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MATRIMONI

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di Massimo Serva

Domenica 24 luglio, nel giorno della sua entrata in vigore, a New York saranno celebrati i primi matrimoni secondo la nuova legge. Nei 5 municipi sono arrivate 2.661 richieste, di cui 1.728 di coppie gay. Il Sindaco Bloomberg non potrà dare seguito a tutte le richieste nella sola domenica 24. Potranno dire “I do”, solo 764 coppie, etero o gay che siano. E per non fare favoritismi sarà la sorte a decidere chi potrà sposarsi il 24. Verranno dunque sorteggiate 764 coppie tra tutte le richieste presentate fino ad oggi. Il Sindaco:< <.. E’ meglio così, che avere lunghe file davanti ai 5 Municipi e rischiare di mandare a casa delusi (e non sposati) migliaia di aspiranti…>>.
… Non riesco proprio ad immaginare la stessa scena al Comune di Roma, in coda da Alemanno… Complimenti a Bloomberg!… Evviva New York!… Me ne vado ragazzi! Mi trasferisco!…

Animale e minerale

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di Goffredo Fofi

[prefazione a Le calligrafie del Corvo di Francette Vigneron, Nutrimenti 2011]

Per dire un male che appare più che umano, gli umani ricorrono spesso a metafore animali o addirittura minerali, esorcizzano il loro male attribuendone l’origine a qualcosa che umano non è. Il ‘mistero del male’ è il più terribile dei misteri che minano i nostri comportamenti individuali e le società che l’uomo ha edificato. Esso sembra non avere spiegazioni, anche se scientificamente molti, compreso Darwin, le hanno cercate e ci si sono accostati. Ma la scienza non ci ha certamente aiutato a combattere il male, a liberare noi umani dalle sue catene, dalle nostre nefaste pulsioni negative, distruttive. Questo che è di tutti il mistero più nero è ‘semplicemente’ il male insito nella nostra origine e nella stessa creazione, e le metafore animali che lo hanno descritto derivano forse dalla nostra origine animale, mai superata, controllata. E il male insito nella nostra origine, nella Creazione, non ha saputo risolverlo la Redenzione, il sacrificio del Cristo, Dio-Uomo.

Note per un diario parigino

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da Chiunque cerca chiunque
di
Francesco Forlani

Settimo capitolo
Chez Omar

Il marché des Enfants Rouges è in Rue de Bretagne. Con Patrick ed Esteban abbiamo appuntamento proprio lì, che poi si va da Simon, chez Omar. La Rue de Bretagne è una prima fila lunghissima che guarda davanti a sé quello che succede sull’altra parte della strada. e per quanto non succeda mai nulla, si rimane per delle ore, seduti a sorseggiare una chiara, convinti che qualcosa prima o poi capiterà. Ti arriva l’eco dei Grands Boulevards e l’alchemica sorte dei tessuti di Sentier. Esteban insegna spagnolo nella stessa scuola in cui io e Massimo diamo corsi d’ italiano. L’altra sera ho ascoltato la sua intervista registrata a Erich Priebke. Dopo la guerra insieme ad altri nazisti s’era rifugiato nella sua città d’origine, Bariloche, una sorta di Sud Tirolo del continente americano, e così ho ascoltato la voce di un nazista che non è una voce di nazista, ma di un vecchio nazista e allora non riesci a fare la differenza fra la voce di un vecchio nazista e un vecchio proprietario di appartamento come il nostro di Rue Vieille du Temple. Esteban ha una sorella che quando ci vediamo mi canta sempre “scalinatella” , poi gioca bene a pallone e infatti quando è estate che si va tutti, quelli della Bête étrangère,a giocare sulla Marne, lui segna sempre, ola!, tra le Guinguettes con i loro tavoli e le tovaglie di carta a quadri lungo il fiume.

SATANISMO

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di Daniele Ventre

Il problema della diffusione del satanismo è articolato (frase di innesco, funzione fàtica). Dal punto di vista della storia delle religioni, ci sono vari tipi di satanismo. Una cosa è il satanismo simbolico del Carducci dell’inno a Satana (frequentato da quattro gatti e in alternanza con Promèteo e altri simboli tratti dalla mitologia e dalla letteratura); un’altra cosa è il satanismo alla Anton LaVey, che in pratica è un satanismo simbolico-razionalista con un simbolismo più marcato e più caricato e con una forte dose di egoismo neostirneriano (che arriva al paradosso di dire: se uno se la sente di essere altruista e sacrificarsi per gli altri, che lo faccia, perché è la sua natura); un’altra cosa è il satanismo delle sètte statunitensi, un’altra cosa ancora, benché su lunghezze d’onda contigue, è il satanismo delle sètte italiote. Quest’ultimo è un satanismo violento e reattivo. Fa parte di una forma degenere di pensiero antagonista, che non ha saputo trasformarsi ed è rimasto allo stadio di egoismo ribellistico. Che un certo religiume ne sia la matrice è storicamente acclarato.

