L’anima

di Davide Orecchio

C’è un’anima inossidabile, inespugnabile di certo capitalismo – ed è il suo motore cardiaco, la sua ragione propellente -, e purtroppo quest’anima è allergica all’etica, non ha rispetto del mondo e delle specie che l’abitano, inclusi noi che siamo il suo mercato di pascolo.

È un’anima contaminatrice.

Noi ne siamo le vittime insieme agli alberi, agli animali, al permafrost scongelato del mondo, ma ne siamo responsabili pure, visto che abbiamo accettato il sistema di vivere antropocenico ritenendolo comodo, e lo perpetuiamo, e lo perpetriamo.

Ma non è comodo.

Due terzi, se non più, delle malattie che ci colgono, dalle più lievi alle più cattive, vengono da quest’anima delle megalopoli, delle conurbazioni, dello sprawl capitalistico, dei fiumi e dei mari inquinati. Ora noi siamo spesso indifesi. Già questo dimostra che il sistema non è poi così comodo.

Quello che mangiamo, quello che beviamo, quello che respiriamo.

Quello che offriamo in pasto, quello che eiettiamo nell’aria del mondo.

Non abbiamo il controllo, né la fiducia. Ormai sappiamo che l’anima è pericolosa. Proviamo a difenderci. Cerchiamo gli alimenti sani. Ci consigliano grano integrale che venga dalle zone temperate, meridionali. Lo andiamo a cercare. Poi scopriamo che quel grano non basta per tutti, quindi l’anima lo “taglia” segretamente col grano del nord che ci fa ammalare. Poi scopriamo che l’anima falsifica pure le emissioni dei motori diesel del mondo dove noi respiriamo. Poi scopriamo che le miliardi di plastiche che tengono le nostre acque minerali potabili sono assemblate dall’anima in modo che giusto un po’ di calore, appena un goccio di sole sciolga da loro le sostanze che ci fanno ammalare. Per una che ne scopriamo, altre mille restano segrete.

Ora siamo indifesi.

Ci restano due soli alleati: la medicina e la scienza.

La prima, nel nostro paese e per nostra fortuna, opera in un sistema pubblico. Spesso lo detestiamo e critichiamo, a volte ci cura male, ma se l’anima ucciderà il sistema pubblico – perché sappiamo che vuole ucciderlo, l’ha già fatto altrove – moriremo lentamente anche noi, privati del diritto pubblico e individuale alla cura.

Poi c’è la scienza che ci apre gli occhi, ci informa, ci migliora le vite. Noi dovremmo essere tutti dalla parte della scienza, quando è buona e non serve l’anima, e fidarci. La scienza buona ancora non lo sa fino in fondo, ma è l’unica che possa tenere testa all’anima di certo capitalismo. La scienza però ha i suoi nemici. Dicevamo fino a poco tempo fa: “Siamo il 99%”, non ricchi di soldi ma di informazione, cultura, consapevolezza.

Invece non siamo il 99%.

Emerge un nuovo ceto lumpen non economico ma mentale, psicologico, ovviamente sociale, che odia la scienza. Oggi odia i vaccini e la chemio, e vede scie chimiche; domani odierà altre forme di scienza, e avrà epifanie nuove. Questo ceto odia con la pancia, con tutto se stesso, la cultura e la scienza, ed è probabilmente anche colpa di loro, le odiate, troppo superiori, non disponibili a farsi capire abbastanza; del resto l’anima non etica di certo capitalismo è pure alleata dell’ignoranza, perché ne ha bisogno per operare, e le fa gioco avere un popolo lumpen mentale che odia la scienza, perché l’anima sa che la scienza buona è il suo più pericoloso rivale.

Dunque non siamo il 99%.

Alle nostre spalle avanza un popolo lumpen mentale e forte, arrabbiato, che non sa nulla e dice tutto quel che non sa ad alta voce su internet, e ci zittisce su internet (era mai accaduto nella storia che nuovi strumenti di comunicazione e cultura propagassero oscurantismo?). Più partiti politici fanno la fila per il voto del popolo lumpen mentale, per dare un programma al suo odio e alla sua paura. Nessun partito politico fa la fila per noi, per dare un programma al nostro desiderio di vivere meglio, per dare risposte alle nostre paure.

Questo succede alle spalle.

Mentre davanti resta l’anima (inossidabile, inespugnabile, nemica dell’etica) di certo capitalismo; e noi siamo il suo mercato di pascolo.

È la situazione, mi pare.

Ma poi, quando dico “noi”, chi sto dicendo?

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