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“La colla e il miele”. Appunti sulla critica militante

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di Luca Lenzini

Invitato da “Nazione indiana” a intervenire sul tema della critica letteraria, riprendo alcuni spunti dal numero che «L’ospite ingrato» dedicò nel 2004 al tema della Responsabilità della critica[1]. Cercammo allora, con la rivista, di fare il punto su quella che a noi della redazione pareva una situazione di stallo, tanto povera di proposte teoriche quanto appiattita sull’esistente, ad un tempo consapevole e soddisfatta dei propri limiti; naturalmente, non è scontato supporre che poco o niente, da allora, sia mutato nello scenario che, dopo diversi anni, abbiamo dinanzi; tuttavia proverò a portare qualche argomento a favore di questa tesi, ed anzi ne aggiungerò, a mo’ di provocazione, per “rincarare la dose”. Per riassumere, gli spunti si potrebbero rubricare sotto queste tre titolazioni: Sul rimbambimento della critica; Vecchi e giovani;  Le polemiche fallaci. Mi rendo conto che un discorso come quello che sto per fare si presta all’accusa di “fare di ogni erba un fascio”; ma spero si guardi ad esso con l’indulgenza che spetta a chi mira al “bersaglio grosso” e dunque non va tanto per il sottile.

Note per un libretto delle assenze

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di
Francesco Forlani

E allora? Già, non te n’eri accorto, e forse nemmeno lo immaginavi che potesse accadere, capitare a te di ritrovare delle cose viste, ma tanto tempo prima, l’anima, il colore fino ad allora annegato in un mare di toni scuri, in centinaia di foto in bianco e in nero, una vastità di grigi, con scale appena percettibili, gli occhi del colore dei capelli e delle scarpe, come se il bianco avesse fatto assalto al nero o questi avesse attentato alla purezza, immacolata della carta, o forse né l’uno né l’altro, perché tra quello che era e si vedeva, perché certo si vedeva per come era, naturale, roseo, i capelli radi sulla fronte, il sorriso delicato come le mani, il volto, non v’era più nulla al passaggio dell’occhio alla camera oscura. Come per la sacra sindone incline al sacrificio del dettaglio, a fare di rosso sangue, grumi di colore denso e nero, e nessun rosa, giallo, nemmeno un’unghia sul telo imbrattato, qui, però al contrario, dalla icona senza colore venivano fuori le pieghe degli occhi, le rughe del tempo. Allora ecco, ora cedi alle tensioni dello sguardo, e le corde dell’anima lasci che suonino insieme ai ricordi qualcosa di simile a una canzone già sentita, per consapevolezza di essere stato felice, anche tu un giorno come quell’uomo nella fotografia.

IL CASTELLO (3 parte)

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di Giacomo Sartori

Il secondo giorno mi sono alzato, e ho cominciato a aggirarmi per il castello ancora silenzioso. A quanto pare i fantasmi erano già andati a letto, mentre gli scrittori veri o posticci che fossero non si erano ancora alzati. Le solite sale con le solite armi appese alle pareti, i soliti quadri, le solite profonde finestre con i soliti cortili interni e bastioni, i soliti saloni affrescati, i soliti corridoi e disordinati scalini. Adesso non avevo più paura di perdermi, sapevo che bene o male ce se ne veniva sempre fuori. Bastava avere pazienza, non lasciarsi prendere dal panico. Il problema piuttosto era la colazione. Camminavo e camminavo, e neanche l’ombra di un locale con qualcosa anche solo lontanamente alimentare. Si sarebbe detto che il castello fosse assediato da anni, e le scorte fossero ormai finite da un pezzo.

Fiero del mio sognare

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di Gianluca Veltri

Nel 1972 Guccini ha trentadue anni. È già distante dai miti di quell’epoca, che del resto si incamminano lentamente per conto proprio verso il tramonto. Verso la fine di quell’anno scriverà un testo come quello di “Canzone delle osterie di fuori porta”, che celebra proprio la fine del flower power e la fosca irruzione del terrorismo:

son caduti i fiori e hanno lasciato solo simboli di morte.