OMOFOBIA DI STATO

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di Bijoy M. Trentin

Non è la prima volta che un disegno di legge anti-omofobia/transfobia viene proposto in Parlamento. Quando fu affossato per “pregiudiziali di costituzionalità” nel 2009, negli USA veniva approvata una specifica norma che tra i crimini d’odio elenca le violenze per motivi di religione, razza, colore della pelle, origine nazionale, genere, identità di genere, orientamento sessuale, disabilità (è il cosiddetto «Matthew Shepard Act»). Questo è il minimo che oggi una democrazia dovrebbe garantire per definirsi tale, insieme a una regolamentazione non discriminatoria per le coppie LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender): e su tali questioni l’Italia disattende numerose norme e raccomandazioni dell’Unione Europea, dimostrandosi incapace di avviare un processo di approfondimento dell’inclusività e della laicità dello Stato.

Considerato anche il recente aumento dei crimini basati sull’intolleranza nei confronti delle persone LGBT, ultimamente pure Amnesty International ha sottolineato che «le autorità italiane dovrebbero contrastare con maggiore decisione gli atteggiamenti omofobici in modo da garantire una maggiore sicurezza delle persone LGBT» (Rapporto Annuale 2010). E cosa si fa in Parlamento?

Memorandum su Genova

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di Marco Rovelli
[Dieci anni fa ero a Genova, e quei giorni sono stati uno spartiacque decisivo, generazionale. Non sono più mancato, a ogni luglio, in piazza Alimonda. Ogni volta era come rinnovare un patto, un impegno comune. Lo è ancora]
I.  19 /20 luglio 2001
E’ giovedì sera, sotto il tendone della piazza. Fuori diluvia, sono lievemente e felicemente ubriaco, e in questa calca ci sto bene. E’ come se fossimo insieme davvero. E per esserlo davvero basta saperlo. Prima sono rotolato sugli scogli mentre pisciavo alla luna, scogli appuntiti sotto la mia carne liquida, e neanche un graffio, forse perché le mie ossa sono più appuntite delle rocce. Allora continuo a bere, e a cantare.
Ritorno nella piazza alle sei del pomeriggio di venerdì. ‘Hanno ammazzato un ragazzo’ mi dice una compagna, ‘gli hanno sparato’.

Lutz Seiler, Il peso del tempo

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di Stefano Zangrando

fonte: http://fotoblog.zellophon.de/

Vi è un certo ardimento nel proporre, come ha fatto l’editore Del Vecchio, una collana dedicata alle short stories a un pubblico come quello italiano. Pure i buoni esiti continuano a non mancare un po’ ovunque, come dimostra lo stesso primo nato di questa «collana racconti», Il peso del tempo (traduzione di Paola Del Zoppo, pp. 232, € 15) dello scrittore tedesco Lutz Seiler. Il titolo è un lieve, felice scostamento dall’originale: la Zeitwaage, alla lettera «bilancia del tempo», è il cronocomparatore, uno strumento che amplifica il ticchettio dell’orologio per rilevarne le aritmie. Si tratta dunque di misurare il tempo, di “pesarlo” appunto, di vagliare cioè, fuor di metafora, le irregolarità, le sfasature, le incongruenze esistenziali dovute in primo luogo al congedo storico dalla RDT, ma che nascono in realtà da un sostrato più personale, da una pena variamente incarnata.

ragazzo, 20 luglio 2001

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1.7 dalla sala, mentre gli altri sono in spiaggia, ed è luglio, ed il filo nero che fa da antenna della radio, come un rapporto precario che attraversa, e crepa, lo spazio della mia percezione, e della mia vita, parte dall’apparecchio appoggiato per terra, tra il posacenere e le pagine del manifesto e del corriere della sera, e raggiunge la spalliera della sedia, da dove riparte per il tavolo, su cui si appoggia la gruccia a cui si attorciglia, che amplifica il segnale, facendo correre le onde elettromagnetiche che raccoglie nella sezione tubolare delle proprie linee, e riesce a captare le emissioni di popolare network, mi affaccio alla finestra e, dal piano di sopra, avverto la zia della mia ragazza, che ci ospita in calabria, che a genova le cariche non sono motivate, che hanno ucciso un ragazzo, e che si chiama carlo giuliani.

