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Note per un diario parigino

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di
Francesco Forlani

Tredicesimo capitolo

Villejuif

Aurélien Alizadeh, il libraio mio amico, persiano, me l’ha raccontata stamattina e allora mi sono detto che  è proprio vero, non c’è un cazzo da fare, qui veramente tutti inseguono tutti. Chacun cherche quiconque, ha aggiunto allora lui. Mi ha fatto ridere prima quando mi ha indicato un signore che usciva con due scatole piene di libri.

Sai, è l’autista di un Avvocato importante che una volta al mese lo manda a prendere riviste pornografiche, romanzi erotici purché non superino gli anni sessanta. Del resto lo sai l’Equipement vive di due settori, pornografia ed esoterismo. Pornografia entrando a destra e gli esoterici a sinistra. Nel caso in cui volessi fare il libraio non scordarti questa cosa: se vuoi avere tra gli scaffali roba come il Cendrars che hai appena comprato o Fernando Arrabal, i surrealisti praghesi, il manifesto dell’internazionale situazionista, bene ce n’est que avec du Cul, du Cul et du Mystère, che potrai permettertelo.

La natura delle cose

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di Antonio Sparzani

Sono stato l’altra sera al Teatro di Verdura, a Milano, Biblioteca del Senato, via Senato 14, dove ho ascoltato con inaspettato piacere Antonio Zanoletti, accompagnato dalle musiche di Salvino Strano, (insieme anche qui, su testi di David Maria Turoldo, tutt’altra ispirazione) recitare con passione ed efficacia una silloge di passi del De Rerum Natura di Lucrezio (Tito Lucrezio Caro, prima metà del I° secolo a.C.). Non riesco a riprodurre qui neppure esattamente i versi ascoltati, perché non sono stati citati gli estremi e non è facile ricordare una silloge molto articolata, ancorché assai bella.
Approfitto però per riscrivervi un passo iniziale del primo libro, nel quale, dopo l’invocazione a Venere, di prassi all’epoca, Lucrezio si scaglia contro la religione praticata dai suoi concittadini e anche contro quella proveniente dalla Grecia, portando, con grande efficacia, come esempio di uso nefando della religione e dei vati (in questo caso Calcante) l’esempio del sacrificio di Ifigenia in Aulide (Ifianassa nel testo lucreziano, sul modello greco).

La zattera dei poeti

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venerdì 29 luglio
21:30 – Casa degli Artisti (S. Anna del Furlo)

apertura de La zattera dei poeti
Presentazioni di libri, riviste, progetti, letture.

C’E’ PAESE E PAESE

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di Caterina Soffici

Questo piccolo episodio fa la differenza tra un Paese democratico dove la legge tutela i diritti delle minoranze e punisce le discriminazioni (razziali, di sesso, religione, età eccetera) e un Paese dove il Parlamento non è riuscito ad approvare la legge proposta da Paola Concia (Pd) per rendere l’omofobia almeno un’aggravante nel caso di aggressioni contro gli omosessuali (di reato omofobico non si parla neppure).

Questo piccolo episodio spiega come sia possibile che un personaggio come Alessandra Mussolini possa permettersi di urlare in televisione “Meglio fascisti che froci” o un ministro della Repubblica (Calderoli, Lega) possa affermare “Essere culattoni è un peccato capitale” e rimanere al suo posto senza doversi dimettere per lo scandalo. Questo piccolo episodio si svolge in un parco in zona Richmond, sud-ovest di Londra. Un imprenditore italiano di nome Pierluigi Vullo, porta a spasso il cane, come tutte le sere, da anni.

Note per un diario parigino

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da Chiunque cerca chiunque
di
Francesco Forlani

Ottavo capitolo

Papillon

Per campare faccio corsi d’italiano. L’altra cosa che potrei fare è il cameriere. Un cameriere guadagna il doppio, però vuoi mettere, una cosa è dire faccio il professore, per campare, e un’altra servo ai tavoli e mi faccio mandare affanculo dai colleghi e dal padrone. Per campare faccio il professore d’italiano nelle società francesi, formation continue, ed è un culo mica da ridere che sia continuo perché altrimenti come cazzo farei a  campare. La mattina vado a Mantes la Jolie, nelle Yvelines, dipartimento 78, che sul Monopoli francese lo trovi agli angoli, c’è scritto Prison.

