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Era di maggio

di Mónica Flores Fernandez

“À ceux et celles qui feront le XXI’ siècle, nous disons avec notre affection:
‘Créer, c’est résister.
Résister, c’est créer.’”

Stéphane Hessel

È il 15 Maggio quando, dopo mesi di letargo e inattività, il popolo spagnolo esce nelle strade delle città più grandi del Paese, indignato. Manca soltanto una settimana alle elezioni comunali e del governo di diverse comunità autonome. Per quasi un anno la gente ha subito in silenzio, senza protestare, riforme economiche e sociali molto criticate: cambia l’età per andare in pensione dai 65 ai 67 anni, i lavoratori perdono dei diritti, si tagliano i fondi alle scuole, alla sanità e si vede con impotenza come i mercati attaccano costantemente un’economia che è già debole da sé. I disoccupati sono quasi cinque milioni e non pare che la situazione debba migliorare nei mesi seguenti.
Queste manifestazioni non nascono dal nulla. Per mesi, nei social network, si parla principalmente della situazione spagnola e anche della situazione mondiale e si scambiano idee. La sorpresa di molti è vedere che c’è una folla che pensa nello stesso modo. I servizi che in una democrazia dovrebbero essere provveduti dallo Stato sono stati messi nelle mani delle imprese private. Si è permesso al neoliberalismo di infettare tutta la nostra società. E ora tocca pagare.
Davanti ad una realtà così, i media pubblicano, parlando dei giovani, frasi come “La generación NI-NI, ni estudia, ni trabaja” (1), “El FMI advierte: la actual generación de jóvenes españoles vivirá peor que sus padres” (2) e altre simili, ma queste due sono sicuramente quelle che fanno traboccare il vaso. La generazione attuale di giovani in Spagna è quella meglio formata e preparata di tutta la storia del paese, ma è anche una generazione con un tasso di disoccupazione molto alto a causa di una crisi che non ha provocato.

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Quel giorno verso le sei del pomeriggio la TV è accesa sul telegiornale 24 ore. Davanti ai miei occhi sorpresi passano immagini delle manifestazioni in diverse città della Spagna. Dal primo istante si vede che non sono proteste giovanili. Non solo. C’è gente di tutte le età, anche famiglie intere con i bambini. Ci sono anche gli anziani e gli studenti. Ci sono disoccupati e gente con lavoro. Donne e uomini. C’è il popolo. Los indignados cominciano a gridare le frasi che diventeranno nei prossimi mesi i loro slogan più conosciuti: “No hay pan para tanto chorizo” (3), “No nos representan”, “¡Democracia real ya!”, “Techo y trabajo sin ser esclavo”, “No es crisis, es estafa” e tanti altri (4). Quando finisce la protesta un centinaio di persone decide di costruire un campeggio nella Piazza del Sol. Vogliono rimanere là fino al 22 Maggio, giorno delle elezioni, ma il 17, verso le cinque del mattino, la polizia caccia alle persone che si trovavano nelle tende. Nello stesso giorno, di sera, si protesta davanti il Tribunale di Madrid per i 19 arrestati alla manifestazione di due giorni prima. E non solo. Di sera la Piazza del Sol è piena di gente che si indigna di nuovo. Questa volta non sono centinaia, ma migliaia (nella piazza c’è spazio per circa 12.000 persone). La frase più ascoltata è “Amanece en Sol”. La polizia ha l’ordine di evacuare la Piazza se ci sono le concentrazioni. Ma questa volta non lo fa. È nato il campeggio di los indignados a Madrid. Presto ci saranno campeggi anche a Barcellona, Siviglia, Málaga, Saragozza e altre città spagnole.
Queste manifestazioni sorprendono soprattutto i politici, tanto che le prime reazioni, come ho detto, sono inviare la polizia per scioglierle e cacciare via la gente dalle piazze. Il movimento non è ancora organizzato quando è già attaccato da diversi media, specialmente della destra meno moderata. I politici sono spaventati. Molti vedono dietro queste proteste la mano del partito opposto. In questi giorni si vede che una parte importante di loro, degli uomini che dovrebbero lavorare per il popolo, sono più preoccupati per le loro sedie che ad ascoltare quello che il popolo dice, grida. Questo modo di agire fa arrabbiare ed indignare ancora di più la gente. Ogni giorno c’è più gente nella Piazza del Sol. Finalmente il governo lancia la sfida: “non potete manifestare il giorno di riflessione”, ovvero il sabato 21 Maggio la piazza dev’essere vuota. La risposta di los indignados è subito: “non manifestiamo, riflettiamo insieme”. E infatti il giorno di riflessione comincia in Piazza del Sol con uno “grido muto”, fatto con il gesto di “applauso” nel linguaggio dei sordomuti (5).