Festival Collinarea

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DAL 21 AL 30 LUGLIO IL FESTIVAL “COLLINAREA”:
IL “GENIUS LOCI “ DI LARI CHE PROTEGGE GLI ARTISTI

Classifiche pordenonelegge-Dedalus giugno-luglio 2011

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I Lettori e le Lettrici delle Classifiche pordenonelegge-Dedalus hanno selezionato, con una votazione specifica, le terne dei finalisti del premio “Stephen Dedalus”, giunto alla sua quinta edizione. Ai Lettori è stata sottoposta la lista dei primi tre classificati di tutte le categorie (Narrativa-Altre scritture, Poesia, Saggistica) nelle votazioni avvenute fra l’ottobre 2009 e il giugno 2011. Come da regolamento del Premio, da questa lista sono state escluse le opere uscite in collane dirette o coordinate da uno dei membri della giuria; quelle postume; quelle miscellanee; quelle già finaliste nella precedente edizione del premio; quelle di autori che hanno già vinto il premio “Dedalus” nelle precedenti edizioni.

Le terne dei finalisti sono risultate:

Per la Narrativa-Altre scritture

Franco Arminio, Cartoline dai morti, Nottetempo
Helena Janeczek, Le rondini di Montecassino, Guanda
Michele Mari, Rosso Floyd, Einaudi

Per la Poesia

Milo De Angelis, Quell’andarsene nel buio dei cortili, Mondadori
Fabio Pusterla, Corpo stellare, Marcos y Marcos
Andrea Zanzotto, Conglomerati, Mondadori

Per i Saggi

Giorgio Agamben, Categorie italiane, Laterza
Ezio Raimondi, Figure e ombre, Il Mulino
Massimo Rizzante, Non siamo gli ultimi, Effigie

La letteratura, il trauma, l’estremo

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di Marco Rovelli

Comprendere il senso di una costellazione di narrazioni, a prescindere da ogni giudizio di valore e dalla costruzione di un possibile canone. Prendere in esame una serie di libri per decifrarne il senso complessivo, che avrà qualche omologia di forma con lo spirito del tempo. Capire in che rapporto sta una certa letteratura con il mondo di cui essa è prodotto. Così facendo si tralascerà la questione del valore da attribuire ai singoli testi, e in quest’opera di comprensione cartografica potrà accadere che libri scritti male siano più rilevanti di libri scritti bene. Perché non si tratta di dar vita a un canone. E’ è questo il caso di Daniele Giglioli, nel suo saggio Senza trauma. Scrittura dell’estremo e narrativa del nuovo millennio (Quodlibet, pp. 115, euro 12). Non che il canone non debba esistere più, sia chiaro: semplicemente, a Giglioli non interessa partecipare alla sua stesura. Con un atteggiamento spinoziano, fedele al motto “non ridere, non piangere e non detestare, ma comprendere”, Giglioli si concentra piuttosto sulla lettura dei testi della nuova narrativa italiana in quanto sintomi.

Nuove antologie, vecchi criteri

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[Con questo articolo, apparso sul numero 11 (luglio 2011) di “alfabeta2”, s’inaugura sul sito omonimo la rubrica “Confluenze” (diversi interventi su o a partire da un medesimo libro). Tema: la poesia francese contemporanea, ma non solo. Per iniziare, una sitografia ampia, che possa mettere in contatto il lettore con un campione notevole di testi già tradotti dal francese in italiano e disponibili sul web, e un intervento di Gherardo Bortolotti sui rapporti tra la pratica di GAMMM, blog letterario di ricerca, e il concetto di Weltlireratur.]

di Andrea Inglese e Andrea Raos

[Su Nuovi poeti francesi, a cura di Fabio Scotto, traduzioni di Fabio Scotto e Fabio Pusterla, Torino, Einaudi, 2011, pp. 311, 16 euro.]

