di Mariana Branca Mentre scrivevo io avevo solo suoni, il Suono, in testa, le parole dovevano perdere consistenza e farsi suono e basta, questo volevo.
di Gigi Spina Potrei cominciare prendendo a prestito e adattando una frase di Lilian Terry, jazzista e divulgatrice di jazz scomparsa il 29 giugno a Nizza: “Io non leggo con l’occhio del filologo recensore, io leggo con l’orecchio dell’appassionato di jazz”. Parlare del libro di Antonio Milano significa, infatti, eseguirlo di nuovo, quasi un’improvvisazione jazz, seguendo la linea armonica e riproponendolo con suoni di parole diversamente modulati.
Perché il libro è fatto così, dalla prima all’ultima pagina.
di Luca Maiolino Un racconto breve su un tizio che lavora nelle fogne, scritto pensando ai giochi di Kafka, o più vagamente al rapporto con la scrittura.
di Nicola Vacca A cento anni dalla nascita lo scrittore svedese è una pietra miliare della letteratura e leggerlo ancora oggi significa interrogarsi su cosa sia rimasto da salvare del Novecento.
di Fernando Arrabal A nulla potrà soccombere
nera e profonda come muti scrocchi
la mia pena di perdere colui che ha misurato
meglio di chiunque altro
l'ombra dell'ombra, il frastuono del tumulto
e il bailamme e furia delle faccende rosse
di Federico Nervi Le chiedo: a chi in questo maledetto paese farlo leggere? Dove cercar riscontro? Un riscontro serio, concreto, affidabile: cinque righe, ma generose, anche severe, oneste, non ciclostilate. Editori? Redattori? Agenti? Professori di belle lettere in congedo?