Come avrebbe chiosato Woody Allen, “Dio è morto, Marx è morto e anche io non mi sento tanto bene”.
Poco tempo prima di questo passaggio, il cantautore – “la montagna nel cuore” – licenzia un Lp come RADICI. Lo stacco rispetto alla contemporaneità è forte e netto. Dice in proposito: “In un periodo in cui molti volevano fare tabula rasa del passato, io invece cercavo questo passato per capire che cos’ero, avevo bisogno di trovare qualcosa che mi appartenesse, e quindi le radici”. Forse è anche il risultato di successivi sradicamenti subiti (sebbene non tutti avversati): da Pàvana a Modena, da Modena a Bologna. […]

“Prosa in prosa” a Bologna

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giovedì 17 giugno, alle ore 17:30

presso la MEDIATECA DI SAN LAZZARO

San Lazzaro di Savena (Bologna)
via Caselle 22

reading + dialogo su

PROSA IN PROSA

(Le Lettere, 2009)

incontro a cura di Renato Barilli

introduzione di Paolo Giovannetti

letture di

Alessandro Broggi, Marco Giovenale, Andrea Inglese

interverranno inoltre

Vincenzo Bagnoli Milli Graffi Adriano Padua

carta st[r]ampa[la]ta n. 19

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di Fabrizio Tonello

Quando erano più piccole, le mie nipotine pesaresi adoravano far impazzire i grandi che le interrogavano sui numeri: “Quanto fa 10 più 10?” chiedeva, melenso, l’adulto sorridente. “Undici”, rispondeva implacabile Teresa. “Ma no, sono sicura che lo sai, 10 più 10, come le dita, quanto fa?” “Quindici”. “Su, non fare la sciocchina”, sospirava la nonna, “guarda le due mani: quante dita ho”? “Quattro” era la risposta. Di solito, il benevolo esame finiva lì e si andava comprare il gelato (fuori casa i piccoli mostri capivano perfettamente la differenza tra “2 palline”, “3 palline” e “4 palline con panna”).

Qualcosa del genere succede probabilmente anche al Giornale dove, il 9 giugno, Feltri ha lanciato la sua campagna per tagliare i fondi alle associazioni come l’Anpi, commissionando un articolo intitolato “Pochi fondi agli ex soldati: fanno incetta solo i partigiani”. Qualcuno potrebbe magari obiettare che i partigiani erano soldati, visto che il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia era un organismo riconosciuto non solo dal governo dell’Italia liberata ma anche dalle potenze alleate, che mandavano armi, uomini e istruzioni. Il comandante
militare era Raffaele Cadorna, generale dell’esercito regolare italiano. Ma forse è troppo chiedere che “Littorio” Feltri (come lo ha soprannominato Marco Travaglio) si sia accorto di queste cose a soli 65 anni dal 25 aprile 1945 e a 62 anni dall’approvazione della Costituzione (che il suo datore di lavoro vuole cancellare perché è “un inferno”).

Carta canta

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di Helena Janeczek

Premessa:

Un piccolo libro contro Roberto Saviano edito dal “Manifestolibri” ha scatenato una discussione sulle pagine del “manifesto” e altri giornali, trovando un’ampia eco, prevedibile e positiva, sulla stampa di destra. Alessandro Dal Lago, l’autore di Eroi di Carta, e il suo editore Marco Bascetta hanno rivendicato il diritto di criticare Saviano da sinistra, mentre molte altre firme, inclusa la stessa direttrice del “Manifesto” Norma Rangeri, hanno difeso l’opera e l’autore di Gomorra. Non mi interessa, in questa sede, difendere Saviano perché sta pagando un prezzo personale alto, perché lo hanno più volte minacciato i Casalesi, perché sta decisamente antipatico al capo del nostro governo fresco di legge-bavaglio che è anche il suo editore e il mio datore di lavoro. Voglio soltanto mostrare com’è fatta quella che Bascetta definisce un’analisi “seria, rigorosa, e diffusamente argomentata”. Analizzando a mia volta un testo, lavoro che, se gli argomenti e riscontri sono validi, resta tale anche se fossi la mamma di Saviano o l’amministratore delegato della Mondadori.

