di FRANCO BUFFONI
Negli ultimi tempi, allestendo l’Oscar con tutte le mie Poesie 1975-2010, mi è capitato di interrogarmi sulle ragioni per cui Nell’acqua degli occhi, la prima raccolta uscita da Guanda nel 1979, non contenga alcuni testi esplicitamente omoerotici, recuperati poi in raccolte successive. Ero il censore di me stesso, scrivevo per non pubblicare, evidentemente. I miei referenti – la mia genealogia – erano allora i poeti della cosiddetta “Linea lombarda”, dagli autori storici come Sereni, Erba e Risi, a Giudici e Raboni. Tutti inveterati eterosessuali. Ricordo bene di avere dato in lettura al cattolico Erba il poemetto Suora carmelitana privo dei versi:
Ho pensato poi alla mano nella grata
Alla prima foto di fist-fucking.
Ero troppo pavido? La mia omofobia interiorizzata mi mostrava ingigantiti i pericoli di un esplicito coming out poetico? Può darsi. Tuttavia non me la invento questa lettera autografa del cattolico Mario Luzi (al quale avevo in precedenza inviato il medesimo poemetto nella versione integrale per il Premio Il Ceppo di Pistoia) in cui il mio lavoro viene definito écoeurant, con il ricorso all’aggettivo francese per “disgustoso”. E con l’aggiunta, “Credo che questo fosse proprio l’obiettivo che lei si prefiggeva. Dunque: bravo”. E quella giuria di cattolici (Bo, Bigongiari…) non mi premiò, e continua a ignorarmi a distanza ormai di decenni, anche adesso che si è ringiovanita. Premia altri autori – più abili di me – nel celare ateismo e sessualità.