inevitabile l’aggressione fisica.

    C’è una conflittualità altissima e ogni strumento è buono per ‘persuadere’. Le donne DEVONO aderire ad un immaginario dato, se non lo fanno, le si convince con i vecchi metodi.

    In questi giorni, mi sono iscritta ad un gruppo di denuncia di casi di stalking, leggo le testimonianze: la violenza fisica e psicologica esercitata che è sempre sfrontata e inaudita, e ovviamente, tra l’indifferenza generale e delle forze dell’ordine e delle persone cosidette “normali”.

    Parliamo di donne che vengono aggredite con fiocine, asce, coltellacci dagli ex compagni, che però vengono sempre difesi dalle comunità di appartenenza come “buone persone”. Allora io mi chiedo cos’è una ‘cattiva persona’? Cosa bisogna fare per essere percepiti come pericolosi, molesti, violenti o assassini?

  72. ROBIN

    E la cosa ssurda, è che quando provi a parlare di questa “mattanza sottotraccia” il tono che ricevi in cambio è sempre di sufficienza, come dire, ma con tutti i problemi che abbiamo ora cosa vuoi che siano un milione di donne in più o meno arpionate, fiocinate, sezionate? Queste sono faccende private, tra marito e moglie. Suvvia, torniamo ai veri problemi, parliamo di cose serie…

  73. @ Bianca

    ci vuole tempo… almeno in rete le informazioni sono facilmente reperibili, non so questa disponibilità che tipo di impatto abbia poi sulla realtà di ogni giorno, si vedrà tra qualche anno probabilmente. Manca forse un organismo indipendente che raccolga tutte le esperienze sparse, il più scevro possibile da partiti e ideologie. E li si parla di esperienze cruente quindi maggiormente visibili, conosci meglio di me il “mondo sommerso” delle ferite invisibili, del silenzio su tutto questo. Ci vorrà tempo…

  74. @black .. mi piacerebbe capirti subito ma a volte faccio fatica, è un mio limite , loso,.. hem ..mm..non ho capito esattamente la questione del peluche.

    p.s. quando dicevo di spegnere le TV non intendevo eseguire un atto dispotico, intendevo dire che lavorando bene, su altri fronti, le televisioni si finirebbe per spegnerle, perchè gli attuali contenuti non interesserebbero a nessuno. Poi se proprio,proprio uno vuole guardarsi il granpremio (..per la questione del peluche) lo faccia, ci mancherebbe °__°

  75. Ares, la battutaccia sul peluche, dato che sembra il problema, puoi anche cancellarla; non mi pare che aggiunga o tolga nulla. Sempre che tu non mi tolga il mio di peluche e mi lasci guardare il Gran Premio in santa pace :-D

    Blackjack.

    PS: per la faccenda della “comprensione”, beh, devo dartene atto; a volte sono contorto, però ho un vantaggio, non sono né un comunicatore, né un intellettuale. Altri compiti…

  76. Bianca Madeccia

    sempre statisticamente, la violenza non sorge tanto quando chiedi. La violenza sorge quando decidi. Per esempio di andartene, e allora il tuo andartene dev’essere di volatilizzarti, se no son cazzi. La percezione comune, errata, comunque, è quella della violenza sulle donne come problema privato. Ma non lo è . C’è qualche segnale confortante, in Italia (cerchiamo di pensare positivo). Ad esempio l’ammissione di 5 associazioni, tra le quali quella dei giuristi democratici, come PARTE CIVILE al processo per l’omicidio di Barbara Cicioni. Ma molto resta da fare. Ben vengano i libri, amorosi assassini va benissimo, Robin Masters (estratto dalla recensione di beatrice busi, tanto per restare in tema di spettacolo) , e anche le trasmissioni televisive come amore criminale in prima serata nonostante i puristi storcano il naso, che in molte donne che vivono situazioni di merda possono far scattare il clic dell’adieu (non è normale, non sono una merda, non mi devo sentire in colpa, questo è un pazzo assassino, l’uomo a tutti i costi no grazie) , della valigia chiusa e delle gambe in spalla. Ma realismo non è vittimismo. Tante, tantissime di noi lavorano, col tempo che avanza, nei centri anti violenza. Ma non solo. La rete femminista e lesbica italiana della quale lea melandri (vedi sopra) fa parte, insieme a tantissime altre, ha aperto 8 tavoli di azione e discussione, nei quali ognuna, a seconda delle competenze individuali (il personale resta politico:), delle proprie passioni, può quel che fa. E’ un lavoro su più fronti.
    tavolo 1: VIOLENZA
    tavolo 2: AUTODETERMINAZIONE
    tavolo 3: COMUNICAZIONE
    tavolo 4: PRECARIETA’
    tavolo 5: SESSISMO
    tavolo 6: PRATICHE E PROSPETTIVE
    tavolo 7: FEMMINISMO E SPAZIO PUBBLICO
    tavolo 8: RAZZISMO  

  77. ops estratto della rece di busi ad amorosi assassini

    Un’ipocrisia che ritroviamo anche nella storia raccontata da Claudia Galimberti, quello di Francesca Baleani, salvata per miracolo: picchiata brutalmente, strangolata con un filo del telefono dal suo ex marito che, credendola morta, la carica in macchina e la butta in un cassonetto alla periferia della città. Lui, Bruno Carletti, direttore artistico del teatro comunale di Macerata, come spesso accade, ha un’immagine pubblica di rispettabilità che in molti si sono sentiti in dovere di confermare. Il sindaco, che lo definisce un caso di «umana pietà». Il direttore del teatro, secondo il quale, Carletti avrebbe confuso il teatro con la realtà. Padre Iginio Ciabattoni, responsabile della comunità Croce Bianca alla quale è stato affidato Carletti come misura alternativa al carcere preventivo, con una discutibilissima intervista rilasciata a Il Resto del Carlino : secondo lui, l’ex marito di Francesca era malato d’un amore estremo, cieco, tanto da diventare violento e omicida e lei non troverà mai qualcuno che l’ami così tanto.

  78. ROBIN

    Siamo d’accordo. Ci vorrà tempo. Ma una considerazione amara proprio non riesco a trattenerla. Non posso fare a meno però di pensare che per sette milioni di donne stuprate, perseguitate, aggredite, in giro, a piede libero, ci sono sette milioni di stupratori, fiocinatori, accoltellatori. Tutta gente perbene, “brave persone” che abitano nelle nostre case, insegnano nelle nostre scuole, lavorano nei ministeri, mica su Marte. E poi, si, certo, ci sono le ragazze che voglione fare le veline… Un massacro fisico e psicologico senza fine…

  79. @ gina

    per evitare possibili fraintendimenti, io mi riferivo esclusivamente alla questione informazione/editoria, a quello che si muove in questo ambito e non al lavoro delle tante associazioni, al cui operato, non si da il giusto valore e supporto economico.

  80. @ Bianca

    Guarda, nelle ultime settimane la notizia che mi ha “colpito” maggiormente è stata la liberazione di Gianni Guido, uno degli assassini del Circeo. Non aggiungo altro, perché tutto questo meriterebbe lunghe discussioni, approfondimenti, magari in un thread dedicato quando arriverà.
    Accolgo la tua amarezza fino al limite del mio essere, sono un uomo, ed io, la tua amarezza in quanto donna, posso solo ascoltarla ed avvertirla ma mai comprenderla fino in fondo, sono cosciente di questo e te lo dico con grande sincerità. E’ difficile essere una donna nel nostro paese, ne discuto molto con persone a me vicine e cerco di imparare qualcosa ogni giorno.

  81. per riprendere in mano la situazione , bisogna fare come ha fatto Berlusconi : dieci anni di intrattenimento facile , godibile , divertente, stupido ma intriso della nostra visione del mondo .

  82. GINA

    Mi interessa molto il lavoro di volontariato (Tavoli di discussione) di cui parli, c’è un modo di avere contatti con qualcuno che ne fa parte? Anche in posta privata. La mia mail è: madeccia@tiscali.it
    Grazie!

    ROBIN
    Sì, non scontano quasi mai le pene che dovrebbero. Mi colpisce anche tutta la letteratura psicanalitica che si affanna a produrre libelli e libelli sopra le ossessioni d’amore al femminile, ma ovviamente, si guardano bene dallo scrivere anche solo due righe delle ossessioni “d’amore” maschili, ben più pericolose e violente. Ma d’altronde, si sa che i libri li comprano le donne. E anche gli psicanalisti, devono pur venderli a qualcuno, questi loro libri…

  83. Sulla proposta di insegnare CRITICA DEI MEDIA.
    1 Nei media includi anche la radio o il web?
    2 C’è una differenza tra la televisione che abbiamo conosciuto noi e quella satellitare, dei cento canali e passa?
    3 Perchè la disciplina dovrebbe avere un’impostazione pregiudizialmente critica?
    L’ultima domanda te la faccio perchè tante volte mi è capitato di parlare con gli alunni di questa questione e loro hanno sempre respinto quest’atteggiamento preventivamente critico, che appariva loro come la dimostrazione di una distanza generazionale e culturale quasi incolmabile.

  84. Credo che, proprio come tic intellettuale, l’apprezzabile (per la sua passione) intervento di Inlgese, sia viziato da una inclinazione alla modellizzazione che finisce per non cogliere nel segno. Modellizzare su alcuni comportamenti (che ritengo minoritari) un costume che si presume generalmente diffuso, a mio avviso, porta a confondere l’immagine con la realtà. Detto altrimenti, a mio parere, credo che la videocrazia (la televisione in sé) non sia altro che uno specchietto per le allodole, mentre il potere continua altrove i suoi sporchi giochi

  85. Ah, questi orfanelli che stanno sempre a piangere la scomparsa prematura di Pasolini… Come se avessero avuto ancora bisogno di un profeta! Anche se non aveva profetizzato nulla. Pasolini. Certo, come bene scrive Andrea Inglese (solo oggi ho dato un senso a parte del suo post), Pasolini era un Povero Cristo che prendeva su di sé tutti i mali del mondo.
    Il culto di Pasolini, anche a discapito di intellettuali meno cristologici, ma molto più importanti, la dice lunga sulla mancanza di laicità nella psiche arcaica di molti italiani. Di sentimenti arcaici in una nazione postmoderna. La cosa potrebbe sembrare un ossimoro. Lo è. Penso all’architettura. Penso ad esempio a Novoli a Firenze. Tutti a voler creare una cittadina moderna (in Italia la Modernità è quasi un rimpianto) non slegata però alla tradizione estetica del territorio. Per quindi partorire un orrore postmoderno. Ovvio.

  86. Andrea Inglese scrive…

    “una concreta proposta politica ed educativa io ce l’ho, nata sul terreno specifico della mia professione di insegnante e educatore. Introdurre in tutti i licei una disciplina apposita, che si può sovrapporre a materie come italiano storia o filosofia, o altre, una disciplina che si chiami: “Critica dei media”. Ovviamente non “Critica dei media di Berlusconi”. Critica dei media tout court. In una democrazia, in cui ruolo della stampa e della televisione è fondamentale nelle scelte delle persone, dall’estetico al politico, questo tipo di disciplina mi sembra altrettanto importante che il famoso insegnamento della costituzione”.

    Certo, come no, idea geniale!

  87. Questo contributo di Andrea contiene per me alcuni elementi che lo rendono esemplare:

    1) l’urgenza: Andrea è tornato dalla visione e non ha lasciato passare troppo tempo – ha scritto quel che sentiva, relativamente in presa diretta, invece di andarsene “solitario, omertoso e impotente a casa propria”, dopo aver visto qualcosa di urticante, sconvolgente, coinvolgente – esemplare dunque perché Andrea ha sottratto tempo alla sua vita privata per restituire gli sconvolgimenti del sentire, per fissare quella reazione allo schifo che è di molti ma che la melassa finisce per soffocare in quasi tutti (prendere subito, urgentemente posizione, ecco l’esemplarità);

    2) l’onestà intellettuale: ammettere di non aver capito, di non capire – lapidaria questa affermazione: “Chi pensa alla costituzione ha una mente libresca, chi continua ad amare Berlusconi ha una mente televisiva”: gli intellettuali si sono ritirati troppo a lungo nella torre d’avorio, di nuovo.

    Se sempre più spesso si sente parlare di ricostituire il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), tanto che il partigiano Bocca non ha avuto nulla da ridire e Grillo vorrebbe addirittura chiamare così la sua forza politica, vuol dire che abbiamo toccato il fondo.

    Ma se il Fascismo si è estetizzato (l’eminenza fosca, Licio Gelli, mentore di sua Emittenza, non militò forse nella polizia segreta del Fascio e non si dice forse ancora oggi orgogliosamente fascista?), anche il CLN non potrà che essere un CLN estetico (tra l’altro retrò, per nulla telefashion).
    Il Fascismo estetico, però, di apparente ha solo l’apparenza (il “compagno” Fini era ministro dell’Interno a Genova, come ricorderete tutti!).

    In Russia i pensatori scomodi vengono uccisi.
    In Italia costretti alle dimissioni o intimiditi con le denunce.
    Show must go on!

  88. Caro Andrea Inglese, la tua idea della critica dei media a scuola è un’ottima cosa. Ti ricordo che l’Italia ha avuto un candidato al Nobel, conosciuto molto bene in tutto il mondo fino alla lontana Australia, stimato da migliaia di studiosi, intellettuali e gente molto comune e semplice, che in Italia invece non è stato altrettanto valorizzato e aiutato e incoraggiato, che si chiamava Danilo Dolci – che ha dedicato la vita alla critica dei media e del concetto stesso di comunicazione. Il suo lavoro è attualissimo e non solo teorico. La sua bibliografia è vasta e il suo lavoro capillare che faceva nelle scuole, università, centri e ovunque si riunivano persone semplici è testimonianza di una prassi che resiste ancora al vaglio critico (lì dove c’è stato qualcuno che se ne è voluto occupare, perchè è meglio non occuparsene se non si vuole ottenere il risveglio creativo degli esseri umani). La maieutica dolciana che non è maieutica socratica è una prassi potente se applicata sistematicamente.
    Se invece critica dei media significa avere in classe un “esperto” che parla e riversa la sua ideologia su ignari e sprovveduti studenti, allora è il solito sistema: se sono abile vi persuaderò!

    http://danilo1970.interfree.it/bibliografia.html
    http://www.edscuola.it/archivio/interlinea/bozza_di_manifesto.htm

  89. a giocatore d’azzardo
    “l’impressione che mi ha restituito è quella di un insieme di risposte che non lasciano spazio alle domande, alla possibilità, se non di trovare, almeno di immaginare una strategia alternativa che esca dal solito ragionamento a circolo chiuso.”
    Se avessi scodellato una sfilza di risposte e certezze, forse non si sarebbe aperta una discussione così. La questione sacrosanta della strategia alternativa deve passare in parte per la comprensione dei propri errori. Se no si rimbalza di nuovo sul muro.

    a luminamenti
    danilo dolci è senz’altro un riferimento importante, e credo ancora oggi. In primo luogo perché ha saputo come pochi coniugare utopia e strategia politica. Inoltre, perché la sua strategia politica è stata in grado di sollevare a livello nazionale problemi che erano rimossi e confinati a pittoresca realtà locale (con risultati analoghi a quello prodotto da Saviano con “Gomorra”). E Dolci è stato anche inventore di forme di lotta capaci di rompere l’allora silenzio dei media. Oggi senz’altro si troverebbe a combattere in un contesto molto più insidioso, ma di certo non lascierebbe al nemico libero il campo dell’immagine.

  90. a guido caserza,

    la tua posizione guido è stata sostanzialmente la mia, e di molti altri, vedi la citazione di Raffaele Simone all’inizio del mio pezzo. Credo che le cose non siano così semplici. Il punto infatti non è: l’analisi della realtà e dei rapporti di potere. Il punto è: il consenso. Analizzare la macchina del consenso è altrettanto importante che analizzare la macchina del potere economico, dei compromessi tra economia legale ed economia illegale, delle strategie legislative per non toccare privilegi, ecc.

    La televisione sarà specchietto per le allodole. Ma le allodole votano. E sarebbe importante romperglielo quello specchietto, o modificarlo. Ma per fare ciò è necessario anche analizzare come funziona. Non solo giudicarlo genericamente dai suoi effetti.

  91. Condivido la concezione della televisione come epifenomeno. Per rafforzare tale concetto aggiungo: parliamo con eccessiva facilità di “mutazione antropologica”. Trovo il termine inappropriato; in ogni modo: se mutazione antropologica vi è stata nel mondo opulentizzato allora essa è stata prodotta dall’industria automobilstica: Agnelli più che Berlusconi, insomma.

  92. E’ indubbio che in Italia si siano allentati parecchi vincoli di coesione nazionale (la costituzione; la separazione dei poteri; il decoro del senso civico; l’economia di mercato si’, ma assistenziale), sostituiti da meno raffinate narrative di facile presa sugli istinti di una popolazione sazia, attempata e poco aperta verso l’esterno.

    Fascismo estetico e’ una definizione fascinosa, ma ancora interna ad un ragionare da sinistra che mette l’idea di progresso razionale al centro dell’agone politico, sociale. Tale idea e’ stata sconfitta dalla storia novecentesca e non credo verra’ da essa il germoglio del nuovo, essendoci gia’ altro all’opera.

    Inglese invita ad esperire, invece di ritirarsi e disprezzare. Ecco, voler esperire nel 2009, saltati a pie’ pari gli anni 80-90-00, e’ forse tardi per avere impatto. Il modello contrapposto al fascismo estetico e’ gia’ nato ed opera a livello globale da almeno quindici anni: e’ l’economia della conoscenza, l’evolutissimo network dei colletti bianchi del sapere, l’apolide elite che tiene in mano finanza e tecnica del globo tutto.