Un’antologia di poesia francese contemporanea era molto attesa in Italia, per diversi motivi. Innanzitutto, una scarsa conoscenza da parte anche del pubblico specializzato della poesia francese contemporanea al di là dei pochi nomi che in Italia, per motivi non sempre facilmente comprensibili, hanno riscosso una perdurante popolarità critica ed editoriale. (Tra il 2004 e il 2005, la rivista Po&sie fece uscire due numeri dedicati alla poesia italiana. Uno di essi includeva un questionario sulla poesia francese proposto a un certo numero di poeti italiani. I nomi che ritornavano più spesso erano Char, Michaux, Ponge, Bonnefoy, Jaccottet. Ciò indicava una ricezione della poesia francese perlomeno fossilizzata.)

Sul filo dell’acqua: Anna Costalonga

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La vita è inferno all’infelice

Eravamo là dove il Piave

s’unisce con il Boite

Così erto e arido

era il cammino

che tornammo animali

Mani e piedi nella terra

che le unghie scarnite

sfarina e slaida

L’amor di noi nascosto

Da fili spinati irti

di barbe lanose

era infante nell’acqua ghiaccia

Nuovi autismi 3 – La mia carriera letteraria

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di Giacomo Sartori

Il mio ultimo romanzo è andato benissimo: nessuno l’ha comprato, nessuno l’ha recensito, nessuno ne ha parlato. Nessuno mi ha invitato a discuterne da qualche parte, nessuno mi ha cooptato a un qualche festival letterario. Nemmeno a uno piccoletto, in uno di quei villaggi abbioccati dove gli scrittori locali inscenano scialbe ruotine di provincia (anche ai festival preclari gli scrittori fanno la ruota, ma è una ruota celebre e rifulgente), nemmeno quando il tema prescelto era giustappunto quello del romanzo. A me piace fare le cose bene, adoro la purezza. Prima purtroppo qualche derelitto dei miei romanzi ne parlava (nelle catacombe dei blog, su qualche confidenziale periodico cartaceo), il che un po’ mi rattristava. Adesso invece ho fatto enormi progressi: finalmente attorno ai miei testi il silenzio è puro e grandioso. Le cose vanno fatte bene: ci vuole un’inossidabile professionalità, molta dedizione. E naturalmente tanto talento, perché senza quello non si fa nulla. Prima di tutto bisogna saper scegliere il momento. Se per esempio sulle pagine cosiddette culturali dei quotidiani frotte di boriosi critici deprecano la marea di noir che converge sui banchi dei librai, quello è il momento ottimale per mettere in cantiere un noir.

VISIONI in TRALICE [I] I can’t hide you the rock cried out

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[ da NUOVOMONDO di Emanuele Crialese]

di Orsola Puecher

Questa è la terra di latte e miele,
che gli animali nascon senza fele,
un fiume di tal sorta qui si trova,
sei hore acqua scorre, poi se ne renova,
quattro fiate si muta alla giornata,
in dolce vin e in latte e poi gioncata.

SINNERMAN [ traditional spiritual ]
Nina Simone [ 1933 – 2003 ] live 1965


 

Oh sinnerman where you gunna run to
Sinnerman where you gunna run to
Where you gunna run to
All on that day

“Rivoluzione” è femminile

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di Gianni Biondillo

Forse Veltroni in Africa dovrebbe andarci per davvero, anche per evitare strafalcioni. In un suo articolo sulla Stampa, nei giorni più cruenti della repressione poliziesca, aveva scritto che in piazza erano sì tutti giovani, ma tutti maschi. “Indice di comunità che negano diritti fondamentali e protagonismo alle donne.” Ne parlo con Barbara Teresi, palermitana che vive da anni al Cairo. Dalla finestra di casa sua si vede Piazza Tahrir, il cuore pulsante della rivoluzione. “Le donne c’erano” mi dice, infervorandosi. “Donne di ogni età e di ogni estrazione sociale. Giovani, adulte, anziane, musulmane velate e non, cristiane, donne col velo integrale e ragazze alla moda occidentale, giornaliste, bloggers, attiviste, popolane analfabete, scrittrici famose, madri con bambini in braccio.”