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Dopo le elezioni del 22 Maggio la volontà iniziale di los indignados è abbandonare la Piazza del Sol, ma nell’assemblea decidono di rimanere fino al 29, una settimana dopo. Il PP, il partito di destra più grande di Spagna, ha vinto in una parte importante dei comuni e comunità autonome, anche dove tradizionalmente aveva vinto il PSOE, il partito della sinistra. Molti danno responsabilità a los indignados. Loro invece spiegano che non sono dietro nessun partito politico, che sono gente di tutte le ideologie, età, culture, razze… I media intervistano diversi portavoce del movimento e noi cittadini osserviamo stupiti come i giornalisti e i critici chiedono soluzioni alla situazione che si vive in Spagna a los indignados invece che ai politici, che nel frattempo continuano a criticare le manifestazioni ma non ascoltano le critiche a loro rivolte. Soltanto il Partito Comunista lo fa, in parte perché quello che chiedono los indignados coincide con il proprio programma politico.
Mentre una parte importante della società è nelle strade delle città protestando contro la situazione attuale del paese (i tagli, la disoccupazione, la manca di prospettive per il futuro, una legge elettorale che permette di vincere solo il PP o il PSOE e la sicurezza che nessuno di questi due partiti porterà soluzioni vere…) c’è chi si preoccupa soltanto di criminalizzare i manifestanti. Di gettare fango. Di cercare di far tacere la gente.

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Il 27 Maggio la polizia catalana evacua con violenza e di mattina los indignados di Piazza Catalunya, al centro di Barcellona. Quella sera il Barça, la squadra di calcio, gioca contro il Manchester e può vincere la Champions. Di solito i tifosi festeggiano le vittorie nella Fontana di Canaletes, molto vicina a Piazza Catalunya. Il governo catalano usa questa scusa per cacciare los indignados. Ma poche ore dopo la violenzia della polizia, che aveva preso a colpi i manifestanti, questi tornano alla Piazza e rifanno il campeggio (6). Il Barça vince la Champions ma non ci sono problemi fra manifestanti e tifosi.
Dopo di aver visto quello che è successo al telegiornale del pomeriggio (nelle ultime settimane ho vissuto collegata quasi 24 ore su 24 ore ai giornali e i telegiornali) chiamo il mio migliore amico. Mi aveva detto che sarebbe stato al campeggio di Barcellona di mattina e sono preoccupata. Mi risponde dall’università. Sa quello che è accaduto a Barcellona per il mio racconto e si arrabbia. Quella sera si farà una manifestazione in contro dell’eccessiva violenza della polizia e lui ci andrà. Quella protesta, come al solito, si fa in un ambiente pacifico e festivo. Purtroppo nei giorni posteriori Barcellona vive proteste più violente, come quella davanti al Parlamento catalano il giorno 14 Giugno, dove diversi politici sono insultati e anche attaccati fisicamente. La polizia da la colpa a los indignados, ma loro condannano questa violenza costringendo politica e polizia a investigare in profondità i fatti. Insomma, a fare il loro lavoro.

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Passano le settimane ed i campeggi del 15M (“15 Maggio”, così è chiamato il movimento) sono presenti nella vita quotidiana di tante città. Hanno organizzato una struttura veramente complessa, soprattutto quello della Piazza del Sol di Madrid, che è una città dentro della capitale. È gestita con le assemblee e con gruppi di lavoro divisi in diverse aree, che si occupano dal cibo alle comunicazioni, dalla cura dei bambini alla pulizia. Ma dopo quasi un mese di accampamento i commercianti della Piazza si lamentano delle perdite economiche nei loro negozi e finalmente los indignados decidono andare via il 12 Giugno.
Los indignados, dopo abbandonare le piazze, decidono spostarsi nei quarteri delle grandi città e nei piccoli paesi per fare conoscere a più gente le loro proposte per migliorare la situazione, che sono state pensate e discusse durante questo mese di campeggio sempre nelle assemblee. Dopo quasi un mese dall’inizio delle proteste los indignados si sono organizzati e hanno creato un elenco di proposte politiche, economiche e sociali molto più solido e realista che quello di alcuni partiti politici. La prima richiesta è modificare la legge elettorale per non favorire più il bipartitismo, in modo che i partiti abbiano un potere in Parlamento proporzionale ai voti ricevuti, cosa che non è mai successa nella storia della giovanissima democrazia spagnola.
Il 19 Giugno c’è una grande manifestazione in diverse città spagnole, più di 100.000 persone escono nelle strade per farsi sentire e per dimostrare che non sono d’accordo con le decisioni che i politici hanno preso negli ultimi tempi. Nessuno può più dire che le proteste sono cosa da pochi.