    Un sapere di base scientifica, quindi tecnica, invece che umanistica. Un sapere che ridimensiona le socialita’ tradizionali (dal villaggio alla citta’) e delocalizza la mente, virtualizzando i rapporti anche politici. Voglio dire: l’evoluzione sociale che si intravede in Occidente, Italia inclusa, e’ di tipo tecnocratico, fortemente legata alla conoscenza fattuale e alla modellazione sperimentale dei processi. Vengono meno le figure del saggio, dell’insegnante, del mediatore, dello sciamano/prete, per fare spazio a quelle del medico, del ricercatore scientifico e del tecnico specialista. La Cina, protagonista ombra di questa fase storica, e’ governata da un consiglio di ingegneri.

    Le figure di riferimento in Italia, di questi tempi e in questo scenario, dovrebbero considerarsi Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Roberto Vacca; dal punto di vista politico, Emma Bonino. L’impatto berlusconiano e’ molto piu’ superficiale di quanto crediate, un sintomo -piu’ che la causa- dell’addormentamento della vitalita’ del ventre molle nazionale, nel quale e’ incluso l’idea storicamente sconfitta della sinistra.

  93. a guido ancora
    Pasolini aveva parlato in modo pertinente di mutazione antropologica. Hobsbawm stesso lo dice: il più grande cambiamento che si è verificato nella modernità è la progressiva riduzione delle forme di vita e della cultura contadina che per millenni è stata maggioritaria sul pianeta.

    Avere un’esperienza di vita fuori dall’Italia, aiuta a capire in modo evidente che la televisione non è un epifenomeno. (Dopo di ché, c’è un’ampia letteratura su questo.) Quanto al trentennio berlusconiano, si può legittimamente parlare di esperimento antropologico, che è cosa diversa da rivoluzione.

  94. @giusco
    per charitas verso gli ingegneri lasciamo perdere la Cina..là siamo veramente al padrone delle ferriere tra latte alla melammina e avvelenamenti al piombo..e questa tecnocrazia dalle magnifiche sorti e progressive in Italia dove la vedi??? citi una splendida centenaria e due fantastici ottantenni…non è per polemos, ma i processi storici specie quelli che si vivono in diretta sono forse sempre più complicati delle nostre griglie interpretative..

  95. Inglese, è ovvio che a te non pare di aver scodellato solo risposte, e non pare nemmeno al “circolo chiuso” [non mi viene un altro termine, scusatemi, non interpretatelo in modo offensivo], che commenta e che è, tranne rare eccezioni, sempre d’accordo; a parte le sfumature e, come per il taglio dal barbiere, le sfumature sono importanti: e che diamine!
    Ora, io non pretendo di aver ragione [la ragione è per i matti dicono dalle mie parti], però rimango della mia idea.
    Provo ad elencare meglio ciò che non mi quadra:
    1) come asseriva, giustamente, un altro commentatore, l’articolo è costruito a partire da un’immagine preponderante dal punto di vista comunicativo, l’estetica, che però non trova riscontro nella realtà DIFFUSA. Le pupattole e i pupattoli che se ne vanno in giro conciati in quel modo, anche se tanti, sono sempre pochi
    2) il problema non è chi aderisce al “modello televisivo”, ma chi non aderisce, la maggioranza, epperò si ritrova senza alternative credibili. Chi deve costruire le alternative? La gente “normale” o chi si veste, di propria sponte, del ruolo di intellettuale?
    3) Dovresti sapere meglio di me che esistono vari modi di porre le domande. Usiamo l’accetta e citiamone due: domande aperte e domande chiuse. Certo che hai posto domande, ma sono domande chiuse e duali: o si è d’accordo o non si è d’accordo. Io non considero domande simili utili per l’argomento che tratta un tema molto complesso. Utili almeno per aprire un fronte esterno. Sono invece utili per mantenere lo stato di “tensione” fra chi appoggia la tesi e chi appoggia l’antitesi. Gioco inutile.

    Sai qual è il grande vantaggio del giocare a carte? Che le regole, intelligente o stupido che uno sia, sono uguali per tutti e tutti riescono a comprenderle. Talmente semplici, e c’è chi lo fa, che è possibile inventarsi anche giochi nuovi, farli conoscere, utilizzarli come alternativa.
    Le regole, nell’azzardo, sono la “lingua”. Forse hai ragione tu, forse ho ragione io, non è importante e non sposta nulla, ma nel tuo articolo io non trovo “regole” utilizzabili e comprensibili a tutti. Tra l’altro è anche offensivo (chi non è d’accordo con te si offende sicuramente: il pupattolo/la pupattola) e, con questo approccio, chiude la porta in faccia ai possibili interlocutori.
    Mi ricorda i giocatori raccontati magistralmente da Piero Chiara, che si sfidano sempre fra di loro.

    Blackjack.

  96. A proposito del Che fare?
    Lavorare nel proprio orticello allo scopo di sottrarre qualche cmq alla desertificazione sembra patetico, insignificante e magari umiliante. Ma, intanto, togliere i ditini, ciascuno il suo, dalla diga di Harlem ha contribuito al disastro. Provare a fare il contrario, a occhi aperti e pure con la tv accesa potrebbe essere un esperimento che male non fa. Anche questo è un componente essenziale della strategia necessaria per dare più spazio al “sentire”, e anche all’ “ascoltare”, che al “sapere”. Insegno anch’io, materie letterarie in una superiore. Lo scorso anno avevo due classi di triennio e una seconda, che è scuola dell’obbligo. Un bel brutto giorno mi sono spaventata, e non perchè fosse successo qualcosa di tremendo o violento come capita a volte di leggere sui giornali. Eppure sono 25 anni che conosco i miei polli e le malattie da batteria di cui soffrono, il contagio a cui sono stati sottoposti e che ho avuto modo di osservare quasi scientificamente (stesso istituto, stessa fascia sociale “popolare”, la stessa a cui appartengo io, e stessa classe d’età, l’intero quinquennio, ho visto praticamente 5 generazioni, tutte progressivamente berlusconizzate). Lo spavento è arrivato osservando che praticamente tutti davano la stessa risposta sbagliata a una domanda apparentemente scema scema che avevo posto dopo la lettura del racconto di Benni Papà va in tv.
    http://books.google.it/books?id=ipovEHzjG10C&pg=PA9&lpg=PA9&dq=Pap%C3%A0+va+in+tv+stefano+benni&source=bl&ots=uqsOIKHwl7&sig=1Vr5goqyZRMJ8r5fbu4zvIP6F_I&hl=it&ei=6g6pSuDcJ8yE_Abfj8TPBg&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=8#v=onepage&q=&f=false
    I luoghi in cui era ambientato il racconto per loro erano solo due: il salotto di casa Minardi e lo studio tv dove, secondo loro, era ambientata, oltre al talk show (di cui non avevano afferrato quasi per niente i meccanismi mostrati dal racconto, ma questo è già più difficile , richiede una competenza di lettura che chi si iscrive in un istituto tecnico industriale mediamente non ha) anche l’esecuzione capitale. Dunque, per questi 15enni, in tv si vive e in tv si muore. In tivù si balla e in tivù si fanno i processi. E così via. Che fare, dunque? Non ho scelto di fare un corso di Critica dei Media che, in effetti, mi sa di moralismo inefficace come l’esperienza di Tedoldi ha messo in luce. Con l’aiuto di poche pagine di librini scolastici (ce ne sono a iosa, ne avevo già utilizzato qualcuno altre volte, in altri anni, non è che la “materia” sia nuova nè per la pratica nè per l’editoria scolastiche) abbiamo fatto per due mesi “smontaggio” delle trasmissioni televisive. La “critica” veniva da sè, dalla scoperta che quello che vedono come “autentico” è preconfezionato, predisposto, tagliato e impacchettato a scopi di audience e commerciali. Non è che non lo “sapessero”, non è che fossero del tutto ignoranti, anzi, ma non collegavano, neanche loro, il “sapere” al “sentire”, credevano di sapere e, invece, si stupivano, smontando la macchinina. Fiera del successo ne ho parlato, ovviamente, ai colleghi nelle riunioni di coordinamento. Mi hanno guardato con educato interesse, hanno annuito e assentito di cuore ma hanno concluso che la priorità (e sono d’accordo che lo sia, fra le altre) è lo studio della grammatica e del testo argomentativo.

  97. a giocatore,

    dei tuoi tre punti, ne trovo solo uno pertinente per ciò che ho scritto, e per una riflessione su videocracy.

    E’ il primo:
    “1) come asseriva, giustamente, un altro commentatore, l’articolo è costruito a partire da un’immagine preponderante dal punto di vista comunicativo, l’estetica, che però non trova riscontro nella realtà DIFFUSA. Le pupattole e i pupattoli che se ne vanno in giro conciati in quel modo, anche se tanti, sono sempre pochi”

    Questo è un punto decisivo, non solo ovviamente per la mia tesi, ma per tutti coloro che ritengono che il monopolio mediatico berlusconiano di questi trent’anni ha contribuito a creare in Italia una situazione peggiore per la democrazia che in altri paesi occidentali, ed europei in particolare.

    Ora, quanto avevo da dire, l’ho espresso. Con i limiti del caso. Mi interesserebbe sentire altre valutazioni su questo preciso punto.

  98. a caracaterina
    “Non ho scelto di fare un corso di Critica dei Media che, in effetti, mi sa di moralismo inefficace come l’esperienza di Tedoldi ha messo in luce. Con l’aiuto di poche pagine di librini scolastici (ce ne sono a iosa, ne avevo già utilizzato qualcuno altre volte, in altri anni, non è che la “materia” sia nuova nè per la pratica nè per l’editoria scolastiche) abbiamo fatto per due mesi “smontaggio” delle trasmissioni televisive. La “critica” veniva da sè, dalla scoperta che quello che vedono come “autentico” è preconfezionato, predisposto, tagliato e impacchettato a scopi di audience e commerciali. ecc.”

    Puoi chiamarla come vuoi. Anche Pippiripello. Ma quello che hai fatto è “Critica dei media”. E’ quanto ho fatto anch’io. E non siamo i soli a farlo. Ma dal punto di vista educativo non è abbastanza. Non dovrebbe essere una lavoro lasciato alla eventuale volontà o sagacia dell’insegnante. Inoltre, ribadisco, non è un tipo d’insegnamento di destra o di sinistra. Lo si può poi chiamare “Educazione dell’immagine”, l’importante è che l’insegnamento sia basato su un assunto fondamentale: la distinzione tra realtà e immagine televisiva e mediatica.

  99. Inglese, posso dire che non ti capisco? Stupendo è l’esempio riportato da Caracaterina [la bacerei se potessi, bacio entusiastico ovviamente], che è scesa dal palco dell’intellettuale e ha infilato le mani indicando un’alternativa vera. E senza programmi, nuove materie e arzigogoli simili che danno solo la stura a nuove cacce al territorio/potere e alle solite discussioni interminabili.
    Poi, se sei d’accordo che la maggioranza non rispecchia quel modello, non capisco proprio. Se stai parlando alla maggiornaza, lo stai facendo senza farti capire: utilizzi un linguaggio non adeguato. Se vuoi parlare a pupattoli/pupattole, hai sbagliato approccio (li etichetti di fascismo estetico) e sicuramente non ti danno retta; anzi. Ma qual è il pubblico del tuo intervento? Chi vuoi far riflettere? A chi stai parlando?

    La TV sa SEMPRE qual è l’obiettivo (il pubblico) a cui si rivolge e questa è la sua forza, ma il tuo pubblico qual è?

    Blackjack.

  100. PS: non ho visto Videocracy, magari ci andrò, molto probabilmente no, ma chi l’ha realizzato sapeva esattamente quale pubblico andare a colpire.

  101. 10 giugno 1974 “Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia” di Pasolini in “Scritti Corsari” (Apparso sul Corriere della sera con il titolo “Gli Italiani non sono più quelli”)

    L’antenata di Canale 5 fu Telemilanocavo, emittente televisiva via cavo fondata da Giacomo Properzj e Alceo Moretti a Milano 2, città satellite costruita da Silvio Berlusconi. L’emittente nacque nel settembre del 1974, a pochi mesi di distanza dalla sentenza della Corte Costituzionale (luglio 1974), che liberalizzava le trasmissioni televisive via cavo (da wikipedia)

    28 maggio 1974 Strage di Piazza della Loggia

    4 agosto 1974 Strage dell’Italicus

    14 Novembre 1974 Il romanzo delle stragi di Pasolini in “Scritti Corsari” (apparso sul Corriere della sera con il titolo “Che cos’è questo golpe ?”)

    cultura di massa, televisione /

    tv commerciale, homevideo, passaggio dal magnetico al digitale /

    internet, tv digitale, touch generation (?)

    35 anni fa Pasolini parlava di un fenomeno già in atto, c’è stata poi una seconda, ora siamo all’inizio di una terza rivoluzione antropologica

    qui alcune sue parole e la sua voce sulla televisione…

    http://www.youtube.com/watch?v=xUn10yA09vI

    http://www.youtube.com/watch?v=FCMlx0pkiOM

  102. a giocatore d’azzardo

    sì, non ci capiamo. Direi di darlo oramai per scontato. ci sono tante persone con cui io mi riesco a far capire e tu lo stesso. Non insistiamo.

  103. @ viola

    “eclissi dell’intellettuale” di Zolla è del 1959

    non è una gara…

    mi interessa in questo contesto soprattutto la situazione italiana

    come strumenti di analisi , utilissime le opere di Debord, Baudrillard,Pasolini e Zolla l’elenco è nutrito.

    + o – ? lucido di ecc ecc se ne può discutere in un thread apposito se qualcuno lo apre

    ti dico che mi interessano poco i segni

    interessante (per me) che la riflessione di PPP dialoga con la scrittura e si dipana in altri codici e discipline, come il teatro e il cinema.

  104. Andrea,
    è solo questione di termini; trovo inappropriato “Mutazione antropologica”. Ma che significa? Mi basta parlare di mutazione culturale. Altrimenti a ogni decenniio, oggi, (prima a ogni trentennio, prima a ogni secolo bla bla bla) dovremmo parlare di mutazione antropologica. Portrei comunque l’attenzione, più che sul medio televisivo, sul multitasking, sulla miniaturizzazione tecnocratica ecc ecc…tutte cosucce che, a mio avviso, impattano più sul sensorio e sui comportamenti di quanto non abbia fatto la televisione. Detto questo, consentimi di precisare che ci possono anche essere decenni di letteratura in appoggio di certe posizioni, ma non bastano queste a certificarne la validità. Permettimi anche una battuta inglisc: tu dici, la tua posizione era la mia…e dài! sembri Sant’Agostino: anche io ero un peccatore come te! ciao bello, ti apprezzo fondamentalmente

  105. Sul moralismo e sull’idea di insegnare “Educazione all’immagine televisiva”. Se dobbiamo smontare la distribuzione d’immagini televisive mi pare che il punto diventi: dove sta la realtà (spero che su questo Inglese mi risponda).
    Con i miei alunni qualche anno fa scrivemmo la prima (forse no, forse ennesima, ma non importa) dichiarazione dei diritti dell’utente televisivo. Non si trattò di una filippica contro il letamaio di culi, fiction e analfabetismo. Tutti parlarono del loro rapporto con la televisione; alla fine della discussione proposi loro la rivendicazione di alcuni diritti. L’idea piacque, loro contribuirono a ideare alcuni degli articoli. La dichiarazione sosteneva che il teleutente ha il diritto ad avere una considerazione ed una dignità pari a quella dei personaggi televisivi, ha il diritto all’esperienza diretta e non mediata, ha il diritto al rifiuto della banalità e della volgarità, ha il diritto a non essere ingannato dalle pubblicità, ha il diritto alla bruttezza, alla lentezza, alla realtà verificata. La mia seconda media firmò ed esponemmo il lavoro su un cartellone affisso nell’atrio della scuola. Forse in quell’invito a controllare l’infantilizzazione televisiva c’era del moralismo, certo non c’era l’illusione di formare dei cittadini della lettera e del libro, alieni al mondo dei televisionari. Qualcuno di loro, se avesse avuto i mezzi culturali e retorici, avrebbe potuto sostenere il diritto ad un intrattenimento analgesico, ad un surrogato verosimile ma non vero, ad una protesi della realtà depotenziata, alleggerita della lentezza e delle complicazioni, del silenzio e della poesia, della destabilizzazione e del dolore.
    Ma quando parlai del diritto alla realtà tutti mi sembrarono capire di cosa stessi parlando. Il diritto alla realtà è democratico e non moralistico; ci consente anche di non demonizzare per partito preso la tv, il cui successo si radica sia sul bisogno della conoscenza che su quello d’essere avvinti da storie non vere (il meraviglioso dei poemi cavallereschi)…

  106. @ GiusCo

    Ho molto apprezzato l’ultimo tuo commento, anche se non ne condivido la conclusione. Soprattutto quando scrivi…

    “Le figure di riferimento in Italia, di questi tempi e in questo scenario, dovrebbero considerarsi Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Roberto Vacca; dal punto di vista politico, Emma Bonino. L’impatto berlusconiano e’ molto piu’ superficiale di quanto crediate, un sintomo -piu’ che la causa- dell’addormentamento della vitalita’ del ventre molle nazionale, nel quale e’ incluso l’idea storicamente sconfitta della sinistra”.

    L’impatto politico di Berlusconi è stato e resta fortissimo. Come puoi solo pensare il contrario? Tralasciando che sia di fatto l’Editore Unico degli Italiani, il dispensatore unico dei nostri spazi mediatici, Berlusconi ha assassinato la normale dialettica politica. Andando oltre la sana rivalità agonistica fra i diversi schieramenti dei partiti, Berlusconi ha affermato ciò che lo Stato italiano non è stato in grado di sopprimere. Sul nascere. E cioè l’idea che esistano i nemici di Berlusconi. Nelle istanze governative ci dovrebbe essere l’interesse pubblico generale e la designazione di un Nemico Esterno. Nemico esterno che può essere, che ne so, la Recessione da combattere, per dire. Non l’avversario politico. In questo gioco alla delegittimazione dell’opposizione, anche e soprattutto quando agiva coi mezzi leciti della politica, la Sinistra ne è uscita distrutta. Questo però testimonia la debolezza delle istituzioni repubblicane.