Archètipi: Beniamino Servino

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Campetti della Reggia di Caserta visti da molto in alto

Un luogo perduto
di
Beniamino Servino

È chiamata piazza. Piazza Carlo III. Piazza? Ma se dentro c’entra tutta una piccola città! Isernia, per esempio, 20 mila abitanti, ci sta tutta. Ma non i volumi, tutta la città con le strade le piazze la villa comunale. Ci siete mai andati? Già, lì ci si va apposta. Non è che la incontri camminado per la città. Ci capiti perché ci vuoi andare. Io ci vado ogni tanto in bicicletta.
Il titolo di queste note è un luogo perduto, ma sarebbe più adatto il luogo della follia.
Oggetto di un intervento di recupero durato anni e costato una cifra che fa rabbrividire tanto è incredibile, restituisce la dimensione della follia anacronistica e ottusa delle sovrintendenze. La vista da google earth [solo così si può scoprire il disegno delle siepi o la geometria dei percorsi] mostra dei ricami da cartigli barocchi che ti fanno sobbalzare! Vuoi vedere, pensi mentre stai su google earth, che quelle bizzoghe e quei frustrati volevano rifare qualche disegno di quel bellillo di Vanvitelli?
Eh sì. Proprio così. Hanno usato le risorse pubbliche per disegnare delle siepi roccocò [che gli si bloccasse in gola a Natale un roccocò!]. Non ci sta una pianta! [Non c’è un albero!] Cosa che se ci capiti [perché ci devi capitare per caso!] sotto il sole là rimani, morto.
Un luogo perduto perché sottratto alla città. E sottraendo sottraendo non resta più niente della città.

Su “Elisabeth”

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di Gilda Policastro

 

Lo sappiamo dalla Poetica di Aristotele come la costruzione del personaggio tragico passi attraverso l’imitazione di vicende “paurose e pietose” occorse a uomini non interamente colpevoli né completamente innocenti: in un caso quelle vicende risulterebbero infatti riprovevoli, nell’altro, poco interessanti. C’è un genere editorialmente in voga che, caricando il peso dell’azione drammatica su un evento “pauroso” più che “pietoso”, pensa di risolvere o almeno di aggirare il problema: si tratta del thriller, in cui il “colpevole” (ma di una colpa circoscrivibile, meno eschilea o sofoclea), pur essendolo innegabilmente, come da attesa soluzione finale, può, tra l’altro, occasionalmente vestirsi di tenerezza, così come la sua vittima mostrare, di tanto in tanto, una sua spietata lucidità e freddezza, o, viceversa, compiacersi della propria inevitabile sottomissione per farne via di salvezza o, quanto meno, strumento di ricatto.

cHI Va là

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[Dal 17 al 20 liglio si terrà a Roma la 6° Conferenza Mondiale sull’Aids. Maria Angela Spitella ha intervistato per Nazione Indiana Stefano Vella, coordinatore del gruppo di ricerca su HIV, epatiti e salute globale all’Istituto Superiore di Sanità, e Direttore del dipartimento del farmaco. E ha raccolto le storie di Marco e Alessandra. Perché il silenzio per l’Aids non è una cura]

di Maria Angela Spitella

La prima volta che ho sentito parlare di Aids avevo quindici anni, lo ricordo ancora come uno schiaffo. Il cuore che si ferma e la paura che si impadronisce di me. Ero al mare, sul Corriere della sera ho letto di questa malattia, ho visto la foto di un malato magro da far paura, con il viso scavato e sofferente. Di morti e di malati non ne avevo visti, ma davanti a quell’articolo mi sono ritrovata a pensare che forse sarebbe potuto accadere anche a me. Ero giovane, ma avevo già avuto i primi rapporti sessuali, e come si leggeva, la malattia si trasmetteva proprio per via sessuale.

Su “Hotel a zero stelle” di Tommaso Pincio

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di Vanni Santoni

La prima cosa che ti viene da pensare quando ti approcci a Hotel a zero stelle è che sia narrativa di viaggio – dice del resto il sottotitolo: “Inferni e paradisi di uno scrittore senza fissa dimora”. Quando poi lo sfogli e sbirci qualche riga qua e là, valuti che possa essere un saggio: noti infatti che parla di scrittori, e in modo piuttosto analitico, tanto che ogni capitolo è introdotto da un piccolo ritratto dell’autore a cui è dedicato (nell’ordine: Parise, Greene, Kerouac, Fitzgerald, Simenon, Wallace, Dick, Landolfi, Melville, Pasolini, Marquez e Orwell, con Burroughs e Kafka “bonus”). In realtà si tratta di qualcos’altro ancora: Hotel a zero stelle è un romanzo, che parla di un tizio che diventa uno scrittore. E lo diventa scoprendo, studiando, affiancando i grandi: facendoci amicizia.