2084. La fine del mondo

di Gianni Biondillo

Boualem Sansal, 2084. La fine del mondo, Neri Pozza, 254 pagine, traduzione di Margherita Botto

Ati, dopo un lungo periodo di convalescenza in un sanatorio arroccato alle pendici di una montagna, è pronto ad affrontare il lungo viaggio di ritorno a casa, nella città di Qodsabad. Il rientro alla sua vita civile è colmo di dubbi esistenziali. Che realtà è quella che gli tocca vivere, in un impero smisurato, qualcuno dice grande come l’intero globo, sotto l’egida di un governo teocratico che non ammette alcun pensiero autonomo? In una società dove tutto è nelle mani di una burocrazia capricciosa è considerabile blasfemo anche solo pensare al concetto di “libertà” (figuriamoci parlarne con qualcuno)? Chi sono esattamente i membri della Giusta Fraternità, sacerdoti inflessibili dell’unico credo, il culto del divino Yölan e di Abi, il sacro Delegato di cui nessuno ha mai visto il volto?

2084. La fine del mondo, già dal titolo vuole rimandarci al grande fratello orwelliano di 1984, e ai suoi temi etici. Cos’è un individuo di fronte alla grande macchina omologatrice del potere centrale? Come viene utilizzato, e con quale ferocia, il dispositivo propagandistico che invade la coscienza privata di ogni abitante di questa dittatura religiosa?

La difficoltà di ogni romanzo ucronico sta nella capacità di creare un mondo e uno scenario credibili e coerenti. Boualem Sansal ci riesce benissimo. Grazie all’ausilio di una scrittura che sa essere enfatica, come è ogni lingua di ogni regime teocratico, senza mai essere pedante. Si parteggia per la solitudine di Abi e per la sua ricerca della verità, anche a costo della sua probabile sconfitta di fronte alla macchina repressiva. La critica all’uso della religione come arma del consenso è potentissima in questo romanzo visionario. Il più laico che abbia letto da molto tempo, non a caso scritto da un intellettuale che conosce le derive ideologiche del mondo arabo di questi anni. Perché è di oggi che si parla, come è ovvio, in questo romanzo ambientato in un futuro medievale, spaventosamente orwelliano. Sansaliano, anzi.

(precedentemente pubblicato su Cooperazione numero 16 del 19 aprile 2016)

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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