    Fermo restando che la Sinistra Italiana al governo è stata quasi sempre meschina. Incapace di un qualsiasi slancio, tenuta in ostaggio da troppi piccoli interessi particulari, dove perfino la Binetti era in grado di far cadere il Governo. A discapito dell’interesse pubblico generale. Senza mai cogliere le vere istanze sociali. Senza mai avere un progetto politico sul futuro del paese. E senza mai seriamente tentare di vietare che un solo uomo avesse il monopolio dei media italiani.
    Se continua così, dopo le istituzioni italiane, potrebbe crollare anche l’unità nazionale.

  107. @Andrea Inglese
    Vero. Facciamo, abbiamo fatto la stessa cosa, una (piccola, piccolissima) operazione critica. Ma non è arido nominalismo il mio insistere sulle parole. Non è vero che si può chiamare Piripillo. Nel tuo primo intervento tu hai proposto “una disciplina apposita” “che si chiami Critica dei media”. E l’hai proposta per “tutti i licei”. E’ vero che hai premesso che si può sovrapporre a materie letterarie e/o filosofiche ma hai dichiarato abbastanza esplicitamente una sua “separatezza”. Contesto: a) la separatezza (come quella della “materia” Costituzione della Gelmini) e qui mi sembra che, da quanto hai scritto nei commenti successivi, siamo d’accordo; b) la denominazione di “critica” e/o di “educazione”; c) l’esclusività (quando poi sono quelli che NON fanno il liceo ad avere maggiormente necessità di strumenti di lettura della realtà), ma credo che anche qui tu saresti d’accordo. Tuttavia c’è un sentire che in prima battuta (e nel regime del desiderio, del sentire, è la prima risposta quella che vale, come ci ha insegnato ben bene qualcuno che è appena morto), i tre punti hanno in comune un elemento: l’atteggiamento “dall’alto”, elitario – che, fra l’altro, cozza con gran parte del tono della riflessioni del tuo post, bellissimo, che condivido quasi in toto. Un atteggiamento che traspare anche da un altro tuo commento, successivo: “La televisione sarà specchietto per le allodole. Ma le allodole votano. E sarebbe importante romperglielo quello specchietto, o modificarlo.” Ora, in questo post si parla di estetica e di “sentire”, cioè di desiderio. Chiaro che il mio “sentire”, il mio desiderio, sarebbe quello di spaccarglielo in mille pezzi, lo specchietto, ma “sapendo” che farlo non ha nessunissima efficacia, come dimostra la nostra storia degli ultimi 30 anni, mi sono costretta non a separare ma a conciliare il “sentire” con il “sapere”.
    Nel mio piccolo di insegnante cerco di tenere presente il desiderio mio di spaccare lo specchietto e quello dei ragazzi – e delle loro famiglie – di rimirarsi e metto a disposizione quello che so non per fare io critica in prima persona (che sarebbe recepita come un giudizio severo, e quindi irricevibile, sul loro desiderio) ma per suscitare in loro il desiderio di vedere come è fatto lo specchietto. La “critica” deve venire come una loro scoperta, non come una mia esplicita proposta. Ecco perchè non chiamerei “critica di” nessun corso, materia o disciplina che sia che avesse lo scopo di suscitare desiderio. Soprattutto nei più giovani., ma non solo. Dovrebbe essere una denominazione semplice e attraente, così come dovrebbe essere attraente sempre il nostro linguaggio (non semplificatorio, non spettacolare, non biecamente seduttivo ma … “sentito”) perchè quello che oggi più che mai è in ballo per ciascuno è un vero conflitto (o una vera partita, direbbe Giocatore), eticamente regolato secondo democrazia, che oppone estetica a estetica, un sistema del desiderio a un altro (?)
    E fin che la sinistra o chi per essa non riuscirà a elaborare un sistema del desiderio competitivo ma, soprattutto, determinato a competere con quello che tu hai chiamato fascismo estetico (definizione che ha le sue ragioni ma che è pure alcuni commentatori hanno, secondo me giustamente contestato, ma adesso tralascio) non ne usciamo. Il che è poi un ampliamento della tua osservazione : “Non dovrebbe essere una lavoro lasciato alla eventuale volontà o sagacia dell’insegnante” O del singolo, chioso.

  108. Mentre scrivevo non ho potuto leggere l’untervento di Tedoldi. A botta calda perchè ora devo andare: il “diritto alla realtà” mi piace tantissimo, è … meraviglioso.

  109. Al liceo è già tardi!
    (comunque si, educazione e si, soprattutto, autoformazione prima e poi, e non me ne vogliano gli nsegnanti)
    Il richiamo a st. agostino mi pare appropriato (e lo dico con lo stesso “affetto” di caserta).
    (bianca madeccia, le coordinate arriveranno via mail:)
    ciao

  110. Comunque esiste uno scrittore italiano che sta, per necessità di cose, in continuità e discontinuità con Pasolini. Walter Siti: che sguazza nelle palestre, nella tv, e per cui il palestrato depilato abbronzato che fa il tronista è il corrispettivo del ragazzo di borgata per PPP. Quindi è uno che le cose le sente (come dice Andrea) e le racconta essendoci (finito) dentro. E credo che sia questo la cosa importante, non gli spazi o lo status dell’intellettuale Pasolini o di altri.
    (ma fino a domani mi inseguerà l’immagine surreale di Andrea I al JUST CAVALLI CAFFE’…vorrei essere stata la candid camera che riprende questo sbarco su Marte:-))

  111. AMA, mi riferivo ad un contesto tecnocratico, che al momento in Italia non e’ popolare ne’ democratico, ma altrove in Occidente e Asia largamente pianificato: competizione globale mediante governo tecnico e accesso di massa ai saperi duri, integrabili nel sistema economico produttivo o dei servizi. Berlusconi e’, in questo contesto, un povero vecchio e gli italiani “resistenti” dei nostalgici del primo novecento.

  112. Inglese, vabbé; comunque ti arrendi troppo facilmente. Peccato :-)

    Caracaterina, dopo l’ultimo tuo commento, guarda, non vorrei sembrare un broccolone (che poi è anche vero), ma meriteresti una cena sontuosa :-D

    Importante, a mio modesto parere, è anche la parte centrale del commento di Morgillo che smonta la grande balla che Berlusconi sia stato indebolito dalla tattica della delegittimazione. Anche l’ultimo attacco, che è diventato un boomerang per chi l’aveva fatto partire [vero Murdoch? come va con StarTV? mica tanto contenti neh :-) ], l’ha rafforzato. L’errore imperdonabile che la sinistra ha commesso, e che ora ricade su molte scelte (che anche la sinistra stava facendo e qui sarebbe divertente un parallelo), è stato proprio quello di pensare che bastasse la delegittimazione e un salto della quaglia per cancellare Berlusconi dalla scena politica. Dilettanti!
    Se devo fare a cazzotti con un pugile, mica scelgo un ring, magari mi cerco un territorio diverso, che non conosce e che mi conceda qualche chance in più. Eppure, nonostante la sinistra sia allo sfacelo, si aggrappi a Di Pietro e Fini per cercare un’alternativa (però affonda Marino e continua con i trichechi Franceschini e Bersani senza che nessuno dica nulla), continua inpinatamente a mantenere la stessa linea: ignorando il mondo e offrendo risposte senza mai farsi domande.

    La TV, questa TV, è stata foraggiata anche dalla sinistra: non ha trovato ostacoli (conflitto d’interessi dove sei?). Tutti hanno rincorso l’onda cercando di raccattare le conchiglie che affioravano. Oppure qualcuno ha dimenticato la barca di D’Alema, l’appartamento a New York di Veltroni, la Banca della COOP a Ginevra, il giovane Colaninno candidato di punta (sono piegato in due dalle risate, lui a sparare cazzate e il padre a smentirlo), l’altro veneto preso a bordo in extremis. La realtà è che la mutazione antropologica, il “fascismo estetico”, ha fatto più vittime a sinistra che a destra. Sarebbe ora che qualcuno incominciasse a guardare la realtà, smettesse di raccontarsi la storiellina della sera, e tentasse finalmente di capire perché e trovare almeno una parvenza di strategia.

    Blackjack.

  113. Non sono riuscito a leggere tutti i commenti, e forse il mio arriva in grande ritardo, ma il film lo ho visto solo ieri.
    Il pezzo che hai scritto dice molte cose giuste, suscita molte riflessioni, cui vorrei aggiungere brevemente le mie.
    La responsabilità dell’estetica della tetta e del culo va addebitata anche agli intellettuali di sinistra (vedi Blob) erotomani ma per motivi “nobili” non “bassi” come la massa…
    Chi ha ipotizatto una televisione che degradasse la figura della donna a mero oggetto (qui si usa la tetta anche per vendere prodotti che non hanno a che fare con la biancheria intima) sapeva quel che faceva, sapeva la gente che aveva di fronte.
    Uno può essere anche un grande cinefilo o avido lettore, ma se poi entra nel coro di “fica, fica” è identico ai suoi coetanei che non leggono o non vedono film nè vanno a teatro.
    L’Italia è un paese maschilista anche per colpa delle donne stesse (madri e mogli) che considerano poco virile un maschio beta.
    E non parlo della minoranza che bazzica i blog, parlo della maggioranza silenziosa, quella che l’uomo non deve cucinare nè lavare i piatti.
    Ne discuteva Lombardo Radice 30 anni fa.
    La sinistra non è cambiata da allora: per motivi diversi, ma bigotta pure oggi, e in fondo conservatrice, coppietta, figli, piadina.
    Pasolini fu cacciato dal PCI perchè succhiava i cazzi. Ricordiamolo.
    L’estetica della gnocca non nasce per volere divino o per imposizione manu militari.
    Nasce perchè trova terreno fertile in un paese in cui si critica un maschio bello e solo perchè bello, ma la femmina deve essere figa.
    I maggiori segaioli sono proprio gli avidi nerd lettori di libri.
    Allora, forse anzichè dare addosso a tre idoli popolari (Berlusconi, Mora, Corona) dandogli addosso, il film di Gandini ha il merito di fare vedere anche lo squallore di un paese in cui i maschi, di qualunque cultura, ceto sociale, istruzione, sbavano per la fica, considerano la donna prima bella poi brava (le recensioni di Mollica).
    Chissà, magari se la donna (anche dalle stesse donne) fosse considerata una persona, non una troia/fica/gnocca (a seconda delle occasioni) forse si potrebbe anche tentare di fare una morale all’estetica berlusconiana.
    Ma non mi pare che gli intellettuali, i giornalisti, i critici, i borghesi (quali noi siamo) i blogger, gli istruiti, i colti, possano dare lezioni.
    Quando ognuno di noi darà una mano per le pari opportunità (basta poco: evitiamo il commento sulla collega appena arrivata…), quando i diritti delle minoranze sessuali saranno anche i nostri diritti, quando non leggeremo più la parola “FICA” sui muri, forse potremmo parlare di una società che cambia. Fino ad allora, la tv commerciale ha soddisfatto il bisogno di fica della maggioranza degli italiani. E continuerà a farlo.

  114. @ GiusCo

    “AMA, mi riferivo ad un contesto tecnocratico, che al momento in Italia non e’ popolare ne’ democratico, ma altrove in Occidente e Asia largamente pianificato: competizione globale mediante governo tecnico e accesso di massa ai saperi duri, integrabili nel sistema economico produttivo o dei servizi. Berlusconi e’, in questo contesto, un povero vecchio e gli italiani “resistenti” dei nostalgici del primo novecento”.

    Sì, adesso ho capito. E sono d’accordo con te. Grande consapevolezza. Sguardo che va oltre. Un piacere leggerti. Staremo a vedere cosa succederà altrove. In Italia la vedo dura.

  115. Vine citato Zolla. Ma lui non sarebbe per un distinguo così netto tra realtà e immagine televisiva. E sopratutto direbbe di non aderire a niente, di non credere. Del resto q

  116. Tanto mi è piaciuto il pezzo di Inglese quanto non mi è piaciuta la sua proposta, che mi sembra lo contraddica. Perché la proposta, pedagogica, di fatto un dobbiamo educarli a non essere così, preclude ogni accettazione. Se con questa realtà, che non ci piace, vogliamo fare i conti dobbiamo prima accettarla. Se l’operaio bresciano palestrato rappresenta solo un esito da evitare, in primis insegnare ai ragazzi ad essere diversi da così, sarà difficile riuscire ad interagirci. E finché non c’è interazione, comprensione anche, resteremo realtà distanti e aliene.
    Invece forse bisogna prima capire cosa abbiamo in comune con l’operaio bresciano palestrato, cosa possiamo condividere, come possiamo vivere assieme nella stessa società senza ignorarci. In fondo chi, dopo un duro turno di lavoro, è disposto a passare due ore in palestra per inseguire il proprio sogno di emancipazione sociale non è poi totalmente estraneo a chi dopo un duro turno di lavoro è disposto a leggere 130 commenti di NI per inseguire il proprio sogni di miglioramento culturale :-).
    Mi sapreste, voi che scrivete, citare un romanzo o racconto italiano degli ultimi anni in cui l’operaio bresciano palestrato compaia come personaggio e non macchietta, come individuo e non protagonista di un apologo morale, in cui il sottotesto sia diverso dal “non diventiamo come lui”?

    @GiusCo Dalla tecnocrazia cinese abbiamo certo anche da imparare. D’altra parte sono stato recentemente dieci giorni in Cina e ti posso assicurare che la loro televisione è paurosamente uguale alla nostra. Ho visto X-Factor in cinese, il Grande Fratello, addirittura “Forum (o come diavolo si chiama, il giudice che in diretta dirime una lite condominiale mentre dal pubblico si alzano i commenti”). Sceneggiati sulla Grande Marcia che non era difficile immaginare diversi dalle nostre celebrazioni di santi ed eroi, sport, pubblicità a fiumi, per bambini durante i cartoni animati. Non so cosa voglia dire il fatto che la nostra TV assomigli più a quella cinese che a quella britannica. Ma forse un pensierino su bisognerà farcelo…

    Scusate l’intrusione un po’ prolissa.

  117. Viene citato Zolla. Ma lui non sarebbe per un distinguo così netto tra realtà e immagine televisiva. E sopratutto direbbe di non aderire a niente, di non credere, di non avere alcuna fede. Del resto quello che accade nella realtà non è che sia più autentico di quello che accade in televisione. La manipolazione c’è pure in mezzo alla strada. Quindi se educazione alla critica dei media è segnare questa differenza, non sono d’accordo. Mi sembra una posizione ingenua, che come dicevo in altri post, ignora la natura tecnica dell’uomo. Perchè forse quando incontriamo una persona per strada e comunichiamo con lui non utilizziamo dei media? (voce, corpo)
    Continuo a pensare che la televisione è un epifenomeno, che amplifica e questo certo pesa, ma non è lì che si decidono i giochi. C’è dietro, nell’agire dell’uomo molto di taciuto.

  118. ps. Educazione alla critica dei media è qualcosa di più profondo. E’ mettere radicalmente in discussione il nostro modo di interagire. Ecco perchè citavo Danilo Dolci. Ma, sia chiaro, si tratta di una vera rivoluzione mentale e non so se gli esseri umani ne siano capaci. Un autore che mi piace molto è anche Marianella Sclavi

  119. @ Giocatore d’azzardo

    “La TV, questa TV, è stata foraggiata anche dalla sinistra: non ha trovato ostacoli…”

    “Sarebbe ora che qualcuno incominciasse a guardare la realtà, smettesse di raccontarsi la storiellina della sera, e tentasse finalmente di capire perché e trovare almeno una parvenza di strategia.”

    sei simpatico, ma se non ti piacciono le storielline non raccontare poi le

    fiabe della buonanotte. Strategia per cosa ? Per “vincere” ? Per ottenere

    il “potere” ? Per “cambiare lo stato delle cose” ? Per “sconfiggere”

    qualcuno ? (Te lo chiedo, non è una provocazione)

    Qui (microcosmo di un microcosmo) credo si stia tentando proprio di guardarla la realtà, il più lucidamente possibile innanzitutto. Che poi qualcuno si sia svegliato ieri e chi solo oggi, non ha molta importanza se possano venir fuori tutti i pareri. Se rileggi, si lo so ora son tanti, tutti i commenti vien fuori un quadro interessante, parlo di pulsioni, sensazioni, emozioni. In un modo o in un altro sappiamo qual’è lo stato delle cose ed anche come si è arrivati a questo, forse il continuo dircelo troppo spesso ci ha allontanato da una realtà più grande. Politicamente stiamo assistendo a “nuove” “grandi manovre” pre e post successione al premier a cui ormai non resta che la vendetta, ed è pericoloso, te lo insegna la strada e te lo insegna Shakespeare. Credo sia una fase dove migliorare la nostra capacità di ascolto, può solo portare frutti.

  120. @ luminamenti

    Zolla, come Pasolini, credeva in un progresso diverso da quello che c’è stato, una forma, diversa. Avrebbe detto di “coltivare in semplicità una visione di pace” ed esortato alla quiete, comprendendo prima cosa sia realmente. Dai un’occhiata all’ultimo articolo (Martirio e potenza) apparso nel volume “Gli arcani del potere” uscito a maggio.

  121. a teoldi e a caracaterina, (scusate al volo)

    state dicendo cose molto belle. e importanti. qui mi sembra che si potrebbe davvero avviare un tema di discussione non sterile, perché prenderebbe dentro molta delle nostra esperienza reale di tutti i giorni * noi, dico gli insegnanti; varrebbe la pena di rifletterci su un post apposito a questa faccenda dell’educazione all’immagine…

    a guido,
    nella foga della discussione mi sono santagonistizzato… sull’uso parco di rivoluz antropologica concordo e ti ho citato Hobsbawm, che dice ce n’è una perché rompe con forme millenarie di cultura

  122. il fatto di non chiudere gli occhi davanti alla televisione non implica come conseguenza quella di doverla per forza comprendere, altrimenti rischiamo la deriva opposta a quella descritta da Andrea… non serve l’intellettuale che si chiude nella campana di vetro, è vero, ma così come non serve un’operazione mimetica e seduttiva per accaparrarsi le simpatie di chi preferisce 3 ore di tv ad altre attività… più sopra c’è chi ha giustamente ricordato che dopo 8 ore di lavoro non è automatico accendere la tv perché è l’unica cosa che riusciamo a fare… chi l’ha detto questo? E’ per caso una legge naturale? E’ da quest’opera di seduzione che poi nasce di conseguenza la presa di distanza dalla nozione di “critica”… sono d’accordo che essa non si adatti all’età della scuola primaria e secondaria (difatti io avevo parlato ad esempio di “educazione all’immagine”, intendendola nella sua accezione pedagogica), ma trovo altresì pericoloso ridurre la critica a un’operazione violenta e moralistica… la critica, quando non è per principio distruttiva, nasce già da un desiderio verso l’oggetto di studio, e può venire certamente da sé, ma sarà più facile stimolarla dando allo studente i giusti attrezzi del mestiere….