Programma “La punta della lingua 2010”

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La punta della lingua 2010

Poesia Festival (V Edizione)

Ancona e Portonovo

16-27 giugno

Organizzazione: Nie Wiem

Responsabile: Valerio Cuccaroni

Direttore Artistico: Luigi Socci

Mercoledì 16 giugno

Portonovo / Chiesa di S. Maria

H 18.45

POETI NUOVI

Franco Buffoni presenta i poeti del X Quaderno italiano di poesia contemporanea (Marcos Y Marcos, 2010)

Letture di Corrado Benigni, Andrea Breda Minello, Luigi Nacci, Francesca Matteoni, Italo Testa

TRISTI MONTAGNE (guida ai malesseri alpini): 1 parte

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di Christian Arnoldi

[i due passi riportati sono tratti da Tristi montagne (guida ai malesseri alpini) di Christian Arnoldi, Priuli & Ferlucca, 2009; un libro che mancava, e che permette di capire molto meglio la completa schizofrenia e i conseguenti pervasivi malesseri delle vallate alpine, e forse anche la crisi “strutturale” dello stesso turismo di montagna]

La belle montagne

Nella seconda metà del XVIII secolo la produzione immaginaria ha alimentato una serie di differenti approcci alla natura quali ad esempio il viaggio, la marcia, la salita, l’arrampicata, la raccolta di materiali, la misurazione. Queste attività, intraprese dai cittadini europei, si sono poco a poco codificate e cristallizzate in due modalità stereotipate di rapportarsi alla montagna: l’alpinismo e il turismo. Tali modalità, strutturatesi nel corso degli ultimi due secoli, hanno messo in movimento la totalità della società, ogni sua dimensione, da quella economica a quella politica, da quella organizzativa a quella legislativa, da quella materiale a quella estetica. Hanno portato cioè alla composizione di gruppi e di cerchie, al formalizzarsi di organizzazioni (i Club alpini nazionali e regionali) e di agenzie come quelle per la preparazione dei viaggi, alla precisazione di piani, di programmi e di attività, alla designazione di ruoli, di compiti e di missioni; alla scoperta oppure alla progettazione di vie di comunicazione (sentieri e tracciati che portano alle vette, teleferiche, funivie, seggiovie), alla costruzione di nuove strutture abitative in alta montagna (grandi hotel, alberghi, rifugi, bivacchi, seconde case, villaggi), all’inaugurazione di un particolare sistema economico che ha smantellato e sostituito quello precedente. Alpinismo e turismo hanno contribuito alla formazione di un sistema geo-politico esteso ai crinali delle vette più alte d’Europa e all’innesco persino di una guerra d’altitudine;

Radio Kapital: la scuola s’è destra

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di
Francesca E. Magni e Lorenzo Galbiati

L’importante è che nessuno lo sappia, soprattutto i diretti interessati. Altrimenti non sarebbe così semplice licenziare l’equivalente dei lavoratori di tutti gli stabilimenti Fiat e di tutto il petrolchimico italiano: 150 000 persone, in cinque anni.
Per un po’ ha funzionato: la riforma delle elementari è stata fatta passare in fretta e furia l’anno scorso, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in estate, ma era illegalmente già in vigore da mesi (e con lo stesso metodo si sta facendo passare quella delle superiori). Sì, hanno protestato in tanti, pure in una trasmissione Rai, ma il silenzio successivo sui media nazionali ha funzionato.
Secondo: quando se ne parla, se proprio è necessario, basta parlarne male, denigrare la classe dei lavoratori e la cosa finisce lì. Fannulloni, statali, eccetera, piove sul bagnato, il consenso è immediato. Certo non è gente che “si fa un culo così” a detta di Brunetta, lui che ama chiudere l’aria con il gesto del rubinetto.
Era inevitabile, si è raggiunto il culmine. Succede così anche con la brina, quando l’aria è satura di umidità, non ce la fa più: passa direttamente allo stato solido o – a seconda della temperatura – liquido e diventa o brina o rugiada. “Collassa”.
Dai e dai, alla fine ce ne siamo accorti.
Se ne sono accorti i genitori delle elementari che si sono visti negare il diritto al tempo pieno. Se ne sono accorti i genitori dei bambini ai quali hanno negato l’insegnante di sostegno: ecco che cosa è successo dall’anno scorso con la riforma delle scuole primarie.