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Trovo il mio amico una mattina di Luglio a Barcellona. Come al solito il nostro posto di incontro è Piazza Catalunya ma il campeggio di los indignados non c’è più. Ci sediamo su una panchina vicina al posto dove settimane prima c’erano le tende. I piccioni hanno ritrovato, felici, il loro spazio, per quasi un mese hanno dovuto cambiare casa. Tutto il movimento, tutte le proteste, manifestazioni, urla, indignazione, rabbia, impotenza non c’è più…rimane solo un Punto Informazioni gestito da poche persone.
I media parlano sull’eventuale scomparsa delle proteste una volta che le piazze sono state evacuate. E invece non è così. Los indignados hanno evitato che molte famiglie perdessero le loro case per non poter pagare l’ipoteca (6), hanno manifestato contro i tagli nell’educazione e nella sanità (7) e anche contro le spese di soldi per eventi veniali e non di vero bisogno, come nel caso del Grande Premio di Formula 1 di Valencia (8). E non solo.
Per tutta l’Europa la gente ha cominciato a reagire, a svegliarsi di una specie da ipnosi che la fermava. Anche in Israele ci sono state manifestazioni che chiedono politiche sociali migliori (9). Il prossimo 15 Ottobre avrà luogo una grande manifestazione davanti alla sede del Governo Europeo a Bruxelles. Indignati spagnoli, tedeschi, francesi…sono già partiti, a piedi, per informare la gente paese per paese, strada per strada, su quello che chiedono, quello che vogliono e quello che considerano i diritti fondamentali. In ogni paese c’è gente che si aggiunge al gruppo e continua il cammino verso il Belgio (10).
Sicuramente si sbaglia chi crede che il movimento 15M sia finito, spento. Anzi. Magari stia ancora cominciando. Lo diceva in Piazza del Sol un uomo di 76 anni che aveva vissuto il Maggio del ’68: “Quello che non siamo stati capaci di raggiungere noi, lo state ottenendo e l’otterrete ancora voi”.

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(1) La generazione NI-NI, né studia né lavora.
(2) Il FMI avverte: l’attuale generazione di giovani spagnoli vivrà peggio dei suoi genitori.
(3) Il “chorizo” è un tipo di salame molto comune in Spagna. Questa parola si usa abitualmente come sinonimo di “ladro”. L’idea che esprime la frase è che non c’è abbastanza richezza per tutti i ladri.
(4) “Non ci rappresentano”, “Democrazia reale ora”, “Tetto e lavoro senza essere schiavo”, “Non è crisi, è truffa”.
(5) http://www.youtube.com/watch?v=jmMKIKXtXSU
(6) http://politica.elpais.com/politica/2011/05/27/actualidad/1306489864_137130.html
(7) http://www.eldia.es/2011-07-30/santacruz/5-indignados-protestan-subasta-hipotecaria-extrajudicial.htm
(8) http://www.lavanguardia.com/salud/20110804/54195848871/salut-definira-en-otono-la-cartera-de-servicios-que-atendera-la-asistencia-primaria.html
(9) http://www.elpais.com/articulo/Comunidad/Valenciana/dictadura/coche/elpepuespval/20110725elpval_14/Tes
(10) http://www.publico.es/internacional/390678/mas-de-300-000-indignados-israelies-piden-justicia-social
(11) http://www.publico.es/espana/388840/los-indignados-parten-rumbo-a-bruselas

Mónica ci teneva a scrivere questo pezzo per noi, in italiano. Mi sembrava bello lasciarvi cogliere il suo sforzo: perciò non ho corretto il suo articolo. hj

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2 Commenti

  1. Grazie Monica e complimenti per il suo articolo (e ad Helena Janeczek per averlo pubblicato).
    Si è parlato molto in Italia di ciò che sta accadendo in Spagna ma per quanto se ne parli mi sembra sempre che l’argomento venga esposto in modo “superficiale”. Pochi giornalisti o programmi televisivi di approfondimento si sono occupati veramente di tutto ciò che è successo prima delle manifestazioni in Spagna e di quello che stava ancora accadendo nel momento stesso in cui lo si cercava di raccontare.
    Il risultato è che in Italia la maggior parte delle persone sa che gli indignados sono “manifestanti” ma se poi gli si chiede “per cosa manifestano” non penso che saprebbero rispondere correttamente in tanti.
    Come facciamo a cercare di copiare un movimento simile in Italia se la maggior parte degli italiani non sa veramente di cosa si tratta, su cosa si basa e come è incominciato?
    Monica Flores Fernandez ci dà un buon quadro generale della situazione e ci dice anche che gli indignados non si sono fermati ma stanno andando avanti. Stanno continuando a creare qualcosa di nuovo.
    “Il prossimo 15 Ottobre avrà luogo una grande manifestazione davanti alla sede del Governo Europeo a Bruxelles. Indignati spagnoli, tedeschi, francesi…sono già partiti, a piedi, per informare la gente paese per paese, strada per strada, su quello che chiedono, quello che vogliono e quello che considerano i diritti fondamentali.”
    Spero che anche in Italia si riesca presto a fare la stessa cosa.
    Noi italiani abbiamo incominciato a indignarci, vediamo cosa saremo capaci di “creare”.

  2. Spero essere stata chiara nella spiegazione del movimento degli “indignados”, anche perché non sono abituata a scrivere sui fenomeni ancora in corso…spero anche che i miei errori in italiano non siano stati troppi…

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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