  123. al moralizzatore sofismatico,

    videocracy è stato da noi strumento della destra (in tutte le sue gradazioni: populistico-autoritaria, ex-fascista, razzista)

    perché videocracy è gestita da gente di destra, sopratutto ai piani alti (vedi i filmini con svastiche sul cellulare di lele mora)

    perché il comunismo, se pensi a quello sovietico – senno’ a che pensi? – non ha mai imperniato la produzione del consenso sul consumo e l’intrattenimento delle masse, ma su propaganda vecchio stampo e terrore vecchio stampo

  124. Sì, sono d’accordo con souffle. Berlusconi ha semplicemente rilanciato in grande scala l’essere guardoni e maschilisti degli italiani. Non ha inventato nulla. Per questo credo che più che insegnare alcunché a scuola, basterebbe insegnare il rispetto per le donne e per il loro lavoro. In una società in cui le donne sono rispettate, consapevoli e hanno una voce forte, non può attecchire nulla del genere. Ma i germi c’erano già tutti, potentissimi. Ma il problema è che gli uomini e donne italiane il razzismo quotidiano nei confronti del genere femminile, neanche lo vedono, perché lo vivono e lo praticano e ci son dentro fino al collo. Ecco perché io credo che una delle soluzioni sia proprio lavorare alle pari opportunità.

  125. Bell’intervento, sei riuscito in poche righe a sintetizzare ciò che Gandini, evidentemente, ha provato a spiegare senza successo. Ieri sera ho visto Videocracy, e francamente, nel caos generale di una tetta qui e di una chiappa là, tra il pisello di Corona e la suoneria di Lele Mora, non ho ben capito dove Gandini volesse andare a parare. Un documentario senza capo né cosa. Michael Moore è un’altra cosa.

  126. Robin, risultare simpatico è l’ultimo dei miei problemi; di solito, quando qualcuno mi dice che sono simpatico, la prima reazione che mi viene è quella di sputargli in un occhio. Poi, dato che non si fa, mi trattengo e mi limito a pigliarlo a male parole. Spero di essermi spiegato.

    Decisamente più interessanti le domande, anche se le risposte sono relativamente semplici. Partiamo da un assunto che dovrebbe essere comune: una discussione come questa ha senso se esiste un “problema” da risolvere. E il problema mi pare ci sia (i commenti li ho letti tutti, come da abitudine). Se vuoi affrontare un problema, e risolverlo, devi capire sia la genesi del problema, sia gli effetti, ma sopra tutto, chi ha generato il problema per evitare che si ripresenti. Per completare il quadro devi anche definire degli obiettivi da raggiungere. In parole povere una strategia.

    Io non ho, personalmente, obiettivi da raggiungere. Faccio parte in toto di questo sistema, ci vivo in questo sistema e ci vivo bene. Sono un privilegiato tutelato da questo sistema. Ciò non vuol dire che lo approvi in toto.

    Il tema, ben raccontato da Inglese, è sicuramente un tema importante, ma, a mio modestissimo parere, è stato affrontato da un unico punto di vista: un lungo tubo che lascia scorgere solo il pezzo di realtà che si vuole vedere.
    E NI non è così microcosmo, è un luogo molto letto (a vari livelli), in grado di generare interesse. Devo aggiungere altro?

    Le manovre a cui stiamo assistendo, sono normali e, ai tempi della grande balena, si ripetevano, anche se con schemi diversi, a cadenza annuale. Non sono manovre epocali, di epocale c’è solo la caduta senza fine della sinistra italiana (concetto quanto mai astratto) e l’incapacità, anche della parte intellettuale [parere personale!!!], di intravedere un’alternativa al grande assembramento ideologico/centrista nato con il bipolarismo.
    Non fosse così la legge sul conflitto di interessi sarebbe stata emanata 15 anni fa.

    Posso farti io una domanda ora? Non ti viene mai voglia di riuscire ad incidere direttamente sulle “grandi manovre” che ti passano sulla testa?

    Blackjack.

    PS: a me invece non stai simpatico, ma sei un ottimo interlocutore che spara molte meno cazzate di me.

  127. Ragazzi, ieri sera ho visto uno di quei beloni palestrati, ero in palestra per la solita nuotata del giovedì al nuoto libero, aveva i tatuaggi, l’abbronzatura e tutto il resto. Tutti lo guardavamo come una besti rara, noi tutti che eravamo con un po’ di pancetta e qualcuno con un’evidente stempiatura.

    Una meraviglia di ragazzo..

    .. ho provato a scambiare due parole e devo aver citato involontariamente Leopardi, e lui l’ha riconosciuto, abbiamo iniziato a parlare e sta leggendo “Sunset Limited” di Cormac McCarthy..

    .. Ho parlato di NI e l’ho invitato a collegarsi, per dare una sua opinione sul post, mi ha risposto che per lui la televisione e i computer dovrebbero sparire dalla circolazione.

    °-° va bè, io ci ho provato!! .

    Ah, è sposato con 2 figlie.

  128. @ Giocatore d’azzardo

    ho già risposto alla tua domanda in un altro post, semmai io sia in grado di “incidere” su qualcosa, al massimo posso provare a farlo su me stesso innanzitutto, non possiamo fare (fare realmente…) niente per gli altri se non siamo in grado di farlo prima per e con noi stessi, è una cosa che ho sperimentato.

    Una volta ho letto da qualche parte, ma non ricordo dove, che in una partita di poker se dopo una buona mezz’ora non hai capito chi è il pollo, vuol dire che il pollo sei tu, vale anche davanti ai giornali, telegiornali ecc ecc

    p.s

    hai letto “La musica del caso” di Paul Auster ?

  129. Bianca madeccia
    qui si vuole dimostrare una tesi che parte da presupposti parziali assunti a paradigma a tutti i costi, nonostante tutto.
    Ma non c’è verso:) se non quello della cooptazione che del resto fa parte delle regole del gioco e che si può anche accogliere con un sorriso (anche perché si gioca fuori casa, almeno io gioco fuori casa:) quindi si può anche lasciar che qui ci si indigni per i corpi oggetto con la figa e le tette, che mai prima d’ora son stati, che mai prima d’ora son stati visti, che mai prima d’ora son stati uccisi e violentati, che mai si sono fatti soggetti e quindi sono uccisi e violentati per questo, la videocrazia così per far quadrare il bilancio, perché lo dico io perché quando lo dirò io ti si slegheranno i polsi (citazione televisiva, un aiutino, non è il mago oronzo) e quindi potrai rompere gli specchietti e diventare soggetto, grazie a me che ho letto pasolini e debord, che diamine ma che per 20 anni me ne sono dimenticato ho avuto come un’amnesia, ma ora non più e quindi e QLUINDI ORA è l’ ora, è ora che fulminata sulla via di damasco dall’illuminazione gandini, l’italia degli intellettuali, degli insegnanti con 20 anni …….di televisione in soffitta insegni CRITICA DEI MEDIA. Con la ciliegina sulla torta che gl’insegnanti vivono questa realtà (?) tutti i giorni . Meno i 20 anni di tele in soffitta quanto fa? Il risultato è risolutivo. Serve un post.
    (il tutto con molto affetto del quale non frega nulla a nessuno ma a me si:)

  130. Andrea!
    Santagostinizzato potresti anche essere un prototipo di un nuovo intellettuale: già ti vedo! Ma tu, tu, e voi tutti, intellettuali di sinistra, siete più felici e raziocinanti dell’operai bresciano palestrato?

  131. a guido,
    è una domanda retorica? Nel post non mi sembra che io affermi nulla in proposito. Se non è retorica, ti posso rispondere. Io non sogno di cambiare vita miracolosamente da un giorno all’altro. Faccio un lavoro, grazie ai miei studi, e ai privilegi di classe che me li hanno permessi, che mi piace. Sì, sto meglio, almeno da questo punto di vista, dell’operai bresciano.
    Quanto alla formula “intellettuale di sinistra”, la uso appena posso. E non senza una certa vena polemica. Ormai è disprezzata da tutti quelli di sinistra. E da tutti gli intellettuali di destra. Strano perché il lavoro intellettuale riguarda una massa sempre più ampia di persone. Ma la parola è tabù.

  132. a gina,
    beh, almeno ti ho dato il tuo gonzo quotidiano da smascherare; e voglio ben credere che la smascheratrice di gonzi sia affettuosa verso gli stessi, altrimenti se ne girerebbe disoccupata

  133. Robin, d’accordo sul concetto che hai ribadito e null’altro da aggiungere.
    No, non ho mai letto Auster. Ultimamente sto litigando con altra “roba”. Poi, è un mio difetto, difficilmente leggo gli autori di cui tutti parlano; non so perché, ma ho questa reazione: più ne parlano e meno mi viene voglia di leggerli :-)

    Blackjack.

  134. ai
    qualcuno qui sopra ha parlato dell’abc del montaggio.
    Dove sono stata creativa? dove NON sono stata (pur nella mia bassezza cognitiva) intellettualmente onesta?

  135. @ Giocatore d’azzardo

    ” Poi, è un mio difetto, difficilmente leggo gli autori di cui tutti parlano; non so perché, ma ho questa reazione: più ne parlano e meno mi viene voglia di leggerli :-) ”

    non sei il solo, ma quel libro credo, ti piacerebbe.

  136. Souffle, sante parole. Leggo con piacere Bianca e Gina.
    La soluzione è anche per me lavorare alle pari opportunità. Dal basso, però, ché dall’alto abbiamo la beffa suprema di un ministro alle Pari opportunità nominato dal capo per i suoi meriti televisivi ed estetici.
    Pari opportunità nei licei, recuperando in quest’ambito la critica dei media. Insegnare il rispetto per le donne, dice Bianca. Si può?

  137. ai
    “il corpo delle donne” l’ho visto mesi fa, riflessioni come questa, che salvo errore è passata in estratto anche all’infedele, non hanno NESSUNA PRETESA DI ESAURIRE L’ARGOMENTO, costituiscono un TASSELLO INSIEME ad altre. Ad altre riflessioni che sono in campo da MILLENNI. Videocracy è un altro tassello. E mi va bene. Ma la mia riflessione il mio montaggio e le mie domande riguardavano IL TUO PEZZO.

  138. scusi, andrea inglese: vabbè per l’obsoleto “intellettuali di sinistra”, ma “intellettuali di destra” mi pare un inutile ossimoro.
    ottimo articolo.

  139. ah, gina, ti sei incazzata perché ho dimenticato di rispondere a un tuo vecchio commento; hai ragione, ma potevi farmelo notare senza metterti la tuta delle supersmascheratrice di gonzi…
    anche perchè pure il mio è un tassello, e tutti questi commenti pure…
    ok appena ho tempo ci ritorno oggi sulle tue questioni

  140. Leggo il commento di Franceschini, che sicuramente ha piu’ peso politico e pratico del mio e del vostro: http://www.corriere.it/politica/09_settembre_11/franceschini_videocracy_auditel_cazzullo_4ea78abe-9e9c-11de-8a40-00144f02aabc.shtml . Mi sembra che l’impostazione sia corretta e non mi pare provenga da un tecnocrate.

    In uno spazio di discussione come questo, peraltro, si tenta di proporre scenari, oltre che constatare evidenze; ecco allora che discorsi di Italia spezzata in tre, con tecnocrazia forte al governo nella parte produttiva aggregata all’Europa continentale, hanno una loro dignita’ argomentativa, da verificare sul campo e nel tempo.

    Franceschini starebbe bene come ministro nello Stato della Chiesa.

  141. uh
    il corpo delle donne è passato all’infedele ma la tele di ai era in soffitta:)
    caro più che chiedere TRE VOLTE non ho fatto e poi ho tratto le conclusioni.
    Grande invero è il senso della cooptazione:)

  142. Discussione molto interessante.
    Ho apprezzato in particolare gli interventi di blackjack, caracaterina, ama, tedoldi. Aggiungo qualche nota.

    Prima nota: l’intellettuale. A mio parere il vero tema quando si parla della tv italiana non è la comparsa di Berlusconi sulla scena. E’ la SCOMPARSA DELL’INTELLETTUALE. Invece di accettare la sfida, cimentandosi col mezzo televisivo, l’intellettuale italiano si è ritirato nella sua torre d’avorio. Ha scomunicato la tv. Fedele alla tradizione che già in precedenza lo aveva portato a scomunicare i giornali, ostracizzando i pochi intellettuali che ci scrivevano sopra. E di scomunica in scomunica, ecco che ti scomunica anche il nazional-popolare (Asor Rosa). Dopo tutte queste scomuniche, per forza oggi, come nota anche Inglese, l’intellettuale è impreparato e non la capisce. E dire che tutti i suoi riferimenti culturali, che immagino molto simili a quelli di Inglese “Anders, Debord, Baudrillard, Bauman”… non è che siano stati molto utili, eh…

    Seconda nota: il nazional-popolare. Berlusconi, che pirla non è, ha subito capito che il nazional-popolare era la chiave per arrivare al popolo. E per vendere. Se ci pensate bene, è chiaro che una tv commerciale deve per forza essere basata sull’intrattenimento. Da che mondo è mondo, la gente ama divertirsi, non ascoltare sermoni o lezioni di filosofia, per quanto intelligenti. Socrate veniva preso a calci nel culo. Voi comprereste un prodotto da uno che prendete abitualmente a calci nel culo? In altre parole, Berlusconi si è appropriato genialmente di qualcosa che non ha rubato, ma che era stato abbandonato dalla miopia dell’intellettuale.

    Terza notazione: i “modelli”. Io di modelli alternativi al sogno proposto da Berlusconi non ne ho ancora visti. E non perché Berlusconi è monopolista, ma perché non ci sono. Dal Sessantotto italiano non è venuto fuori niente di costruttivo. Non una forza propulsiva, mitopoietica, ma violenza ideologica e vaghe utopie senza rapporto con la REALTA’ (altra bella parola venuta fuori nel dibattito).

    Quarta notazione: i professori fuori dal mondo. Sono coloro che si vantano di non guardare la tv o di non averla nemmeno. Ma cosa credono di fare? Di porsi come modelli alternativi agli occhi di studenti? Così, invece, finiscono solo per rendersi ridicoli! L’alunno non può che pensare: “questo qui è fuori dal mondo, che cosa mi può insegnare di buono?”.

    Per finire, di nuovo, su quel magnifico “diritto alla realtà” di Tedoldi. Un esempio a caso: secondo la vulgata tanto cara all’intellettuale italiano, Berlusconi avrebbe vinto le elezioni del 94 solo grazie a un’orwelliana manipolazione delle coscienze. Sbagliato. Le ha vinte (anche) grazie a una solida REALTA’: aver realizzato qualcosa di grande nella vita. Io me lo ricordo bene, lo dicevano in tanti, in quegli anni, prima che qualcuno lo trasformasse nel Grande Fratello.

  143. a gina, ci provo
    “non se scrivi questo
    “Quanti di questi corpi sono volontariamente sacrificati ai molteplici intermediari dell’industria dell’immagine ?””

    Non capisco. Mi sembrava di averti risposto.

    “Sulle donne che in maggioranza ballano. Hai dato un’occhiata al video di gravid@mente che ho postato sopra?”

    Si.

    “E’ una “dominante” recente?”
    Il ruolo di pezzo di natura che deve suscitare il desiderio maschile? No, non è recente. E’ parte della cultura occidentale ecc. ecc., che è stato però messo in discussione nelle moderne democrazie, con esiti diversi a seconda dei paesi. In Francia, la lotta delle donne contro il sessismo è costante, e attraversa tanto la sfera pubblica che quella privata. E ha ottenuto globalmente delle vittorie rispetto alla cultura maschilista e patriarcale più tradizionale. Ora, la questione è ancora una volta: in una dinamica che non è solo italiana – la lotta per le pari opportunità – che influenza ha avuto il monopolio televisivo berlusconiano sulle premesse di cultura maschilista già esistente? Ora, c’è chi dice che questa è una questione ininfluente. Tanto tutto si gioca su paradigmi culturali pre-televisivi. C’è chi dice che in Italia il fattore monopolio di B ha accelerato la regressione, ha rinfocolato modelli quasi impresentabili dieci anni prima. Io sono fra questi.

    “Sul lavoro cognitivo: i precari dello spettacolo, e il movem (mtv)? Imho astrarre dalla tua riflessione il lavoro cognitivo è un errore, e non un’altra faccenda (è nata prima la gallina!)”
    Bene. Proviamo ad articolare i due temi, ma dando uno specifico peso ai modelli culturali interni all’industria televisiva, che sono diversi rispetto a quelli di altre industrie “cognitive”.

    “E la disambiguazione del trait d’union tra violenza di genere e drivinizzazione dell’immaginario?”
    Qui vale il discorso di prima. La drivinizzazione dell’immaginario è una variante potente e, per certi versi, più sottile e insidiosa, della violenza di genere della cultura patriarcale e dei suoi solidi residui, almeno in Italia. Certo, non è la prima volta che se ne discute. Le donne per prime. E allora? Dobbiamo smettere di discutere e parlare di certe cose, perché lo si è fatto dieci anni prima. I risultati mi sembra siano sotto gli occhi di tutti. Se tutto è stato detto, e qualsiasi cosa venga dopo è vento per i gonzi, allora vuol dire che siamo già nel migliore dei mondi possibili.