Una storia fascista (reprise)

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Condannato a due mesi di reclusione con tutti i benefici di legge

Si è conclusa con la condanna a due mesi di reclusione (pena comminata dal giudice monocratico di Città di Castello PG), il procedimento di 1° grado che vede imputato lo scrittore Divier Nelli, accusato (Delitto di cui artt. 595 c. 1° e 3° Cp.) di avere offeso la reputazione dei congiunti di Casella Marcello (defunto) attribuendo a questi, nel romanzo giallo Falso Binario (Passigli Editori, 2004), la responsabilità dell’omicidio di Barsottelli Ottavio, avvenuto a Viareggio (Lu) l’11 settembre del 1931. “Siamo abbastanza soddisfatti, si tratta del minimo della pena prevista”, ha commentato l’avvocato Aldo Lasagna “ricorreremo in appello contando in un ribaltamento della sentenza. In appello sarà ripreso in esame il materiale storico già agli atti, comprese le note di polizia dell’epoca che potrebbero fare nuova luce sul delitto Barsottelli.”

Per saperne di più, leggere qui.

Una nuova rivista online

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C’è una nuova rivista online: Elephant & Castle – laboratorio dell’immaginario. Il primo numero, curato da Nunzia Palmieri, contiene un inedito di Gianni Celati, Bollettino del diluvio universale, pantomima in due atti. E anche due traduzione celatiane da Rimbaud e Baudelaire. Per sfogliare la rivista, alla quale diamo il benvenuto in rete, qui.

FERNANDA PIVANO

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di Franco Buffoni

“Ormai l’America mi si era snodata davanti e mi pareva impossibile che la frode della dittatura avesse potuto uccidere tanti nostri talenti. Il sogno americano di Roosevelt si era impadronito della nostra anima, delle nostre illusioni. Forse non avevamo capito niente, forse non c’era niente da capire, forse Alberto Mondadori, grande, grandissimo, sfortunato editore, aveva cercato di aiutarci a sognare. Traducevo per lui, senza pensare ad altro che a vedere i libri stampati, senza desiderare altro che dividere i miei sogni con giovani immuni dai drammi che avevo dovuto vivere io”. Così scrive Fernanda Pivano in The Beat goes on, apparso nel 2004 a cura di Guido Harari.
Tra i drammi che aveva dovuto vivere Nanda Pivano c’erano stati l’arresto per avere tradotto Addio alle armi di Hemingway, giudicato troppo pacifista e lesivo dell’onore dell’esercito italiano; e la prigione, quando si scoprì il trucco inventato da Pavese per aggirare la censura fascista, consistente in una semplice ma efficace “s” puntata, che trasformò – per i clerico-fascisti di allora – l’Antologia di Spoon River in una potabile “Antologia di S. River”.

Storia dell’informazione letteraria in Italia

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Martedì 15 giugno ore 9,30-12,30
Biblioteca Nazionale Viale Castro
Pretorio 105, Roma
Tel. 06-4989339

in occasione dell’uscita del volume:

STORIA DELL'INFORMAZIONE LETTERARIA IN ITALIA
DALLA
TERZA PAGINA A INTERNET
1925-2009

di

Gian Carlo Ferretti
e Stefano Guerriero

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Goffredo Fofi
Filippo la Porta
Paolo Mauri
Massimo Raffaeli
Marino Sinibaldi

discuteranno con gli autori su
A CHI SERVE UN CRITICO LETTERARIO

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ammutoliti,
muti:


ammutìnati!

