di Franco Buffoni
Racconta nelle sue memorie Lady Ritchie, figlia di William Makepeace Thackeray, l’eccitazione della Londra letteraria quel giorno dell’estate del 1848 in cui l’enigmatico Currer Bell, autore di Jane Eyre – il caso letterario dell’anno – rivelatosi donna, anzi fanciulla, e piccola, timida, introversa, dai capelli chiari leggeri e diritti aveva accettato di prendere parte al ricevimento indetto in suo onore in casa dell’autore di Vanity Fair. L’attesa e la curiosità erano spasmodiche in particolare tra le signore, ma anche il cinquantatreenne Thomas Carlyle – ormai riconosciuto principe delle lettere inglesi – era presente con la moglie. D’altro canto Thackeray aveva affermato che la fanciulla da sola e in pochi mesi aveva ottenuto i consensi di critica e di pubblico che a lui erano costati dieci anni di lavoro. Charlotte Bronte giunse. Thackeray dovette inchinarsi per porgerle il braccio e condurla all’interno, tanto era piccola. Ed ella si sedette su un divano d’angolo e non vi fu verso di farla spostare in un punto più centrale della sala. E non disse parola per tutta la sera. Tranne una risposta a domanda diretta proferita sovrattono da Mrs Brookfield: “Do you like London, Miss Bronte?”. “Yes and No”, fu la risposta pronunciata con lentezza e gravità, ma accompagnata da uno sguardo di fuoco. Tuttavia, si disse poi, con qualcuno la fanciulla aveva sì scambiato qualche parola, sia all’inizio sia alla fine dell’infelice ricevimento: Miss Truelock, la governante di casa. Non era forse una governante Jane Eyre? E Charlotte che altro era restata, in fondo, se non una piccola governante, una istitutrice di provincia? Tuttavia quello sguardo orgoglioso e perforante, quello no, non era da fanciulla né da governante.