    “In quanto genitore, educo mio figlio (e i figli dei miei amici che me lo chiedono) ai media (non solo d’intrattenimento) da quando ha 4 anni. la tv è un ottimo mezzo. E serve. così come la pazienza. E la determinazione. E un minimo d’idea. E tempo.”
    Già, ma un sacco di genitori non hanno:
    o tempo
    o pazienza
    o determinazione
    anche se magari quasi tutti un minimo d’idea ce l’hanno.
    E allora? Che si fa?

  144. Anche a me ha fatto molto deprimere la visione l’altra sera di Videocracy..il piccolo cinema era pieno, e questo un pò m’aveva rincuorato; non capisco però come facessero molte di quelle persone a ridere per le immagini che passavano, dice bene Inglese che veniva solo da vergognarsi per tanta pochezza. Ma il “fascismo estetico” secondo me s’è avverato da un pezzo, da prima del Berlusca..lui è solo quello che ha dato la mazzata finale, ma in fondo a tutto ciò c’è che l’italiano adora proprio quei modelli negativi, patetici, che vediamo nel film di Gandini ..gli italiani non si sono mica rincoglioniti, amano alla follia tutto quello che uno come Berlusconi rappresenta: il Potere, i Soldi, il Sesso. In fin dei conti, se il popolo fosse stato rimbambito dai media avremmo una seppur piccola scusante, qualcosa a cui agrapparsi..invece l’italiano sotto sotto vuole questo, AMA TUTTO CIO’, e l’unico suo cruccio è che vorrebbe stare al posto di Silvio, ma non può..basta d’altronde guardare come si veste, come parla, come s’atteggia buona parte degli italiani per rendersene conto.

  145. mi permetto di rispondere a Vincenzo che ha tirato fuori tre cose di interesse decisivo.
    L’intellettuale: nella RAI dell’era pre-berlusconi lavoravano Eco, Furio Colombo, Beniamino Placido. Un intellettuale come Guglielmi ha, da solo, con idee e programmi fatto salire esponenzialmente l’audience di Rai Tre che quando nacque non la vedeva nessuno. Diversi programmi di Rai Tre hanno anche avuto un grosso successo popolare.
    Nella Rai anni ’60 Biagi introduceva al grande cinema su Rai Uno permettendo alle persone di capire un film, di avere gli strumenti per apprezzarlo di più.
    In quella stessa RAI potevi vedere discutere Pasolini e Moravia o debuttare Battisti o Vasco Rossi.
    Ma anche nella stessa mondadoriana Rete 4 potevi vedere Moravia parlare di libri da Costanzo.
    A mio parere l’avvento del modello televisivo berlusconiano è stato quello di fondarlo, in modo americano, sull’intrattenimento e non sul divertimento.
    Divertire (da “divertere”) significa realizzare un prodotto che sposta la mia attenzione e concentrazione dalle bollette da pagare, dal capo ufficio antipatico dal collega invidioso, dalla ragazza petulante, dal vicino collerico, dalla critica della ragion pura, a un’altra riflessione. Insomma assumo un comportamento attivo, il mio cervello lavora per capire.
    Intrattenere invece presuppone un comportamento passivo: il mio cervello dimentica capo ufficio, bollette e Hegel semplicemente spegnendosi e ricevendo una serie di impulsi cui rispondere pavlovianamente.
    “Io guardo quel programma/vedo quel film per non pensare”.
    Quante volte avete sentito questa frase? Ecco, qui ci troviamo di fronte all’intrattenimento.
    Mestiere nobilissimo e cibo assolutamente digeribile, a patto che non sia l’unico.
    La tv berlusconiana nel corso degli anni ha finito per offrire solo intrattenimento, abbandonando il divertimento, più faticoso da fare e meno economico.
    Una scelta editoriale che ha provocato seri danni.
    Quanto alla scelta di non vedere la tv, essa è già praticata da tantissimi giovani – parlo di quei giovani borghesi urbani che lavorano spesso in mondi contigui o collaterali a quello televisivo.
    Questi giovani usano il computer, si informano in rete (anche consultando la stampa straniera) vedono film e serie tv attraverso il computer e hanno una alfabetizzazione che sta scomparendo in questo paese. Se nessuno legge (non dico Proust ma nemmeno Il messaggero di Sant’Antonio come faceva mia nonna) si dimentica di leggere e si avrà poi bisogno di qualcuno che legga (le bollette, gli avvisi del Comune) al posto nostro…
    L’analfabetismo di ritorno è pensate ed è in parte colpa della tv.
    Mediaset comunque si è accorta dei mutamenti sociali e oggi si prepara ad offrire al pubblico colto e istruito (nonchè con soldi da spendere) contenuti premium, cibo televisivo digeribile, divertimento.
    Per tutti gli altri rimane la merda della tv generalista, l’intrattenimento. QUello è free. Mediaset pensa ai soldi, lo Stato dovrebbe pensare cosa creerà tutto questo: una classe di colti e istruiti e alfabeti informatici, che dirà agli cosa devono fare per sopravvivere.

  146. Ai
    quali risultati?
    La violenza contro le donne è causata dal senso di proprietà nei coloro confronti. Il messaggio chiaro e limpido che deve arrivare, e che non arriva, perché ci sono un sacco di TEOREMI ALTRI da far quadrare, è che indipendentemente da che lavoro faccio e da come cazzo mi vesto, indipendentemente dal fatto che io sia nuda e vestita tu, indipendentemente da quante tette e culi ti si siedono in faccia, ti strafogano dalla TV tu compagno, amico padre, figlio, sconosciuto, tu se io non lo voglio non mi tocchi. Punto. Se c’è qualcuno del popolo divano che deve scendere in piazza a questo proposito, e che dal divano non è ancora sceso, quel qualcuno sono i maschi. Le donne lo fanno ogni anno, a centinaia di miglia in tutto il mondo italia compresa.
    Infine, e qui aggiungo anche il discorso della prostituzione spontanea/lavoro cognitivo, Se c’è una grande assenza, in tutto questo affannarsi odierno, in quest’orda di speculazioni sul corpo delle donne, che ognuno tira per la giacchetta a suo pro anche se magari la giacchetta il corpo non ce l’ha e/o o sotto sfodera una giarrettiera (ma fa più danni, istiga di più alla violenza la giarrettiera della velina o o il cilicio di una binetti ? E cos`è fascista? Magari la doppia morale della moglie a casa e della prostituta in una casa chiusa? ) se c’è una figura chiave in tutto questo discorso dicevo, in tutto questo affannarsi italico sotto la cintura regolarmente altrui, sotto tutti i punti di vista, beh questa figura è quella di moana pozzi, colei che in italia ha lanciato per prima la sfida, l’icona incarnata del divenire prostituzionale, del soggetto omologativo della persona al cliente (“dai mobili rossetti, a buona domenica alla crema erettiva taurus”). Ecco che vi potrebbe davvero aiutare coi bimbiminckia a scuola e con le vostre alieve, magari future veline, nel “malaugurato” caso, ma con la V maiuscola (tra l’altro PPP era l’unico regista del quale aveva più di 3 VHS. 8!!!!!)
    ciao

  147. a gina

    sono per lo più d’accordo con te, ma a che serve? ho l’impressione che tu non parli a qualcuno in particolare, ma al genere (maschile) in toto e in forma di comizio. Dopodiché i contenuti del comizio li posso personalmente approvare, ma la forma la trovo più appropriata in piazza, appunto.

  148. ai
    veramente ho parlato con chi ha scritto questo pezzo. tutto. e in particolare questo
    Per le giovani e giovanissime donne, il fascismo estetico presenta un quadro, se possibile, più cinico e disperato. In un mondo del lavoro ancora sessista, la via della realizzazione professionale passa per la prostituzione spontanea…..Si parla sui giornali della propensione del premier erotomane per le minorenni.Si parla con orrore di violenza sulle donne, di abusi e aggressioni sessuali. Nell’ultima sequenza di Videocracy, un gruppone di giovanissime aspiranti veline è ripreso mentre ancheggia a suon di musica, nel modo che ognuna immagina il più sensuale e provocante possibile. Quanti di questi corpi sono volontariamente sacrificati ai molteplici intermediari dell’industria dell’immagine? Sotto l’occhio complice della famiglia, del gruppo di amici, della comunità di paese, che preferisce ignorare il prezzo imposto dal raggiungimento di una tanto agognata apparizione televisiva? Anche qui non sfugge la condizione tragica che impone al mondo femminile di raggiungere la propria salvezza sociale – l’autonomia professionale – attraverso la dura prova del baratto sessuale, poiché l’unica merce di scambio che una donna può offrire, in quel mercato gestito dall’uomo, è il corpo. Se poi sia peggio, quanto a prostituzione spontanea, quella dei corpi, riservata alle donne, rispetto a quella delle menti – e quali menti! –, riservata agli uomini, non sarò certo io a dirlo, che non sono avvezzo né all’una né all’altra”.
    a questo mi son reiteratamente riferita. Nonché ai tuoi commenti successivi. Ho posto delle domande. Ho risposto a delle domande. Al che fare ti ho risposto con moana pozzi
    Più in generale ho parlato a coloro che mi hanno parlato e/o a quali mi sono rivolta direttamente.
    A che serve?

  149. Qualche altro pensiero sparso originato dallo scambio di idee tra Gina e A.Inglese ma senza alcuna direzione precisa (non mi rivolgo a A.I in particolar modo, ma a tutti quelli che leggono).

    Berlusconi con questo miracolo della moltiplicazione delle tette e dei culi, in fondo, non stringe un patto nuziale proprio con il pubblico maschile? E l’altro giorno, al discorso tenuto in presenza di Zapatero, non si è forse rivolto alla comprensione maschile quando ha commentato: “Chi non troverebbe più piacevole…bla bla bla…noioso pranzo con belle donne”? Non si stava certo rivolgendo alla parte femminile del mondo. Tra l’altro in presenza di un rappresentante di un governo da lui stesso definito “troppo rosa”, dava per scontato che il governo della cosa pubblica fosse cosa da ‘masculi’. Un ammiccare, un patto tra maschi in cui l’oggetto di scambio è il corpo, sia pure solo in odore e in immagine, di belle ragazze. Un alludere ad abitudini comuni, un cercare di far finire tutto allegramente in bordello.

    Ora, giustissimo, in Francia le donne hanno vigilato e vigilano da sempre e riescono a farsi rispettare,io però credo che non siano solo solo le donne a dover essere vigili e ad indignarsi.

    Credo che simili idee (maschi=bestie primordiali, femmine=oggetti da usare), danneggino uomini e donne. Allora, se difendo dei valori, e tra i miei valori c’è (diciamo) l’antirazzismo, se sono maschio e mi considero progressista, forse, dovrei notare anche io, e magari indignarmi almeno un paio d’ore, o se non per altro, accorgermi, così, en passant di quello che sta succedendo. Forse.

    Oppure ognuno protesta esclusivamente per i danni subiti dalla propria categoria di appartenenza? Non so, me lo chiedo. Gay per i gay, extracomunitari per extracomunitari, donne per donne, etc etc etc. E’ questo il futuro?

  150. Trovo solo oggi il tempo di leggere (il post, non i commenti; se ripeto cose già dette, me ne scuso).

    1. Mi colpisce la differenza che operi tra prostituzione fisica (le donne) e intellettuale (gli uomini). Non è vero, non mi è parso che fosse così nel film. Pensa ai ragazzoni palestrati (Corona compreso, per sua stessa ammissione) che attorniano il checco-fascista Mora…

    Ripenso anche a quella scena toccante (non sono ironico) in cui quel povero ragazzo di Brescia si contorce su sé stesso per decidere se sarebbe disposto ad andare a letto con un uomo pur di fare un film (fa una pena infinita quel ragazzo, verso la fine viene voglia di adottarlo, se non altro per salvarlo da sua madre…).

    2. Se tutto ciò in tv funziona (anche con un pubblico in maggioranza femminile, come ricorda “Il corpo delle donne”), secondo me è perché questa esibizione di corpi (questa vera e/o finta pornografia di massa e per famiglie) è ancora vissuta come provocazione, quindi capacità di produrre attenzione pubblica da parte di un popolo di frustrati.

    Qui vedo un parallelo tra quanto scrivi tu e ciò che dice Buffoni:
    https://www.nazioneindiana.com/2009/09/11/outing-e-diritti-civili/
    Un paese dove uno come Zeffirelli ufficialmente NON è gay permette, per reazione profonda, che davvero qualunque stupidaggine provochi, e dunque attragga. A condizione ovviamente che non si dica; l’unico che ha il coraggio di essere esplicito è appunto l’operaio bresciano – semplice ingenuità o forse ultimo frammentino rimasto della cultura operaia (cultura anche della presa di parola) da cui bene o male proviene.

    3. Direi dunque, come dici anche tu: ritorno all’educazione, certo. Io direi educazione all’immagine E al corpo (due cose non così slegate, se ci pensi). Abbattere vecchi pregiudizi (ancora!) crociano-gentiliani su ciò che è sensibile, “pura” materia: l’immagine, il sesso, lo sport.

    Nulla che ci si possa aspettare dall’attuale governo, è inutile dirlo; ma da una sinistra futura, forse… Una sinistra che sia nostra. Di passaggio, anche rischiando il linciaggio, devo dire che ho trovato interessantissima l’intervista a Franceschini che qualcuno ha linkato qui sopra. Mi ha fatto pensare che la presenza in Italia di una sinistra cattolica “buona” (vi accenna Buffoni nello stesso pezzo che ho già citato) andrebbe davvero affrontata – scusate il gioco di parole – laicamente.

    4. Non chiudere mai gli occhi, non demonizzare mai nulla: niente è eterno, niente è troppo forte o sovra-umano. Soprattutto niente (altra faccia della demonizzazione) è “Italiano” (insisto sulla maiuscola), mai. Siamo ancora tutti troppo profondamente intrisi di fascismo storico, in questo.

    Bel pezzo, complimenti.

    Ciao,

    A.

  151. a bianca,

    ti stavo rispondendo, certo che anche come uomo mi ruguarda come vengono trattate le donne ecc., poi ho pensato alla frase che ho scritto: “Ma come è possibile che le donne italiane accettino questo?”
    E lo ripeto, è veramente la frase che mi veniva sempre alle labbra. Nello stesso tempo, io stesso m’incazzavo e stomacavo tantissimo. Non ho dovuto aspettare di vedere “Il corpo delle donne” o “Videocracy” per indignarmi. Ma lo spegnere la TV o il non averla mi ha preservato troppo da questo schifo, mi dico oggi.
    Torno però alla frase “Ma come è possibile ecc” Certo, hai perfettamente ragione, avrei dovuto scrivere “Ma com’è possibile che abbiamo accettato tutto questo?” tout court.
    Nella peggiore ipotesi, c’è un atteggiamento difensivo mio, di maschio. E’ un voler vedere, dopo la stronzaggine del maschio, la complicità e la subordinazione della donna. Ma è come un modo di dividere il peso della colpa. E’ come dire, guarda quanto sono stronzi questi maschi, ma anche voi perché gli lasciate fare tutto questo?

    a andrea r
    me lo faceva già notare gina,
    la differenza vuole ricalcare i ruoli prefissati nella maggioranza dei programmi televisivi nella tv d’intrattenimento; non vuole dire che in altri ambiti lavorativi e sociali si possano riportare le cose, ma è pure vero che il caso di mora, i tronisti ecc. illustra che l’opzione prostituzione del corpo può valere per entrambi i generi
    sul 2 e 3 d’accordo
    sul 4, per me invece è importante cogliere la specificità italiana, per un motivo politico; cogliere uno snodo che ha fatto si che noi si andasse in una direzione piuttosto che un altra; non è certo una differenza antropologica che mi interessa sottolineare

  152. a gina
    “Se c’è una grande assenza, in tutto questo affannarsi odierno, in quest’orda di speculazioni sul corpo delle donne, che ognuno tira per la giacchetta a suo pro anche se magari la giacchetta il corpo non ce l’ha e/o o sotto sfodera una giarrettiera (ma fa più danni, istiga di più alla violenza la giarrettiera della velina o o il cilicio di una binetti ? E cos`è fascista? Magari la doppia morale della moglie a casa e della prostituta in una casa chiusa? )”

    questa parte del tuo discorso, scusa, ma non mi riguarda;
    detto questo tu poni una questione importante, nella figura di Moana Pozzi; riportiamo la questione alla sua massima fondamentale: la figa è mia e me la gestisco io. Benissimo. Sono d’accordo. (Lasciamo poi perdere che nelle dinamiche private uomo-donna tutto ciò non è mai semplice e pacifico. Restiamo sulla questione mondo del lavoro.)
    Non ho nessuna obiezione particolare da fare alla vendita di un servizio sessuale in un regime di piena parità. Ma questo è appunto ciò che non avviene con la maggior parte della prostituzione di strada, che è gestita da uomini con i metodi che sappiamo. Quanto a quello che ho chiamato prostituzione spontanea, pone ovviamente la donna in una situazione del tutto asimmetrica. Se decido di darti il mio corpo, in quanto donna, è solo in cambio di una promessa (nel migliore dei casi). E l’uomo, che detiene tutto il potere, non ha nessun obbligo ovviamente di sentirsi vincolato dal baratto. Lui rapina, piglia tutto, e sovranamente può concedere – bontà sua – qualche opportunità.
    In un mondo non molto perfetto come il nostro, chi dà via la figa non solo non lo fa secondo una forma contrattuale paritaria, ma neppure secondo il proprio desiderio: lo fa perché non vede altre alternative, o pochissime. E certo, come nell’operaio bresciano, c’è una sacrosanta voglia di emancipazione in chi è pronto a sacrificare mente e corpo pur di avere un decisivo vantaggio sociale. Ma quante sofferenze, quanto spreco, quante delusioni, quante umiliazioni nuove.

