XII quaderno di poesia italiana contemporanea

Dodicesimo-quaderno-italianodi Francesca Fiorletta

Guai a chi costruisce il suo mondo da solo.
[…]
Angelo Maria Ripellino

Il suono di queste parole mi riecheggia nella testa: Guai a chi costruisce il suo mondo da solo.

Il famoso verso di Ripellino è parte dell’epigrafe scelta da Diego Conticello, uno dei sette poeti presenti nel XII quaderno di poesia italiana contemporanea, curato da Franco Buffoni e pubblicato da poco per Marcos y Marcos.

Gli altri sei nomi presenti sono: Maddalena Bergamin, Maria Borio, Lorenzo Carlucci, Marco Corsi, Alessandro De Santis e Samir Galal Mohamed. Le prefazioni che accompagnano i testi di ciascuno di loro, sono curate da: Mario Benedetti, Stefano Dal Bianco, Gian Ruggero Manzoni, Fabio Pusterla, Niccolò Scaffai e Emmanuela Tandello.

Nomino tutti e subito, e non è un caso, perché proprio l’atto pieno e concreto del nominare e del distinguere mi sembra vada bene a costituire un fil rouge potente e forse già anche esaustivo dell’intera raccolta antologica, che tiene legate insieme queste sette poetiche, pure fra loro abbastanza differenti, eppure fortemente accomunate da due spinte propulsive chiare e decodificabili: l’osservazione e la riflessione.

Ognuno assecondando le proprie peculiari inclinazioni, infatti, i gusti e le tendenze letterarie, ma anche gli slanci evidentemente caratteriali, ognuno di questi sette poeti, dicevo, continuamente osserva e riflette: osserva i luoghi, urbani o naturalistici, e osserva principalmente i comportamenti umani, tanto quelli altrui quanto, di rimando, i propri; riflette, ciascuno di loro, dunque, sul senso della scrittura e sul bisogno intimo (e anche sociale) del silenzio, sull’urgenza di rapportarsi a un “tu”, a una comunità riconoscibile, che sia familiare o anche onirica, che si componga di perfetti sconosciuti che pure quotidianamente s’incontrano, magari alla fermata di un autobus, o che, ancora meglio, sia il convivio dei più attenti e viscerali lettori di poesia italiana contemporanea.

In tutte queste sette poetiche, che attraversano in volata i vari stadi sia del lirismo più classico che della sperimentazione più vicina alla prosa, emerge forte l’esigenza di osservare e di riflettere, di discernere e sezionare, se stessi, gli altri e le cose del mondo.

Quale arma migliore, allora, quale strumento di conoscenza può venir loro maggiormente in aiuto, se non, dunque, la parola stessa? Ecco quindi l’atto forte del nominare, che non costituisce affatto una griglia difensiva o una seppure metodica spinta ordinatrice, bensì diventa una compagna fedele, un’amica sincera, l’interlocutrice sapiente e, perché no, anche alle volte battagliera, con cui scambiarsi le immagini, i ricordi, le esperienze. Poetiche e non.

E mi sembra che proprio attraverso l’esperienza del nominare, le persone, le situazioni, la vita, queste sette singole entità poetiche riescano a riappropriarsi di una loro forte, autonoma, autoriale esistenza.

Ma adesso è tempo di lasciar parlare, seppure brevemente, le sette voci scelte da Franco Buffoni per questo bel XII quaderno di poesia italiana contemporanea.

MADDALENA BERGAMIN
Scoppieranno anche queste stagioni 

da: Lo sbalzo, la linea

La madre è uguale alla figlia
sul fondo lo sfondo urbano, che strano
la madre è uguale alla figlia!
due volte gli stessi capelli
rossi sul fondo urbano
sullo sfondo profondo e quanto…
profondo. La madre e la figlia
sono uguali, hanno casacche
fosforescenti e parlano dietro
la linea gialla, sullo sfondo i treni
dal fondo, i rumori corrotti
i lamenti, i brusii della gente
che sta sullo sfondo. La figlia
è uguale alla madre, (la madre bisbiglia
sorride, la figlia) 

 

MARIA BORIO
Vite unite 

da: Di due 

I tracciati sulla carta stradale, gli angoli incisi,
le diagonali del pavimento,
i mattoni squadrati, le icone
che stanno e non stanno nello schermo digitale.

Ti sei mosso su ogni lato,
ti sei trovato – ogni parola
disponibile,
chiara, perfetta, mostro.

 

LORENZO CARLUCCI
Prose per Ba’al 

Da: La comunità assoluta 

metodo8

Sembra infine, all’analisi attenta, che tutto il lavoro della nostra saggezza si possa ridurre ad un adeguarsi a qualcosa che saggio non è. L’attenta analisi dei fatti, che passa attraverso l’analisi della costruzione dei corpi, dei bacini, ci costringe alla fine a riconoscere che non vi è, sotto il sole, né nulla di nuovo e neppure qualcosa. L’esercizio della nostra saggezza, il silenzio, lo sguardo, ci conducono infine ad n gioco di bocce con dei pensionati. In un paese dove la sabbia è bianca, la mano dell’uomo ordinata, il ritorno un penoso divertimento. Che tutto ciò che ci è dato ci è tolto proprio quando ci è dato, non può, oramai, costituire un affanno. E se ancora inganniamo il nostro cuore con l’idea di una scelta tra il sottrarsi alla cura furiosa di Dio e la previsione, significa che la nostra saggezza è carente. Sotto il cielo è la libertà, senza alcun lineamento.

DIEGO CONTICELLO
Le radici del senso

Non credere 

Non credere alla misura,
all’abbocco finale che fa
vivo
il succo del mondo.

Sentire nel colore
musicato,
in un suono
ingiallito

il volatile
essente delle cose.

 

MARIO CORSI
Da un uomo a un altro uomo 

alta tensione

i rapporti prevedono contratti
soluzioni piuttosto removibili
nella giocosa interpretazione
degli atti divenuti coscienza
e quindi baipassati, enumerati
intimamente contenuti nella notte
se davvero al risveglio si tace
e sedurre richiede un’esplosione.

 

ALESSANDRO DE SANTIS
Il verso del taglio 

Da: Metro C 

FERMATE
Torre Angela
Ore 23, 40. Funzione repeat. Pupille ossesse

Muove le pupille in tondo, Fausto
con i suoi guanti acrilici,
vorrebbe una moneta per
fare uno scatto avanti
una donna con le occhiaie
da spingere col palmo.
Scuote le sue ore cattive, Fausto
come cuocesse un uovo al tegamino
livido colore porpora
tra le piume dei cuscini
lanciati in aria alla rinfusa
quasi fossero imprevisti.

 

SAMIR GALAL MOHAMED
Fino a che sangue non separi 

Tu cercavi la quiete:
disperata ostinazione amorosa
per te stessa.

Tu che quiete non avevi,
io che
quiete non conosco.

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