Radio Kapital: Alberto Abruzzese

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Nel segno di Zorro

di

Alberto Abruzzese

[…] mi sono permesso in questo campo quasi o del tutto la stessa libertà di cui mi sarei servito se i fatti fossero stati frutto della mia immaginazione. Insisto soltanto sulla autenticità dell’abbozzo. […] La lettera serbava per me uno strano interesse, e vecchia e scarlatta com’era, i miei occhi si fissavano su di essa e non riuscivano a staccarsene. Certo doveva esserci in essa qualche profondo significato, che ben sarebbe valso le fatiche di un’interpretazione, e che, allo stato attuale, aveva per me qualcosa del simbolo mistico, che si comunicava impercettibilmente ai miei sensi, ma sfuggiva all’analisi della mia mente (Hawthorne, 1850). Poiché il male, per Lautréamont (come per Hegel), è la forma in cui si presenta la forza motrice dello sviluppo storico, è importante fortificarlo nella sua ragion d’essere, e questo può essere fatto nel modo migliore solo basandosi sui desideri proibiti, inerenti all’attività sessuale primitiva, come si manifestano in modo particolare nel sadismo. […] É noto che dalla sistematizzazione di  questo modo d’espressione prende le mosse il surrealismo (André Breton).

Un guizzo di frusta o di spada: un marchio, un tatuaggio tra pelle e carne, tra interno e esterno; qualcosa di inverso eppure simile al segno di giglio che già aveva bollato di infamia la bella Milady di Dumas. Ecco l’immagine di tortura che suggerisco: una Z … quella con cui Zorro, eroe tra lettura ottocentesca e novecentesco spettacolo, giudica e punisce chi si macchia di colpa nella sua piccolagrande Cacania hollywoodiana. “Tre rapidi graffi”, riassume Wikipedia, rimandando ai graffiti che mani invisibili tracciano ogni notte sui muri della città, così firmando la propria anomia (e anonimia: né nome né legge, come le spie, gli agenti segreti, gli attentatori, i reparti speciali, i boia).

IL CASTELLO (2 parte)

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di Giacomo Sartori


[ritaglio questi altri paragrafi dallo stesso testo]

Il primo dibattito organizzato da noi scrittori posticci si svolgeva nella loggia della corte principale del castello, dov’erano state disposte le poltroncine di plastica. Discettava un giovane e conosciuto critico dal poderoso fisico che aveva accettato di venire a proprie spese. I veri scrittori erano seduti sul fondo, dietro a un tavolo perpendicolare appunto alla lunghezza della loggia. Erano appostati uno di fianco all’altro e avevano tutti gli occhiali da sole. Quegli antipatici occhiali molto scuri che coprono completamente gli occhi, con delle forme ovaleggianti o anche allungate lateralmente, forse alla moda. Una schiera di giovani scrittori con gli occhiali che nascondevano i loro occhi orgogliosi e avidi di scrittori rampanti. Non si mescolavano con i comuni ascoltatori e con gli scrittori posticci, e i loro nevrotici dinoccolamenti facevano anzi capire l’incolmabile reticenza a un’attitudine puramente recettiva, a un pedissequo assistere. Facevano pensare ai Blues Brothers, senza però la spudorata innocenza, e anzi con i visi percorsi da involontari tremiti di sufficienza. Ma erano pur sempre presenti. Alla nostra prima conferenza c’erano anche i veri scrittori.

Dieci minuti dopo l’inizio del dibattito mi sono voltato: i veri scrittori erano scomparsi. Dileguati come uccelli dopo il rimbombo minaccioso di una fucilata. Uccelli che hanno intuito l’odore di morte, e che non torneranno.

Una storia fascista

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Udienza finale del processo penale di 1° grado a carico dello scrittore Divier Nelli, per la ricostruzione di una vicenda fascista.

Si terrà nella tarda mattinata di venerdì 11 giugno 2010, nel Tribunale Penale di Città di Castello (Pg), l’ultima udienza di 1° grado che vede imputato lo scrittore viareggino Divier Nelli, accusato (Delitto di cui artt. 595 c. 1° e 3° Cp.) di avere offeso la reputazione dei congiunti di Marcello Casella (defunto durante la Seconda Guerra Mondiale) attribuendo a questi, nel romanzo giallo Falso Binario (Passigli Editori, 2004), la responsabilità dell’efferato omicidio del diciottenne Ottavio Barsottelli (legato ai binari ferroviari e fatto mutilare da un convoglio), avvenuto a Viareggio (Lu) l’11 settembre del 1931.