  153. Andrea, c’è una risposta semplicissima, a mio parere, all tua domanda “Ma come è possibile che le donne italiane accettino questo?”: purtroppo anche gli uomini che non sono violenti, sono comunque dei pavidi, non ci mettono becco, stanno in disparte, non si impicciano.
    E le donne sanno di non avere tutela. Esattamente come i bambini.
    E’ per questo che accettano; non hanno alternative e nessuno che è in grado di difenderle davvero.

    Sarebbe interessante comprendere perché siamo così bravi a parole, ma così vigliacchi nei fatti!

    Blackjack.

  154. a giocatore

    sì, in parte è così; anche se io credo che in ambiti più ristretti possa esserci una forte solidarietà tra uomini e donne, ma sulla questione TV è mancato un salto, una presa di parola più esplicita e collettiva; queste erano le “azioni” alla nostra portata… e paradossalmente, come ho scritto, chi ha spento la tele, pur rifiutando quell’immagine della donna, ha finito anche per ignorarla

  155. Andrea, gli “ambiti ristretti” potrebbero anche essere una parte del problema: se vivi in un “ambito ristretto” sei più protetta. Non mi pare un bel messaggio…

    Blackjack.

  156. …che io chiamerei ‘fascismo estetico’?
    Mi spiace, il signore è arrivato tardi. Di fascismo estetico parla Susan Sontag in Sotto il segno di Saturno, se non sbaglio nel 1980.

  157. Ai
    Ti riguarda eccome! scusa ma anche tu le hai tirate per la giacchetta eccetera le donne per far quadrare il TUO teorema, anche se in apparenza (basta apparire!) sei partito da te. La pratica del partire da se è un altra cosa

    Poi. Ridurre il cervello di moana, e la portata del suo discorso, alla sua figa, è l’ennesima ciliegina sulla torta.
    Ma l’apoteosi è il discorso sulla tratta. Qui la TRATTA NON non c’entra nulla. Qui, può non piacere, ma queste donne non le COSTRINGE NESSUNO. E se vuoi far un discorso sulla tratta a questo proposito, se vuoi far un discorso sulla parità contrattuale, sui contraenti forti e contraenti deboli, beh, allora, come ti dicevo, la parte contraente debole è fatta di trascurabili miliardi di chilotoni di lavoratori, dentro e fuori la tv, e indipendentemente da ciò che il suddetto trascurabile miliardo di forza lavoro si ritrova in mezzo alle gambe: analizza, accomodati, slegagli i polsi e che mettano mano ai forconi: non è mai troppo tardi e saresti in ottima compagnia (direi abbastanza preesistente, abbastanza competente, e soprattutto novità della novità, di vario censo sessuale( fighe pensanti, INCREDIBILE!)

    Infine, sulle donne che com’è possibile che accettino questo.
    Ritenere che ciò che va oltre il proprio orizzonte personale, NON ESISTA, serve, ancora una volta, a far quadrare personalissimi teoremi. Ma siete in buona compagnia (vedo anche blak)
    Riprendo da lea melandri che ho linkato
    “E’ così che, per effetto di un capovolgimento noto, lo stesso per cui si creano i disadattati per colpevolizzarli del loro disadattamento, la messa sotto silenzio è diventata il silenzio delle donne, interrotto solo da sporadiche manifestazioni di piazza destinata a scomparire con la stessa rapidità dei fantasmi che sembravano evocare”.
    ciao

  158. aggiunta prima che mi si chiedano degli esempio di finis terrae.
    Per quanto riguarda l’informazione. NI ha un link tra le sue letture, ed è lipperatura. Non è un sito femminista duro e puro. Può piacere o no ma, ancora una volta, non è questo il punto. Indipendentemente da come posso pensarla IO, vi consiglio di farvi un giro, anche in archivio. Guardate da quando e come si parla e non solo del doc di zanardo, di immagine della donna e di molto moltissimo altro.

  159. uh, il sistema mi ha messo in moderazione e trasformata in maschio:)
    aggiunta prima che mi si chiedano degli esempio di finis terrae.
    Per quanto riguarda l’informazione. NI ha un link tra le sue letture, ed è lipperatura. Non è un sito femminista duro e puro. Può piacere o no ma, ancora una volta, non è questo il punto. Indipendentemente da come posso pensarla IO, vi consiglio di farvi un giro, anche in archivio. Guardate da quando e come si parla e non solo del doc di zanardo, di immagine della donna e di molto moltissimo altro.

  160. a gina,
    la discussione diventa sterile, quando a risposta, uno slitta subito a nuova domanda e nuova accusa; poi nel tuo caso c’è anche l’allerta della censura, della cooptazione, ecc. quindi, come mio abitudine non m’incaponisco; il posto qui è aperto, ognuno se lo attreversi come crede.

    Mi fermo solo sulla tua prima frase che trovo scorretta e faziosa.
    “anche tu le hai tirate per la giacchetta eccetera le donne per far quadrare il TUO teorema,”
    Il mio teorema, come tu lo chiami, è innanzitutto un’autocritica. E poi prende atto di una cosa, che riguarda appunto un discorso sulla non parità contrattuale all’interno dell’industria televisiva berlusconiana. Ho parlato anche di donne. Bene. Puoi dirmi che ci sono arrivato tardi. Puoi dirmi che già se ne parlava nelle grotte di Cro-Magnon. Puoi dirmi, come ha fatto Bianca in una frase sola, mettendo il dito nella piaga: “Ma perché dovrebbe essere una questione di donne?” Ma il fatto che io parli di queste cose voglia dire “tirare per la giacchetta le donne”, in un contesto come questo lo trovo assurdo. Un bel muretto da costruire a chi ti è vicino. Perchè non si dia mai che ci sia un rimescolamento di carte.

    Sul resto, vedo bene che avendo tu già in testa ciò che io maschio penso su certi argomenti, anche se ti ho ripetuto tre volte che “Qui, può non piacere, ma queste donne non le COSTRINGE NESSUNO”, tu non sei riuscita a registrarlo. E me lo ripeti. Non rendendoti conto che stiamo dicendo la stessa cosa. Che poi questo discorso specifico che io ho fatto faccia parte di un discorso più vasto, già avanzato e articolato, discorso che le donne portano avanti da tempo, ne prendo atto. Sono ben d’accordo del mio ritardo. Non sono d’accordo che questa sia una ragione per squalificare il mio discorso.

  161. Infine, e per chiudere, ti ricordo ad esempio questo, sull’argomento di tirare la giacchetta alle donne:
    https://www.nazioneindiana.com/2009/08/20/il-fantasma-della-nudita/

    ma è evidente che nella tua logica un maschio qualsiasi, a meno che non abbia titoli speciali, non potrà mai aprire bocca per parlare delle donne, a meno che non abbia studiato prima la trattatistica femminista – quella però che tu reputi “giusta” -. Quindi ciò equivale a zittire, appena si coinvolgono su questo terreno, una buona maggioranza di maschi. Immagino che ci sia una bella soddisfazione per delle donne zittite, zittire gli uomini. Ma non credo che questo contribuisca di un pelo la solidarietà tra generi. E immagino, inoltre, che nel tuo femminismo questa solidarietà non interessi più di tanto. Ci salveremo da sole o morte. Da oltre il muretto, ti faccio ciao.

  162. Gina (bello il sistema che ti trasforma in maschio…), non ho compreso cosa vuoi dire con “Ritenere che ciò che va oltre il proprio orizzonte personale, NON ESISTA, serve, ancora una volta, a far quadrare personalissimi teoremi. Ma siete in buona compagnia (vedo anche blak)”.
    A cosa è riferito “l’orizzonte personale”? La constatazione che facevo, semplicissima, è che le donne e i bambini (navigano sulla stessa barca) non hanno tutela; tanti buoni a parole, ma nei fatti tutti ziti. Non mi pare un orizzonte personale, però è il mio punto di vista.

    Blackjack.

    PS: su Moana Pozzi, trasformata in mito, non ho nulla da dire e i miti non mi sono mai piaciuti.

  163. black
    ihmo. nessuna necessità di tutela eteropartriarcale, e lungi da me il considerare, o il suggerire di considerare moana pozzi un mito. Piuttosto, una figurazione.
    Ma sono in moderazione.
    (dicevo prima, ma sono invisibile, che ad esempio questa pubblicità UNIVERSITARIA è stata ritirata, grazie al provvido intervento della mitica donna invisibile naturalmente (la prima da destra, quella che non vedi:)

  164. GINA

    Una domanda, una mia curiosità, il lavoro invisibile e teorico è formidabile, è la base da cui partire, ma secondo te c’è una possibilità anche remota che si ritorni ad una presenza femminista più movimentista, ‘visibile’, compatta, unitaria anche nella società? Lo chiedo a te perché sembri essere al di dentro e avere una visione più chiara delle direzioni e del lavoro attuale del movimento femminista.

  165. a bleistein
    “che io chiamerei ‘fascismo estetico’?
    Mi spiace, il signore è arrivato tardi. Di fascismo estetico parla Susan Sontag in Sotto il segno di Saturno, se non sbaglio nel 1980.”

    Un altro… ma chi ha detto che sono arrivato presto caro?
    Se invece vuoi dare un contributo opportuno alla discussione, perché non ci dici come lo usa la Sontag quel concetto? Quel libro non lo conosco.

    a gina,
    “moderazione”? non so di che parli; non c’è traccia di tuoi commenti moderati né io li ho moderati.

    a giocatore
    “se vivi in un “ambito ristretto” sei più protetta. Non mi pare un bel messaggio…”
    no, no. non mi sono spiegato. dicevo una cosa molto semplice: la solidarietà uomo – donna è più semplice nel raggio quotidiano d’azione che è il nostro. siamo d’accordo su una questione elementare? è più facile essere solidali con una persona che ti è prossima, che conosci, ecc. piuttosto che di tante persone che abitano magari in un’altra parte del mondo? e poi io ho parlato di solidarietà, non di tutela o protezione.

  166. Da molto tempo non leggevo qualcosa di così cogente e penetrante sul tema della videocrazia. La tragicità della situazione, così ben nontomizzata da Andrea, è che ci sia voluto un documentario, ossia un ”ennesimo” prodotto mediatico, che magari tra qualche anno (con questi chiari di luna è un auspicio più che una previsione) passerà ”anche” in televisione. Non ho competenze così specifiche e uno spirito critico così “specializzato” da poter aggiungere o confutare qualche proposizione dell’articolo. Registro solo le mie immediatissime annotazioni. Buttare in qualche pattumiera la televisione, allo stato delle cose, non penso che basti più. In un paese dove la videocrazia detta regole estetiche su tutto, e il diluvio di immagini di commercializzazione del corpo sono così marcate da non riuscire più a vedere un individuo, donna o uomo che sia, non vestirsi, parlare, camminare, ancheggiare, secondo canoni estetici dettati dai buoni “consigli per gli acquisti” di costanziana memoria, il problema non è quello di rappresentare un’anomalia o una minoranza pericolosa. Questo continuo scorrere di merce umanizzata “estetizza” attraverso i sensi anche noi. Il cervello funziona innanzitutto per rappresentazioni: da quella a due dimensioni della televisione, piuttosto che dalle pagine pubblicitarie di riviste e giornali, a quella che mi sta bussando ora mentre sto scrivendo il commento (un rettangolino con offerte di viaggi a basso costo) per poi riportarlo sul blog. Lo stesso blog è un fascio luminoso che attraversa la retina e forma concrezioni formali nella nostra mente. La videocrazia non è solo un feneomeno politico. E’ una sorta di archetipo o schema originario sul quale tutto ciò che viene costruito si adatta, se vuole funzionare, ovvero vendersi. Qualsiasi forma di dissenso segue, involontariamente, le logiche di questa estrema estetizzazione del potere se si caratterizza come fenomeno, o anche microfenomeno, sociale. Basta che due individui si uniscano: dall’estetismo insozzato dei palestrati si può passare all’estetica, o a una tenera controestetica di bandane, piercing, capelli lunghi, fasce arcobaleno. Le si vede in televisione. Le abbiamo viste in “Easy Rider”. Le rivedremo ancora, sotto altre forme. Ma che il vero potere sia quello di chi più si avvicina all’immagine ideale della tribù di appartenenza, che si tratti di tribù televisive, discotecare, vippesche, fino al più innocuo falò sulla spiaggia a Ferragosto – penso che la cosa sia palese. Forse oggi una generazione di intellettuali o di semplici osservatori viene finalmente scossa da Videocrazy, ma l’idea che all’immagine si colleghi un qualche maggiore o minore potere sugli altri e che questo messaggio sia diventato un codice comunicativo e che l’immagine si sia trasformata in un linguaggio convenzionale e non evertibile – una reazione a catena che avviene di conitnuo nella nostra mente – a tutto questo è difficile opporre una qualche resistenza, se non quella che si dà rompendo l’impulso alla socialità: isolandosi o, in casi più gravi, ammalandosi. Se tutto ciò rappresenta un potere assoluto (un fascismo, appunto) o peggio, come credeva Pasolini, un potere “totale”, i lager contemporanei, i luoghi di confino che Berlusconi qualche anno fa definì “luoghi di vacanza”, non possono che essere i centri di salute mentale. La videocrazia gioca le sue carte su sottilissimi meccanismi psicologici. Non tutti reggono all’entità dell’estetica, alla sua velocità e al suo potere includente-escludente. Molti rifiutano il cibo, altri lo ingurgitano anche di notte, altri ancora si ammalano di depressione, disturbi del comportamento o di personalità, nevrosi e patologie sessuali. Per non dire di chi surroga la propria ”deficienza” d’immagine con droghe o alcol. Sono i più pericolosi a finire nei lager contemporanei? Nei CIM, nelle USM, nelle cliniche psiatriche convenzionate? Non lo so. Di certo sono i più deboli, quelli che si corrodono sotto la pressione e la enorme competitività dell’apparato mediatico e sotto le ineffabili immagini di bellezze sagomate. Il potere economico e quello politico, intrecciati nella stessa visione di annientamento della libertà della mente, decretano persino una sorta di selezione naturale, una razza ariana di potenziali comparse televisive contro una degenerata sottospecie di umanità che sbava nei manicomi della post-Basaglia. In mezzo ci sono quelli che si accontentano di vivere, conformandosi a ciò che offrono le vetrine nei saldi di fine stagione. La vera malignità di tutto ciò sta nel fatto che nessuno si accorga che i nostri aguzzini, come i boia di un tempo, hanno a disposizione una sorta di plotone di psicologi e psichiatri che sanno come e dove mettere le mani per esercitare un potere sul quale si basa l’intera esistenza individuale e collettiva. La videocrazia è un fenomeno clinico, prima che politico. Dopo l’estetizzazione del fascismo si darà inevitabilmente un fascismo patogeno, una videocrazia psichiatrica. Davanti alla quale le squallide e sbiadite figurette di politicanti del PD o di estrema sinistra, elitari o meno, avranno buon gioco nel dire che non potranno, sapranno, dovranno fare niente. E finalmente avranno ragione. Non ci sarà più nulla da fare. Stelvio Di Spigno

  167. Bianca madeccia
    sembra:) in realtà ora vivo all’estero, e nel tempo che avanza (o che rubo) mi occupo aggratis di strappare finanziamenti pubblici, privati e preteschi a favore di una onlus che apre rifugi per migranti e senzatetto, persino maschi mi va di aiutare, quelli sbattuti fuori di casa dalla moglie, figurati quanto li posso odiare, i penedotati:)))).
    Su quel che chiedi, tutto quel che segue è opinoine personale, il problema è complesso (ma va:). Il quadro economico, lavorativo, che ho sommariamente indicato sopra senza pretese esaustive è di per se, strutturalmente atomizzante, finalizzato all’atomizzazione. Al cavafiato. Al non riesco ad arrivare a fine mese per tempo e per soldi e per energie. Per uomini, donne, tutti. Per le donne ancora peggio perché purtroppo si ritrovano ancor oggi per intero a sopportare il peso della casa, della famiglia, dei figli di nonni cani gatti e canarini.
    La partecipazione pubblica, a meno di non considerare il personale politico, ne risulta fortemente penalizzata. Ed è una penalizzazione strategica alla quale si aggiunge lo zittimento delle pratiche femministe da parte dei media. E di questo post:)
    Sul lato del personale politico ti ho già risposto. Le questioni chiave, pratiche, sono la violenza l’antifascismo l’antirazzismo e il lavoro. Parecchie di noi lavorano nei centri antiviolenza, altre nelle università, o nei media a vario titolo, altre insegnano italiano agli immigrati e pretendono nel contempo di gestirsi la figa, altre dirigono imprese, altre sono lavoratrici autonome di ogni risma e qualsivoglia moralità. Tra le compagne “di recente” acquisite, ci sono lesbiche e trans m to f. Il discorso con le donne variamente colorate e migranti, invece si è aperto tempo fa, e molto proficuamente. Ciò amplia arricchendolo, e notevolmente, il dibattito, e visto che si cerca di ascoltare, il tutto complica le cose già complicate. Una rete è orizzontale e non verticistica. Significa che tutte han diritto di parola allo stesso modo. Il che è fantastico. Ma te lo raccomando:)))). C’è molto da riflettere, del resto, sul senso della compattezza e dell’unitarietà. Si converge comunque, decisamente, sulla violenza contro le donne. Compresa quella di stato (penso, ad esempio, alla mobilitazione nazionale che ha fatto seguito all’irruzione della polizia nella sala operatoria dell’ospedale di napoli, negli attimi immediatamente successivi ad un aborto chirurgico). Ma il pregio della rete è che ognuna è molto attiva sul proprio territorio.
    Sulla fattispecie dell’immagine della donna e per quelle che se ne occupano più direttamente in conformità a quello che mi par di capire sono le vostre preoccupazioni.
    Oltre a far ritirare le campagna pubblicitaria dell’università di bologna, si è fatto esplodere un bel casino boicottaggi compresi per quelle di relish, di conto arancio (la mitica vigilessa) e della tt lines, (siamo pur sempre i consumatori per eccellenza:) per dir di quelle più recenti e che mi ricordo. Poi ci sono i concerti rap omofobi (i centri sociali non sono immuni da violenza sessista e omofobia!) insomma, la teoria si riarticola territorialmente, localmente, per poi convergere a livello nazionale quando si può. Mi pare che lipperini, coinvolta direttamente nel dibattito lanciato da nadia urbinati, prima dalle pagine di repubblica e poi da quelle dell’unità sul silenzio delle donne, si sia comportata piuttosto bene, e abbia qualcosa in ballo, tipo gli “stati generali della comunicazione”.
    Scusa la forma, ma sto pulendo la stalla:)

  168. GINA
    Mi pare che lipperini, coinvolta direttamente nel dibattito lanciato da nadia urbinati, prima dalle pagine di repubblica e poi da quelle dell’unità sul silenzio delle donne, si sia comportata piuttosto bene, e abbia qualcosa in ballo, tipo gli “stati generali della comunicazione”.