pensami e tornerò

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di Chiara Valerio

Dopo la sciagura le parole duravano poco, venivano pronunciate solo per rimanere nell’aria, sparendo con il fiato senza lasciare traccia di sé. Nina dei lupi di Alessandro Bertante (Marsilio, 2011) è la storia di un abbandono. E come per tutti gli abbandoni, le ragioni sono nascoste, oscure, incomprensibili a tutti coloro che sono rimasti. Solo che l’abbandono di cui scrive Bertante è un addio all’umanità. In carne e ossa, perché il cielo improvvisamente s’è fatto indaco e lisergico e una peste incurabile e violenta è scesa sugli uomini e sulla loro progenie, e pure metaforica, perché è l’umanità, come sentimento di conoscenza e confronto, che ha disertato. Al centro di questa storia c’è un eroe, che come tutti gli eroi è solo, scazonte e fatica in sé stesso. L’eroe di Alessandro Bertante si chiama Nina, ha appena avuto le mestruazioni, è una sopravvissuta, vive in un paradiso nonostante, chiuso al resto della devastazione da una frana. Da bambini non si notano certi cambiamenti, quando si è piccoli il mondo è sempre fermo.

La verifica dei saperi

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Fabio Moliterni

In occasione del centenario della Cgil Angelo Guglielmi viene incaricato dal sindacato di allestire una collana editoriale per raccogliere i campioni più rappresentativi della letteratura industriale del Novecento insieme a scritture inedite sul tema del lavoro. Il potenziale curatore riceve disponibilità e consenso, ma il piano salta per l’opposizione dell’editore Einaudi al quale molti degli autori contattati erano legati per contratto (la collana sarebbe dovuta uscire con Feltrinelli). Le logiche apparentemente infrangibili delle scuderie e delle filiere che dominano la Repubblica delle lettere italiane hanno limitato i margini di sopravvivenza della “bibliodiversità”, riducendo la portata dell’impresa ad un appuntamento mancato. Per usare la formula di André Schiffrin ripresa dal documentario di Andrea Cortellessa e Luca Archibugi, il progetto resta senza scrittori (senza editori).

Non che il tema del lavoro sia stato latitante nella produzione letteraria di questi ultimi anni. Pare invece che la rappresentabilità dell’universo del lavoro post-fordista abbia trovato nella prolifica macchina del romanzesco nazionale una nicchia di mercato favorevole, disposto a scommettere sulle prospettive di impatto “mediatico” di una letteratura tempestivamente definita “post-industriale”, divisa tra forme di fiction più o meno ibride e i modelli vulgati dell’inchiesta o del reportage a tenuta narrativa. Rimuovendo o “medicalizzando” il conflitto sociale (la materialità del reale) con dosi massicce di un’affabulazione sin troppo lineare e elegiaca, si tratta di romanzi o pseudo-romanzi che contribuiscono a dilapidare il patrimonio antagonista, utopistico e libertario lasciato in eredità dalla migliore letteratura industriale (e post-industriale) del secolo passato. Sono esperienze intellettuali che non si sottraggono, ma partecipano all’inerzia nella quale vivacchiano l’inconscio e l’immaginario collettivo, il mainstream che collega le condizioni reali e i riflessi sociali della nuova fase di organizzazione del lavoro ora alle retoriche vittimarie e al volontarismo moraleggiante, ora alle esitazioni elegiache degne di una nuova Arcadia; ora infine a idealtipi o a frame del tutto inespressivi come “precariato”, “emigrazione intellettuale”, “nuovi schiavi”, “morti bianche”.

[mai] più soli

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di Chiara Valerio

[Questa è la recensione che ho fatto tanti anni fa a Trilogia della città di K. di Agota Kristof. Ero molto più giovane e i libri ancora mi sembravano formule magiche. Mi è capitato pochi mesi fa di rileggere Trilogia della città di K. e ancora adesso m’è sembrato un grimorio. E questo]

C’è una città di frontiera in una Europa di guerra e due bambini che parlano con una voce sola e solo col tono sottile intransigente e privo di pregiudizi della curiosità fanciulla. Quella che spinge a spalancare gli occhi sul sole. Lucas e Claus si confondono fin dal nome, si mischiano, incantano con la loro bellezza nella quale tutte le crudeltà le incongruenze bizzarre, gli appetiti sessuali della gente che vive di espedienti, si risolvono miracolosamente e senza giudizi etici. Nulla è disdicevole. Trilogia della città di K. di Agota Kristof è un libro  immorale. Non leggetelo se avete sentimenti che non potete dire vostri con assoluta sicumera. Ve li strapperebbe. Se fossero indotti da una qualche sociologia li estirperebbe lasciandovi senza sangue. È un libro immorale. Non ci sono le sfumature delle indecisioni, delle incertezze, mancano le consolazioni della fede e della letteratura, le persone non sono tetragone, non buone infinitamente buone o reiette definitivamente reiette. Stanno nel mezzo ma senza nessuna virtù. Si adagiano vuote di ragioni superiori, sopravvivono, si barcamenano.