Nel corso dell’udienza, sarà ascoltata la testimone della difesa Didala Ghilarducci, presidente della sezione provinciale dell’Anpi di Lucca.

La responsabilità dell’autore: Giorgio Vasta

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[Dopo gli interventi di Helena Janeczek e Andrea Inglese, abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. Dopo Erri De Luca, Luigi Bernardi, Michela Murgia, Giulio Mozzi, Emanule Trevi, Ferruccio Parazzoli, Claudio Piersanti, Franco Cordelli, Gherardo Bortolotti, Dario Voltolini, Tommaso Pincio, Alberto Abruzzese, Nicola Lagioia, Christian Raimo, Gianni Celati, Marcello Fois, Laura Pugno, Biagio Cepollaro, Ginevra Bompiani, Marco Giovenale, Vincenzo Latronico, Franz Krauspenhaar, ecco le risposte di Giorgio Vasta.]

1) Come giudichi in generale, come speditivo apprezzamento di massima, lo stato della nostra letteratura contemporanea (narrativa e/o poesia)? Concordi con quei critici, che denunciano la totale mancanza di vitalità del romanzo e della poesia nell’Italia contemporanea?

Soltanto una breve nota preliminare. Nel rispondere al questionario tengo conto del fatto che il mio intervento ne segue parecchi altri e che è dunque inevitabile, a questo punto, che nel rispondere alle domande si dialoghi contemporaneamente con molte tra le risposte che sono state date. Ho anche provato a seguire un filo rosso – il ragionamento sulle retoriche – per dare continuità alle riflessioni proposte.

I veleni dell’ecomafia che investe sulla crisi

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di Roberto Saviano

Raccontano che la crisi rifiuti è risolta. Che l’emergenza non c’è più. Gli elenchi dei soldati di camorra e ‘ndrangheta arrestati dovrebbero rassicurare che la battaglia è vinta. O almeno, questa è la versione. Molto distante, però, da ciò che realmente accade. Ogni anno Legambiente attraverso il suo Osservatorio ambiente e legalità produce storie e numeri: “Ecomafia”.
Quello dei rifiuti è uno dei business più redditizi che negli anni ha foraggiato le altre economie. Come il narcotraffico, il fare affari con i rifiuti, sotterrare scorie tossiche, devastare intere aree, ha permesso alle organizzazioni criminali e a semplici consorterie imprenditoriali di accumulare capitali poi necessari per specializzarli in altri settori. Catene di negozi, imprese di trasporti, proprietà di interi condomini, investimenti nel settore sanitario, campagne elettorali. Sono tutte economie sostenute con i rifiuti. Esempio lampante ne è l’economia campana e i suoi gangli politici che si sono strutturati intorno alla crisi rifiuti. Il mondo intero non si spiegava come fosse possibile che un territorio in Europa vivesse una piaga tanto purulenta. Come fosse possibile che le dolcissime mele annurche o le pregiate bufale campane, caratteristiche proprio di quelle zone, potessero trasformarsi improvvisamente in prodotti rischiosi per la salute. Possibile che convenga di più avvelenare che concimare e raccogliere?

La ricostruzione non finisce qui

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di Giuseppe Zucco

Roma crepita. Il sole scioglie i sanpietrini, i monumenti, le linee dei palazzi. Le generazioni, le moltitudini, le comunità internazionali. Scioglie i minuti ed i millenni. Le gru immense sulle spianate da ricostruire e ripopolare. Scioglie il tardissimo impero e i campi rom. Gli americani sotto i cappelli di paglia, i bambini nelle carrozzine, il trucco delle ragazze romane. Scioglie i vecchi con la camicia aperta, gli uomini nella pozza elegante del completo scuro, i pakistani con le rose in mano e il fazzoletto bagnato in testa. La riga di formichine rosse sull’asfalto fuso. E anche io mi sciolgo. Io sono questa cosa che galleggia nell’aria, la scintilla che arde e brucia mentre aspetta il 36 o il 90 Express, questa piccola pozza umana che gocciola ed evapora davanti una fermata sulla via Nomentana, dimenticato nell’estate nucleare ed atomica del 2009. Nessuna ombra.