di
Francesco Forlani
(Racconto pubblicato dagli amici che tornano sempre di Giovedì)
Mi sono sempre chiesto come invecchiassero i libri, e non dico la carta che ingiallisce, i tarli che ne affossano le frasi e che a un certo punto calano in oscuri buchi neri, saltando le pagine a piè pari. Perché certamente invecchiano. Come se oltre la storia un tempo letta, i personaggi continuassero un lungo giro della vita, ben oltre quella normale dei comuni mortali, e così piccole donne, finalmente grandi, smettessero di crescere o coraggiosi capitani, da ammiragli guardassero il mare da una terrazza alzando piano il calice, quasi ad incrociare, con un tintinnio, la cresta dell’onda.
Così una poesia o una canzone. Quando con Giulia abbiamo varcato la soglia del Regio, per accomodarci alla fila undici, tra posti dispari come è giusto che accada ad un uomo e a una donna, il teatro era ormai pieno. Mille e cinquecento facce, ma soprattutto nuche, profili di pubblico, il pubblico di sempre per Dalla e De Gregori. Le donne per il principe e gli uomini per il filibustiere.