Senza immagine

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di Helena Janeczek

Gli occhi azzurri della ragazza sono rivolti all’intervistatore, ma le pupille restano una voragine risucchiata dal pomeriggio a cui è sopravvissuta. Il trauma è lì, la perdita di uno sguardo capace di posarsi con implicita fiducia sull’esterno. “Passava da una tenda all’altra, calmo, entrava e ammazzava chi c’era dentro”. Anders B. ha fatto le cose con calma e criterio, in ogni fase. Prima il concime per l’autobomba, poi i social network per farsi conoscere: non dagli amici, ma dai media planetari che infatti abboccano tutti agli stessi ami, quelli più facili per trascinare il mostro in prima pagina

Documenti TQ

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[Questi documenti sono un invito al dialogo e alla formazione di comitati TQ, rivolto a tutte le categorie di trenta-quarantenni che vorranno lavorare assieme, riconoscendosi in queste prime analisi e ipotesi di lavoro. Chiunque voglia aderire con proposte e idee può farlo scrivendo a: tq.adesioni@gmail.com ; per il sito: generazionetq.wordpress.com]

Manifesto TQ

All’inizio del suo secondo decennio, il nuovo secolo appare ancora come un Novecento svuotato di senso. Sono caduti insieme alle ideologie anche gli ideali, insieme all’autorità del passato anche la forza del futuro, insieme alle certezze morali anche quelle materiali. Nel nostro Paese quei diritti del lavoro che erano sentiti come naturali sono stati sempre più indeboliti, e hanno cambiato di significato a seconda di chi li nominava. Lungo i nostri confini, intanto, si agitano e premono ogni giorno, con le diverse ribellioni della migrazione e del tumulto, le urgenze di milioni di uomini e donne ai quali si è scelleratamente risposto quasi solo con i CIE, veri lager dissimulati.

ERRORE DI SISTEMA

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di Dario Accolla

Leggendo le maggiori testate italiane, i blog e i commenti sulle bacheche dei social network, è singolare vedere come si identifichino due aspetti tra loro speculari nel caso Breivik, che però non vengono focalizzati fino in fondo. Da una parte, infatti, si parla di radicalismo xenofobo e di integralismo religioso. E tutti – con l’eccezione di Borghezio e di qualche altro leghista – sono pronti a giurare sul razzismo e sul fanatismo religioso del “terrorista” norvegese.
D’altra parte, però, ora per ingenuità, ora per interesse specifico, non si mettono in relazione questi due mali moderni con quello che è un errore di sistema. In altre parole: Breivik è un folle esaltato per ciò che ha fatto, ma non è un caso isolato a livello ideologico, cioè per ciò che crede. Moltissima gente, in Europa (e in Italia) la pensa esattamente come lui.

Fiori di Bachtin

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La questione Bachtin
Intervista di Gigi Spina a Giovanni Mastroianni
Giovanni Mastroianni è andato in pensione, per raggiunti limiti di età, venti anni orsono. Ma continua a lavorare. Per spiegarmelo, recita a memoria i versi mediocri ma cari (il giudizio è suo) di Vittorio Imbriani:

Bello in guerra morir sembra al soldato,
Pregando per chi il crucia all’uom del chiostro,
Sprofondato al nocchier nel gorgo muto.
Forse più fiacco petto a noi fia dato,
Che pugniam con la penna e con l’inchiostro?
Infamia eterna a chi non muor seduto.

