[Il brano è preso da: Heinrich Böll, Come si dovrebbe vivere. Perché la città si è fatta straniera / Dialoghi con H. Vormweg, trad. di F. Rondolino, edizioni dell’asino 2011, pp. 96-101. Il libro, pubblicato nel 1987, viene proposto adesso nella «piccola biblioteca morale» dell’editore. DP]
Foto via Ann-Christine Jansson
Heinrich Böll – Heinrich Vormweg
HW Eppure nei racconti del primo periodo, nei racconti pubblicati e nei primi romanzi, si ha l’impressione, leggendoli, che tu, nonostante il sentimento della liberazione, sia ancora ancorato a quella vita, a una vita che avvolge totalmente la persona come una sfera, tenendola immobile molto più a lungo di quanto affermi il proprio sentimento. Ciò che adesso voglio dire è che, non potendo partire dai tuoi ricordi personali, sono obbligato a partire da ciò che ho letto. A mio parere tu hai raccontato, facendone oggetto dei tuoi racconti, la guerra e il ritorno a casa, e soltanto dopo il discorso si è allargato alla vita tra le macerie, all’insicurezza tutta particolare che contraddistingue la vita tra le macerie. Una parte di questa vita consisteva nel continuo odore di cucina, che all’inizio degli anni cinquanta divenne anche oggetto di un vivace dibattito letterario. Tuttavia in questi primi racconti non si poteva trovare ciò che Wolfgang Weyrauch espresse in tono programmatico nella sua antologia 1000 Gramm, apparsa nel 1949: “Qui scrivono giovani autori che vogliono disboscare la foresta intricata in cui ci troviamo”.