    Bene, grazie, io sono molto interessata all’area movimentista. Credo ci sia bisogno di ritornare alle grandi mobilitazioni. Alle pressioni sulle istituzioni sulle questioni determinanti. Seguirò il blog della lipperini che avevo smesso di seguire da tempo sperando di cogliere segnali in questo senso. Buona serata. B.

  169. Mi sembra una discussione davvero molto bella e non so se riesco a fare il punto su un dei nodi che sono emersi.
    Da diverse persone è stata richiamata l’esigenza di riconoscere qualcosa in comune con chi si spara tot ore di palestra (ecc.) e non semplicemente storcere il naso con orrore davanti ai palestrati decerebrati o alle squinziette troiette col piercing all’ombelico o al limite vedere subito come provare a “rieducarli”. Insomma, basta con il classismo (oh yeah), l’autocompiaciuto filisteismo borghese della sinistra che si è sempre pensata migliore e diversa dalla plebe berlusconiana e berlusconizzata. Questa cosa – che mi pare condivisa anche da Andrea e dal suo pezzo- mi sembra molto importante e mi pare assai bello che finalmente lo si senta dire in vari modi da più di uno.
    Qui c’è da mettere in chiaro una cosa molto semplice: è la cosa – (il modello culturale) che fa schifo, non le persone. Nessuna aspirante velina pronta a darla via col eventuale tifo di tutta la famiglia è riducibile solo a questo.
    Poi tutti/e liberi/e di andare in giro con l’hijab, le birkenstock, il tatuaggio a vista sopra il culo o come vuole.
    Ora chiudo qui che mi sa che quel che ho scritto non ha poi molto senso…
    Aggiungo solo: su come oggi avviene l’educazione delle femmine al tipo di modello di cui sopra, vale la pena vedere il libro di Loredana Lipperini: “Ancora dalla parte delle bambine”. (Feltrinelli)

  170. Gina: capito bene, ora, cosa intendevi. Sono più che d’accordo, ma non mi riferivo al rimettere in carreggiata la società patriarcale, semplicemente constatavo che gli uomini, spesso, sia di fronte a manifesti come quello dell’università, sia di fronte ad episodi di violenza, se ne fregano.
    Personalmente ritengo, magari sbagliando, che la questione del “silenzio delle donne” non sia risolvibile solo dalle donne; è necessario un cambiamento che deve coinvolgere tutti. Fin da piccoli.

    Blackjack.

  171. Non so Helena, rispetto la tua opinione, si certo, una discussione molto bella. Il sistema fa sicuramente schifo e nessuno è riconducibile solo a quel che si vede all’esterno, neanche Berlusconi, che sicuramente in fondo non è solo quel che appare e Tremonti pure avrà tante belle doti familiari, Però tra gente che si sbatte per arrivare a fine mese, tra ragazzi e ragazze costretti a emigrare all’estero per lavorare e tante altre belle storie del genere, permetti, pur capendo benissimo che è il sistema che è camorra, non riesco proprio a nutrire una grande simpatia per i “collusi”.

  172. @ Andrea Inglese

    Scusa se sono «eccone un altro», ma non mi era sembrato che nei post precedenti altri avesse sollevato il precedente di Sotto il segno di Saturno. Avevo solo trovato divertente il tono imperativo di «quel che io chiamerei».

    Venendo al punto, Susan Sontag vedrebbe un collegamento tra il Van Damme della Brianza, Corona nudo sotto la doccia, i puttini sviluppati di Lele Mora e i ritratti degli africani Nuba, nudi e possenti, realizzati dall’ultima Leni Riefenstahl ne L’ultimo dei Nuba.
    Il fascinating fascism della Sontag collega i valori di un regime, il corpo e l’immagine dei corpi. Ne ha sia per Leni Riefenstahl che per Dziga Vertov. Tiene presente Guy Debord, ma senza mai citarlo. Conclude, al pari del franco, che una simile estetica corrisponde a un’idea politica reazionaria, ma il discorso è decisamente pre-televisivo (il saggio è del ’76).
    Nello stesso spirito, in casa nostra, Sergio Luzzatto ha indagato la fisiologia dei corpi in politica ne Il corpo del duce.
    Grande errore invece della Sontag sostenere che un’estetica basata sul corpo come veicolo di messaggio politico autoritario sia esperienza sepolta insieme al fascismo: per questo è stato possibile il revival dell’Art Nouveau, della pittura preraffaelita e dell’Art Deco, ma non dell’arte di Leni Riefenstahl. La povera Sontag non sospettava sarebbe venuto il tempo di Studio Aperto e della bandana copri-trapianto.

  173. bleistein,
    “Mi spiace, il signore è arrivato tardi. Di fascismo estetico parla Susan Sontag in Sotto il segno di Saturno, se non sbaglio nel 1980.”
    Ti faccio solo notare che la tua battuta la trovo fuori luogo e fuori bersaglio.
    Fuori luogo, perché da nessuna parte mi vanto di aver detto qualcosa che nessuno ha mai detto. Inoltre, fuori bersaglio perché “fascinating fascism” non è “fascismo estetico”. Il primo concetto, da quello che mi dici, indaga la questione sul terreno tradizionale dei totalitarismi. Io cerco di indagare quello della tv (apparentemente) democratica.

    Mi sorprende poi questa tua frase “Avevo solo trovato divertente il tono imperativo di «quel che io chiamerei».”
    Com’è che concili il tono imperativo con la forma verbale al condizionale?
    Vuoi propormi una formula meno divertente e più seria?

    Io me ne infischio di essere il primo o l’ultimo, quando rifletto a una cosa. Se la mia cultura mi permette di utilizzare un concetto già formulato da altri lo faccio, altrimenti cerco di fabbricarmelo da me, come ho fatto qui. Se poi uno viene e mi dice: guarda questa stessa cosa l’ha detta Susan Sontag o Pinco Pallo, io sono pure contento.

    Quanto alla sfoggio d’erudizione: 1) non è mai stato il mio forte; 2) una tesi, un diploma post-lauera, un dottorato, quattro anni d’insegmento universitario come precario mi hanno guarito alla GRANDE da questa vanità. Ne ho tante altre, ma non questa.

    In ogni caso, grazie per la tua indicazione che, all’opposto della battuta, mi sembra pertinente.

  174. Io non provo una generica simpatia, Bianca, né invitavo a provarla. E delle qualità private di chi detiene il potere (politico, economico) qui non mi interesso. Ma per chi vogliamo cercare di cambiare le cose, se quelli/e che oggi si uniformano a certi modelli ci sembrano totalmente altri/e?

  175. Poi hai ragione pure tu a sottolineare che pure in “regime di fascismo estetico” c’è gente di tutti tipi che compie altre, più faticose scelte. E a valorizzare questo aspetto.

  176. Andrea, sicuramente d’accordo e scusami per il ritardo, ma oggi sono più rinco del solito e non avevo visto la tua risposta. Nessun intento snobistico, semplicemente avevo interpretato in modo diverso; capita.

    Blackjack.

  177. HELENA

    Mi interessa (interesserebbe) cambiare un sistema, perché come facevi ben notare, è il sistema che è marcio.

    Credo ci sia una linea sottile, sottilissima tra le donne e gli uomini stile videocracy, persone venute su con il mito del successo a tutti i costi (l’importante è apparire) e i 7 milioni di donne malmenate e violentate, delle quasi cento donne uccise quotidianamente, dei morti sul lavoro sempre in aumento, dei disoccupati, degli omosessuali massacrati in questi giorni, di una generazione a cui è stato distrutto ogni futuro, degli extracomunitari lasciati a morire in mare.

    La cultura-sistema che produce e rafforza i primi, e la stessa che distrugge tutti gli altri. Con tutta la buona volontà, limite mio sicuramente, non riesco a mettere Noemi e le sue replicanti, Corona e i suoi piccoli emuli tra le ‘vittime’ di un sistema di cui condividono ampiamente i valori.

    Dopodiché è chiaro che non chiamerò un esorcista per cercare di liberarli dal Male, non ne ho neanche il potere. Ma non mi piacciono. Contribuiscono a rafforzare un sistema che umilia loro (come in tutte le iniziazioni rituali che si rispettino), me, e che farà molte altre vittime, ad ogni livello e strato sociale.

    E poi ti saluto, e ti lascio questo video altro prodotto (meno levigato certo) di un sistema che oramai è inarrestabile.

    http://www.youtube.com/watch?v=Qr6BbVFgAFY

  178. @Andrea Inglese

    Che i suoi diplomi l’abbiano guarita dalla vanità dello sfoggio d’erudizione mi rallegra. Spero che l’esercizio della tolleranza verso la gente come me la porti un giorno a prendersi un po’ meno sul serio.

  179. bene bleistein, vedo che almeno lo sfoggio dei miei titoli (magari farlocchi) l’ha spinta a darmi improvvisamente del lei. Spero stia davvero cominciando a prendermi sul serio.

  180. Caro Ph.D. Inglese,

    vedo proprio che lei non sa riconoscere la più garbata ironia. Quella terza persona suscitata dai suoi diplomi, nel caso di specie.

  181. Ok, molti lettori di questo blog sono d’accordo con A.I., io tra questi.
    Quindi? Che si fa? Tante persone come me, come noi, non sopportano più questo stato delle cose, questo fascismo estetico, ma di fatto quotidianamente facciamo ben poco per fermarlo. Per certi versi, non ostacolandolo, ne siamo tutti complici. Io per primo, non ho nemmeno la TV, ma oltre a questo non mi sembra di fare grande opposizione all’attuale regime.
    Dico sul serio.
    Che si fa?

  182. Nei regimi totalitari, i libri vengono bruciati in piazza. Secondo me la questione principale è tutta qui. La banda di masnadieri al potere mantiene il popolo bue nell’ignoranza per far sì che disimpari a riflettere e ad esercitare il proprio spirito critico,’ come quando il panino si riempie di salse per mistificare la schifezza che c’è dentro. Nelle more, si fa un bel pacchettino di c..zi suoi per sistemare le prossime sei generazioni.

  183. a salsa

    parziali risposte:
    1) si tirano le somme di trenta anni di opposizione politica e di governi di centro sinistra e gli si presanta il conto; non so come, ma dobbiamo trovare un modo per farlo
    2) non si abbandona l’estetico alla destra, invocando solo austerità e sacrifici, si chiedano subito controparti in termini di qualità della vita
    3) bisogna trovare forme non solo d’impegno civile e quotidiano, ma anche di protesta “visibile”, bisogna guastargli la festa mediatica

    o ancor più semplicemente: se tutti quelli che oggi stanno male, dal punto di vista lavorativo, e non sono allettati dalle illusioni del fascismo estetico,
    scendessero in piazza, invece di tentare di stare a galla individualmente, non ci sarebbe bisogno di cercare grandi risposte…

  184. Andrea Inglese,

    tirare le somme di mancata opposizione e di governi di bancari la vedo complicata, probabilmente da fare, ma complicata. Se si smettesse di votarli in massa magari sarebbe pure peggio (!).

    Però sono entusiasmanti le proposte di riprenderci l’estetico e guastargli la festa! Discutiamone su come farlo!
    Parliamone qua e altrove e diffondiamo queste discussioni!

  185. dimenticavo..

    Mamma mia che sogno se tutti, ma proprio tutti, quelli che stanno male e che non digeriscono questa situazione scendessero in piazza…

  186. Non l’ho visto…lo faro’…m’intossichero’, poi guardero’ i miei figli vergognandomi per quello che abbiamo permesso.
    Gia’, gli intellettuali di sinistra, i progressisti radical chic, questi rivoluzionari da salotto…mentre discutevano Sagunto e’ stata espugnata.
    Si fossero applicati a fare altro…non so…c’e’ quello che ha la passione per la barca (oltre che all’inciucio)…poteva essere un ottimo skipper…
    l’altro il “buonista”, poteva darsi al cinema. Piu’ a sinistra c’e’ stato il “parolaio” quello che ha fatto per anni la soubrette nelle reti televisive…e poi ci siamo noi ” il popolo di sinistra”…quello che non ha capito niente, quello che non ha capito che “viviamo in un mondo dove sono le parole e non l’azione ad avere il potere…”
    Saluti

  187. Non conoscevo questo blog prima, ma oggi, leggendo il tuo articolo, ti ho davvero amato. Grazie per aver dato qualche nutrimento alle mie flebili speranze.

  188. complimenti per il blog!
    e per il resto che si fa? Nello squallore odierno della video-politica forse l’unica soluzione é quella indicata da Goffredo Fofi: “…creare piccole minoranze di rompicoglioni con un progetto in testa…” in attesa di tempi migliori.

    Saluti

  189. Inglese scrive:

    “3) bisogna trovare forme non solo d’impegno civile e quotidiano, ma anche di protesta “visibile”, bisogna guastargli la festa mediatica

    o ancor più semplicemente: se tutti quelli che oggi stanno male, dal punto di vista lavorativo, e non sono allettati dalle illusioni del fascismo estetico,
    scendessero in piazza, invece di tentare di stare a galla individualmente, non ci sarebbe bisogno di cercare grandi risposte…”

    Finalmente. E’ questo il punto: scendere in piazza per il lavoro.

    Lavoratori precari non rappresentati da nessuno, disoccupati, lavoratori con pseudolavoro, lavoratori a nero, co.co.pro, lavoratori costretti alla partita iva, lavoratori a ore e poi via un calcio e a casa, donne costrette a rifiutare lavoro per non prostituirsi “perché o ci stai o nulla”, donne costrette a lasciare il lavoro perché molestate dal datore di lavoro, lavoratori, pseudolavoratori, disoccupati, uniamoci!

    Scendiamo in piazza!

    Inglese, come si organizza una protesta “visibile”? Dove li trovo i miei compagni di “qualche mese di lavoro insieme” dispersi in decine di lavori diversi? E ricordo bene la loro incapacità a reagire tutti insieme per far valere i nostri diritti… Perché non concepire, intanto, un testo, non so, da poter far girare su internet, dappertutto, per una futura discesa (in massa) in piazza?
    E non solo su internet: secondo me certi messaggi dovrebbero iniziare a circolare sugli immondi giornali di “annunci di lavoro”, dove sono pubblicati ormai regolarmente, da anni, pseudoannunci di lavoro, che sono vere e proprie truffe e richieste più o meno esplicite di “prostituzione”.

  190. a Fiorentina

    “E non solo su internet: secondo me certi messaggi dovrebbero iniziare a circolare sugli immondi giornali di “annunci di lavoro”, dove sono pubblicati ormai regolarmente, da anni, pseudoannunci di lavoro, che sono vere e proprie truffe e richieste più o meno esplicite di “prostituzione”.”

    Questo è un’ulteriore capitolo che andrebbe aperto: finti lavori, lavori presa per il culo, lavori dove paghi per lavorare…

    Quanto ai modi per rendersi visibili.
    Ci sto rimuginando su da un po’. Per organizzare una manifestazione che sia capace di federare varie realtà oggi ci vogliono forze sovrumane. Ma penso più, perché alla mia portata, a dei piccoli gruppi di rompicoglioni. Solo che rendersi visibili in pochi è ancora più difficile.

    Ma si raccolgono proposte. Almeno mettiamo in moto l’immaginazione!

  191. E pensavo no… E fo un esempio, pe’ intendessi… E gli è inutile che e mi scrivano su’ i’ giornale degli annunci in cima a “Offerte di lavoro” la leggina che a’ sensi dell’artiholo bla bla bla e un si pole fare differenze tra maschio e femmina, o razzismo ecc. perché tutti sono uguali e gli hanno diritto a’ i’ lavoro (ma il lavoro, diho io, no lo pseudolavoro, e hosì pe’ anni e anni…), se poi, per dire, a TUTTI i lavori e si vole la “bella presenza”. E icché fanno i “brutti”, i “hosì hosì”? A MOLTI lavori – anche quelli in cui e un ci vole l’automobile – e si richiede d’esse “automuniti” (ma a te icché che te ne frega se vengo a lavorare co’ i busse o co’ i treno? e poi, pe’ le cinque euro l’ora che tu mi dai senza hontributi, sehondo te io e mi posso permette’ l’automobile, oh ciccio? e gli vorrei dire).
    Ma che è possibile andare avanti hosì?
    Che vi pare possibile cambiare le hose, quando ormai, da anni, non assume (quasi) più nessuno?
    Per i giovani di oggi, quando non avranno più i genitori che li mantengono, sarà finita: questa è la realtà.
    E ci credo che molti provano a fare anche i’ provino a’ i’ Grande Fratello, per forza: lavorare come lavorano altri come me, gli è perfettamente inutile.

  192. Inglese, grazie. Un t’aveo letto. E cercherò anch’io di pensare a quarche cosa, se un mi sparo un corpo alla testa prima, eh, un garantisco nulla. :-)

  193. A proposito di annunci di lavoror.

    Io trovo osceni anche quelli normali. Perché un datore di lavoro deve specificare che il lavoro di segretariato deve essere svolto da una donna max 25 e di bella presenza? Se fossi un uomo mi arrabbierei molto. E anche se fossi una donna.

    Come dire, cerco perito agrario max 21 enne di bella presenza.

    O ragioniere bianco europeo max 28 anni di bella presenza automunito e con partita iva.