Ad Arcavacata, Università della Calabria, insegnava Storia della filosofia politica. E questo continua a studiare. La raccolta che sta mettendo insieme, dedicata “Ai tanti che ormai mi mancano”, si intitola: Pensieri e pensatori politici degli ultimi due secoli,

Pessima letteratura

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di Gianni Biondillo

La sua faccia. A diciannove anni, dopo una adolescenza introversa, da nerd – a detta di un compagno di classe -, Anders Behring Breivik decise di sottoporsi ad una plastica facciale. Voleva “naso e fronte più virili”. La sua faccia. Sono rimasto minuti interi a guardala appena scovata dal web, dopo la strage assurda di Oslo. Com’era prima dell’operazione? Perché così com’è, vista dallo schermo, è la sublimazione dell’ordinario, del prevedibile. Altro che virile. L’apoteosi dello scontato, un volto che se lo incroci per strada lo dimentichi subito. Questo mi comunicava, guardandolo.

riflessioni a bassa voce sul tradurre

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di Laura Barile

Il bel libretto di Antonio Prete All’ombra dell’altra lingua. Per una poetica della traduzione (Bollati Boringhieri, 2011) apre con una verità paradossale di assoluta evidenza: che il traduttore sottrae all’altro, al testo originale, ciò che gli è più proprio. E cioè il tono, il colore, la musica delle sillabe: in una parola, la lingua.

Quella del traduttore è dunque una scommessa straordinaria: restituire in un’altra lingua, che è la propria, la prima voce, che scompare e all’ombra della quale si traduce. Trovare altri suoni, lemmi, metafore, rime e allitterazioni, sì da ricostruire in altri modi l’armonia e dolcezza dell’originale. Perché, come dice Dante nel Convivio, “nulla cosa per legame musaico armonizzata si può della sua loquela in altra trasmutare sanza rompere tutta sua dolcezza e armonia.”

Love Is A Losing Game AMY WINEHOUSE

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Il tema, proposto all’ultimo anno del corso di Letteratura Inglese agli studenti della Cambridge University, durante l’esame di Practical Criticism il 22 maggio del 2008, fra l’indignazione e la sorpresa di molti, lo lascerei come ricordo non retorico, non farcito dalle solite frasi fatte, non indiscreto di gossip e trash, e come epitaffio di questa voce poetica, in senso di vibrazioni di corde vocali intimamente legate alle corde poetiche [ Cor Cordis ], di questa ragazza perduta dallo stile unico. Morta sola a poche ore dai tanti ragazzi morti tutti insieme sull’isola norvegese.

Genova, per loro

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Ho chiesto a Maria Liguori di mandarmi per Nazione Indiana un piccolo estratto del libro da loro appena pubblicato Cittadinanza ferita e trauma psicopolitico di Adriano Zamperini, Marialuisa Menegatto. E qui la ringrazio. effeffe
Ecco un breve testo a testimonianza del lavoro di ricerca che un gruppo di psicologi ha realizzato sui fatti del G8. Tanto si è detto, del terribile che vi è stato in questa vicenda, e in questi giorni riviviamo emozioni,riformuliamo ipotesi e ci guardiamo le spalle. Maria Liguori

Introduzione
Di tutto si può dire del passato, tranne che sia passato
di
Adriano Zamperini e Marialuisa Menegatto

L’Italia è un Paese caratterizzato da innumerevoli conflitti tra memorie divise. Per citare solo uno dei più recenti volumi di storia contemporanea, quello di John Foot, sin dal titolo si parla di Fratture d’Italia (2009). Tante sono le fratture che incrinano l’unità del nostro Paese, generando memorie belligeranti e afflizioni individuali. E una di queste è sicuramente il G8 di Genova.
Dieci anni sono ormai trascorsi da quelle giornate. Nonostante ciò, è un evento che continua a rimanere impresso nell’immaginario collettivo. Difficile dimenticare quei drammatici accadimenti, grazie a fotografie e video visibili per tutti, anche per chi non era a Genova in quei giorni. Immagini che ci hanno permesso di assistere agli scontri di piazza, con la morte di Carlo Giuliani, e osservare il trasferimento in barella di manifestanti picchiati a sangue nella scuola Diaz. Poi le notizie sulla vicenda di Bolzaneto. Infine sono venuti i processi e le polemiche sulle sentenze.

