Vi è un minimo comun denominatore nelle polemiche che si sono susseguite nell’ultimo anno nell’ambito degli spazi di discussione culturale, quella sull’“icona Saviano”, e quella sulla Mondadori: a intramarle è un vuoto sostanziale di Politica. Ma il vuoto di Politica non è esattamente la questione sociale della nostra epoca, e particolarmente nel nostro paese? Non scontiamo forse tutti quanti, quotidianamente, una sempre crescente difficoltà a incontrarci in spazi pubblici (come scriveva Christian Raimo sul manifesto), un senso di impotenza che nasce dalla frustrazione continua di un cambiamento che riterremmo necessario e che non sappiamo come innescare, mancando le forme adeguate alla bisogna? Passivizzati in quanto audience, non ci restano che i fischi e la protesta che poi, dalla Parola mediatica, viene tacciata di inciviltà e di essere antidemocratica. E’ un’impasse da cui non sembra esserci via d’uscita.
Ecco, gli intellettuali scontano la medesima impotenza (e come potrebbe essere altrimenti del resto?). Nelle polemiche culturali di questi mesi si è giunti inevitabilmente a un’impasse, come fossimo in presenza di aporie concettuali. E in qualche modo lo sono, poiché si tratta di questioni “simboliche” su cui ci si accanisce evitando di prendere in considerazione le questioni più propriamente politiche. Proprio l’emergenza, anche virulenta, di tali questioni, denuncia la tragica impossibilità di un’azione politica collettiva.














