
Un luogo perduto
di
Beniamino Servino
È chiamata piazza. Piazza Carlo III. Piazza? Ma se dentro c’entra tutta una piccola città! Isernia, per esempio, 20 mila abitanti, ci sta tutta. Ma non i volumi, tutta la città con le strade le piazze la villa comunale. Ci siete mai andati? Già, lì ci si va apposta. Non è che la incontri camminado per la città. Ci capiti perché ci vuoi andare. Io ci vado ogni tanto in bicicletta.
Il titolo di queste note è un luogo perduto, ma sarebbe più adatto il luogo della follia.
Oggetto di un intervento di recupero durato anni e costato una cifra che fa rabbrividire tanto è incredibile, restituisce la dimensione della follia anacronistica e ottusa delle sovrintendenze. La vista da google earth [solo così si può scoprire il disegno delle siepi o la geometria dei percorsi] mostra dei ricami da cartigli barocchi che ti fanno sobbalzare! Vuoi vedere, pensi mentre stai su google earth, che quelle bizzoghe e quei frustrati volevano rifare qualche disegno di quel bellillo di Vanvitelli?
Eh sì. Proprio così. Hanno usato le risorse pubbliche per disegnare delle siepi roccocò [che gli si bloccasse in gola a Natale un roccocò!]. Non ci sta una pianta! [Non c’è un albero!] Cosa che se ci capiti [perché ci devi capitare per caso!] sotto il sole là rimani, morto.
Un luogo perduto perché sottratto alla città. E sottraendo sottraendo non resta più niente della città.