“Un perfetto Cavaliere combatte perfino dall’aldilà”

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Gli uomini che si fanno carini/ per venire a ammazzarti

Aldo Nove

di Anders Behring Breivik

Prima di prendere parte alla resistenza armata contro l’establishment culturale marxista-multiculturalista, devi dedicarti a un periodo di vera e propria evoluzione fisica per diventare un Cavaliere Supremo. In quanto tale, la battaglia richiede determinazione, coraggio e una condizione fisica ottimale. A qualcuno potrà sembrare trascurabile, ma per altri potrebbe invece rivelarsi una sfida quasi insormontabile.
Per quel che mi riguarda, ho dovuto superare molti ostacoli dovuti al fatto che il mio corpo era a un livello veramente preoccupante, dopo più di dieci anni di completa inattività fisica passati a lavorare in ufficio. Tuttavia, un intenso programma di allenamento combinato con l’utilizzo di integratori proteici, Winstrol e Stack mi hanno consentito di raggiungere una condizione superba in meno di quattro mesi.

VISIONI in TRALICE [II] But doth suffer a sea-change…

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[ da “Prospero’s Books” di PETER GREENAWAY ]

di Orsola Puecher

Robert Johnson [1583-1634]
“Full fathom five”


 

ARIEL
Full fathom five thy father lies,
Of his bones are coral made;
Those are pearls that were his eyes:
Nothing of him that doth fade,
But doth suffer a sea-change
Into something rich and strange.
Sea-nymphs hourly ring his knell:
Hark! now I hear them, – ding-dong bell.

IRC E OMOFOBIA

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di Franco Buffoni
Una ragazza di 17 anni, a Ravenna, ha preso posizione contro la sua insegnante di religione. Una volta saputo che la studentessa era lesbica, la docente non aveva perso l’occasione per parlare in classe dell’omosessualità come di una malattia. La notizia è stata diffusa dal sito Ravenna&Dintorni: la ragazza è scappata dall’aula, sbattendo la porta e lasciando la scuola con qualche mese in anticipo. 
Il sito ha contattato l’insegnante, che ha ammesso di aver parlato dell’omosessualità come “derivante da disturbi relazionali e di psiche”. E di avere citato il libro di Luca Di Tolve, l’omosessuale ‘guarito’ di cui parla la canzone di Povia “Luca era gay”. Un po’ come se un professore portasse “Confessioni di un’ereditiera” ad un corso di diritto privato… Questo caso rappresenta una buona occasione per fare il punto sull’IRC, l’Insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole di stato italiane.

MATRIMONI

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di Massimo Serva

Domenica 24 luglio, nel giorno della sua entrata in vigore, a New York saranno celebrati i primi matrimoni secondo la nuova legge. Nei 5 municipi sono arrivate 2.661 richieste, di cui 1.728 di coppie gay. Il Sindaco Bloomberg non potrà dare seguito a tutte le richieste nella sola domenica 24. Potranno dire “I do”, solo 764 coppie, etero o gay che siano. E per non fare favoritismi sarà la sorte a decidere chi potrà sposarsi il 24. Verranno dunque sorteggiate 764 coppie tra tutte le richieste presentate fino ad oggi. Il Sindaco:< <.. E’ meglio così, che avere lunghe file davanti ai 5 Municipi e rischiare di mandare a casa delusi (e non sposati) migliaia di aspiranti…>>.
… Non riesco proprio ad immaginare la stessa scena al Comune di Roma, in coda da Alemanno… Complimenti a Bloomberg!… Evviva New York!… Me ne vado ragazzi! Mi trasferisco!…

Animale e minerale

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di Goffredo Fofi

[prefazione a Le calligrafie del Corvo di Francette Vigneron, Nutrimenti 2011]

Per dire un male che appare più che umano, gli umani ricorrono spesso a metafore animali o addirittura minerali, esorcizzano il loro male attribuendone l’origine a qualcosa che umano non è. Il ‘mistero del male’ è il più terribile dei misteri che minano i nostri comportamenti individuali e le società che l’uomo ha edificato. Esso sembra non avere spiegazioni, anche se scientificamente molti, compreso Darwin, le hanno cercate e ci si sono accostati. Ma la scienza non ci ha certamente aiutato a combattere il male, a liberare noi umani dalle sue catene, dalle nostre nefaste pulsioni negative, distruttive. Questo che è di tutti il mistero più nero è ‘semplicemente’ il male insito nella nostra origine e nella stessa creazione, e le metafore animali che lo hanno descritto derivano forse dalla nostra origine animale, mai superata, controllata. E il male insito nella nostra origine, nella Creazione, non ha saputo risolverlo la Redenzione, il sacrificio del Cristo, Dio-Uomo.