    Sono forme di razzismo intollerabile, eppure i giornali e gli annunci di lavoro sono pieni di queste “richieste” su aspetto fisico, età, razza… Importa a qualcuno?

  194. BIANCA, una volta, anni fa, se non ricordo male, molti annunci, ossia, meglio, molti datori di lavoro, utilizzavano il cosiddetto “Contratto di formazione” che aveva un limite di età e serviva loro (serviva loro, appunto, quando invece doveva servire a introdurre, poniamo, un giovane, nel mondo del lavoro; scaduto il termine invece, dopo che il giovane aveva iniziato a imparare qualcosa – si era “formato”… Arrivederci e grazie, avanti un altro con “Contratto di formazione”, questa era la logica…) per sgravi fiscali. Era, quindi, consentito. Quello è stato solo l’inizio…
    Perché gli è tutto tutto legale…(si fa per dire). Questi vanno dal commercialista, dagli avvocati, e li studiano bene i contrattini loro e tu li firmi, e zitta eh, sennò non lavori. Ci sono persino i contratti per lavori che di fatto sono a cottimo. O quelli in cui “collaboreresti alle vendite”, avendo diritto a una percentuale, quando invece sei una commessa pagata (cinque euro) all’ora, con orario obbligato e nessun diritto.

    Sugli annunci. Per sintetizzare di quanto siano una miscela di inutilità&truffe mi presto a modello di… milioni di persone: in Italia, in venti anni (20) di spedizione di curricula in risposta ad annunci di lavoro non ho MAI, dico MAI, avuto un lavoro. I pochi che mi hanno convocato a un colloquio erano, appunto, dei truffatori, dei venditori travestiti, dei pazzi ecc.
    Quando vivevo sola e lontana dalla mia famiglia dovevo raddoppiare i “controlli”: niente risposte ai cellulari, verifica del numero fisso, controllo della reale esistenza dell’azienda, indirizzo e telefono corrispondenti all’azienda ecc…
    Insomma, screma che ti screma e un ti rimaneva quasi nessuno da chiamare. :-)

  195. PS: BIANCA, sieeeeee, se dovevo arrabbiammi… Ero arrabbiata da vent’anni a quest’ora. E un si pole miha arrabbiassi. E ci si rovina la salute. La salute gli è importante: noialtri quando s’è persa quella si è finiti, arrivederci e grazie… L’ultimo pseudolavoro che ho fatto (per tre mesi: un sia mai che potesse durare un anno, ci mancherebbe, eh) gli ho sostituito una ragazza di venticinque anni che se n’è andata a casa perché gli avea l’esaurimento nervoso (a cui gli ha contribuito – gli unici “contributi” de’ datori di lavoro e son quelli – la su’/mia datrice di lavoro, gli ho la vaga sensazione). Ma un n’è che gli ho lavorato tre mesi perché poi la ritornava lei quando la stava meglio, no, no, gli ho lavorato tre mesi perché la Capa e lo sapeva che gli avrebbe chiuso l’attività, ma a me un me l’ha mica detto. Quella, che l’avea l’esaurimento, ma un n’era né stupida, né masochista si vede, sai icché ha fatto? E l’ha mollata n’i’ periodo in cui e ci sarebbe stato da lavorare di più. Hosì e gli è toccato a me, che gli ero più “fresca”, si fa per dire.

  196. Cara Fiorentina, che dirle? Il numero e il tipo di contratti e contrattini oramai sfiora il surreale. Per non parlare dei periodi di “prova” o di apprendistato non pagati, neanche al minimo, o dei lavori indicati con una mansione sola (diciamo ragioniere) e oi si scopre che si tratta di altri due lavori (tre in tutto), e che lo stipendio è flessibile in “base a quello che uno sa fare ” (che ovviamente viene stabilito dal datore di lavoro ad occhio). Ed è stata la sinistra a svendere tutto il pacchetto diritti&lavoro. Le auguro una buona serata. B.

  197. In realtà la televisione è una realtà, una fra le tante realtà che scegliamo e/o subiamo nel nostro quotidiano.
    Il decidere di vederla o non vederla non ce lo impone nessuno e a nessuno è imposto.
    È un clic che puoi fare o non fare, lo stesso clic che serve per accendere un pc o per aprire un vasetto di cetriolini e altri clic, a “scelta”
    Voglio dire , sostanzialmente, che come per le religioni, per le fedi, per le ideologie, uno vi aderisce o non vi aderisce, uno vi aderisce un po’ e uno in toto , un altro a fasi alterne,un altro per una parte della sua vita che speriamo breve, la parte intendo, e un altro acora ,che vi aveva aderito, improvvisamente, manco per il cazzo vi aderisce più.
    Insomma i casi sono tanti come tante sono le “consapevolezze” che girano fra gli umani.
    Condivido lo smarrimento di andrea e ritengo che ognuno ponga delle domande per come è in grado di porle e di porsele.
    Io ne ho molte di domande e ne ho molte di angosce.
    Allora ho scelto, di spegnere la tivù e altre cose che mi confondevano.
    Fare clic non è rassegnazione, non è diserzione, non è ritirata, al contrario, è scelta di silenzio, silenzio proficuo direi , direi quasi tonificante, per i neuroni
    che puoi così impegnare a leggere la “realtà”senza l’ausilio/ conforto delle fedi delle religioni tutte.
    È sì, lo ammetto, un pensare che non fa quadrare nessun cerchio perchè il cuore non si presta alle quadrature.
    Poi magari tutto questo bel pensare lo traduci in:
    azioni, se sei dinamico,
    beatitudine se sei pigro/a o se hai attitudine al volo.
    Oppure tutte e due le cose
    ma prima una e poi l’altra perchè , in contemporanea, sarebbe troppo anche per un superuomo/donna
    Per il resto concordo con quasi tutti e in particolare con gina alla quale mi lega una sincera amicizia “irreale”:)
    cara gina mi spieghi, se puoi, cosa intendi con la trasfiguarazione di moana pozzi?
    Baci
    la funambola

  198. Ciao la fu!
    Dicevo figurazione di moana, non trasfigurazione.
    Qualcosa che a a che vedere col corpo inserito in un ambiente (tu ben sai quanto e come su queste cose, e in vari modi a partire dalle implicazioni biopolitiche e in discreto anticipo sui tempi televisivi:), le femmine han prodotto, e auto-riflettuto) col corpo come superficie d’intensità e di forze, e di scambio, anche consapevole.
    Vedo Moana Pozzi come una mappa, una cartografia dei rapporti di potere, un resoconto, una collocazione geopolitica, ha la storia dell’ultimo trentennio d’italia, televisiva ma non solo tatuata addosso e l’ha portata e la porta da dio, su un corpo morto che vive (partirà a breve una fiction su di lei su sky. Mi par di ricordare che ai provini si siano a suo tempo presentate qualcosa tipo 4000 donne).
    baci

  199. il problema, e il pericolo, della tv non sta nella scelta degli aggettivi con cui definirla, se sia cattiva maestra o buona, ma nella sua stessa sostanza, nell esserci maestra. Maestra dominatrice di tutti i mezzi di comunicazione e informazione. La sua predominanza è il pericolo, che riduce ogni altro medium a una qualsiasi arma di fronte una bomba atomica. Chiedersi se il mezzo tecnico bomba atomica sia buono o cattivo mi sembra, quindi, ozioso.
    Poi, ho sempre considerato grave difetto di snobismo questo non volersi interessare alla REALTA’ vissuta da ogni cittadino. Cosi, quando sento dire da qualcuno che ha spento la tv e ormai non la guarda da anni mi faccio due risate, anche se poi mi rattristo per lui, che poverino non si sta accorgendo che è proprio in quel momento che la tv lo sta fissando.

  200. grazie gina, perfetto.
    ti invidio la capacità di elaborare sifatti pensieri alle sei di mattina.
    io al massimo, a quell’ora riesco a formulare questi tre : ma chi sono? ma dove sono? ma dove vado? :)

    no/made, mi sono inquietata :)

    molti baci
    la fu

  201. ma no/made, io sono abbastanza tranquillo, la mia tv mi fissava dal solaio – e da lì non si vede proprio una cippa

  202. inglese, sono convinto come te che dalla tv non si vede una cippa, quello che osservo il più delle volte è ciò che la tv è fuori, è nelle strade, perchè sono gli occhi della gente che si incontra tutti i giorni.

  203. la fu!
    una figurazione è una figurazione (come vedi alle 10.45 di sabato mattina non son messa meglio di te alle 6.16 di un “fer(i)ale”:)
    chissà che ore erano quando questa spostata ha deciso di farsi tatuare ‘na paginata di twilight sulla schiena!:)

  204. rispetto a come la tv sta trattando il corpo delle donne il marchese de sade dovrebbe essere considerato un gentiluomo.

  205. Questo articolo è bellissimo, lungo, intellettuale, ed esprime come se fosse un sintomo la stessa malattia che cerca di curare. Mi spiego. L’analisi fatta durante l’articolo è lucida, pero’ soffre di un linguaggio troppo colto e di una mancanza di speranza e di propositività. Abbiamo vomitato tanto. E’ tempo di ricreare un’Italia diversa, che ci entusiasmi. Avremo bisogno di menti lucide come queste, ma bisogna cambiare prospettiva. Diceva Eugenio Montale in una sua poesia “codesto solo oggi possiamo dirti / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Io invece penso che i tempi siano maturi per una nuova epoca, per sognare e creare l’Italia ideale. Abbiamo già aspettato per troppo tempo. Ne ho scritto un post a riguardo, qui http://is.gd/3FJjO

  206. Qui una (barista, 30 anni) che già medita il suicidio. A seguire i commenti, dai quali traspare l’incredibile rassegnazione – per evidenti cause di “forza maggiore” – della maggioranza.

    http://www.letterealdirettore.it/troppo-faticoso/

    PS: non credo che Andrea Inglese non sia stato propositivo: una persona non può fare per mille, e dopo avere parlato, analizzato ecc., bisognerebbe fare. Chi crede, oggi, perché ha un lavoro, che tutto questo in fondo, non lo riguardi, sbaglia, e sbaglia molto. Tutti i temi qui trattati, su NI (mafia, ‘ndrangheta, camorra, immigrati, razzismo ecc.) possono essere ricondotti sempre allo stesso problema: il lavoro. Finché non ORGANIZZEREMO qualcosa, sul serio, con i numeri (una massa di persone che SI MUOVE, SI FA SENTIRE SUL SERIO) dopo le discussioni, non cambierà mai niente. I lavoratori precari, come i tre esempi da me su riportati SONO ESAURITI, finché nessuno farà qualcosa per loro, non saranno certo loro a potersi ALZARE E FARE QUALCOSA, essendo soli e, appunto, ESAURITI.

  207. Ancora una volta perdenti. Come sempre fuori fuoco. E spuntati topi da biblioteca.
    Si è aperto uno spiraglio nella nazione bigotta e cristiana e noi ci scandalizziamo di che cosa? Coltivare se stessi seguendo una ferrea disciplina, ispirarsi a una filosofia vincente che c’è di scandaloso? Il problema non è il fine, ma il mezzo. E come se fossimo testimoni della prima lezione di un arte marziale e guardassimo disgustati i penosi e sgraziati gesti dei principianti. Coltivare se stessi è un lungo cammino che porta inevitabilmente ad affinarsi e a trascendersi.
    Il problema è rendersi conto che 10 ore a fare il tornitore non permettono alcuna seria strada di coltivazione del proprio benessere. Il problema è che la vita di milioni di italiani e così assurdamente impegnata in alienanti lavori da privarli di qualsiasi energia se non quella di essere spettatori del se pur superficiale (come potrebbe non esserlo in tv?) culto estetico. Anche quando il chirurgo ci cambia i connotati anche quando il farmaco da palestra ci ridisegna siamo solo spettatori. La più lunga strada della coltivazione di se stessi ci avrebbe reso veramente migliori nel senso dell’ equilibrio, dell’ armonia energetica e infine anche dell’ immagine che gli altri ricevono di noi (chiaramente non attraverso uno schermo). Ma c’è bisogno di tempo che gli italiani oggi non hanno, e non potranno mai avere finché non si organizzano in economie differenti.

  208. forse dovremmo cominciare a ri-teorizzare e ri-organizzare un’ ombra di lotta.
    Come descritto da inglese, malgrado la condizione di semi povertà vissuta dalla maggioranza dei lavoratori non cè il minimo sforzo per reagire. Le condizioni economiche e sociali in cui ci troviamo a vivere ricordano quelle descritte ai tempi del socialismo utopistico. Siamo come in una situazione pre-rivoluzionaria. Migliaia di micro soggettività, ognuna lanciata nella corsa per la semplice sopravvivenza, come ai tempi degli operai delle fabbriche durante la rivoluzione industriale. Precariato cognitario nelle stesse condizioni di quel proletariato ma senza coscienza. Ma come abbiamo fatto a farci strappare via in 10,15 anni tutti i diritti conquistati in un secolo e mezzo?
    Mi chiedo, perchè il vasto potenziale dei lavoratori precari non riesce a diventare una base di massa ? Che cosa manca?
    Viste le gravi conseguenze che la precarizzazione del lavoro ha comportato ( riduzione dei salari, delle tutele, aumento del costo della vita ) tra cui, a mio parere, la crisi economica attuale ( migliaia di lavoratori a cui invece di aumentare stipendi e salari venivano concessi altri mezzi indebitamento ) cosa manca affinchè ci sia una risposta radicale?

  209. “Il problema è rendersi conto che 10 ore a fare il tornitore non permettono alcuna seria strada di coltivazione del proprio benessere. Il problema è che la vita di milioni di italiani e così assurdamente impegnata in alienanti lavori da privarli di qualsiasi energia se non quella di essere spettatori del se pur superficiale (come potrebbe non esserlo in tv?) culto estetico”.

    CICCIO, io e credo che i’ tornitore e milioni di italiani assurdamente impegnati in alienanti lavori e se ne rendano honto d’esse privati di qualsiasi energia: un ci vole una laurea pe’ capillo. La cortivazione di sé stessi? Quando e c’aveo da pagare l’affitto, da mangiare e i’ trasporti e un mi poteo permette nemmeno un quotidiano, icché cortivo? Ma l’ALTERNATIVA, i’ LAVORO VERO, indoe sono che io un li vedo?
    Io a i’ massimo e posso rifiutammi di laorare in un collcenter a quattro euro l’ora perché e m’hanno spiegato che e deo truffare gli anziani a’ i’ telefono (mentre gli altri, co’ i nodo alla gola, e restano lì: per quarche mese, sia chiaro, e ci menherebbe…) e posso tornare a casa e dire alla mi’ mamma, oh mamma, anche per oggi la minestra e tu me la paghi te, io un laoro, a truffare la gente e un ci vo.

    E tu pensi, CICCIO, che quelli che gli hanno organizzato questa ehonomia, e un gli vada bene hosì? E siamo noi, noi il 50% di questo paese, che si dorme. Noi, che dovremmo dire “Vergogna, vergogna, vergogna!” a quell’altro che lo dice agli altri. E lo dovremmo dire IN MASSA, allora e un ci sarebbe bisogno della televisione, va’ tranquillo.

    A’ vigili di’ foco che e son stati in Abruzzo e un n’hanno nemmen pagato gli straordinari. E gli è l’ora di finilla con gli eccessi, da una parte e dall’altra: perché se gli eccedono da quell’altra parte e gli è perché NOI da quest’altra e gli si honcede. E si permettano, questi PARASSITI, di dire a noi che e siamo parassiti. Questi e sono un cancro e noi li si lascia fare.

  210. Sapete poi icché vi diho, che anche quelli che e stanno sempre a critihare la sinistra e m’hanno stufato: che c’andassero loro a ragionare con questi “farabutti” che un ci si ragiona, che ti ridono in faccia, che ti rovesciano sempre tutto, che un n’hanno un minimo di serietà. No, no, la sinistra a questo punto gli ha bisogno di una grossa mano, gli è inutile lavassene sempre le mani, eh? Una mano da noialtri, da i’ basso, da’ i medio e dall’alto, noi che si chiacchiera e basta. Scendere in piazza in massa, e poi alle analisi sociologihe, all’autocritiha e agli errori della sinistra e ci si penserà poi, eh? Che e ci siamo belle e divertiti.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Da “I quindici”

di Chiara Serani
Allora le Barbie cominciarono a lacrimare sangue rosso pomodoro (Pantone Red HTK 57, It's Heinz!) come una Madonnina qualsiasi.

Collana Adamàs, La vita felice editore

Risposte di Vincenzo Frungillo
Continua la nostra inchiesta sull'editoria indipendente di poesia. Si parla della collana Adamàs.

Rossi-Landi: programmazione sociale e poesia

di Andrea Inglese
Ciò che oggi cerchiamo di definire come il campo della poesia “di ricerca”, è un tipo di lavoro linguistico, interno al programma moderno della poesia, ma che opera simultaneamente su almeno due fronti: quello degli automatismi linguistici del discorso ordinario e quello degli automatismi linguistici insiti nella tradizione del genere letterario a cui fa riferimento.

“La zona d’interesse.” Un paio di cose che ho visto.

di Daniela Mazzoli
La prima cosa che ho visto è stato un mucchietto di persone che usciva dalla sala con gli occhi sbarrati e le teste infastidite dal rumore che si sentiva forte anche da fuori. Come se fossero state costrette a uscire per via del frastuono assordante.

Respirare e basta

di Marielle Macé
Questo libro viene da lontano, da un lungo passato nella respirazione. Viene dai paesaggi avvelenati della mia nascita, da una familiarità con patologie respiratorie che da molto tempo colpiscono certe professioni, certi paesi, certe classi sociali...

Si levano i morti

di Massimo Parizzi
Ma, oltre a contadini, fra i protagonisti di questo romanzo si trovano ragazzini che vanno “a garzone”, scolari e scolare, studenti e studentesse, boscaioli portati via per renitenza alla leva da uomini “con il moschetto”, donne in rivolta contro i “birri”. E, in diversi momenti, a prendere la parola è l’autore stesso: a volte autobiograficamente (...); altre per ragionare di verità e libertà (...).
andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: