Carta canta
di Helena Janeczek
Premessa:
Un piccolo libro contro Roberto Saviano edito dal “Manifestolibri” ha scatenato una discussione sulle pagine del “manifesto” e altri giornali, trovando un’ampia eco, prevedibile e positiva, sulla stampa di destra. Alessandro Dal Lago, l’autore di Eroi di Carta, e il suo editore Marco Bascetta hanno rivendicato il diritto di criticare Saviano da sinistra, mentre molte altre firme, inclusa la stessa direttrice del “Manifesto” Norma Rangeri, hanno difeso l’opera e l’autore di Gomorra. Non mi interessa, in questa sede, difendere Saviano perché sta pagando un prezzo personale alto, perché lo hanno più volte minacciato i Casalesi, perché sta decisamente antipatico al capo del nostro governo fresco di legge-bavaglio che è anche il suo editore e il mio datore di lavoro. Voglio soltanto mostrare com’è fatta quella che Bascetta definisce un’analisi “seria, rigorosa, e diffusamente argomentata”. Analizzando a mia volta un testo, lavoro che, se gli argomenti e riscontri sono validi, resta tale anche se fossi la mamma di Saviano o l’amministratore delegato della Mondadori.
La bandella di Eroi di carta promette che “Dal Lago cerca di venire a capo del fenomeno Saviano-Gomorra analizzando esclusivamente ciò che l’autore ha scritto.” Non è così. Oltre la metà delle citazioni riportate a blocchi, non appartengono alla produzione da lui firmata. Per rigore di metodo bisognerebbe distinguere nitidamente i pareri di caio e tizio su Saviano, ciò che Saviano ha detto- per esempio in un’intervista- e ciò che Saviano ha effettivamente scritto. E’ soprattutto l’introduzione a pullulare di questo uso arbitrario dei materiali e questo non stupisce, visto che sono le prime pagine a predisporre tutto il clima del libro.
In apertura si presenta, in prima persona, un docente universitario di sociologia della cultura – ossia una voce autorevole- che parla ai suoi studenti dei rapporti fra letteratura e media. Gli studenti si irrigidiscono quando dice di voler prendere in esame Gomorra sotto questo profilo. “Uno studente alza la mano. “Non si metterà anche lei a crocefiggere Saviano?”, mi chiede. “Un momento”, rispondo, “chi lo crocefigge, a parte ovviamente i camorristi? A me sembra che esista un movimento d’opinione unanime a sua favore. D’altra parte, lo stesso Saviano ha dichiarato di muoversi a suo agio nei media e anzi di voler lanciare una moda”. E leggo un passo di un articolo su una manifestazione anticamorra a cui ha partecipato lo scrittore”. Segue il passo da un articoletto senza firma uscito su Repubblica all’indomani del primo speciale di “Che Tempo che fa”.
“Saviano ha parlato a lungo e con cruda chiarezza. Lui stesso si è definito una “operazione mediatica”, nata e portata avanti perché si conoscano gli orrori della camorra e si capisca che riguardano tutti. Il suo “sogno” è che la lotta alla criminalità organizzata diventi una vera e propria moda. E’ quello che “i grandi editori, le televisioni, trovassero un punto comune, anche conveniente. Perché non creare una moda?”
Persino senza ricostruire tutto il contesto dell’intervista in cui Saviano parla a più riprese del suo rapporto con i media e andando a rintracciare solo il passaggio dove usa la parola “moda”, si scopre che le sue parole erano altre. “Perché non deve essere anche conveniente combattere questi poteri, perché non bisogna anche creare una moda di combattere contro di loro, perché dobbiamo sempre essere minoritari e marginali?”, ha detto Saviano. Un “noi” che allude a una collettività antimafia di cui Saviano si sente parte, un “bisogna” che si riferisce ai meccanismi mediatici nominati prima, non a una volontà in prima persona; “moda” pronunciato solo una volta, nessuna traccia di termini o metafore corrive come “sogno”, “orrori”, “vera e propria” e simili. Perché allora Dal Lago usa una fonte di seconda mano, perché parla di una generica “manifestazione anticamorra”, senza precisare che si trattava di un programma televisivo? Per faciloneria? Possibile? Se uno sociologo delle comunicazioni non tiene conto della differenza fra un discorso pronunciato davanti alle telecamere o in una piazza, se non distingue un riassunto fatto da altri dal testo originale, che serietà può avere il suo lavoro? Ma dato che una nota ci restituisce il titolo del articolo citato- “Il monologo di Saviano in tv: non sono solo in questa battaglia”- diventa quasi impossibile credere che si sia trattato di una svista. Allora è quasi inevitabile concludere che Dal Lago abbia citato il pezzo di “Repubblica” perché si prestava meglio al discorso che lui stesso intendeva fare. Per imporre una leggera distorsione alle parole di Saviano, attribuirgli una certa coloritura, e forse così far passare anche più liscia l’affermazione che con lui ce l’abbiano solo i camorristi. L’ultima uscita di Berlusconi su Gomorra è successiva alla chiusura del suo libro, ma c’è ne era già stata una precedente di cui Dal Lago tace. Ignora le intervista fatte più volte ai ragazzi e altri abitanti di Casal di Principe, e si sente esentato di andare a sentire qual è l’opinione corrente su Saviano. Gli unici nemici non camorristi che gli vengono concessi, ma solo en passant e a singhiozzo, sono Bruno Vespa, Licio Gelli, e Fabio Cannavaro. Bruno Vespa non ha mai espresso nulla contro Saviano e probabilmente Dal Lago lo confonde con Emilio Fede.
Questo “lapsus” come forse Dal Lago lo definirebbe, potrebbe essere un singolo, benché imbarazzante, errore di distrazione, se non apparisse tanto forte il sospetto che non abbia preso in esame che i materiali di più larga circolazione in rete. Così nomina genericamente i blog di destra che “sfottono” o “punzecchiano” Saviano, ma nemmeno un articolo dello stesso tono uscito sui giornali vicini al presidente del consiglio. O afferma che “la critica mainstream, quella accademica, è invece abbastanza abbottonata” su Gomorra, salvo poi riportare molto più tardi un passo molto lusinghiero di Giulio Ferroni. Ma che l’autore di una canonica “Storia della letteratura italiana” condivida il giudizio positivo con critici come Goffredo Fofi, Romano Luperini, Mario Barenghi o Walter Pedullà, questo non lo dice. Dal Lago preferisce ricorrere a un articolo di Tiziano Scarpa per sostenere che Saviano fa della camorra la tirannia per eccellenza. Ignorando “le altre mafie” o “gli immigrati che annegano a centinaia davanti a Lampedusa”.Come se Saviano non avesse scritto e parlato, dopo Gomorra, sempre anche delle altre mafie. Come se non fosse “intervenuto spesso a favore dei migranti con articoli e interviste, anche se la sua prospettiva…è quasi esclusivamente quella della lotta alla camorra o alle altre mafie”. Questo Dal Lago lo concede, per prudenza, in una nota. Ma le note chi le legge?
Saviano, passando attraverso il riflesso di alcuni scrittori amici, è diventato dopo poche pagine qualcuno che non scorge altro che camorra, ovunque. In un modo ossessivo e quindi dubitabile nei suoi contenuti. Quando va in Spagna vede non solo camorristi, ma anche approdare “sulle sue coste solatie”, turchi e afghani. Per dimostrare la fantasiosità dell’autore di Gomorra viene citata la trascrizione di un’intervista video fatta per il blog Café Babel: non in Spagna, come fa intendere Dal Lago, ma a Parigi, nel 2007. La presenza dell’infiltrazione camorrista in Spagna è qualcosa che emerge già in Gomorra, che torna in vari articoli di Saviano, nelle interviste e negli articoli per “El Pais”. E’ un dato incontrovertibile, suffragato dagli arresti di tanti boss campani di primo piano. Fra cui, in tempi recenti e con grande tam tam mediatico, il capo degli “scissionisti” – o “spagnoli”- di Scampia, Raffaele Amato. Nel passo precedente dell’intervista, non citato, Saviano ribadisce la presenza particolarmente forte della camorra in Spagna. Ma la scelta cade su un brano in cui ci sono accenni rapidi ai proventi del narcotraffico per finanziare gli attentati terroristici di Madrid, ai talebani che controllano oppio e eroina e la smerciano attraverso la Turchia e insieme alla recente rivolta delle banlieue francesi. Perché? Perché attraverso frasi dette “a ruota libera” si possa concludere “Ha mai svolto Saviano indagini su tante cose di cui parla, a parte la camorra?” E pure insinuare che persino sulla camorra non sia poi del tutto attendibile.
A questo punto, Dal Lago è pronto a negare ciò che soprattutto a sinistra costituisce il merito di Gomorra. “L’opinione corrente è che Saviano abbia rivelato in Gomorra i rapporti fra crimine ed economia globalizzata.(..) E tuttavia non può essere ridotta a un’equazione leggibile nei due sensi. Che la camorra, come la mafia e la ndrangheta si globalizzi e investa in tutto il mondo non significa che l’economia globale sia camorrista”. Ma chi lo dice? Gomorra? Saviano? L’opinione corrente a sinistra? Dal Lago stesso ci presenta questo antico trucco da sofista per contestarlo e dire che tale rovesciamento riduce “tutto a una questione di lotta contro il Male”.
Ecco pronto il Saviano in versione Dal Lago. Non più l’autore che ha cercato di mostrare come l’economia criminale dominante su un territorio incida – marxianamente- sulla vita, la coscienza e la cultura di chi lo abita e come crei condizionamenti lontanissimi. Non più l’articolista o il personaggio pubblico che ha continuato a ribadire l’importanza di cambiare soprattutto le regole dell’economia per poter venire a capo del problema. No, Saviano è colui che si propone come eroe e martire, latore di una visione manicheista, fumettistica, reazionaria. Questo campione del Bene contro il Male usa metafore grossolane, “soprattutto “peste”, parola con cui Saviano ama sintetizzare quello che succede in Campania”, “un’immagine che chiama in causa untori e appestati”, afferma Dal Lago. Peccato che in tutto il corpus degli articoli di Saviano, la parola “peste” ricorra solo tre volte (in Gomorra non appare proprio) e in tutte e tre si riferisca esclusivamente agli effetti devastanti dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici. Questo Dal Lago dovrebbe saperlo, visto che più avanti cita uno di questi articoli, salvo poi usarne il titolo su “Repubblica”- “Imprese, politici e camorra: ecco i colpevoli della peste”- per ribadire attraverso quel “colpevoli” la sua tesi sugli untori, mostri e orchi onnipresenti. E sottace, al contempo, una cosa altrettanto risaputa, ossia che i titoli li fa il giornale.
Tornando all’introduzione, dalla “peste” presuntamente ricorrente in modo indiscriminato in Saviano, il passo è breve per denunciare che “non ci si rende conto che definire olocausto gli ammazzamenti di camorra significa violare ogni senso delle proporzioni, e quindi vaporizzare i fatti nelle iperboli?” Bisogna un’altra volta andare alle note per scoprire che questo piccolo “ci” impersonale, non si riferisce a nessuna parola scritta o detta da Saviano, bensì a un testo di Dario del Porto, del quale, tra l’altro, manca la precisa indicazione bibliografica.
Quel che Dal Lago imputa a Saviano nella parte dedicato a Gomorra, ossia confondere l’io narrante, l’autore, la persona reale e il personaggio pubblico-mediatico, è una prassi che non solo coltiva, ma persino supera: confondendo ciò che viene detto su e o intorno al suo oggetto con ciò che lo stesso Saviano ha detto e scritto. E quando, infine, si accinge a prendere in esame il testo, lo fa in maniera tanto arbitraria e selettiva, da ribaltarne il senso con esiti fra lo sconcertante e il ridicolo. Citando un passo esemplare dello stile “feuilettonistico”, giunge a dire: “non le merci globalizzate, ovvero la merda cinese, sono al centro del primo capitolo, ma i cinesi di merda.” Una decina di riga sulle flatulenze degli uomini di Xian, contro un capitolo intero che dipinge l’arrivo in porto, il stoccaccio, e la distribuzione delle merci contrabbandate. Per non parlare delle vicenda della ragazzina cinese, raccontata nel capitolo successivo, che in quanto clandestina non poteva denunciare il suo molestatore italiano che alla fine l’ha trucidata e gettata in un pozzo. Anche Zhang e gli operai suoi compaesani che la ricordano con una foto appesa in fabbrica, sono soltanto i “cinesi di merda” di un libro dal fondo razzista? Saviano dipingerebbe una subumanità, perché definisce “Minotauro” l’autista che porta il sarto Pasquale alla fabbrica di Terzigno. Così, da questo personaggio secondario si passa a un’affermazione generale: “D’altronde in Gomorra i criminali sono spesso descritti come animali.” Si tratta del boss Gennaro Licciardi detto “a scigna”- la scimmia- e del boss Nunzio de Falco detto “o lupo”, due sopranomi non certo creati da Saviano, giusto due fra la valanga di quelli che in Gomorra sono chiosati e citati. Sul testo, Dal Lago interviene anche con un procedimento ambivalente che imputa a Saviano. Procede per scovare il presunto inverosimile, a sua detta per ribadire che è cattiva letteratura, non per screditare la credibilità di ciò che viene narrato. Se questo poi è l’effetto che ottiene, può lavarsene le mani. Il vestito bianco indossato da Angelina Jolie nella notte degli Oscar del 2004 è un abito lungo a spalle scoperte e dunque non può essere quello cucito dal sarto Pasquale. Ma esiste pure un tailleur pantalone del 2001 che corrisponde alla descrizione fatta nel libro, cosa rilevata, tra l’altro, anche da diversi blog che ne riportano la fotografia. Si arriva persino alla meschinità di appigliarsi alle “scarpe sportive” del camorrista che testa la cocaina sui “Visitors” definite “stivali” un po’ più avanti. Peccato che in Gomorra sia scritto “stivaletto” e calzature definibili al tempo stesso “scarpe sportive” e “stivaletti” esistono: le “Hogan’s”, per esempio, che le fabbriche in nero campane producono a migliaia, come ha confermato anche un recente sequestro di merce contraffatta. E infine c’è l’accusa di aver descritto Annalisa Durante abbigliata con un vestito e non con i blue jeans, la sera in cui è stata uccisa a Forcella. Laddove il pezzo d’appoggio è tratto da “Casertasette”, una di quelle testate locali, seppure nella versione online, della cui imparzialità non sarebbe stato difficile diffidare. Recentemente, per esempio, ha fatto molta pubblicità a un film dal titolo significativo, titolando, per esempio: “Un camorrista per bene: Arriva film su balle di Gomorra”. Il testo dell’intervista su “Casertasette” dice che “Era ancora una bambina. Annalisa era ancora paffutella, senza ombra di trucco”. Appare evidente che chi sta parlando a nome di Annalisa- la curatrice del suo diario- vuole difenderne un’immagine a sua volta un po’ forzata. Annalisa era una bambina che non si truccava, non stava in strada per chiacchierare con un’amica e magari guardare i ragazzi. Dal Lago non si pone nessun dubbio, ma sente di dover rincarare la dose puntualizzando che Annalisa, nella primavera piovosa in cui è morta, non poteva essere abbronzata come racconta Saviano. Bastava fare una verifica sulle foto disponibili in rete per risolvere la questione della verosimiglianza almeno fisica. Tutte quelle più recenti ritraggono un’adolescente che non sembra più una bambina paffutella – come del resto a quattordici anni è normale- e in tutte Annalisa è abbronzata. Potrebbero essere state fatte in estate, ma si nota anche il lucidalabbra, le sopraciglia sistemate, e i lunghissimi capelli resi biondi da colpi di sole, probabilmente pure trattati con la permanente. Quindi, dato che la ragazza andava dal parrucchiere e dall’estetista, è davvero così improbabile che si facesse anche le lampade? Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con i quartieri popolari napoletani, sa infatti che l’abbronzatura tutto l’anno è una caratteristica di molte ragazze (e anche dei ragazzi) che ci abitano. Tant’è vero che il film Gomorra si apre proprio in un centro estetico, anzi con l’immagine di una doccia abbronzante. Però Saviano scrive che aveva un vestitino che aderiva al corpo e non jeans, maglietta, scarpe da tennis, come vuole lo stereotipo della ragazza acqua e sapone. Quelle scarpe però, per la stessa ammissione di chi afferma che “Saviano riferisce dei fatti che sono inventati di sana pianta”, erano delle “Nike Silver dorate”. Ossia delle vistose scarpe di marca all’ultimo grido, mentre i jeans e le magliette che Annalisa indossa nelle foto riflettono anche esse l’immagine di una bella ragazzina che cura il proprio look: né più né meno di tante altre adolescenti italiane. Saviano ha senz’altro voluto riassumere in Annalisa Durante delle caratteristiche tipiche per le adolescenti dei quartieri popolari. Ma il suo ritratto è davvero più inverosimile, così più ingiustamente stereotipato, di quello fornito da Casertasette? Come può giudicarlo chi non verifica, non conosce il mondo descritto, e non sembra sentirsi neppure in dovere di farlo?
Insomma, alla fine viene implicitamente insinuata un’inattendibilità complessiva di Gomorra. Che finisce per ricadere anche sulle parti più saggistiche dove nel testo ci sono riferimenti a inchieste e altre fonti e la cui consonanza al fattuale è stata testimoniata da magistrati e altri esperti, oltre ad essere facilmente verificabile per chiunque voglia prendersi la briga. No, visto che Gomorra è privo di quelle note che in Eroi di carta svolgono la funzione delle parti scritte in piccolo di un contratto capestro, si può smentire il risvolto che presenta un libro – “scrupolosamente documentato”- (ancora una volta procedendo attraverso un paratesto)- e parlare di una “documentazione inesistente”.
Che poi Dal Lago trovi brutto lo stile di Gomorra va benissimo, anche se da un sociologo ci si sarebbe aspettati non principalmente una critica letteraria, ma soprattutto quell’analisi sociologica, culturale e mediatica che la bandella di Eroi di Carta annuncia. L’esigua parte dedicata a questo si concentra su testi e enunciati dai quali emergerebbero gli aspetti già dichiarati prima. Non un accenno a un po’ di ricerca sul campo, ma nemmeno un’analisi mediatica che tenga distinti piani, mezzi e strumenti comunicativi. Saviano – la persona, l’autore, il personaggio?- propone se stesso come eroe, definito come un cripto fascista, votato a una bipartisanship comoda e codarda. Che Saviano, dopo essere diventato sia un personaggio pubblico che un bersaglio sotto la protezione accordata dal ministero dell’interno, abbia denunciato con nomi e cognomi politici collusi persino presenti nel governo, – in primis Nicola Cosentino-, che il suo appello a Berlusconi per il ritiro del ddl sul Processo Breve contenga una frase come “Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei,” questo è evidentemente trascurabile di fronte al fatto che abbia amato troppo un film come “300” o che una volta abbia menzionato Beowulf. L’articolo già nominato sui rifiuti tossici, contiene infatti il passo ”varrebbe la pena di ricordare la lezione di Beowulf, l’eroe epico che strappa le braccia all’Orco che appestava la Danimarca: “il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla”. Queste le frasi citate da Dal Lago, alle quali seguono alcune omesse, con le quali il pezzo si chiude “Proprio così, abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di capire quello che sta accadendo, di decidere di se stessi. Abituarsi a non avere più nulla.” Da qui in poi succede una cosa grottesca. La lente per guardare Saviano- qui e altrove- non è più il sistema politico-affaristico-mafioso denunciato, né la popolazione che subisce questa spoliazione, ma Beowulf e l’Orco. Nella settantina di pagine che seguono, il nome di Beowulf viene martellato per dieci volte contro quell’una sola in tutta l’opera di Saviano in cui l’eroe epico compare come il latore piuttosto occasionale di una citazione. E visto che forse Beowulf non basta per far passare la tesi che Saviano propone se stesso come moralmente superiore, ecco un altro pezzo dal quale emergerebbe esattamente questo, nonché in generale il suo qualunquismo in odor di destra. “Viene invitato a parlare a Roma3 dagli studenti dell’Onda, orientati a sinistra e comunque antigovernativi”. Seguono parole di Saviano sul voler essere deideologizzato nel parlare ai giovani delle questioni che riguardano la lotta alle mafie. Il passo sembra tratto da un articolo che riassume ciò che Saviano ha detto agli studenti. Invece si tratta di una nota d’agenzia Adnkronos riportata dal quotidiano Libero su un programma radiofonico in cui l’intervistato parla per mezz’ora dei suoi temi soliti, con un accenno all’incontro di Roma 3 che si sarebbe svolto l’indomani. Dal Lago dunque non fa un cenno a ciò che Saviano ha realmente detto agli studenti (anche in quel caso ci sono i filmati in rete). In più – ancora una volta- non confronta il testo riportato con il file audio della trasmissione. Saviano non afferma, come nella citazione riportata, “perché la battaglia sulla criminalità è una questione che, come dire, moralmente, viene prima di tutto”, ma il contrario. “Perché la battaglia sulla criminalità non è, come dire, una questione che moralmente viene prima di tutto”. Si può non condividere la decisione di Saviano di investire il ruolo pubblico in cui si è trovato della priorità (ma non esclusività) della battaglia antimafia. Ma attribuirgli che tale scelta sia dettata da un presupposto moralistico, è semplicemente falsificare non solo questo passo di intervista, bensì l’intera prospettiva in cui ha sempre posto la questione.
E non ha senso liquidarlo attraverso il “New Italian Epic” in cui, per rimpicciolirlo dopo averlo screditato, Dal Lago lo inquadra nell’ultima parte del suo libro. Il manifesto di Wu Ming è il tentativo di definire una tendenza a partire da materiali che preesistono e di cui Gomorra, a due anni dalla sua uscita, dovrebbe fungere da pilastro centrale. Non è – a differenza di altri testi citati – un noir dove un simil detective svolge la funzione dell’eroe. Tantomeno in Saviano esistono i mostri e gli orchi di Trecento o del Signore degli Anelli, incarnazioni di un Male sottratto all’economia, alla storia, alla politica, alla cultura. Rispetto al suo essere diventato personaggio mediatico, simbolo ed eroe, lo stesso scrittore ha ribadito più volte frasi come “io non voglio essere un eroe, perché gli eroi sono morti e io sono vivo. Io voglio vivere e voglio sbagliare.” Frasi di cui chiaramente non c’è traccia in “Eroi di Carta”. Quindi i meccanismi per cui, malgrado questo, incarna lo statuto dell’eroe, devono essere più complessi di quelli che Dal Lago fa risalire allo stesso Saviano. Che alla fine è pronto per essere paragonato a Berlusconi, diventandone la controfigura omologa, però “a sinistra”.
Questo è dove approda Eroi di Carta. Forse é da qui che dovremmo cominciare a porci delle domande. Domande che possono fare a meno di argomenti psicologici come l’invidia, la voglia di ritagliarsi una fetta di successo o di notorietà e altri analoghi. Resta il fatto che il presidente di una facoltà di sociologia della comunicazione, autore di saggi seri sull’immigrazione, è riuscito a pubblicare un pamphlet pseudoscientifico, senza controllo apparente da parte dell’editore che anzi ne ha difeso il rigore. O come bisogna chiamare un testo che si fonda sulla prassi di omettere e amplificare, ricorrere a falsi sillogismi, servirsi di fonti deboli e spurie come “prove”, confondere i piani, ridurre la questione Gomorra-Saviano ai più ristretti dibattiti per letterati? Scrivere su un fenomeno complesso un libro che semplifica e falsifica cos’è se non demagogia? Cos’è se non un altro esempio di un clima dove si ode solo chi avanza tesi riassumibili per slogan? Viene il sospetto che i meccanismi comunicativi della società dello spettacolo portati all’apice in Italia dal berlusconismo, siano un’”infezione” che attecchisce anche là dove ci si crede immuni. E’ questo ciò che ci serve? E’ questo a cui vogliamo somigliare?
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è veramente una vergogna attaccare saviani da sinistra, infatti è già attaccato da destra e attaccarlo da due lati contemporaneamente è scorretto. infatti il suo libro è stato importantissimo e anche se non è cambiato niente dopo la pubblicazione del libro le cose lentamente e tra molti anni cambieranno proprio grazie al fatto che anche se le persone che abitano in quei territori quelle cose vivendole le sapevano già magari c’era qualcuno in danimarca o a aosta che non le sapeva e ora le sa grazie alle traduzioni. io sono convinto che grazie al linguaggio scritto cioè i libri (cioè la cultura) la camorra tra alcuni secoli non ci sarà più e sinceramente io dirò grazie anche a editori coraggiosi come mondadori che averono il coraggio di pubblicare quelle scomode notizie. e non mi vergogno a dirlo che ammetterò anche se ormai sono di sinistra che berlusconi ebbe avuto il coraggio di combattere il crimine, perché se era mafioso come dicono molti non avrebbe mai avuto il coraggio di pubblicare un libro contro la mafia, cioè il libro di saviani contro la camorra.
Non ho letto “Eroi di carta”, ma perché, in questi anni, ho pensato più o meno le stesse cose di Dal Lago?
È solo un “mio” problema o è l’ambiguità del “fenomeno” a farmele pensare?
È se Saviano fosse, allo stesso tempo, quello che dice Helena e quello che dice Dal Lago? Se davvero al suo nome si associasse una doppia immagine: quella dell’autore che tenta di mostrare l’economia criminale e, al contempo, si fa prendere la mano dalla sua stessa immagine? Ho cominciato a pensare questo fin dalla prima edizione di Gomorra, semplicemente osservando la fotografia sul retro del libro. Avevo in mano un ottimo reportage (per me “Gomorra” è un prodotto giornalistico, non letterario), eppure mi infastidiva quella esibizione pubblica di una “posa”. È davvero tanto strampalato e irrispettoso pensare ciò?
In ogni caso, lo scritto di Helena almeno un merito ce l’ha: non sottintende che chi critica Saviano fa il gioco della camorra e che il libro di Dal Lago è da mettere all’indice, come fanno ad esempio Sofri e Flores D’Arcais. Mi toccherà leggere “Eroi di carta” …
NeGa
Bravissima helena ottimo pezzo, complimenti.
Volevo chiedere una cosa ma Alessandro Dal Lago è un omonimo o è lo stesso che ha fatto le introduzioni a Vita activa. La condizione umana (Bompiani) e a Il pensiero della mente (il Mulino) di Hannah Arendt?
Lo chiedo perche siccome la cosa che mi ha colpito di più leggendo la prima volta Gomorra è stata proprio una vicinanza di Saviano con la filosofia di Hannah Arendt (soprattutto per la sua geniale analisi dell’azione, e anche la scrittura è azione), beh mi domandavo come uno studioso della Arendt (visto che deduco che per fare l’introduzione necessiti essere studiosi dell’introdotto o per lo meno dell’opera specifica introdotta) possa fare questa supponente affermazione beota riferita a Saviano o anche solo ai suoi lettori: “Il fatto interessante è che la categoria dell’eroismo è storicamente appannaggio della destra romantica (penso a Evola)” (dal Manifesto 3 giugno 2010, pp. 1, 10).
mi domando che cavolo c’entri il romanticismo, la destra romantica, e evola ….
brava donnina, hai fatto bene a censurare la mia satira contro saviano. hai confermato una mia antica convinzione: gli schiavi sono peggio dei loro padroni. sergiomaria cerruti – superfive@libero.it
La foto a mè non infastidiva, perché lui ci ha messo la faccia e non le terga..
E’ una analisi appasionnante per la chiarezza dell’argomento, l’esempio, il rigore intellettuale. Helena Janeczek non si butta in una difesa ardente di Roberto Saviano, mette al servizio di un’amicizzia fedele una riflessione intelligente su un libro critico che si appoggia su il fenomena di Gomorra, mentre se dà lo scopo di denunciare il fenomena, di ridurre Gomorra a un bel vestito di falsità e di banalità.
Helena Janeczek mostra come la vista critica di Alessandro dal Lago è piccolissima. Questa vista meschina che afferra piccoli tratti del libro, senza vedere lo splendore cha fa di Gomorra un libro cosi bello nel senso di devastante lucidità e di umanità. I personaggi sono coinvolti nella tragedia di un mondo feroce, ma rimangono umani lottando con un destino funeste ordinato non dagli diei dell’Antiquita, ma dagli uomini crudeli della Camorra. L’inventario dei soprannomi è di una ricchezza che rammenta Rabelais per l’invenzione del linguaggio e non fa riferenza solo alla’animalità, di più Helena Janeczek rammenta che non è Roberto Saviano da scegliere i soprannomi.
Il problema di questa critica è di selezionare qualche parola fuori contesto. Come accettare di accausare Roberto Saviano di indifferenza in confronto all’immigrazione, quando ha scritto un articolo emozionante per la cantatrice.
Quando ho letto Gomorra, ho avuto l’impressione di leggere un grande libro. Da prima mi sembrava che questo libro fosse delle stoffa dei romanzi di America di sud come Cent années de solitude. raggiunge una poesia della realtà.
Non è questione di moda, ma di letteratura.
Che Roberto Saviano sia un bel ragazzo con un visto dolce e un po’ timido, che suscita simpatia e desiderio di proteggerlo è un’ altra cosa.
La cantatrice è Miriam Makeba :-)
bel ragazzo ?!?.. chi Saviano ?!..
va bè mò non esagggeriamo.. ha 3000 qualità, ma dire che è pure bello..
O_O ^__^
.. che foto hanno diffuso in Francia ?
A parte gli scherzi..
Complimenti Janeczek, gran bel pezzo!!!
Ares :-) Sono madre nell’anima e Roberto Saviano mi fa pensare a un figlio o un fratello da proteggere. Bello è: di una bellezza mediterranea- In Francia non si vedono cosi belli occhi- ma l’argomento come lo dice tu è più serio.
Lo dici tu …
Se può interessare quello che dicono Bascetta e Dal Lago a un giornale di destra:
Dal Lago: http://www.loccidentale.it/articolo/%22da+vendola+a+saviano+all%27italia+non+servono+n%C3%A9+santi+n%C3%A9+eroi%22.0092031
Bascetta: http://www.loccidentale.it/articolo/saviano.0091910
ok, ok zia Véronique..
è un pezzo ficcante, preciso, austero.
mi è molto piaciuto,
grande helena.
@ georgia
Sì è lo stesso, c’è un solo Alessandro Dal Lago. Ti spiego: negli anni Ottanta Hannah Arendt era una filosofa per tute le stagioni, e tutti le tiravano la giacchetta (senza curarsi di quello che aveva davvero scritto H.A.: anche questo era tipico degli ’80). Era buona per l’accademia moderaramente “di sinistra” (il pensiero debole, per capirci), perché era intelligente, liberal e sembrava progressista, ma non era marxista (neanche Vattimo lo era, all’epoca); era buona per l’accademia dichiaratamente “di destra” e/o craxiana, perché era liberale e non era marxista, ma nonostante ciò era intelligente. Essendo Arendt la quintessenza dell’ecletticità (questo è un merito, per me), ogni lettura sembrava possibile. Per un giovane ricercatore di belle speranze e pochi scrupoli, che praticava la politica dei due forni e badava solo alla carriera, Hannah Arendt era l’ideale per farsi benvolere sia “di qua” che “di là”: bastava non scrivere nulla di troppo spinto, fondamentalmente nulla di notevole, e il gioco era fatto.
Sorry: “tutte”, non “tute”, le stagioni
mi ha ricordato abbastanza da vicino questo articolo di Severino Cesari, uscito sul manifesto dell’11 giugno: http://www.ilprimoamore.com/testo_1832.html
Sto leggendo il libro di Dal Lago, e il lavoro che ha fatto Helena mi sembra primario. Con questo testo di Dal Lago, infatti, sono gli smarrimenti di una certa sinistra che vengono al pettine.
In un primo tempo, Saviano è stato criticato se non disprezzato da sinistra sopratutto da persone dell’ambiente letterario, scrittori in primis. Molti di questi dicevano: non è letteratura, oppure è cattiva letteratura. Alcuni dicevano ciò senza leggere il libro, altri si sforzavano di argomentare. Però, almeno sulla valenza politica del libro, nessuno sembrava avere da dire. Se si “scorpora” l’inevitabile e diffusa invidia letteraria da questo tipo di critica, rimaneva aperta una legittima discussione critica sulle valenze letterarie di “Gomorra”.
Il secondo tempo della critica è per certi versi più sorprendente. Le critiche che arrivano ora da sinistra a Saviano sono stavolta di tipo prettamente politico. Quella di Dal Lago è un caso esemplare. Premetto che ho grande stima di Dal Lago, che è autore di un libro fondamentale per l’Italia come “Non persone”. E però vedo in “Eroi di carta” un accecamento bizzarro e sintomatico.
Mi chiedo come sia possibile che proprio un sociologo, e di sinistra, ignori quella che è una delle specificità di Saviano, della sua scrittura e del suo modo di difenderla pubblicamente, ossia la dimensione politica. E’ in modo quasi fatale che Saviano, in quanto autore e personaggio pubblico, si è dovuto costruire una competenza politica, abbandonando la posizione puramente teorica dello spettatore esterno. Non solo si è dovuto costruire un competenza politica, ma è stato un dei pochi scrittori-intellettuali a doverlo fare alla sua giovane età, e uno dei pochi ad averlo fatto finora con una notevole efficacia.
E’ una persona, lo ricordo sempre, che senza supporto di partito, di ong, di movimento sociale definito, si è trovato (si trova) ad affrontare il crimine organizzato e, nello stesso tempo, uomini del governo in carica, fino a entrare in contrasto con il presidente del consiglio. E non certo in nome di narcisistici capricci alla Corona, ma in nome di questioni quali la lotta alla criminalità, la legislazione antimafia, la libertà di cronaca e di stampa, la difesa della costituzione, ecc.
Come può una parte della sinistra anche più agguerrita considerare che tutto ciò non è materia politica, che è irrilevante rispetto alla posta in gioco politica? Lo dico in fretta, ma questa è una delle domande che varrebbe la pena di porci oggi.
Saviano è bello, alto, capigliato, terraneo, celeste e ubinquo. Non ci sono dubbiosità, hanno ragione sia Veronique che Georgia che Helena, che sono bravissime e di sicuro bellissime a loro volta, nonché misurate nell’esprimere le lor ammirosità. Solo che circa la letteratura Saviano dice cose che nessuno dovrebbe dire. Per esempio che gli scrittori debbono occuparsi della realtà e non delle immaginazioni loro non dovrebbe dirlo, perché lo dicevano gli staliniani nel 1930, prima di torturare e uccidere tanti e tanti scrittori ” immaginifici ” negli anni successivi. Lo so che Saviano è un ragazzo, che si lascia prendere dall’entusiasmo, ma vedo che intorno ha un sacco di gente colta, potreste dirgliele certe cose. Vabbè…
PS: potrebbe essere che una discussione tra un barbone universitario e un giornalista di successo non sia il massimo in un sito letterario?
PS2 (riservato) bravo NG, ma penso che non valga la pena leggere né né… Il manifesto, che è l’editore di Dal Lago è arrivato a stroncare il libro da essi stesso editato, per mezzo di uno che pare sia editor Einaudi… Mah, questi l’olio di ricino lo pigliano di tacco.
PS3: VIVA SAVIANO SEMPRE! SE IN PRECEDENZA AVEVO DETTO QUALCOSA CONTRO DI LUI, ORA ABIURO: LO FACEVO PER INVIDIA.
Avendolo casualmente letto…
Premetto che mi fa piacere che H.J. non accusi Dal Lago di favoreggiamento o invidia (la principale categoria interpretativa del letterato italiano).
Neanche per me il pamphlet di ADL è tutto oro ma qualcosa che ne vale la pena la dice (e il fatto di essere criticato da personaggi come Sofri e Battista non può che fare simpatia). Del resto se lo invitassero da Fazio, magari in contraddittorio con Saviano, sarebbe uno spettacolo, poichè ADL ha una faccia da alcolizzato mica male…
Ma…
ADL riporta una serie di espressioni nel libro variamente raccapriccianti dal punto di vista letterario e degli stereotipi: alcune le avevo notate anch’io (sono un criticone), altre no, perchè trascinato dal ritmo di una narrazione efficace, una narrazione, infatti, coronata da un vasto successo di pubblico. Lo stile narrativo di Saviano è innervato di stereotipi e topoi cinematografici che provocano un immediato riconoscimento e identificazione da parte del pubblico. Se vuoi essere efficace, se vuoi fare effetto per una giusta causa, DEVI scrivere in un certo modo e Saviano lo fa.
Il pericolo, chiaramente, è che sei fa della televisione o del cinema fai dell’intrattenimento e non della lotta politica o anche lotta contro il crimine, cosa demandata agli organi competenti (curiosità: c’è stato un aumento di volontari per la polizia, negli ultimi due anni? No?). Se quel che provoca il riconoscimento è il film, la reazione non può che limitarsi all’acquisto. L’acquisto da parte nostra, di gente per cui la Camorra NON è parte della vita quotidiana e la cui resistenza è tutta morale e priva di qualsiasi pericolo o incomodo. Leggiamo Gomorra e ci sentiamo più buoni e più coraggiosi. L’opinione di chi in quelle zone ci vive sarebbe molto interessante, ma ne’ ADL ne’ HJ hanno molto da dirci sull’argomento.
Non solo la maggior parte di noi, che viviamo al Nord, non ha molto a che fare con la criminalità organizzata; la maggior parte di noi ha ben poche probabilità di commettere crimini violenti e non c’è nulla di più gratificante che resistere a tentazioni immaginarie.
(p.s. il film di Garrone taglia nettamente episodi popolari e ‘cinematografici’, come il container di cinesi surgelati o il tossico rianimato dall’orina – chissa’ perchè – per concentrarsi su quella che per me è la parte più disturbante di Gomorra: lo squallore e tristezza della vita dei criminali)
L’altro problema di Gomorra, almeno per quanti vogliono interpretarlo come alto messaggio di lotta per tutti gli italiani, è il fatto che NESSUNO difende la Camorra: è una lotta in cui c’è pericolo ma non contraddittorio (un po’ come la pedofilia che è pure più semplice). Da confrontare Gomorra ed il suo successo con il sostanziale fallimento, dal punto di vista pratico, della vasta quantità di libri, film, dischi, blog etc contro Silvio B.. Lì si crea una contrapposizione e qualcuno ti risponde e reagisce, vanificando i tuoi sforzi. Con la camorra, in effetti, questo problema non c’è. Ti possono ammazzare? Saviano è sotto scorta: ma quanti sono stati, finora, i tentativi di ucciderlo? Molti? Pochi? Nessuno? Non sarà che dato lo scarso risultato pratico – non letterario – di effetti nella lotta alla camorra ce ne sono stati pochi? E che non c’è stato alcuni effetto positivo a sinistra dal suo successo? Anzi il contrario?
In fondo credo che nessuno qui sia così stupido da credere davvero che il potere berlusconiano passi attraverso la camorra. Non passa nemmeno per la Mafia, malgrado i rapporti probabilmente esistenti. Non per niente Saviano può apprezzare Maroni e Maroni difendere Saviano (beh, non ha detto la verità sui meridionali, dice il leghista?).
Qui si viene alla parte finale del saggio di ADL, la mia preferita, quella che collega Saviano al New Italian Epic ed alla voga del noir come letterature consolatorie di sinistra. Ma di questo parlo dopo essermi fatto da mangiare…
Quanto scrive Girolamo De Michele è soltanto un modo inelegante di liquidare un autore.
Tra l’altro, Dal Lago scrive la prefazione alla Vita Activa nel 1989, e cioè dopo che ha già pubblicato parecchi libri, e tutti per editori importanti. Quanti “giovani ricercatori di belle speranze e pochi scrupoli” possono vantare ciò?
Bisognerebbe vietare per legge ogni discussione avente per tema Saviano e/o Gomorra.
NeGa
I miei complimenti a Helena Janeczek per questo articolo ottimo, lucido e assai utile.
Sottoscrivo anche i dubbi di Andrea Inglese.
“costruire una competenza politica”.
Dimenticavo che ho promesso agli altri pensionati di andare con loro al bar a vedere Italia-Paraguay…
La seconda parte delle mie fondamentali considerazioni su Saviano e la letteratura italiana corrente slittano a domani…
Credo anch’io che non si possa liquidare Dal Lago in maniera così netta, e soprattutto non si può definire la Arendt liberale. Non è che si è o marxisti o liberali e stop :-). Sarà forse perchè io sono allergica ad ogni tipo di etichetta. Le etichette funzionano bene solo per cose mediocri. Però ripeto è strano che uno che abbia letto Vita activa poi rispolveri così disinvoltamente, nel 2010, l’accusa di romanticismo (addirittura evola) come nella peggior vetero-critica d’assalto … va beh, meno male che non l’ha accusato di dannunzianesimo ;-) geo
P.S
Aspetto le considerazioni di sascha post-partita, per ora … ho capito poco, certo che aver inserito a forza Saviano nella New Italian Epic è stata, a suo tempo, una sesquipedalica cavolata e basta, ma la cosa non riguarda Saviano e tantomeno Gomorra (il libro perchè il film è tutt’altra cosa).
Mi sembra che “dannunziano” come aggettivo sia perfetto per la destra manettara.
ad esempio OC … quale scrittore (o poeta) attuale definiresti dannunziano?
Saviano ha del dannunziano (e lo sa bene).
Parlavamo dei camorristi in pianta stabile in Spagna, io e Piero Colaprico, ben due anni prima dell’uscita di Gomorra. Credere che sia un’ossessione di Roberto è di chi vuole vedere solo quello che gli torna utile.
Così come la questione fotografia: tutti i libri della collana Strade Blu hanno in quarta la foto dell’autore (da prima ancora che uscisse Gomorra), com’è che ci troviamo a discutere solo di quella di Saviano?
“E non ha senso liquidarlo attraverso il ‘New Italian Epic’ in cui, per rimpicciolirlo dopo averlo screditato, Dal Lago lo inquadra nell’ultima parte del suo libro.”
Eh no!!! Qui rivendico la mia parte.
Ho frequentato Lipperatura per anni senza problemi. Improvvisamente, quando scattò l’operazione NIE, mi permisi di esprimere la sensazione che si trattasse solo dell’ennesima bufala del collettivo Wu Ming. E la Lippa – che ha la tolleranza di un paracarro – decise di punto in bianco di radiarmi dal suo commentarium (solo in teoria aperto al pubblico). Su consiglio del suo Ron Hubbard di fiducia (Roberto Bui), secondo me. Ai bolognesi seccava tantissimo essere stati smascherati così presto. Erano abituati a prendersi loro lo sfizio di rivelare “Ah ah vi abbiamo gabbato di nuovo” (vedi le bufale degli ex Luther Blissett, l’operazione VMO eccetera). Non rimase loro che fingere di ostinarsi a proporre il NIE come qualcosa di reale. Ovviamente i critici più accorti ridacchiarono, Carla Benedetti inquadrò il fenomeno come mera operazione di auto-propaganda. Poi la cosa cadde da sola e ormai il flop è da considerarsi definitivo.
Mi auguro che adesso non cadiate tutti in blocco, come altrettante pere mature, nella nuova finta operazione “caso Luttazzi”, sul quale il solito Wu Ming 1 sta battendo la grancassa in rete in questi giorni con l’appoggio della nota blogger di spalla. Io, che sono malizioso, già subodoro lo scopo recondito dell’operazione: preparare il terreno per un nuovo saggio sostanzialmente autocelebrativo… in cui verrà tirato in ballo, inveitabilmente, anche il povero Saviano. Helena Janeczeck, vogliamo lasciarlo in pace, anziché tirargli la giacchetta ad ogni piè sospinto?
http://lucioangelini.splinder.com/post/22869827/rinchiudersi-nei-propri-blog
Non dovrebbe essere così prevedibile che sia la stampa di destra a dare eco positiva al lavoro critico, giusto o sbagliato, originale o scontato che sia. Tant’è.
Credo sia importante mantenere la questione nel merito, e discutere su questo, senza scendere sul personale. Credo che l’abbia fatto Dal Lago (peraltro gli si fa un torto a non ricordare che è l’autore di un saggio fondamentale come Non persone, e tanto più a porre in relazione la Arendt con la sua ascesa in quanto sociologo – che è precedente a quei saggi) e l’abbia fatto adesso Helena (prendendo sul serio, dunque, il testo, al contrario di un Flores). Al merito, dunque.
Dal Lago è stato sviato da un miraggio, credo. Ovvero ha scambiato l’icona di Saviano con Roberto Saviano stesso. Tanto per iniziare, è l’attribuzione di un valore deteriore a una strategia narrativa di fondo, a fare la differenza. Ebbi modo di dirlo a Dal Lago stesso, che mi aveva mandato il testo in lettura, che l’impostazione di Saviano, la sua iperbolica messa in scena, l’uso di sé come testimone, l’affidamento richiesto al lettore alla sua persona – è tutto vero – solo che nella sua lettura è cosa negativa e criticabile, dove invece per me è un valore positivo (del resto, per quanto mi riguarda, condivido con Roberto, seppure in modi differenti, la centralità della figura del Testimone – la sua parzialità – entro la “narrazione sociale” – sintagma che, come ho già scritto su NI, preferisco a “reportages narrativi”).
Da un sociologo come lui, allora, mi sarei invece atteso – invece che un esercizio iconoclasta fine a se stesso, e anzi soggetto esso stesso a quella macchina mediatica che vorrebbe criticare – un’analisi sui meccanismi mediatici che hanno creato un personaggio che è altro dalla persona Roberto Saviano e dall’autore Roberto Saviano. Per dirla altrimenti: nell’articolo sul manifesto Dal Lago si lamentava di una sinistra che non c’è (e Bascetta dice nella sua intervista all’Occidentale – sic: “Il suo è un libro contro la temperie della sinistra dominante. Oggi la sinistra non può ricostruirsi solo attraverso leader che infiammano le piazze.”) – benissimo: ma allora si sarebbe trattato allora di andare a comprendere quale vuoto Saviano – con la sua prospettiva necessariamente “parziale”, che nasce nella parzialità, perché è presa di parola soggettiva – quale vuoto, dicevo, Saviano è andato a colmare, perché su di lui si sono incarnate attese, desideri, proiezioni, e quant’altro. Questo tipo di analisi sociologica sarebbe stata interessante, invece che concentrarsi su Saviano stesso come se fosse lui la fonte di quella spoliticizzazione diffusa e di quella crisi che stiamo vivendo… Credo che Dal Lago si sia fatto prendere ingenuamente la mano dal fastidio che ciascuno di quelli che hanno caro il Brecht di “Beato il popolo che non ha bisogno di eroi”, dimenticando che Saviano stesso ha detto che eroe non vuol essere, ma vuole sbagliare (e, a margine, io credo che qualche volta Roberto – e gliel’ho detto – abbia sbagliato – che so, con l’intervista a Buttafuoco, con Peres – e allora? non si può essere d’accordo su tutto, bisogna accettare le differenze, se stanno dentro un contesto comune, questo tipo di maturità appare oggi più che mai necessaria). Si trattava insomma di analizzare qul meccanismo sociale di produzione di un’icona che addensa in sé una serie di plurime e anche contradditorie istanze, spinte e controspinte. E fare questo significava allora lasciare da parte Roberto. Ancora una volta, se mai, si trattava di “desavianizzare Saviano”.
sono d’accordo con marco, che scrive:
“Da un sociologo come lui, allora, mi sarei invece atteso – invece che un esercizio iconoclasta fine a se stesso, e anzi soggetto esso stesso a quella macchina mediatica che vorrebbe criticare – un’analisi sui meccanismi mediatici che hanno creato un personaggio che è altro dalla persona Roberto Saviano e dall’autore Roberto Saviano.”
e
“ma allora si sarebbe trattato allora di andare a comprendere quale vuoto Saviano – con la sua prospettiva necessariamente “parziale”, che nasce nella parzialità, perché è presa di parola soggettiva – quale vuoto, dicevo, Saviano è andato a colmare, perché su di lui si sono incarnate attese, desideri, proiezioni, e quant’altro.”
Ora l’aver confuso invece Saviano con l’icona Saviano, nella sua forma inflazionata, di terza e quarta fonte, o eco, appare un errore grave, in chi appunto avrebbe gli strumenti per sciogliere questi nodi.
A questo aggiungo che nonostante tutto, Saviano – e in questo sopratutto sta la sua dimensione politica – domina la sua immagine mediatica, ovvero la sopravanza consapevolmente, giocando fino in fondo la partita. Saviano non subisce la sua immagine, o almeno lotta – e fino ad adesso con efficacia – per essere attore di essa, riempirla con il suo significato. Lui ha trasformato lo spazio mediatico da un universo di studio e analisi teorica in un ambito pratico, d’intervento.
Dopodiché non si può chiedere a Saviano – ed è assurdo farlo – “tutta” la politica di cui la sinistra ha bisogno.
@ NG e Georgia
spiacente di irritarvi, ma parlo per conoscenza diretta della persona (all’epoca). Nel 1989 Dal Lago era ancora ricercatore, la cattedra l’ha avuta nel 1992. Basta vedere su quali riviste scriveva per verificare quello che dico: lo si trovava su “Aut Aut” (pensiero debole) come su “Mulino” e “Filosofia Politica” (destra accademico-politica). Quanto alle case editrici “importanti”, si tratta di editori (Mulino, Unicopli, Liguori) dai quali per lo più si pubblicava a pagamento, facendosi finanziare il libro dai dipartimenti universitari). Arendt è, a suo modo, inclassificabile per l’uso eclettico e originale delle categorie politiche: erano i diversi schieramenti che la etichettavano a seconda delle mode e delle convenienze. Anche qui, basterebbe riguardarsi cosa veniva scritto su di lei negli anni Ottanta per rendersene conto.
Il problema però, Marco e Andrea, è che voi vorreste spostare la critica a Saviano su altro. Marco, lo dici esplicitamente: “fare questo significava allora lasciare da parte Roberto.” E parlare del meccanismo sociale di produzione di un’icona. Che sarebbe certamente una cosa interessante da fare.
Ma sarà pure possibile criticare Saviano (magari da sinistra) in quanto Saviano, per quel che scrive e dichiara, io credo. Non che sia necessario farlo, sia chiaro, ma credo ci siano le condizioni per farlo, visto alcune uscite di Saviano. E forse è pure opportuno farlo. Occorre però trovare le forme giuste, o quanto meno adeguate.
Questo pezzo di Helena ha, come minimo, mostrato la superficialità del lavoro di Dal Lago. Ho cercato e letto sul web alcune sue interviste su Saviano, precedenti al libro, e in alcune diceva cose più sensate (e distingueva tra il Saviano persona e l’icona creata dai media), ma non mi ha convinto per niente. E comunque scrivere un libro contro Saviano, e con quel titolo davvero pessimo, è per me una cosa fuori dal mondo.
Sia chiaro. Io non so quasi nulla di Dal Lago e Saviano, non ho letto (né leggerò) Eroi di carta (perché mi basta questo pezzo di Helena a dissuadermi) e Gomorra (perchè non è letteratura per me). Ho letto quasi tutti i pezzi di Saviano postati qui su NI e altre sue dichiarazioni. E penso, per restare qui su NI, che le interviste di Saviano, i suoi pezzi che si appellano a Berlusconi e ai giornalisti di destra, e il suo ultimo botta e risposta con Berlusconi padre e figlia nella loro conflittuale posizione di capo del governo l’uno e sua editrice l’altra, siano alquanto criticabili sia nel merito sia nella forma strategica di comunicazione che ha messo in atto. In soldoni credo che siano appelli e critiche che stanno bene all’interno del sistema di potere berlusconiano, ossia che lo rafforzino, a conti fatti – creano sì una perturbazione al sistema, che lo obbliga a una nuova costante calibrazione, ma questa nuova calibrazione sta rendendo più complesso e stabile il sistema, vale a dire che la perturbazione sta diventando parte attiva del sistema [si capisce?].
Comunque, le critiche più puntuali, concrete, che ho in mente io e che ho già espresso qui su NI hanno solo dei punti in comune generici con quelle di Dal Lago. Per esempio, sulla questione Saviano icona, personaggio pubblico sopra le parti, eroe nazionale (metto volutamente tutto assieme), credo che il discorso sia molto complesso, e non si possa facilmente impostare in un senso (Saviano vuol essere eroe) o nell’altro (Saviano non vuol essere eroe: il fatto che lui dica di non volerlo essere non significa che non metta in atto volutamente o meno comportamenti che tendano in quella direzione).
In ogni caso non ho ancora trovato critiche sensate e opportune a Saviano (non dico a Gomorra perchè quelle non sono in grado di gudicarle), espresse in una forma quanto meno potenzialmente efficace e costruttiva.
P.S. Apprendo da Satisfiction che Del Lago considera il ministro Sandro Bondi un ‘grande poeta’. Non gli resta che farci l’amore in tutti i luoghi e in tutti i laghi in cui vorrebbe gettare il povero Saviano.
@ Girolamo
Vero quel che dici. Altrettanto vero però che Descrizione di una battaglia, che non ha ache fare con la Arendt ed è il libro più noto e “riconosciuto” prima di Non persone, risale al 91, prima della sua immissione in ruolo. In ogni caso: io davvero lascerei fuori questi discorsi sul piano personale per principio, e questo vale per Dal Lago come per chiunque altro. Altrimenti si va nel campo del gossip.
un pezzo puntuale, acuto, appassionatamente intelligente come questo oggi dovrebbe essere ospitato sulle pagine del Manifesto. a riparazione e rettifica.
non ho letto Dal Lago, ma la discussione però qualche perplessità me la fa venire, per come alcuni di voi qui la impostano
@ Marco per esempio
e prendo la tua frase più compattamente – per me – contraddittoria
«Dal Lago è stato sviato da un miraggio, credo. Ovvero ha scambiato l’icona di Saviano con Roberto Saviano stesso. Tanto per iniziare, è l’attribuzione di un valore deteriore a una strategia narrativa di fondo, a fare la differenza. Ebbi modo di dirlo a Dal Lago stesso, che mi aveva mandato il testo in lettura, che l’impostazione di Saviano, la sua iperbolica messa in scena, l’uso di sé come testimone, l’affidamento richiesto al lettore alla sua persona – è tutto vero – solo che nella sua lettura è cosa negativa e criticabile, dove invece per me è un valore positivo»
e allora, però, se c’è un uso di sé come testimone eccetera, com’è possibile poi non scambiare l’icona con la persona? E’ proprio quello che è successo. il Saviano persona nessuno che non lo conosca direttamente lo conosce, tutto quello che conosce chi non lo conosce personalmente è l’icona che è diventato.
e poi, anzi prima, c’è anche qualcosa che non capisco nel pezzo di
@helena
la principale è la premessa diciamo così “politica”, che Saviano appartenga alla sinistra. Mi pare che lo stesso Saviano non rivendichi un’appartenenza precisa, anzi, che la respinga, e nell’intervista che ha concesso a Buttafuoco rivendica invece – globalmente – come centrali per la sua formazione – autori che formano un percorso intellettuale reazionario, Schmitt e Jünger, per esempio, ma non vedo quel riferimento a Marx che tu invece citi, né al pensiero illuminista che è alla base di buona parte delle posizioni di una sinistra più vasta:
«Non più l’autore che ha cercato di mostrare come l’economia criminale dominante su un territorio incida – marxianamente- sulla vita, la coscienza e la cultura di chi lo abita e come crei condizionamenti lontanissimi. Non più l’articolista o il personaggio pubblico che ha continuato a ribadire l’importanza di cambiare soprattutto le regole dell’economia per poter venire a capo del problema.»
che l’economia criminale incida sulla vita non è più un’impostazione marxiana da parecchio, è patrimonio anche della destra sociale. Io non vedo Marx da nessuna parte in Gomorra e negli articoli di Saviano, lo vedo di più, per dire, in Tremonti che invita a rileggere Marx .
Ma per me il fatto che Saviano non sia marxista non è un problema, quello che è un problema, o meglio, la mia perplessità, sta nel fatto che lo si voglia tirare, per difenderlo, in un campo che non mi pare il suo e nel quale mi pare che lui stesso non voglia essere tirato.
[…] Su Avoicomunicare, una riflessione su media e atlete, con un’intervista a Lorella Zanardo. Su Nazione Indiana, splendido, lucidissimo post di Helena Janeczeck su Eroi di carta, il saggio che Alessandro Dal […]
http://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/gian_paolo_serino_satisfiction100610.html
Ero alla libreria dei comunardi (torino) ieri per il solito giro di acquisti quando mi sono imbattuto sul libro di dal lago. Avrei voluto comprarlo per capire il senso del pamphlet poi sfogliandolo (in verità leggendo tutta la prima parte) e analizzando la composizione ho desistito. Diciamo che dal punto di vista puramente teoretico partendo da premesse sbagliate ( splendidamente sgamate da Helena) non poteva che approdare a delle conclusioni sbagliate. credere per esempio così naivement all’ipotesi wu-ming del new italian epic, come se da una parte esistesse veramente e dall’altra – cosa questa ancora più importante- ci fosse stato da parte di roberto un’ adesione a tale ipotesi, tipo un articolo del genere, adesso vi spiego perché Gomorra è new, è italian, è epic, non è serio. Diciamo che l’impressione che ho avuto è stata di un libro che volesse rendere esplicito e manifesto quello che tutti pensano (degli insospettabili) e nessuno dice. Una cosa molto simile all’approccio quanto meno imbarazzante di Girolamo in questi commenti, che ci dice en passant delle cose del tipo: quel filosofo è stronzo e ne ho le prove. Mi sembra invece deprimente che quasi negli stessi giorni uscissero due cose dal manifesto, pseudo saggio di dal lago, e pseudo canzone di Daniele Sepe
«Staje arreparat’, si ‘na rosa int’ a ‘na serra, nu sistema te cummiglia e ‘a verita’ se ‘nzerra» (sei coperto e come una rosa in una serra, c’è un sistema che ti protegge e la verità si nasconde).
o ancora in cronache napoletane:
«faje ammuina e picci ma, fore do ‘mpiccio, vuo’ cchiu’ sord’ e ciorta» (fai casini e capricci, ma fuori dagli impicci vuoi più soldi e fortuna), e «‘o capo pav’ ‘a scorta, ‘o stess’ boss che t’ha pavat’ ‘a sturiell’, ch t’appara ‘o pesone e’ ‘o capo de guattarell’» (e il capo paga la scorta, lo stesso che ti paga l’affitto è il capo burattinaio)
Che l’azienda manifesto avesse bisogno di soldi questo lo sapevamo già, però che potesse ricorrere alle Serinate per mettere su due lire questo la dice lunga su come stamme ‘nguaiate.
Per la cronaca invece di dal lago ho comprato l’ultimo romanzo di carlo d’amicis, la battuta perfetta. Magari chissà ne trovo una per liquidare sta cosa.
effeffe
@ Alcor
Un conto è l’uso di sé come testimone quanto alla propria strategia narrativa, ben altro è la trasformazione mediatica in icona pubblica, siamo su due piani – concettuali e pratici – assolutamente distinti e distanti, che né si coimplicano e neppure si apparentano.
Quanto alla prospettiva marxiana di Gomorra: credo che si possa dire tale quantomeno la prospettiva sull’accumulazione originaria di capitale in quanto estrazione/espropriazione di un plusvalore dal circuito illegale/criminale per poi “shiftare”/ accedere al circuito legale. A questo è dedicato un capitolo.
bravo angelini, stavolta hai segnalato una cosa divertente … l’intervista a serino è veramente spassosa …
Io non amo per niente Serino lo trovo infingardo e in malafede (come molti giornalisti oggi), e la sua mancanza di credibilità non è certo dovuta agli scrittori che stronca, ma piuttosto per quelli che esalta (la buccia di banana su cui cadono i kattivi è quando parlano bene non quando parlano male), però gli va riconosciuto che è dotato di un certo umorismo e ha una maniera di scrivere (nella forma) non banale … non so se sia sua (perchè lui forse prende dove gli capita), ma la battuta sui wu ming è divertente: “i Wu Ming, un’associazione a delinquere di stampo immaginario.”
E anche la riabilitazione dei libri da ombrellone non è male visto che Acciaio non è più libro da ombrellone ma … da ultima spiaggia.
E malgrado in molti tentino di sputtanare Dal Lago … penso che al momento, se corrisponde al vero, lui sia l’unico che lo abbia fatto veramente ricordando un passo di dal Lago (sempre che sia vera la citazione). Ora siccome di sorino non c’è da fidarsi, chiedo a chi ha letto il libro se il suo terribile gossip corrisponda a verità o sia solo mal-dicenza. Se fosse vero non varrebbe più la pena di discutere su dal lago, si sarebbe sputtanato da solo;-)
Da sorino
“Ma è un esempio di come la critica letteraria italiana sia costituita molto spesso da massoni dell’inchiostro. Ne è esempio il fatto che il Professor Del Lago viene pubblicato da ‘Manifesto Libri’, passi come un paladino della sinistra e poi, incredibilmente, nel suo libello, tra le note, c’è una mezza pagina dedicata all’arte e alla poesia di Sandro Bondi. Con tutto l’amore che ho per Sandro Bondi, un ministro che amo perchè si vedeche è di cuore (anche se il Governo decidesse di vendere il Colosseo sono sicuro troverebbe le parole e i toni giusti per rincuorarci. Lo vorrei come vicino di ombrellone) scrivere come ha fatto Del Lago che è un ‘grande poeta’ e dedicargli non un atto d’amore ma un panegirico tele-comandato mi ha un pochino insospettito. Spero di non trovare Del Lago a condurre una trasmissione tv sui libri affiancato da due ‘letteraturine
Io mi sto rendendo conto che esistono due tipi di lettori di saviano, anzi due due tipi di lettura: una di chi ha avuto la fortuna di leggerlo all’inizio e ha potuto capire il vero valore, anche letterario, di Gomorra, e l’altra in epoca ormai assediata da altro … che non vede più altro che il mega- personaggio mediatico che oscura totalmente la vera novità e valore del libro. Il “successo” non ha mai fatto bene al libro, ma mai è stato deleterio e pericoloso come oggi.
Andrea Inglese ha il talento di esprimere idea con chiarezza. Quando lo leggo, mi sembra che tutta la mia mente diventa tersa: per me è molto delicato tradurre un’idea che possiede ancora in embrione.
Politique de politès la cité, la città, la vita della città.
Roberto Saviano incarna questa “polis.”
Per tornare all’esempio dei grandi romanzi di America del Sud, c’è in Gomorra il senso della colletività nella sua forma epica, da una situazione particolare a Napoli nascono personaggi di umanità intera.
E’ nello spazio immenso di Gomorra che sento lo splendore dei romanzi
immensi. E forse questo aspetto che mi ha colpito: la dimensione letteraria e universale. Gomorra fa parte dei romanzi che hanno cambiato la mia vita, nel senso che dopo lettura, lo sguardo vede il mondo sotto una luce diversa, travolgente.
scusate l’ignoranza, ma chi è Sorino? e comunque sotto l’ombrellone, ammesso che ci finisca, spero di non ritrovarmi nè con lui nè con il grande spoeta
chiedo scusa a cohen :-)))))) ho sbagliato a scrivere (ma del resto non sono una sua lettrice, e se non era per angelini ….) non è sorino ma gian paolo serino, un cotroneo (ai tempi in cui usava lo pseudonimo mamurio lancillotto) in formato minore :-)
Sorino è un critico che conosce Giorgia ;-)
E’ un po’ un peccato che il tono si abbassi, nella tipica maniera internettiana, con la ‘notizia’ riportata da un poveretto secondo cui per Dal Lago Bondi sarebbe un ‘grande poeta’. E’ nota che l’ironia è la prima vittima della comunicazione online.
Dal Lago scrive che il ministro Bondi ‘forse perchè scribacchia poesie si considera un collega di Saviano’ e nella note fa della pesante ironia (‘raramente un libro ci rivela in così poche pagine la stoffa di un uomo politico’) sulle poesie del ministro, citandone una tremenda intitolata ‘a Walter Veltroni’.
Poche righe ironiche e non una mezza pagina di ‘panegirico comandato’. Ora, qui, fra persone discretamente intelligenti, questa mia smentita sarà sufficiente. Ma è nella natura della Rete che le menzogne non possano essere mai smentite veramente: a chiunque piacerà credere che l’amico dei camorristi e sicario di Berlusconi Dal Lago si spertichi in lodi per Bondi troverò online le prove del misfatto insieme a smentite facilmente ignorabili.
Va bene difendere Saviano da critiche che si considerano ingiuste ma la demonizzazione personale è proprio la cosa giusta da fare?
Come dire, stupisce che l’ammirazione per l’Eroe in alcuni suoi ammiratori non migliori la loro statura morale e non li preservi da tecniche più degne di Libero e Tg4…
(ripeto: la maggior parte degli intervenuti mantiene un tono più che adeguato)
No, per quando Dal Lago faccia ben di peggio di quel che Helena ha argomentato, la nota su Bondi non è quella che dicono il “critico letterario” e il tal altro che la riporta: è evidente che Dal Lago reputa Bondi un pessimo poeta e un incolto (la nota è a p. 114, n. 52). Non c’è alcuna mezza pagina sulla poesia di Bondi, peraltro, in Eroi di carta: c’è una pagina (96) sullo scambio pubblico di opinioni tra Bondi e Saviano, nel quale Bondi loda Saviano, e Saviano (23 nov. 2009, su “Repubblica”) ribadisce la sua contrarietà alle leggi ad personam e contro la libertà di stampa.
C’è evidentemente chi non sente il bisogno, prima di aprire un blog, postare un commento, intervenire in una discussione, di leggere i libri di cui parla.
> Un conto è l’uso di sé come testimone quanto alla propria strategia narrativa, ben altro è la trasformazione mediatica in icona pubblica, siamo su due piani – concettuali e pratici – assolutamente distinti e distanti, che né si coimplicano e neppure si apparentano.
Ma perché due “piani”? Non potrebbe trattarsi di due “tori”, concettuali e pratici, interallacciati, come due anelli di una stessa catena? In fondo senza l’uno non si regge l’altro.
già… gianni, è pure la stessa E che mi ha fregato ;-).
del resto SERInO è troppo serio per il personaggio … meglio sorino (e derivazioni latine) deve essere stato un lapsus intelligente …
@ Sascha. Poveretto sarai tu. Non mi importava tanto il fatto che fosse vera l’ammirazione di Dal Lago per Bondi, quanto il fatto che Dal Lago abbia gettato nel lago (dell’esecrazione) uno dei pochi intellettuali in buona fede attualmente in circolazione (Saviano). Preferisco pensare che in malafede sia Dal Lago. Posso? Grazie.
P.S. Non prometto di andare a verificare la paginetta dedicata a Bondi. Non mi interessa. Ho letto (e lodato) tra i primi Gomorra quando non era ancora diventato il blockbuster che sappiamo. Tanto mi basta. Ovvio che poi in tantissimi abbiano cercato di associare il proprio nome a quello dell’autore di un libro di sì larga risonanza, neo-epici compresi.
ecco, come volevasi dimostrare, di serino, o sorino, NON c’è da fidarsi ;-)
sasha (o altri che hanno il libro) potresti ricopiare le righe di dal lago su bondi … la maniera migliore per sputtanare i sorci è sempre quella di riportare correttamente le fonti che sono state stravolte … che uno dei difetti della rete sia di manipolare le fonti non è una novità anzi è un diffuso e invasivo malcostume… da cui del resto non è mai stata esente la carta stampata … solo che i tempi erano più lenti e quindi meno spietati.
In Campania dicono così: ” Iss pare che niente fa e invece scass ‘o cazz! “. Qui, al Manifesto, a Repubblica Espresso, al Fatto Quotidiano, a Micromega ecc, succede che dando l’impressione di niente fare si finisce di scassare la coscienza critica di un intero paese. C’è addirittura chi rivendica il diritto di parlar malissimo di un libro senza averlo letto… Siamo alla neuro?
Ieri mi hanno detto che Helena Janacek è l’editor di Gomorra. Ma non ci credo, sarebbe troppo ridicolo se lo fosse, visto che interviene sempre a difesa del suo autore. Diceva Brecht, più o meno: ” Lo spirito difensivo è la prova della vostra colpa ” Visto che Saviano qui in NI lo difendete troppo se ne può dedurre che lo ritenete troppo colpevole? No, lo so, lo so che siete solo suoi amici e che gli volete bene…
Pure, ieri avevo fatto ABIURA, ma non ce la faccio: la sera sono vile portiere e la mattina coscienzioso incendiario… Il fatto è che sogno, ho gli incubi, mi fa quasi impazzire lo stridere di unghia sui pur facilitanti obliqui specchi (che vogliamo dire di Luttazzi?) sui quali ” essi ” si arrampicano per difendere l’indifendibile, ma, soprattutto, per offendere l’inoffendibile. E mi preoccupo amorevolmente per lo stato stesso delle unghia di questi difensori a priori (priori è troppo, diciamo incoscienti, o coscientissimi e cointeressati, sacrestani).
Dal Lago non è il lugubre bar(b)one universitario imbiancato che attacca chi ha più successo di lui (almeno spero!), ma un serio studioso che si è sempre occupato di cose decisive per la ” cultura ” a partire dal Foucault di ” sorvegliare e punire “.
Dal Lago scrive per il Manifesto da più di trent’anni, sicuramente gratis o per pochi soldi, come è (mal) costume del giornale. Il Manifesto edita dei libri, tra i quali il pamphlet di Dal Lago. Pensavo ciò corrispondesse a una nuova linea editoriale dettata dalla nuova direttrice Norma Rangeri. Macché, la Rangeri stessa, visto che le acque si mettevano male, che tanti lettori minacciano di non comprare più il giornale o di non rinnovare l’abbonamento, interviene nel dibattito per prendere almeno un po’ le distanze dall’autore di Eroi di carta, ma, più decisamente, dai contenuti del libro, dichiarando infinita stima a Saviano, ricordando che i suoi primi articoli LO SCRITTORE DE PAURA INTERNAZIONALE li aveva scritti per il Manifesto (gratis ca va sans dire). Vabbè, sarà finita lì, Dal Lago si sarà alterato al telefono con la direttrice e basta… Manco per il cazzo. Non contenta, pochi giorni dopo, la Rangeri pubblica un altro lungo articolo contro Dal Lago, di Severino Cesari, direttore editoriale Stile Libero Einaudi (forse la collana nella quale è uscito l’ultimo lavoro di Saviano?). Io su quell’articolo ho postato così, poi la discussione è scomparsa dal web: ” Siamo alla PATAFISICA. L’editore (Il Manifesto) che stronca ferocemente un suo autore. Bello sketch, comicità moderna, fa ridere come Vianello-Tognazzi, anche di più. Tra l’altro comicità istruttiva: non immaginavo Saviano avesse tutto questo potere. Non si finisce mai di imparare “.
Lasciamo Dal Lago e La Rangeri a urlare al telefono e ritiriamoci nella riserva indiana.
Signori e signore, gli atteggiamenti politici contano o non contano? Saviano legge e ordine spende parole buone per Maroni e Almirante, nonché fa l’introduzione celebrativa al libro di un fascista come Lilin, se la vede coi fascisti di Casa Pound, non fa distinzione tra destra e sinistra, ma si incontra con Fini e no con Bersani, viene ferocemente difeso dal pensatoio ufficiale della destra italiana che è ” Fare Futuro “, si costruisce l’immagine di pensatore ricordando di essersi formato su tanti scrittori considerati di destra, scrittori che tutti noi consideriamo grandi (a parte Evola…), ma che nessuno di noi si sognerebbe mai di citare tutti in una volta come capisaldi della propria formazione; sono autori, infatti, che nell’immaginario vengono percepiti come reazionari, cosicché Vincenzo Consolo si incazza e non va a un incontro pubblico con Saviano. Stando anche così le cose, chi ha ragione, chi difende o chi attacca l’autore di Gomorra? Ne vogliamo parlare? Ha ragione Consolo, che va in Palestina con delegazione di scrittori e denuncia la schifezza che ci trova? O a ragione Saviano che va in Israele ricevuto dalle massime autorità e volente o nolente rafforza la posizione nazistoide di quel governo? Quando Benjamin Netanyahu gli disse che Hamas è come la camorra, non dico dovesse tirargli un calcio in culo, ma poteva almeno fare una smorfia? Per educazione avrà fatto solo una smorfia interiore? Fatto sta che il civile Saviano pare non abbia nulla da dire sui palestinesi e circa la loro segregazione nel più grande lager mai immaginato. Neanche sul quasi casus bellis della nave umanitaria? Su troppe cose non ha nulla da dire il pur loquace Saviano, che invece rimprovera agli scrittori di fantasia che stanno a pettina’ le bbambole, mentre invece l’ora è grave, (come “ l’ora delle decisioni irrevocabili? “) sarebbe il momento di mettere le mani in pasta nella realtà. Che vi devo dire, tacesse almeno sulla letteratura… sulla quale le poche idee che è in grado di esprimere sono reazionarie per non dire peggio.
A proposito Consolo Saviano ho questa chicchetteria. Scrive Saviano in un articolo del 2006 esposto nel suo sito: ” Una volta chiesi a Consolo per lettera quale dovesse essere il mio percorso di scrittura, ovviamente, non rispose alla lettera, poi quando ci incontrammo mi disse: ” Devi usare una lingua che non sia una lingua del potere, una scrittura che sappia capire la verità “. Ora, a parte la virgolettatura non propria consona alle regole di scrittura di questo passo, secondo me Saviano il consiglio di Consolo non l’ha capito, anzi, proprio non è in grado di capirlo.
Io non possiedo Gomorra, però ne ho letto abbastanza al supermercato, sempre ben fornito di best seller, diciamo qualche pagina a settimana per un paio d’anni. Almeno quanto basta per farmi un’idea della sua scarsità letteraria. Saviano però sproloquia spesso in tv, l’ho sentito io stesso seduto sul divano vicino a mia moglie, storica e studiosa di letteratura russa, non reazionaria, assolutamente obbrobriata dalle parole del nostro circa la poetica letteraria e circa l’esaltazione di Lilin, il cui primo romanzo Einaudi ” Educazione siberiana ” esalta i codici camorristici vigenti nei villaggi Transnistriani, che giustificano l’omicidio di chi non rispetta le regole del clan. Andatevi a leggere la recensione-intervista di Saviano. Per ora schifatevi con questo passaggio: ” Io ho ucciso Roberto, ho ucciso un bel po’ di persone. Ma non sento dolore, o meglio sento che ero costretto a farlo, ero un militare in Cecenia, e dovevo sparare. Ho ucciso e ho sentito la morte tante volte vicina a me. Ma anche su questo la mia gente mi ha insegnato a capire la morte, a conoscerla e a non sentirla come qualcosa di strano. Qui nessuno vuole morire. Io se voglio la vita so che devo volere anche la morte ” . http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/esteri/saviano-siberia/saviano-siberia/saviano-siberia.html
Di Gomorra possiedo qualche pagina rubata da internet, quanto basta per smentire almeno questo dato: ” Sono nato in terra di camorra, nel luogo con più morti ammazzati d’Europa “. Non è vero. Se si piglia il dato Caserta, che è una piccolissima città rispetto alla Campania, regione che ha 6 milioni di abitanti, il dato percentuale è effettivamente alto, ma più basso di città ungheresi (in certe città il dato statistico è anche 10 volte superiore a Caserta) o insospettabilmente finlandesi. Se si piglia il dato generale Campania si deve constatare un modesto 2,0 omicidi ogni 100.000 abitanti, e si deve sapere che il dato è in linea con le medie europee, ma al di sotto di regioni finlandesi e ungheresi. Per non dire degli Stati Uniti, dove il dato per regioni dice che ci sono posti dove si omicidia anche 20 volte di più che in Campania. Tante cose non sono vere in quello che dice o scrive Saviano, fonti ne esibisce poche, anzi, quando gli si chiede conto delle fonti dice che è un romanziere, si rifugia nella fantasia che al contrario ripudia quando deve fare l’eroe civile. Alla fine è un eroe a coscienza variabile, come le schiene di cui dirò tra poco… Mi evoca Oriana Fallaci, che anche lei una volta scriveva sull’Espresso, articoli giornalistici o romanzi, non ricordo.
Questa è la situazione. Intorno alla difesa smargiassa di Saviano, ripeto, si sta distruggendo la coscienza critica di un intero paese. Quando ci si divide tra Ortodossi ed Eretici si cominciano a intravedere i roghi, si comincia a sentire puzza di bruciato. Tra l’altro invitare a non leggere un libro critico, come fanno in molti, è peggio che invitare a bruciarlo. Diceva Stanislaw Lec: ” conoscono solo la differenza tra incensare e bruciare “. Ne siamo contenti? Spero di no. Mi fa sperare la qualità critica di tanti interventi di ieri e oggi, il fatto che la posizione delle schiene qui in NI non è fissa come altre volte quando si parla di Saviano, ma variabile. Si va dagli interventi a 90 gradi dei più ortodossi, quelli che io chiamo scherzosamente i combattenti di Fazione Indiana, agli interventi a schiena quasi dritta di chi non deve in alcun modo essere segnalato alla ” polizia culturale ” come eretico. La divisione 50 e 50 che mi pare si profili, spero sia statisticamente rappresentativa di un atteggiamento nazionale che metta in discussione tutta la cosiddetta cultura di sinistra, da sinistra stessa, prima che lo facciano gli amici di Oriana Fallaci, la quale cultura, più o meno, ci sta strangolando, almeno esteticamente, pur essendo tutti noi di sinistra. Per dirla con Andrea Inglese (è sua la colpa se sono qui, del suo stupefacente articolo sul fascismo estetico: se non vi piace quello che scrivo prendetevela con lui), il fascismo estetico è stato costruito con la partecipazione di tutti, se non altro complice l’ ignavia di molti, non è il frutto di una sola mente malata.
Mah, che sia un altro sogno!
caro @marco, che lui lo voglia o no, è diventato un’icona, addirittura un simbolo, e come tale viene visto e analizzato,
l’uso di sé quanto alla propria strategia narrativa è quello che ha fatto Siti e altri prima e dopo, e non sono diventati icone di nulla, neppure letterarie
l’uso di sé «come testimone» accompagnato dalla presenza sui media, porta a diventare icone, e infatti questo è nella percezione comune
@ Elio c
Un conto è la tipologia della narrazione scelta, che racconta fatti sociali in prima persona, in cui la voce narrante è lo sguardo-filtro che si mette in scena, ecc – insomma una modalità narrativa che non è peculiare solo di Saviano, ma di altri (tra cui il sottoscritto). Gli altri però non sono diventati, sul piano mediatico, icone che hanno intercettato istanze e aspettative sociali. Saviano sì, è entrato a far parte dell’immaginario sociale in virtù di un meccanismo complesso che ha visto interazioni costanti tra spazio sociale e spazio mediatico. E’ questo scarto tra due piani che andrebbe indagato.
@ Alcor
Credo di averti risposto con il commento che ho lasciato per Elio.
Mi scuso per aver stravolto il nome di Helena Janeczek, di solito scrivo a orecchio e poi correggo, cosa che invece mi sono scordato di fare, forse perché pareva bene anche Janacek. Mi scuso di nuovo.
UN TEMPO ERAVATE LAVORATORI OGGI SIETE MONDADORI.
@Gianni Biondillo: Il Tuo senso dell’ironia lo applichi solo sugli altri. Complimenti.
@Georgia: Ti ringrazio per i Tuoi giudizi.
Fortunatamente, lavorando per dieci testate, non tutti la pensano come Te.
La definizione di Wu Ming è mia.
Ecco i Wu Ming credo siano più autoironici.
Spero di leggerti da qualche altra parte, magari un giornale, oltre che qua.
Un saluto a tutti e grazie per il lavoro che fate. Non condivido sempre i Vostri argomenti, che trovo spesso accidiosi, ma il grande lavoro è indiscutibile.
@marco rovelli
‘Saviano sì, è entrato a far parte dell’immaginario sociale in virtù di un meccanismo complesso che ha visto interazioni costanti tra spazio sociale e spazio mediatico. E’ questo scarto tra due piani che andrebbe indagato’.
questi scarti, o meglio, queste intersezioni tra i piani, rintracciate già a partire dalle tipologie narrative utilizzate, Dal Lago le chiama ‘frame’. è questo meccansimo sociale (mediatico perchè sociale, formale perchè sociale, eccetera) che Dal Lago indaga, con gli strumenti del sociologo che non è specialista, e quindi sconfina nei campi degli altrui mestieri: a partire dal testo per arrivare più in là, per dirla breve. e quindi a me non sembra molto utile controbattere al discorso di Dal Lago con una guerriglia (difensiva) su singoli punti, sviste, semplificazioni di uno per rispondere a quelle (presunte) dell’altro, come si fa in questo post puntuto. e appunto, vista la complessità delle dinamiche (sociali) chiamate in causa, non mi sembra nemmeno utile fare le pulci alla barba del sociologo, perchè si finirebbe col non affrontarle, queste tracce di storia sociale della letteratura (degli intellettuali) che saviano ci permette di seminare. ben inteso, la possiamo fare noi, questa storia sociale, andando oltre dal lago. e secondo me saviano ne è contento, o dovrebbe esserlo, fatta salva sempre la solidarietà la comprensione umana eccetera.
Vorei rispondere a Larry Massimo, perché il sio commento mi ha indignata. -Primo: difendere uno scrittore non a fare con un’ idea di
colpevolezza. Si difende uno scrittore che hai scelto in tuo cuore, nell’idea che tu hai della bellezza o della verità. Si difende uno scrittore contro critica ingiusta. La colpevolezza sarà piuttosto che la tua difesa non si all’altezza della tua idea, per me, l’uso della lingua italiana.
Secondo- accusare Roberto Saviano di essere -se ho ben capito- un amico del governo israeliano mi pare un argomento ingannevole.
E’ spostare il dibattitto sul altro argomento.
Terzo – scarsità letteraria- è una critica che non colgo. Leggere Gomorra o il contrario della morte è entrare in una scrittura sobra che ha lo sfavillio della verità. Vorrei tornare sull’argomento della scrittura, ma non ho il tempo oggi.
Quarto per lo stato di guerra in Campania, mi sembra che basta percorrere Il mattino per afferrare la cronaca quotidiana.
Suo commento,
sia all’altezza, su altro argomento
Mi scuso: ho difficoltà a trovare concentrazione, con il rumore ambientale della scuola.
@ marco
appunto, è quello che sostengo anch’io, Saviano è entrato a far parte dell’immaginario sociale, perciò non si può imputare a Dal Lago di scambiare l’icona di Saviano con Saviano, io non conosco Saviano, per me Saviano è l’icona e l’icona è fatta del libro, delle immagini, delle apparizioni televisive, delle cose veramente dette e anche di quelle attribuite.
Forse si può imputare a Dal Lago di essere irretito e partecipe dell’icona, ma come ho detto non lo ho ancora letto, notavo solo quello che non mi convince negli interventi.
Quanto a Marx, io ho letto Gomorra, fatico molto a far leggere Gomorra come un libro di impostazione marxista, anzi, non ci riesco proprio, però può essere analizzato da un punto di vista marxista, questo sì, lo si può fare anche con il grande fratello, per altro.
Ma resta la mia domanda di fondo, che forse non avevo espresso con chiarezza, è davvero così importante per voi accreditare Saviano come scrittore di sinistra? E soprattutto quando neppure lui vuol essere assunto a simbolo di uno schieramento?
@Veronique non si alteri troppo, la prego. Insomma, stia attenta alla pressione, alle coronarie, quelle cose lì… A lei avevo risposto preventivamente nel post pubblicato 14 giugno 2010 alle 17:24. Buona giornata.
Ringrazio Helena Janeczek, che con questa analisi precisa e puntuale, davvero scientifica, ha finalmente smontato, fuori dal fumo delle polemiche, l’operazione pseudo-critica di Dal Lago. Che personalmente mi era parso il triste tentativo di un intellettuale “invecchiato” di sentirsi “vivo” nel reale a fronte dell’attuale inefficacia dei suoi strumenti culturali (suoi e di tutta una parte della sinistra di cultura arroccata nell’ideologia). L’assimilazione del “fenomeno Saviano” all’apnea mediatica del berlusconismo riflette proprio questo: una “riduzione ad uno” della complessità del reale funzionale alle proprie capacità e aspirazioni. Narcisismo? Invidia? Disperazione? Questo non conta, come dimostrano gli appunti critici della Janeczek. Conta che un Paese non dovrebbe avere bisogno di eroi, è vero, bensì di bravi scrittori. E Saviano lo è. E di bravi critici. E la Janeczek lo è (e Dal Lago, almeno in “Eroi di carta”, no).
Basta nominare Saviano e i post fioccano…
Ma da dove nasce tutto questo fermento?
Chi è Saviano a noi, o noi a Saviano?
In Italia senza dubbio non ti perdonano il successo.
Ma altrettanto senza dubbio chi ha successo trova gente disposta a difenderlo anche quando omette cose importanti o dice cazzate.
Insomma, quaggiù la lucidità sta diventando un lusso…
Il problema non è Saviano (che Dio lo conservi, povero ragazzo, lui e la sua fama): il problema è il conformismo strisciante delle patrie lettere…
Il quale conformismo, poi, è quello che produce questa opprimente sensazione di stagnazione…
Io vado a pettinare le bambole.
Torno.
Volevo solo battere un colpo per dire che: speravo di riuscire a rispondere stamattina, ma sono stata presa da cento stupide cose da fare. Ma appena posso leggo tutto con calma e lo faccio…(sperando, sigh, che i commenti non siano sproporzionatamente lieviati)
ma un UOMO come Saviano che ha avuto i COGLIONI di mettere a repentaglio e per sempre la propria vita per raccontare a tutti quello che è sotto gli occhi di tutti è ancora oggetto di critiche e bersa<glio di una pseudocritica che non c'è?
ma forza HELENA e ROBERTO
sempre con voi!!!
carmine
GRAZIE!!!!!
alcor, indagare l’icona Saviano, per me, significa fare quel lavoro sulle dinamiche sociali di cui dicevo nel commento lungo che ho postato (e che in parte riprende Noa). Tu però eri partita da un’altra questione, nel primo commento, dicevi che strategia narrativa e dinamiche sociali-mediatiche si sovrappongono, e io affermo che non sia così (come ho argomentato a elio).
quanto al marxismo, ho rilevato la questione (individuare l’accumulazione originaria del capitale nell’economia criminale) che è di impostazione eminentemente marxista, a me non pare che possa eccepirsi il contrario, non credi?
Peraltro non vi è alcuna necessità di fare di Saviano uno di sinistra. E’ inconfutabile che la sua estrazione – quanto a formazione culturale, a impostazione del lavoro, a curriculum (collaborava col manifesto) – lo è. Che poi abbia assunto anche una serie di posizioni eterodosse, certo, (eterodosse e per me inaccettabili) è altrettanto inconfutabile.
Due cose stupefacenti: la centralità intellettuale assunta da Saviano in questo Paese; e la pretesa che Saviano sappia tutto di tutto, che possegga la soluzione per la mafia, la camorra, l’economia, la questione mediorientale, il diritto, la marea nera, l’effetto serra, la deriva dei continenti, e magari s’intenda pure di stringhe spaziali, di metrica plautina, del mostro di Lochness, della vera identità di Shakespeare, della scomparsa di Ettore Majorana e di quella dei dinosauri e di quella di Atlantide e poi…boh.
Detto in breve: a me gli adoratori di Saviano ricordano tanto quelli di Tolkien – non solo acquisti un libro ma anche una profonda superiorità morale su quanti non sono coraggiosi come te che sfidi la Camorra o Sauron comprando Gomorra o Il Signore degli Anelli…
Anche se indubbiamente così vado un po’ anch’io sul personale… vabbe’…
Insomma, il problema per me è la sproporzione fra la risonanza mediatica di Saviano e le scarse o nulle ricadute pratiche che vadano oltre le classifiche di vendita e gli indici d’ascolto. Il dramma sta nel fatto che proprio quei mezzi letterari efficaci per attirare l’attenzione su un certo dramma finiscono per attirare l’attenzione solo sull’autore e servono solo all’autocompiacimento di molti suoi lettori (‘Siamo tutti Saviano!’)
Due questioni che non c’entrano l’una con l’altra (non c’entrano?) da un’unica firma, Fabrizio Rondolino, ex (ex?) dalemiano:
qui se la prende con Saviano con i consueti argomenti – http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200903articoli/42282girata.asp – ; qui invece se la prende con il “comportamento criminale della Fiom” – http://www.thefrontpage.it/2010/06/15/il-comportamento-criminale-della-fiom
Ma del comportamento criminale di Rondolino, vogliamo parlarne?
Trovo assolutamente puntuale e pertinente l’articolo di Helena Janeczek, e concordo in pieno con il post di Marco Rovelli, pur non avendo letto il pamphlet di Alessandro Dal Lago se non in alcuni passi citati dai suoi commentatori. In realtà credo che il suo limite risieda nella formazione sociologica dell’autore, che ignora la sensibilità e la precisione della critica letteraria, anche se non so fino a che punto un libro come GOMORRA, che pure ha tra i notevoli pregi quello di contenere le spinte contraddittorie della nostra contemporaneità, possa essere considerato letteratura. E’ certo che GOMORRA vive di contaminazioni e forse ci introduce ad un modo nuovo ed eterogeneo di pensare la realtà.
Da quel che ho potuto capire, la critica al libro appare invece “vecchia” perché “ideologica”, con una tendenza al contenutismo tipica della sua radice sociologica, senza parlare delle imprecisioni, precisamente testimoniate invece sia da Janeczek che da Serino.
In sintesi, la vicenda evoca un cane che si mangia la coda: il fenomeno massmediatico Saviano travolge nella sua notorietà chi gli si oppone, e che ottiene suo tramite una parcella di attenzione nei media. Cosa che fa pensare ad una critica più che utilitaristica, molto lontana quindi dalle sue pretese “scientifiche”.
E’ di ieri la notizia di una scuola di eccellenza torinese ispirata da Alessandro Galante Garrone in cui Saviano è stato invitato ad insegnare.
Riuscirà il nostro sociologo ad entrare (antiteticamente, s’intende) nella spirale di tale prestigio?
@ marco
sì, insisto, nel caso Saviano strategia narrativa e dinamiche sociali-mediatiche si sovrappongono, non dico che fosse nelle intenzioni dell’autore, ma così è andata e adesso non possiamo dividerle, se fosse possibile del resto non saremmo qui a parlarne
non mi pare che Marx individui l’accumulazione originaria del capitale nell’economia “criminale”, – come dici nel commento a elio -ridurlo a questo mi pare ridurlo tout court
neppure sono d’accordo sul fatto che Saviano sia “di sinistra”, né mi pare che lui voglia essere considerato tale, mi pare anzi che cerchi di sfuggire il più possibile a questo genere di catalogazioni, ricordo assai bene la sua intervista a Buttafuoco, dove citava come suoi autori di riferimento Schmitt e Jünger, Pound e Evola, non Marx
il fatto di aver collaborato al Manifesto, scusa, non basta, e non basta perché quelle che tu chiami le sue attuali “posizione eterodosse” erano in nuce già nella sua scrittura, io vedo Saviano eminentemente come un uomo d’ordine, senza per questo volerlo definire politicamente
quello che mi piacerebbe capire è perché si debba definirlo “di sinistra” per apprezzare il suo impegno contro la criminalità organizzata, vedo in questo bisogno un inutile imbarazzo ideologico
Marco,
tu però continui ad eludere il fatto che fare quel lavoro sulle dinamiche sociali che auspichi tu, per molte persone NON significa lasciare da parte Saviano, perché per loro (me compreso) Saviano non è estraneo, non è solo un soggetto che subisce il processo che lo trasforma in icona, ma al contrario è un soggetto che prende parte al processo, consapevolmente o meno.
Alcor, farò un esempio terra terra: la strategia narrativa dei miei libri è simile a quella di Roberto, per molti versi. Io però non sono diventato un’icona, nel mio caso non si è innescato un processo simile. E così nel caso di altri che stanno dentro quel tipo di scrittura e di costruzione della narrazione. Stiamo parlando, qui, di dinamiche sociali complesse – lo scarto di cui sopra.
Quanto alla questione marxiana, la questione dell’accumulazione originaria del capitale (sia nel modo in cui la pone Marx, e poi come lo rivede la Luxemburg) si riallaccia proprio all’economia extra-legem (le pecore che mangiano gli uomini, nel caso di Marx; il triangolo atlantico e quant’altro nel caso di Luxemburg…).
Capisco, Lorenzo, che tu individui Roberto come un soggetto attivo in questo processo. Ma, anche se fosse così (e non credo che sia così), a me continuerebbe a non interessare, come questione… A me interessa comprendere come si è sviluppato questo processo, che cosa ci può insegnare, a cominciare come già ho detto dai vuoti che l’icona è andata a colmare: parlare del processo, non degli uomini.
@marco
non rispondi alla mia domanda, che forse potrebbe aiutare a spiegare la tua, ma non importa
Ma quale domanda alcor? Perché c’è l’esigenza di definirlo di sinistra?
Ma per me non c’è alcuna esigenza, l’ho già detto. Semplicemente considero che lo è per estrazione culturale, tutto qui.
ah, [sempre per @marco] al di là delle misteriose doti personali che portano alcuni a diventare icone ed altri no, forse una delle ragioni per cui tu coi i tuoi libri non puoi diventarlo è la loro materia che è di parte, socialmente parlando, i tuoi sono libri dalla parte degli oppressi, gli oppressi non sono trasversali, la criminalità organizzata lo è, anche nella percezione comune.
Va bene, Alcor, io non vorrei deviare il discorso adesso su di me. Era solo un esempio, davvero, “terra terra”. Ma prendiamo per buono, come spunto per ragionare, che sia questa trasversalità a essere un elemento essenziale. I clandestini, lo sappiamo, non sono televisivi, se non in senso deteriore, della camorra non c’è nessuno che ne parli bene e dunque è altra cosa. Bene. Ma impostare il discorso così è già, appunto, impostarlo in termini di processi, di attori della cultura, di vettori del consenso sociale, di interessi materiali… e non parlare della soggettività dello scrittore. A meno che qualcuno non voglia dire che Saviano si è scelto un argomento “trasversale” da trattare in modo da diventare famoso, e immagino che nessuno potrebbe arrivare a questa aberrazione, no? (Anche se temo che sì, qualcuno potrebbe pure dirlo…)
(Dopodiché: già si è spostato il baricentro della questione da come la ponevi poc’anzi: non è più la strategia narrativa a implicare e sovrapporsi alla mediatizzazione e alla produzione dellimmagine, ma il contenuto. anche tu sei shiftata :-)
Serve un autobus. Servono visite guidate in Campania. Conversazioni con chi la campania la vive… Potrei accompagnare molti signori in Campania e mostrare loro la mia terra. Prima tappa: Casal di Principe.
Non serve un libro dal titolo eroe di carta. Stavolta l’eroe non c’è. Il giornalista di stoffa, non di carta, è Roberto. Solo questo c’è: un buon giornalista che fa il suo lavoro. Tutto qui. Io il libro del sociologo del manifesto non lo compro. E se quel sociologo vuol venire con me in Campania gli presento volentieri le famiglie di casalesi (buone) che perdono parenti. Perchè uccisi dai tumori. Tumori causati da una terra malata e inquinata a causa degli interessi di alcune famiglie…e di una parte politica.
a Gian Paolo Serino:
scrivi: “Gianni Biondillo: Il Tuo senso dell’ironia lo applichi solo sugli altri. Complimenti.”
E non capisco di cosa parli. Io avevo fatto un innocente e giocoso commento rivolto a Georgia, dato che lei puntualizza sempre il suo nome (Georgia con la “E”!) scherzavo sul fatto che avesse scritto sorino al posto di Serino. Se tu ci hai visto qualcos’altro è tutto nel tuo sguardo, non certo nelle mie parole.
Tra l’altro trovo molto divertente la definizione che fai di me (‘Gianni Biondillo è come Gianni Biondillo se Gianni Biondillo fosse uno scrittore’), ed infatti concordo: io NON sono uno scrittore. E, tenendo conto dell’ambientino livoroso assai, ne vado persino fiero. (non a caso sulla carta d’identità ho scritto, alla voce professione, Architetto).
Relax, GP, relax. Il mondo là fuori è cattivo.
Sottoscrivo Yanez. Ho anch’io i miei morti di tumore in quelle terre. Si parla spesso dal chiuso delle nostre case (e dei nostri pregiudizi).
a Immondizie Riunite:
Scrivi, all’inizio di questo giro di commenti:
“brava donnina, hai fatto bene a censurare la mia satira contro saviano. hai confermato una mia antica convinzione: gli schiavi sono peggio dei loro padroni. sergiomaria cerruti – superfive@libero.it”
Datti una calmata, Sergio. Credi davvero che il tuo commento buffo e spiritoso possa spaventare alcuno al punto da censurarlo?
Ma per piacere!
Quante volte dobbiamo ripetere che capita a rotazione che alcuni commenti vengano bloccati dalla maglia dell’antispam? E’ successo pure a commenti miei! Helena non è al computer in modo continuativo in questi giorni, tutto qui. Altrimenti se ne sarebbe accorta dei tuoi commenti che ho prontamente liberato; e altrettanto avrebbe fatto lei.
Detto ciò: il prossimo lamentismo dietrologico sarò io a non tollerarlo. Sono stufo di questa passione tutta italiana di cercare la purezza solo negli altri. Non trovandola, ovviamente. E lavvode la si trova, infangandola.
@marco rovelli
benissimo restare e anzi iniziare dai processi. per dire, @biondillo non lo fa, se posso permettermi, è uno zio buono, a me può stare pure simpatico, ma con lui la discussione non si muove di una cippa. come dire, va bene la camorra, le terre avvelenate, la solidarietà vera che siamo capaci di provare per l’uomo, ma forse è il momento di fare un passo più in là, visto che dopo 4 anni la vita di saviano è diventata una merda, e va bene, anzi va male; la camorra continua a fare affari, in spagna e nel casertano eccetera eccetera. quindi usiamo dal lago, al di là delle forzature delle sviste e dei miraggi. e dunque però non è la persona, e nemmeno solo il tema, il contenuto, la camorra, al centro di un possibile discorso ‘utile’ intorno a questo caso.
dici bene: Gomorra e il suo autore è solo una parte della questione, e la più semplice da svelare – e qui infatti, mi pare si possa essere d’accordo: si parva licet, questo cortocircuito tra ‘autore’ e ‘personaggio’, sin dentro le strutture discorsive con le quali si articola la parola di Saviano, richiama il Pasolini corsaro e non solo; l’Hmingway reporter alla Robert Capa (non certo il Primo Levi testimone scrittore, meno chiamato in causa da Saviano ma a lui molto caro, come sappiamo – Levi in verità alquanto scomodo per il campo letterario e culturale dagli anni ’70 in poi). tutti riferimenti ai quali Saviano autore-personaggio si richiama, e che sono, come dire, romantici e ‘dannunziani’, nel senso storico del termine, beninteso, oltre che di sicura presa retorica ed emotiva (sono modelli ‘unanimistici’, a ben vedere, che andrebbero storicizzati e destrutturati, e invece per ora stanno bene nelle case dei destrorsi e dei sinistrorsi): in posizione strutturale e quasi fisiologica di ambivalenza e di (tragica) ambiguità nei confronti del pubblico, del mercato e della macchina mediale (intese in sintesi come ramificazioni del potere, di ieri e di oggi). questo è un lato del problema, forse il più insidioso e scivoloso.
ma dici bene, mi pare, forse oggi conviene fare un passo più in là: gomorra e dintorni è da vedere ormai sullo sfondo delle traiettorie politiche, mediatiche, editoriali, sociali che danno forma al ‘frame’, secondo quanto dice dal lago: e cioè una rete fatta non solo delle retoriche politico-mediatiche (più o meno unanimistiche) che danno forma con il loro rumore di fondo all’uso pubblico di Saviano, per così dire; è una rete nella quale agiscono i meccanismi sociali che innesca realmente la sua opera e il suo ‘discorso pubblico’ (i rischi dell’eroe più o meno segreto); l’incidenza effettiva della sua idea di letteratura nel contesto culturale e politico del 2010 (un’idea di letteratura che per alcuni è una macchina da guerra, per altri è consolatoria e rassicurante); le ricadute della sua battaglia ‘essenzialistica’ per la giustizia, per un ordine ‘normale’ (per alcuni un esempio etico e civile, per altri una tensione sacrosanta ma in fondo ambigua, che sottrae materialità allo sguardo sul reale).
Prima cosa. L’impostazione del mio pezzo cercava di evitare che i commenti rispecchiassero la solita sterile contraposizione fra opposte tifoserie. Per molti commenti, per fortuna, è stato così. Credo che qui anche chi come me (che tra l’altro non ho mai celato di averci lavorato assieme) sostiene la qualità di Gomorra e anche la funzione pubblica, civile e politica di Saviano, stia cercando di portare avanti una discussione improntata sull’argomentazione. Ossia che si prenda la briga di ascoltare quelli degli altri.
La questione Gomorra-Saviano è complessa. Si tratta di distinguere il libro (che a sua volta è complesso, cosa che non implica che sia privo di diffetti) dalla sua ricezione che anch’essa è mutata nel tempo. L’io narrante somiglia a molti presenti in altri libri e acquista un certo valore solo attraverso un processo di lettura che si salda in vari modi al diventare icona del Saviano-personaggio, icona che divide. In quei modi antitetici per cui o è tutto vero o è tutto falso e dubbio come Dal Lago sembra voler dimostrare attribuendo allo stesso testo questa sua lettura indistinta.
E’ questo è solo un piccolo esempio di come si crei una specie di marmellata che non aiuta a capire. Prima tutti possiamo fare uno sforzo per capire e per distinguere, e poi chiunque potrà trarne le sue personali, anche divergenti valutazioni. Distinguere inoltre il piano mediatico, quello politico, quello civile e così via. Che certo sono intrecciati, e possono essere guardati nelle loro interazioni, ma non per questo possono diventare un tutt’uno confondibile.
Per quel che riguarda ad esempio quello politico, dico soprattutto ad Alcor che non mi interessava rivendicare Saviano alla sinistra. Semplicemente non è nemmeno placidamente ascrivibile alla destra. O, più concretamente, come fa Dal Lago, un fascista. Nemmeno se dice di essersi formato su certi autori, se lo difende Fare Futuro e viene ricevuto da Fini. Ha scritto e scrive su giornali di una certa area (sempre più moderata, è vero), si è formato altrettanto su autori e maestri di sinistra- ringraziati e nominati in libri e articoli- e se uno come Consolo ha rifiutato un contributo per un suo libro ritenendolo passato dalla parte opposta, rimane il fatto che non è Saviano ad averlo disconosciuto.
Ha detto e continuato a dire cose – anche- secondo me abbastanza inequivocabilmente di sinistra: vedi gli articoli sulle rivolte di Castelvolturno e di Rosarno, vedi il ricordo nel secondo Speciale di Fazio di Ken-Saro Wiwa e di Miriam Makeba, per nominare le prime che mi vengono in mente. Ma ha soprattutto sempre continuato a ripetere che non basta, nella lotta alla criminalità organizzata, il law and order. Che bisogna colpire l’economia. L’aggettivo, Alcor, che ho usato è “marxiano” e non “marxista”. Secondo me una delle grandi novità di Saviano sta nell’aver puntato in modo assai deciso su questo aspetto, nel averlo saputo rendere centrale nel suo libro e anche dopo. Ha saputo divulgare la consapevolezza che la forza della camorra – di impatto sociale, culturale, di condizionamento della politica- è radicata nel suo potere economico. Questo a me ha richiamato il concetto delle condizioni materiali che determinano la coscienza (das Sein formt das Bewusstsein).
Provo a dire, infine, la cosa forse più importante. Il problema di un libro come quello di Dal Lago sta nella responsabilità delle parole. Che è una questione che non sussiste solo per Saviano. Ed è una questione, a seconda dei casi, semplicemente etica, o civile o politica. Se uno rischia, come in questo caso di finire per essere strumentalizzato da una certa parte politica e perfino dai camorristi, questo non significa che per questo se ne deve stare zitto o mugugnare in silenzio. Non significa nemmeno ragionare con una sorta di ammorbidente nel cervello. Però secondo me significa dover applicare il massimo rigore, la massima limpidezza di pensiero e argomentazione per evitare che questa cosa possa accadere. Qui mi trovo a discutere con molti che mi fanno capire che questo non è impossibile, nemmeno nel caso di Saviano, eroe e martire. Posso per questo avere il diritto di dire che così come ha fatto dal Lago non va proprio?
tuoi sono libri dalla parte degli oppressi, gli oppressi non sono trasversali, la criminalità organizzata lo è, anche nella percezione comune.
scusa alcor ma se fosse vero, quello che dici, … visto che chi scrive di camorra in italia non è certo una sparuta minoranza (anzi sono moltissimi) sarebbero tutti diventati famosi come saviano, invece no, anzi oserei dire che saviano sia diventato famoso malgrado abbia parlato di camorra e non perchè ne abbia parlato … ma possibile che nessuno si renda conda, e gliene dia merito (o dismerito) che il successo di saviano (almeno quello iniziale) è dovuto solo a lui, al suo modo di narrare, al suo modo di raccogliere documenti e dell’uso che ne ha fatto, del taglio che ha dato alla sua narrazione dai personaggi che ne sono venuti fuori (tutte cose miscelate che si vedevano già quando postava in nazione indiana) …insomma ci vuole molto a capire che saviano è uno scrittore e basta … certo era talmente tanto che non se ne vedevano più a giro che capisco che sia oggi così difficile ammetterlo :-).
Certo non tutti gli scrittori hanno successo, ma tutti toccano le corde dei propri lettori … saviano ha avuto a disposizione la rete e anche helena che lo ha proposto a una casa editrice di grande diffusione e ha raggiunto molti lettori al momento giusto … poi poi tutto il poi è altro fenomeno, sia nel bene che nel male (direi più nel male, come quasi tutto quello che oggi diventa famoso, fosse anche il luogo più bello della terra).
@marco
si shifta per tornare a bomba:-)
rapidamente, continuo a pensare che la strategia narrativa di Saviano, al di là delle intenzioni (e anche questa coincidenza istintiva e naturale facilita la costruzione successiva dell’icona), non sia separabile dal personaggio, poteva forse esserlo se non ci fossero state le minacce, l’assegnazione della scorta, eccetera, ma ci sono state e Saviano è stato spinto dalle circostanze a riappropriarsi con forza del narratore e a potenziarlo, a fare massa difensiva tra sé e il libro, perciò, ora, separarli non è più possibile (salvo ovviamente per chi lo conosce personalmente, ma è un’altra storia), poi ci ha messo del suo la stampa eccetera, Fazio eccetera
Ovvio che non si è scelto la materia perché era trasversale, se l’è scelta perché gli sfregava la pelle, e anche questo si sente e conta.
@ helena
avevo visto, sì, che avevi scritto marxiano, ma anche passando dalla formazione alla modalità, non vedo niente di marxista in Saviano e niente di marxiano in Gomorra
a parte quella spolverata che ormai è passata nel pensare comune per cui è difficile per chiunque negare l’importanza del sostrato economico negli avvenimenti, cmq, è la mia opinione e non voglio convincere nessuno
@georgia
se hai letto i miei commenti, vedrai che non ho scritto solo quella frase
scusa serino ma non è colpa mia se scrivi cose non vere … premetto che non ho letto il libro di dal lago ma sembra, a quanto hanno riportato qui quelli che lo hanno letto, che non sia vero che abbia decantato bondi come poeta … ad ogni modo aspetto di leggere … però se uno dice cose approssimative, anche se brillanti, non può poi aspettarsi di essere credibile, almeno per quanto mi riguarda. Inizialmente io avevo pure apprezzato il gustoso riferimento a bondi poeta, ma … se non è vero è altro discorso.
Non sei l’unico a scrivere cose non vere e infatti io in genere mi fido di pochi. Ad ogni modo siccome tu sicuramente hai sotto mano il libro di dal lago puoi sempre smentirmi e allora mi ricrederò, almeno riguardo a quel tuo pezzo che avevo inizialmente trovato divertente, altrimenti penserò che sei un e-minzolini ;-)
Noa (al di là del fatto che non mi pare che Gianni agisca come tu dici, su certe questioni ha già detto la sua più volte), m pare che poni due ordini di questioni. Una rispetto alla retorica scrittoria: a me non pare si possa parlare di posizione romantica e/o dannunziana semplicemente perché uno si pone come Testimone del limite e racconta il mondo dalla sua parzialità. Anzi, questo tipo di strategia retorica secondo me assume una connotazione assolutamente nuova nell’epoca contemporanea: mi permetto di rimandarti a un breve scritto che ho postato qui su NI, Appunti sulla scrittura del reale. Dove, in realtà, un approccio del genere è secondo e, oggi più che mai, immediatamente politico. Quanto alla seconda questione, la forma del frame delle retoriche mediatiche, l’analisi dei desideri degli attori sociali incarnati sul Personaggio, la composizione sociale dei suoi lettori, la qualità della sua ricezione, e molte altre cose: queste non sono cose su cui io posso esprimermi. Si tratterebbe di porre le domande giuste, e una ricerca sociologica adeguata dovrebbe ottenere le risposte. Che ci potrebbero essere utili anche per capire – ciò che a me interessa – come ripartire da quei vuoti colmati da Saviano per colmarli, invece, con una serie di pratiche condivise.
@marco rovelli
‘Che ci potrebbero essere utili anche per capire – ciò che a me interessa – come ripartire da quei vuoti colmati da Saviano per colmarli, invece, con una serie di pratiche condivise’.
questa la sottoscrivo.
Saviano di sinistra o di destra: ma vogliamo partire da quel che dice Saviano, come vorrebbe Helena nel suo pezzo?
Mi sembrano del tutto fuori luogo le appropriazioni, anche la Rangeri che sul Manifesto attribuisce una formazione marxista (o marxiana, non ricordo) a Saviano ricordando che ha iniziato scrivendo sul Manifesto: che c’entra?
Qui il punto è: Saviano, si presenta ai media come una persona di sinistra?
NO, non mi pare proprio, anzi ha sempre sviato il discorso, e con Buttafuoco si è fatto dare del vero democratico, uno al di sopra di destra e sinistra e ha ricordato le letture di destra su cui si è formato.
Questa è una precisa strategia di comunicazione che si può e si deve imputare solo a Saviano.
Saviano avrebbe potuto fare tutto quello che ha fatto contro la camorra e alle domande sulle sue idee politiche che, si spera bene, non si limitano a come combattere la camorra, avrebbe potuto dire di essere di sinistra.
Non l’ha fatto. Mi sbaglio?
Perché non l’ha fatto?
Perchè ha pensato che la camorra sarebbe stata meno combattuta dalle persone?
Per evitare le critiche idiote di destra che inevitabilemte sarebbero piovute per dirgli che “combattere la camorra non è né di destra né di sinistra”? (come se appunto le idee politiche si riducessero alla camorra)?
Non saprei.
In ogni caso ha fatto una scelta precisa, quella di non dichiararsi di parte, evitando quindi di far capire alla gente che un conto è la battaglia contro la camorra che sta lui facendo a suo modo (e magari in un modo che non può prescindere dalla sua matrice culturale di sinistra), un conto sono le sue idee politiche.
E peraltro, la denuncia giornalistica e l’azione giudiziaria sono apolitiche, ma combattere la camorra politicamente richiede di prendere parte, perchè la politica si misura sul COME si risolve un problema, e quindi su come si combatte la camorra, e il come della destra NON è lo stesso del come della sinistra. Può essere simile sul piano repressivo, poliziesco, ma non su quello politico né tanto meno culturale: un ministro dell’interno di sinistra non farebbe, come il tanto lodato (da Saviano) Maroni, una associazione tra criminalità organizzata ed extracomunitari ogni qual volta occorre parlare del “problema” della sicurezza dei cittadini.
@Helena lei mi sembra un pochino autolesionista, sono sempre più preoccupato per le sue unghia. Quando dice ” tra l’altro non ho mai celato di averci lavorato assieme ” potrebbe anche voler dire che avete fatto assieme i turni notturni a Mc Donald. La questione precisamente è: lei è stata o no l’editor di Gomorra? Se è stata, si pone un chiaro conflitto di interessi, a meno che NI, del quale mi sembra di capire lei è come la direttrice, non dichiari esplicitamente di essere il TG4 di Saviano (allora avrei ragione io a chiamarvi FAZIONE INDIANA)
La questione, dottoressa Janeczek, è che lei attacca Dal Lago scrivendo che ha scritto un pamphlet pseudoscientifico senza verificare le fonti (chissenefrega, se la vedrà con lui). Suo diritto, purché non si dimostri insensibile alle ragioni di chi rivendica come propri alcuni testi di Gomorra, a chi sostiene che le fonti di Saviano stesse sono assai traballanti, che la divisone in ortodossi ed eretici è poco lungimirante. Purché non ignori che i poliziotti stessi avevano messo in guardia circa l’eroe di carta, che il capo della mobile di Napoli non ha la scorta, nonostante arresti i camorristi,i quali, dovete saperlo, minacciano chicchessia di morte, anche l’edicolante che la finito la gazzetta dello sport! Purché non ignori che anche il procuratore Ingroia si era espresso contro l’eroizzazione di Saviano. Purché riesca almeno a immaginare che far vedere Saviano scortato e braccato è il migliore spot possibile per la Camorra, perché i testimoni veri, stando così le cose, saranno sempre più reticenti. Purché non sorvoli sul problema della sparizione della coscienza critica in questo paese. Purché non sorvoli sulla VERGOGNOSA celebrazione di Lilin. Purché non faccia finta di ignorare che i camorristi hanno partecipato alla lavorazione del film, perché senza il consenso di chi ha in mano il territorio il cinema in Italia non si fa, neanche a Roma, figuriamoci in Campania (in questo la mia fonte è diretta e altolocata, quindi non si metta a rigirar frittate): Purché non finga di non vedere che il legame di Saviano con il neofascismo o con le destre istituzionali non è per niente episodico. purché cerchi di capire che dire in tv che lui viene da una terra dove la Camorra fa uno o due omicidi al giorno è una bufala CLAMOROSA. Sappia infine che in Campania L’IMPAURISMO gomorristico non smuove troppo le coscienze, anzi, e che le ultime elezione le ha stravinte la destra, contro la quale Saviano risulta non aver fatto nessun gesto politico in campagna elettorale (‘TACCI SUA!)
Detto questo penso anche io come IMMONDIZIE RIUNITE che la camorra tra 400 anni verrà battuta, con l’aiuto decisivo di valdostani e danesi, e dovremo tutti, anche noi scettici e ingrati, ringraziare Mondadori, Saviani e Gomorra, che ci hanno messo in luce il problema. Esattamente avverrà nell’anno 2510, presidente sarà Berlusconi olografico e i mondiali di calcio si giocheranno nell’isola di Ponza, nella quale verranno costruiti 15 stadi olimpici.
Devo chiudere perché negli orecchi mi ricomincia lo stridio delle unghia sugli specchi.
@Larry. Le “unghia”? Il plurale, regolarissimo, di unghia è “unghie”.
unghia mi suona meglio, quindi la ripetizione di italiano non la pago (ma si informi di più, vedrà che non è così univoca la cosa)
A enrico macioci
macioci hai toccato un punto importante:-).
Saviano ha scritto un bel libro, anche un libro importante, ma siccome fa quello che facciamo tutti (ma lui, per forza di cose, con più visibilità) cioè dice la sua su vari argomenti, in base a quello che pensa (giusto o sbagliato che sia), allora diventa un reprobo: … Hai sbagliato con peres, hai sbagliato di qui, hai sbagliato di là, hai recensito il libro sbagliato, hai letto i libri sbagliati, hai parlato di un personaggio non limpido … va bene dirlo sul momento, ma una volta detto mica può far parte del suo curriculum a vita… mamma mia, capisco che salinger se la sia data a gambe dal mondo non appena ha visto l’aria che tirava a vendere troppe copie ;-).
Saviano vive sotto scorta non può neppure darsela a gambe quindi sceglie di mettere a frutto quello che sa fare: scrivere e parlare … poi è naturale che a volte sbaglierà (anzi mi sembra già un autentico miracolo che il più delle volte dica cose giuste e condivisibili) … visto che solo chi non fa non falla.
Ma … davvero saviano conosce la vera identità di shakespeare? La cosa mi interesserebbe alquanto.
@Larry.
1) “Saviano ha scavato la realtà con le UNGHIE fino a rinvenirne il nocciolo visionario e allucinatorio”. (Wu Ming 1 su Gomorra il 21 giugno 2006)
2) “Scrivere con le unghie, dunque, significa immaginare la scrittura come un corpo… ” (Lello Voce sul volumetto “Le UNGHIE della poesia” di Joumana Haddad.
3) “Saviano dovrà lottare con le UNGHIE e con i denti per ri–conquistarsi come scrittore” (Wu Ming 1 su Saviano nel 2009).
Eccetera.
@biondillo
caro gianni, sei completamente fuori strada. allora ti spiego. innanzitutto ti porgo gentilmente una richiesta: evita nei miei confronti toni paternalistici. se non ti va quello che dico rispondi pure, cancellalo se vuoi, ma evita frasi come ‘datti una calmata’ dacché io non mi permetterei mai d’usare queste espressioni con te (meno che mai se fossi a casa mia, come te in questo momento su NI). dunque. ho fatto un commento nel mio stile, farà cagare, ma è il mio stile. sono stato il primo a commentare. ho visto molti commenti essere pubblicati ma il mio no, e oltretutto era scomparso anche dalla mia schermata – cioè non leggevo più l’avviso che era in moderazione. ho dedotto credo con qualche ragionevolezza che fosse stato censurato. dacché ho scritto quanto sopra sulla pagina dei commenti e solo perché non ho la mail della sig.ra janeczeck. ho firmato il mio insulto e messo la mia mail perché sono una persona corretta e non mi piace l’anonimato quando si tratta di insulti. inutile dire che non pensavo affatto che SCORRETTAMENTE quei dati e quella comunicazione venissero pubblicati. dunque ti dovrebbe essere chiara che la scorrettezza è stata altrove. nel merito poi ti dirò che sono presuntuosamente convinto di scrivere cose assai più spaventose del vostro eroe di carta mondadori. detto questo ti saluto rinnovandoti la mia stima e ringraziandoti molto dello spazio che mi hai spesso concesso.
@helena
“Nemmeno se dice di essersi formato su certi autori, se lo difende Fare Futuro e viene ricevuto da Fini. Ha scritto e scrive su giornali di una certa area (sempre più moderata, è vero), si è formato altrettanto su autori e maestri di sinistra- ringraziati e nominati in libri e articoli”. Che sia un neocon?
A questo punto ci auguriamo tutti che Saviano non si tagli le unghie corte e men che meno se le mangi…
Mi sembra che il limite di dal lago sia in un’interpretazione unidimensionale della realtà, la realtà mediale, il mondo virtuale. Tutto il suo discorso ruota intorno a questo punto, che non credo sia heda sottovalutare, visto che stiamo tutti attaccati a internet a scrivere di saviano su nazione indiana. Ma Dal lago dice di essere laico, difende il suo anarchismo con la “a” minuscola, e per la sua impostazione razionalistica di studioso e sociologo non riesce a cogliere l’eroismo in se come un valore, la forza e il coraggio del cavaliere, l’audacia del cowboy, o se volete ragionare al contrario la grandezza di scarface. Tutti questi sono piani della realtà, che della realtà sono parte, anche un po’ metafisici se vogliamo, e dunque non riducibili unicamente ad un punto di vista mediatico-virtuale. Voglio dire che gli eroi sono sempre esistiti. Ma una cosa sono gli eroi e un’altra i santi.
Forse la Janeczec era l’ultima persona indicata per prendere posizione nei confronti di “Eroi di carta” di Dal Lago.
Alla fine arriva a dire che ci sia invidia nel manifestare una posizione contro Saviano, e ciò è la cosa più ridicola del contro pamphlet di questa brava e moralmente integra signora (a me risulta che il Dal Lago abbia pubblicato anche con la Einaudi e con la Feltrinelli, quindi non è un fesso qualsiasi che vuole avere il suo riconoscimento dicendo la sua sull’eroe del momento).
La buona Janeczec dice che il Dal Lago ha smembrato l’opera omnia di Saviano, e poi lei fa esattamente lo stesso con il libello incriminato (il massimo dell’incoerenza, a conferma che era l’ultima a dover dire certe cose).
Si rifiuta, la moralista, di andare invece a capire la tesi che vuole portare avanti Dal Lago, quel fenomeno “Gomorra” che è innanzitutto mediatico e che a molti è “servito” a ripulirsi le coscienze.
Saviano è diventato santo eroe e martire, che lo abbia voluto o meno, perché questo è uno status che giunge dall’alto (o dal basso), non lo si può certo decidere a tavolino.
Ma la buona donna questo non vuole vederlo, accecata dalla sciocca necessità di dover difendere il suo eroe.
Insomma questo lungo articolo mi pare indecoroso per chi, come il Dal Lago e come anche un signor nessuno come me, non si vuole necessariamente allineare all’opinione comune, a conferma, come dice Dal Lago, che attaccare Saviano è uno scandalo.
Io avrei difeso l’esistenza di questa opinione controcorrente, anche se non fossi stato d’accordo, perché abbiamo tanto bisogno di opinioni diverse in questo periodo storico di silenzio critico e di massificazione del non-pensare.
E’ per questo che del libro di Dal Lago dico: cento di questi libri! così si creano dibattiti, e si impara a vedere i fenomeni a 360 gradi, e non con l’ottusità di persone come questa buona donna che difendono ad occhi chiusi.
La inviterei, per avere una visione più ampia sul rapporto ambiguo e assai interessante tra Saviano e i mass-media, a rivedere quelle splendide lezioni di Deleuze (filosofo che certamente ben conoscerà) a Vincennes trasmesse da Ghezzi a “Fuori orario”, in special modo la parte in cui Deleuze parla del concetto di “viseità”.
Sono estremamente deluso da questo articolo, e ripeto, chi è coinvolto dovrebbe tacere. Per esprimere certe opinioni ci vuole un certo distacco, altrimenti si fa una brutta figura.
Che poi Dal Lago possa aver commesso errori sulla sua esposizione, non vedo perché ciò non possa accadere, ma che ci si appigli a questi per non tener minimamente conto del discorso sotteso al bel libro “Eroi di carta” è un insulto all’intelligenza dello scrivente e dei lettori.
Vi auguro di riuscire ad avere un giorno uno sguardo più ampio sui fenomeni che analizzate.
Antò Lu Purk
Sergio, “datti una calmata” è amichevole, non paternalistico. Ma in ogni caso non ho problemi a ritirarlo.
Se avevi delle rimostranze da fare, in privato, potevi scrivere alla email di Nazione Indiana, che è di dominio pubblico (ed è presente su questo sito). E se era troppa fatica cercarla potevi scrivere direttamente a me, che la mia email la conosci. Se invece scrivi un commento si da per scontato che l’autore vuole sia pubblicato. TU hai detto la tua in un commento e ora mi dici che è stato scorretto pubblicarlo?
Dunque, fammi capire: se un tuo commento NON viene pubblicato è censura. Se un altro tuo commento viene pubblicato è scorretto. Boh.
@biondillo gianni devo essermi espresso davvero male. quando ho lasciato il commento “i servi sono peggio dei loro padroni” ecc., e ho messo nome cognome e mail, ero convinto del fatto che non sarebbe stato pubblicato, e dunque sarebbe stato uno scambio tra me e la sig.ra janeczeck. detta convinzione mi proveniva dal fatto che il mio precedente commento non era stato pubblicato ed era sparito dalla mia schermata. detto questo spero d’essermi spiegato. in ogni caso non vi annoio oltre e porgo comunque le mie scuse alla sig.ra janeczeck
@ Lucio
La prego preventivamente di scusarmi per la maleducazione, ma a volte, nella mia scassata mente, quando la mattina in bagno prima di lavarmi i denti faccio gli interiorismi, nello stesso tempo che faccio gli esteriorismi, mi scappa di considerarla un cretini (pl). Per esempio quando fa la vittima di una che si chiama quasi come un gioco che ELETTRIZZAVA le nostre menti d’infanzia. Invece in questo caso, dal punto di vista formale lei si mostra un po’ forbito. Però, appunto, poco, perché i suoi riferimenti linguistici sono scarsi, e forse è per questo che è soli tamente così arrabbiati (pl). Guardi qui: “ Che là si graffia con l’ unghia merdose “ si tratta del vocabolario della Crusca (http://vocabolario.signum.sns.it/_s_index2.html), che così riporta il verso di Dante, al contrario di tante edizioni e citazioni che si trovano anche su internet, che invece riportano “ Che là si graffia con l’ unghie merdose “. Se la veda con la Crusca…
A parte l’autorevole avvocatura, che potrebbe a sua volta aver torto, oppure aver ragione ma lo stesso io torto, come sostiene mia moglie, la quale pensa che è l’aggettivo ad avere una forma irregolare, volevo dire che non mi sembra così scandaloso errare un singolare al posto del plurale. Però io sono anche culturalmente testardo. Ho dato torto a mia moglie, che non l’ha presa bene, perché è linguista titolata assai di doppia Laura e doppi dottorati, che ne sa assai della moria delle vacche letterarie che cè stata questanno, che, scusate se settecentomila lire sono poche, punto e virgola, moglie che tiene la testa a posto, ma non sul copia in-collo, moglie a me che avrò fatto sì e no la terza media, una che ha lavorato con Eugen Coseriu, uno dei più linguisti del menù novecentesco, uno che riteneva che “ Il parlante ha sempre ragione “.
Io ho dei suoni in testa, e cerco di rispettarli, perché mi ritengo più un parlante che uno scrivente (qui mostro i muscoli, Angelini, modestamente parlando): quando ho in testa un suono lo scrivo, anche se non corrisponde all’abbecedario. Per questo vengo in genere dileggiato dagli scriventi (meno dagli scrittori, che pure mi prendono per il culo, ma più amorevolmente).
D’altra parte, soffermarsi su un termine invece che analizzare la complessità del mio lungo ragionamento mi piace, senza scherzi, mi sembra NEW ITALIAN DADA. Ciò arricchisce la letteratura stessa. Potremmo infatti definire una nuova figura retorica, la NINEDDOCHE, prendere il nulla per il tutto. Altro che perdita di coscienza critica…
Saviani volendo (quello della soap “ Un posto al sole “, che però dev’essere un pettinatore di bambole, perché fa il giornalista a Napoli senza preoccuparsi troppo della camorra), propongo anche a Galbiati e Ama di aprire un dibattito su UNGHIA E PETTINATORI DI BAMBOLE. Anzi, di più. Potremmo inaugurare una nuova corrente letteraria, NEW STRADADA ITALIAN INDIAN, presidente irrevocabile IMMONDIZIE RIUNITE. Slogan: FINISCE I’ RICREATIVOOOO, PRINCIPIA A AVVIARE I’ CULTURALEEEE!!!
Larry Massino, e un “sti cazzi”, che dici, ce lo mettiamo?
Ovviamente (ma non era così ovvio visto il tenore del mio commento), “cento di questi libri” vale per “eroi di carta” ma anche per “gomorra”. Ci tengo a precisare che il libro di Saviano lo comprai nel 2006, tra i primi, perché vivo quella medesima realtà che lui descrive. Il romanzo devo ammettere che mi procurò un certo masochistico piacere. Tuttavia ciò non toglie che il libro abbisogna anche di una chiave critica, è opinabile e dal punto di vista politico del tutto monco, e lo stesso vale per il personaggio-Saviano. Stima nei suoi confronti, stima per il suo coraggio, ma questo non mi deve impedire di essere perplesso e critico nei confronti di certi fenomeni. Ma qui mi pare che Saviano sia diventato come Maradona… e allora nei suoi confronti ecco tornato in auge l’ “ipse dixit”, che tristezza…
L’unicità di Saviano, più che indice della sua grandezza (e chi gli nega intelletto e discreta capacità narrativa nonostante anche talune giuste critiche stilistiche di Dal Lago?), è indice dell’estrema povertà generale. Dal Lago allora giustamente cita Brecht: “guai a quel paese che ha bisogno di eroi”.
E, ribadisco, questo lungo articolo-“apologia di Socrate” è davvero imbarazzante. Ma forse era troppo attendersi da una paladina qualche commento anche positivo sul buon lavoro di Dal Lago a fianco a critiche che ci potrebbero anche stare (su questo non ne sono sicuro…). Leggendo la Janeczec sembra che Dal Lago sia un invasato e inetto, polemico fine a se stesso, incapace di leggere i più banali documenti, eppure costui ha scritto libri di una certa importanza sui mass-media, cosa che invitava l’autrice dell’articolo a maggiore prudenza.
Bah…
Dal Lago è stato un buon sociologo della letteratura. Ma con questo libro ha toppato, clamorosamente. Perché l’ha scritto sostenuto da una tesi di fondo, che l’ha traviato. Non sopporta il Saviano pubblico e ha sentito il bisogno di criticare il Saviano scrittore cercando – senza riuscirvi – di smontare il libro dicendo che è brutto, scritto male. Insomma, che Saviano è grande senza essere letto.
Emarginando il valore relativo del libro, ha potuto così puntare contro Saviano pensando – e sbagliandosi – che era al riparo dalle accuse più scontate verso i critici di Saviano.
Ma si è dimenticato concetti FONDAMENTALI della critica letteraria (in questo dimostrando ancora una volta certe debolezze della sua disciplina quando è così rigorosamente sociologica e massmediologica): una fra queste, il concetto di “urgenza”.
Ci sono moltissimi libri nella storia della nostra letteratura – guarda caso anche e soprattutto meridionale – che non superano l’esame estetico ma restano di grande importanza. Il mio caro professore, all’Università, che mi costrinse a leggere roba come “I carbonai della montagna” di Verga, alla mia replica “sono scritti malissimo, perché me li fa leggere?” rispondeva “figliolo, quando si ha qualcosa di urgente da scrivere, non si ha la possibilità di limare le cose: ci sono libri scritti bene, e ci sono libri importanti. Qualche volta, molto di rado, sono entrambe le cose, ma non concentrarti sulle eccezioni”.
Aveva perfettamente ragione. D’altronde, tanti sono cascati in questa trappola: non fu Saba a rammaricarsi che Svevo preferì “scrivere male in italiano quando invece avrebbe potuto scrivere bene in tedesco”?
Quel che conta, di “Gomorra”, è la sua impressionante urgenza. Che detta lo stile, sicuramente non geometrico bensì magmatico del libro.
Per non parlare poi delle cadute di Dal Lago su certe falsità del libro (come quella dei cinesi), che invece si fondano su inchieste facilissime da trovare. In questo caso, l’esposizione pubblica di una “discriminazione positiva” verso gli stereotipi sugli immigrati spacciata per disvelamento di un fallo dello scrittore.
Veramente un saggio fallimentare.
Scrivere di
Savianopotrebbe essere delabbrante.Un saluto dadaista-surrealista. Torno a pettinarmi le barbe…
Grande Helena. Take care, darling.
Splendido e lucidissimo sono aggettivi perfetti per la lipperatura.
Ho appena finito “Eroi di carta”.
Intanto, ho capito il perché del commento diffamatorio di Girolamo De Michele: il suo romanzo “Scirocco” è indicato da Da Lago come esempio di scrittura che si vuole politica, “mentre invece è consolatoria” (pagg. 142-144). Complimenti per l’eleganza.
Per il resto, l’ho trovato un libro meritevole, forse non del tutto, ma nel complesso offre uno sguardo interessante del fenomeno “Saviano”.
E poi l’ultimo capitolo (“Un epica per tutte le stagioni”) vale da solo il prezzo di copertina.
@ Alcor e Marco
E se fosse proprio la strategia narrativa di Saviano a implicare quel tipo di esposizione mediatica? Provate a chiedervelo guardando il monologo “La bellezza e l’inferno”. Qui, le strategie narrative – il “come” dice – sono legate intimamente non solo al “cosa” dice, ai contenuti palesi del suo “messaggio”, ma anche alla sua immagine mediatica: nel monologo “La bellezza e l’inferno” persona e personaggio coincidono.
@ Larry Massino
ogni tua riga è la prova che una “decisiva differenza” è ancora possibile.
NeGa
NG,
dato che forse non hai letto il mio precedente commento te lo riporto.
TU hai scritto: “Ho cominciato a pensare questo fin dalla prima edizione di Gomorra, semplicemente osservando la fotografia sul retro del libro. Avevo in mano un ottimo reportage (per me “Gomorra” è un prodotto giornalistico, non letterario), eppure mi infastidiva quella esibizione pubblica di una “posa”. È davvero tanto strampalato e irrispettoso pensare ciò?”
E io ti ho chiesto: “tutti i libri della collana Strade Blu hanno in quarta la foto dell’autore (da prima ancora che uscisse Gomorra), com’è che ci troviamo a discutere solo di quella di Saviano?”
Quanto c’è di viziato in questo modo di notare “i particolari” del caso Saviano?
@ Biondillo
Gianni, scusa, ma il tempo di vita mi porta spesso fuori dal virtuale, e qualcosa può sfuggirmi nella baraonda dei commenti.
Detto banalmente: ci troviamo a discutere solo di quello di Saviano forse perché gli altri non sono diventati un caso mediatico come Gomorra. Quel modo di esporre l’autore cosa diffonde?
E in ogni caso, nel mio modo di notare i particolari del caso Saviano c’è sicuramente qualcosa di viziato, così come c’è in chi lo difende ad oltranza. Chissà perché, però, ai secondi non si chiede mai nulla e si fa passare di tutto, anche le peggiori insulsaggini. Misteri della fede …
NeGa
@Larry. Carina l’idea della nineddoche, adatta peraltro all’analisi del suo pensiero. L’italiano di Dante suonerebbe ridicolo, oggi (lo usa, infatti, un tizio a Zelig). O lei ancora dice: “Non è il mondan romore altro ch’un fiato
di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi”?
Comunque a me interessava evidenziare soprattutto il wumingpensiero su gomorra, mica il suo. Buona serata.
Anche a me dà molto fastidio quella foto. Mi chiedo da tempo perché. sono arrivato anche a darmi delle risposte ma credo siano poco interessanti, e comunque attengono tutte a motivazioni di carattere estetico. Le riassumo dicendo che non la userei per pubblicizzare Pringles of Scotland. – Testimonio però, per tutti i suoi fans, che ho avuto l’onore di vedere Sav. pressoché quotidianamente ai tempi dell’università. Era il migliore amico di una ragazza che cominciavo a frequentare e che oggi è anche una mia grande amica. Abbiamo parlato molte volte ma non ricordo niente dei nostri colloqui, era abbondantemente al di sotto della soglia d’interesse medio suscitabile dallo studente medio di quella facoltà. La faccia tuttavia era quella: c’erano già i prolegomeni di quella triade espressione barba sciarpa. devo dire che era un po’ monoespressivo. mi piace pensare che inconsciamente stesse facendo le prove generali di faccia da fare.
Biondillo, credi si possa scrivere che Roberto Saviano mi sembra un giovane prete invasato del Sud, con una faccia vagamente mediorientale, non priva di fascino? Un personaggio quasi ecumenico, timido ed impacciato, vagamente ambiguo. Con una missione. Di verita’. Da non sottovalutare la potenza degli anelli d’argento che spesso porta ai pollici. E la posa. Solo Enrico Brizzi ne aveva una piu’ plastica… Ma meno greve.
in effetti potremmo chiederci quando si è iniziato a mettere enormi foto dell’autore in quarta di copertina, e quali editori, e per quali collane ecc.
@ng
forse, non so, non è detto, stiamo analizzando tutto a posteriori, ma con poca distanza, bisognerebbe cominciare a parlare di stile
cmq, è difficile discutere con calma sui fenomeni quando si leggono commenti come quello di @sergiomaria cerruti, qua sopra, che mi fa una gran voglia di diventare una fan senza se e senza ma, facendo violenza alla mia natura di persona argomentante
Saviano intervistato al tge3 poco fa giudica sbagliata la mancata protezione al collaboratore Spatuzza e accusa il governo di “ricattare” i collaboratori presenti e futuri facendo in questo modo perché dice loro “state attenti che se non dite le cose in certo modo e in certi tempi [non ricordo se c’era anche il “e se DITE certe cose” ] non vi proteggiamo”.
Questa mi sembra una esposizione giusta e coraggiosa di Saviano, e la scelta della tv per effettuarla mi sembra opportuna perché la rende più efficace – e tanto più efficace quanto provocherà dibattito e occuperà spazio nei media servi del padrone. Va da sé che apparire in tv rafforza anche l’immagine mediatica e pubblica di Saviano (il suo assurgere a icona?) ma questo di per sè non è un male, dipende da come viene usato. Qualche dubbio invece mi lascia la sua scelta di spedire una lettera a Sandokan dicendogli di pentirsi, e il suo dichiararlo in tv, ma non so giudicare come questo possa inserirsi e incidere in una strategia di lotta alla camorra.
Bene. Solo una curiosita’… Sapete, io vivo fuori mano e non sempre posso seguire… Saviano, in tv, dopo aver intimato a Sandokan di pentirsi, ha impartito anche la benedizione?
Anche a me ha irritato tantissimo il commento di questo sergiomariacerruti: classico esempio di ridicolo involontario.
Comunque, non credo a una sola parola di quel che dice. O meglio: probabilmente lo ha incontrato, e deve essere bastato a sentirsi per quello che è (e qui mi censuro) rispetto a Saviano.
Che lo conosciamo da anni, era il 2004/2005, un anno prima di Gomorra, Saviano aveva dunque 25-26 anni, non era lontano dai tempi dell’universitùà, e già era FENOMENALE. Negli articoli che scriveva per le pagine locali di quotidiani nazionali, nei racconti – estensioni di quei suoi primi articoli – che pubblicava anche su Nazione Indiana.
Non dimenticherò mai quel suo racconto-reportage sul traffico di armi tra Bosnia e Campania, così come conservo con grande commozione le email che ci siamo scambiati in quel periodo.
Era – e suppongo lo sia ancora – un ragazzo enormemente interessante, tutt’altro che “compreso” nel ruolo. Ancora pochi mesi prima della pubblicazione di “Gomorra”, non aveva la minima idea di quel che sarebbe accaduto, e me ne parlava come di un romanzo, sulla linea meridionalista che piace a lui.
Senza pose, senza esagerazioni. Anche quando già giravano le prime indiscrezioni su questo ragazzo, su quello che aveva rischiato – talvolta – per scrivere i pezzi, per parlare con dei piccoli boss. Per capire.
Oggi, tutti si sentono in obbligo di dire la loro, pensano di essere originali, nel massimo snobismo di tirare giù dagli altari un personaggio credendo così di essere più laici. Omettendo che invece di posarlo a terra, lo buttano nel fango. Il vero obiettivo: infangare.
A me non frega niente di tutto quello che sta succedendo, delle storture della società dell’immagine – alla quale nessuno sfugge – e del marketing. Quando penso a lui e voglio rinfrescarmi la memoria su chi è questo ragazzo e sul perché, da subito, in tanti (scrittori, giornalisti, lettori, studenti…) lo abbiamo amato, rileggo l’unica riga dell’ultima mail che mi ha scritto, ormai due anni e mezzo fa, risucchiato nel sotto-vuoto in cui l’hanno messo. A me, persona che ha visto una volta sola, e con la quale aveva chiacchierato per qualche tempo del suo libro, della sua terra, scrisse “ciao marco, come stai? per me, vista distrutta”.
Vorrei tanto gliela restituissero una vita, una vita meno distrutta, meno pericolosa. Ma poi leggo certi commenti e penso che è meglio una vita distrutta che stare a distruggere delle vite, per il solo gusto di farlo.
ovviamente, volevo scrivere “vita” distrutta. scusate, ero un po’ in foga.
@Ama la destra manda il messaggio che se un mascalzone si suicida è meglio, la sinistra che se un mascalzone non si pente vale meno che niente. Secondo lei i poliziotti che sono tendenzialmente aguzzini per conto loro queste missive come le interpretano? Io dico che si riterranno legittimati, politicamente e ” culturalmente “, da questi ermeneuti della legge morale, a pestare a più non posso, senza stare a vedere se uno è colpevole o meno, mafioso o camorrista, spacciatore o antiglobalizzazione.
Al prossimo che dice che Saviani è di sinistra ci pensa lei?
@ va beh, larry non stia ad amareggiarsi e lambiccarsi troppo il cervello, intanto qualcosa lo abbiamo risolto Lei di sinistra proprio NON lo è ;-)
@ Marco V hai scritto un bellissimo commento
@marco v
marco, mi piace moltissimo quando dici “non credo a una sola parola di quel che dice. O meglio: probabilmente lo ha incontrato”.
cmq ti assicuro che è tutto vero. senti su vuoi t’inoltro anche delle mail di altri scrittori famosi: c’ho nove, ottonieri, balestrini, gaetani, genti, labranca e molti altri…
ah, c’ho anche uno scazzo nella inbox di facebook con langone se può interessare…
@Georgia non rispondo alle provocazioni, credevo di averglielo già detto.
Se il contenuto del libro di Dal Lago è che Saviano serva all’italia per lavarsi la coscienza e proseguire lungo la sua strada facendo inchini ai boss di ogni contrada del Sud-Centro-Nord, allora la sociologia è proprio piccina. Ci sono mille modi per lavarsi la coscienza oggi, come prendere la tessera a Rifondazione o Sinistra e Libertà, comprare il Manifesto, ecc…ecc… e continuare a salutare e inchinarsi rispettosamente a ogni contrada.
@Larry Massino
Credo che Roberto Saviano sia troppo vicino al mondo dei preti e dei poliziotti. E forse fa un uso strumentale dei mezzi di comunicazione di massa. In questo pero’ dovrebbe essere in buona compagnia… Di sicuro ha un suo esercito trasversale che va temuto e rispettato. E per quasi tutta la comunita’ resta un punto di riferimento.
Io non posso in alcun modo stabilire cosa sia di sinistra in Italia. Pare che Don Saviano lo sia. O che dia una certa identita’ a tutti gli orfanelli di sinistra attorno al suo fantasma coesi.
Comunque, come ti dicevo, parlare di Saviano potrebbe essere delabbrante, soprattutto se sei a-politico. E magari di piace Duchamp.
Saluti.
Nevio lei ci va giù pesante! Che me vòle rovina’?! Non si fa, dissimuli, dissimuli, DENEGHI, DENEGHI: qqua stamo a fa’ ‘a resistenza, mica a pettina ‘e bbambole co’ ‘e UNGHIA.
Certo in tempi normali il suo “ DECISIVO “ complimento farebbe piacere, tanto, tanto piacere. Ma in una situazione del genere, proprio qui… provocherà rappresaglie. Ieri sera sono cominciate, con Georgia, che mi sembra una di casa, ma non la castellana, che dev’essere quell’altra con il nome esotico. Geo è partita dicendo che ha capito che io NON sono di sinistra. Mi dica lei se in quello che ho scritto c’è una sola riga che lo fa anche lontanamente pensare. Ma essi sono così, li conosco da tanto, non c’è niente da fare, sta nel loro DNA, sono abituati a vivere in piccole comunità culturali, a proteggere l’armonia del villaggio indiano, con gli stranieri sono sospettosi. Coi clandestini come me, poi, non si trattengono: “ Ma perché non se ne stanno a casa loro? Con tutti gli scrittori disoccupati che abbiamo? Altro che letteratura usurante che non vuol fare nessuno! Son delinquenti di natura! Rubano parole! Vanno presi e riportati ai libri loro! Fuori dalla nazione a calci nel culo! “
I complimenti caro NG al giorno d’oggi sono più pericolosi delle offese – che a me qui non sono mancate fin dal primo giorno e delle quali mi onoro – perfino delle minacce fisiche che un certo scrittore Kausparecchiosever mi ha fatto proprio qui la settimana scorsa, senza alcun intervento del governo indiano,neanche per salvare la faccia ta..
Pensi NG, qualche anno fa ho fatto la regia di uno spettacolo, un bel lavoro. Come spesso succede il lavoro era firmato da un artista riconosciuto, un amico, non creda, anche perché a me piace assai errabondare nell’ignoritudine tra pseudonimi, ortonimi e eteronimi. A una recita in uno sgangherato teatrino romano viene Frenki Cordello, che nel bene o nel male è uno dei pochi critici teatrali autorevoli (come scrittore non so, non l’ho mai letto). Due giorni dopo esce una recinzione sul Corriere della Sera così celebrativa da imbarazzare. Tenga conto che mettevamo in scena l’unico monologo mai portato in scena dal primario comico nazionale. Un confronto difficile e pericoloso. Cordello scrisse che il nostro lavoro era anche meglio dell’originale, perché avevamo avuto il coraggio di far piangere oltre che ridere, cosa che il comico primario non aveva a suo tempo avuto il coraggio di fare. Subito di prima mattina mi telefona il regista firmante per dire che lui in 30 anni di alta carriera una recinzione così bella non l’aveva mai ricevuta, né per il teatro, né per il cinema; che quella era come una laurea honorem alla Normale. Che le devo dire, NG, è stata la fine della mia carriera teatrale, ‘TACCI a Frenki Cordello.
Ho seguito tutte le discussioni che stanno avvenendo in rete sul libro di Dal Lago, rimanendone schifato. Noto solo il fatto che ai critici di Saviano, anche “leggeri”, come posso considerarmi io, non è concesso nessun errore, mentre si permette di tutto, anche le idiozie più evidenti, ai suoi estimatori. Mi tiro fuori da questa enorme bagarre. Riesco a vedere poca onestà intelletuale
e molta consorteria in azione. Io non ho difficoltà a riconoscere alcuni meriti a Saviano, così come non ho difficoltà nel dirmi contrario al tipo di “estetica” da lui proposto e alle sue posizioni politiche. Ma vedo che non ha senso esprimere questa dialettica. O si è amici o si è nemici. Da giovane, insieme ai miei sodali, ci dicevamo che quando si è stati ultras un giorno lo si è tutta la vita. Solo che, crescendo, abbiamo capito che un conto è fare l’ultras dentro lo stadio, colorando di vitalità quello spettacolo triste, un altro è cogliere le sfaccettature dei fenomeni del “fuori”. Per molti lo stadio è tutta la società. Buon divertimento.
Nevio Gambula
@larry (che leggo solo ora)
pensa che, leggendoti, ho avuto la sensazione che tu fossi uno dei pochi a conoscere il vero significato della parola “sinistra”. Il linguaggio è una trappola.
Ho invitato spesso Cordelli: mai venuto. Forse è per questo che continuo a recitarmi. La passione di stare fuori …
Ng
Larry Massino, perdona la mia pedanteria, ma un (ri) ‘sti cazzi, ce lo mettiamo anche stavolta?
Infatti, o si è nemici o si è amici, si può, è vero, esprimere qualche piccola riserva in modo garbato, il garbo protegge momentaneamente, ma verrà ricordato il dissenso.
Questo non vale solo per Saviano, intendiamoci, dissentire restando amici è un’arte difficile e bisogna essere in due a praticarla.
Ma qui il problema è che Saviano è l’unico scrittore italiano che ha avuto un successo planetario ed è sotto scorta.
Io posso dire senza problemi che i romanzi di Eco non valgono niente e sono dei marchingegni ingegneristici, lo penso e l’ho sempre detto e tutti quelli che non lo pensano si limitano a non condividere e a prendere atto che abbiamo due idee diverse di letteratura. Ma Eco non è sotto scorta.
Questa è la differenza. Questo blocca il discorso. E lo ha bloccato anche nel caso di Dal Lago, di fatto.
E’ un guaio per noi, che non possiamo interrogarci con serenità sul perché una parte cospicua di italiani ha bisogno di icone, e soprattutto di icone “di sinistra”, e secondo me, a parte il successo mediatico, è un guaio anche per Saviano.
Però così è, e non ci sarà discorso argomentato, pacato, legittimamente critico, che non venga automaticamente reclutato in una delle due consorterie.
@Biondillo perdoni la mia schivanteria, ma non ho mia capito l’umorismo degli architetti.
Questo spiega molte cose di te, Larry.
@Biondillo, né lo volessi capire mai. Lo so, è dogmatico, inspieghevole, Moravia direbbe idiosincratico, ma anch’io ciò i mia limitismi.
Perché amo la scrittura di Roberto Saviano?
Non sono una tifosa ( si dice ?) , non sono mai stata une tifosa di qualcuno. Invece se un romanzo mi tocca, ho la passione da difendere il libro. La passione è un tratto del mio carattere, al rischio come lo dice con umorismo Larry Massimo, di avere disaggio cardiaco.
Perché amo la scrittura di Roberto Saviano? Ho usato il termine di poesia della realtà. Non ho avuto il tempo di rileggere tutto Gomorra con tante cose da fare, ma mi sono gustato ancora il primo capitolo.
La prima pagina si apre con la vista della gru, il mosso della gru. Il tuo sguardo di lettore segue verso il cielo, non immagina la scoperta cruda della seconda frase: “i portelloni mal chiusi si aprirono di scatto e iniziarono a piovere decine di corpi. Ma a terra le teste si spaccavano come fossero crani veri.” La musica dura della scrittura propulsa il lettore in una realtà urtante. Ti sembra sentire la spaccatura del crano. Ho già raccontato come ero in primavera , leggevo il romanzo comprato in una libreria di Bordeaux. Ero all’inizio delle mie letture in Italiano senza la traduzione a fronte. Ho sentito un freddo bagnare il mio cuore mentre le mie spalle erano inondate di sole. Già avevo capito che Gomorra sarebbe un libro essenziale per me. Non sapevo del successo in Italia, non avevo letto i brani su Nazione Indiana che è entrata nella mia vita in 2007.
Per tornare alla scrittura, basta leggere la descrizione del porto di Napoli fatta di metafore o di personificazione. Le navi sono cuccioli a mammelle, mammut di lamiere. Le immagine della Biblia colora la descrizione e fanno del porto di Napoli il luogo mitico della nostra epoca, come nel tempo erava un luogo dei mostri marini come Scylla.
L’antitesi svela tutta l’ambiguita della situazione del porto: un luogo stretto ( un buco) che mangia tutta la merce del mondo. Il prodigio criminale , il suo maleficio: la velocità come prodezza di criminalità nelle affari.
L’accumalazione è anche il tratto della scrittura in Gomorra. Per esempio, lo scrittore fa la coletta degli oggetti passando in questo porto: “stoffa, pezzo di plastica, giocattolo, martello, scarpa, cacciavite, bullone, videogioco, giacca, pantalone, trapano, orologio.”
In Gomorra i fatti sono della realtà, ma la scrittura ha una dimenzione magica. E’ questa mescolanza che dà il paesaggio particolare di questo libro.
Di più Roberto Saviano non scrive di una sola manera da un racconto a un altro. L’anello e il contrario della morte hanno uno stile minuto, conciso, diverso di Gomorra.
E’ il segno di un grande autore.
al volo, perché devo scappare…Faccio notare che ho scritto che NON intendo tirare fuori l’invidia ecc, o ogni altra cosa che esula dal testo di Dal Lago. E ho detto che ha scritto saggi pregevoli. Insomma non mi pare di aver voluto compiere un’opera di delegittimazione della persona/personaggio. Infatti è anche ciò che traspare dal primo commento di Gambula. Quindi per me, se vi va, continuiamo pure a ragionare secondo i modi indicati da Alcor, con tutta la difficoltà del caso.
tu puoi garantire per te, helena, io per me, ng per sé, ma lo sai anche tu che alla fine chi non garantisce altro che la propria opposta viscerale partigianeria trascinerebbe tutto nella [solita] enorme bagarre di cui parla gambula
ho letto oggi sul manifesto la risposta di Dal Lago a Cesari, al di là del merito, quando uno, come sta capitando a lui, comincia a ricevere e-mail anonime perché ha scritto un libro critico sul caso Saviano, mi pare che siamo già oltre ogni possibilità di confronto laico
@alcor,
Infatti il confronto è diventato laido…
@NG
Lei dice si tratti di trappole del linguaggio? Mah! Io ho l’impressione che se non fossi solo digitale ma carnale, in una normale assemblea, mi avrebbero già menato, ‘TACCI LORO!
“non era lontano dai tempi dell’università, e già era FENOMENALE” (…) Era – e suppongo lo sia ancora – un ragazzo enormemente interessante…”.
«Perchè il governo italiano vuole indebolire i poteri di sorveglianza della polizia contro il crimine organizzato?». È l’interrogativo proposto in un editoriale del Wall Street Journal, a firma di Joel Weickgenant, in cui si ricorda le affermazioni del premier Berlusconi contro Roberto Saviano, accusato di ‘fare pubblicita’ alla mafia, in una polemica “che sarebbe sembrata surreale in qualsiasi altra democrazia occidentale”. Il Wsj ricorda le tappe della vicenda, con l’intervento della stessa Marina Berlusconi, e l’inserisce nel dibattito sulla legge per regolamentare le intercettazioni, riproponendo le perplessità del procuratore antimafia Pietro Grasso, che vi vede ostacoli “soprattutto nella lotta al riciclaggio del denaro sporco”. Nell’editoriale del WSJ si riportano le assicurazioni del governo secondo cui “le nuove limitazioni non colpiranno le inchieste di mafia o di terrorismo” ma si aggiunge che “a essere penalizzati non saranno solo giornalisti e magistrati”. Infatti per Weickgenant, “il costo più alto continuerà a essere pagato dalle vittime di un sistema economico distorto che cresce là dove regnano silenzi e paure”. Eppure, spiega il Wsj, la criminalità organizzata è “una delle debolezze” che “limitano la crescita” del nostro Paese e che, se non verranno superate, non permetteranno all’Italia “di ridurre il proprio debito”.
Per gli americani siamo pur sempre la terra dei saviano e dei soprano.
Scusate se mi intrometto, ma non credo che il problemasia la scorta.
E se fossero costretti a dare la scorta anche a Del Lago (ipotesi peregrina certo, ma non del tutto assurda) perché ha criticato Saviano e qualche benpensante gliel’ha giurata? Come la metteremmo?
La verità è che Saviano è mediaticamente perfetto.E’ la sua fortuna e la sua maledizione. Può dire o scrivere inesattezze o castronerie, come anche cose giuste e condivisibili, ma per i suoi fedeli (destinati ad aumentare o diminuire secondo i periodi) non farà differenza. Non so se dovrà girare con la scorta per sempre (non credo, perché ogni fenomeno è soggetto a modificarsi), ma di sicuro, se gioca bene le sue carte sarà un personaggio mediatico per i prossimi decenni, diversificando le sue prestazioni: non mi stupirebbe se facesse l’attore e poi il regista ecc. ecc.
Saviano è toccato dal destino, al di là delle sue stesse capacità. Ma è in grado di giocarsi bene le carte che il destino gli ha messo in mano.
Questa è la differenza che lo rende figlio dei suoi tempi.
Destra o sinistra non contano una cippa. Molti lo vorrebbero dalla propria parte, perché una presenza come la sua legittima l’esistenza di un’intera parte politica di lecchini o amiconi o ammiratori sfegatati…
Lui però fa squadra a sé.
Il savianesimo è un fenomeno irrazionale come tutte le religioni.
E’ per questo che ogni polemica è destinata a essere funzionale e inutile nello stesso tempo.
Mi verrebbe solo da chiedervi… Chi crede di essere Saviano e cosa rappresenta per voi? Ma quasi quasi me ne torno a pettinare le barbe.
Ah, se mentre mi pettino le barbe, passa il Messia, me lo salutate.
@ alcor. Certo. Ma forse è proprio per questo che uno sforzo in quella direzione, da chi è disponibile, andrebbe fatto. Detto questo, tutto sommato andrei anch’io a pettinare qualcosa…per esempio il mio coniglio (animale poco eroico, ma il mio è di razza ARIETE)
Ariete nel senso eroico medievale del termine?
non vedo grande differenza tra attacare saviano da sinistra o da destra. il punto è se una critica, come vorrebbe essere quella di dal lago, è autentica o strumentale. mi sembra chiaro che dal lago abbia mangiato con le briciole del dibattito su saviano. forse è persino sbagliato dedicare a un saggio così fasullo – nelle premesse di critica testuale, non personale etc… – quel tempo e quello spazio che dal poco che ho letto, di Eroi di carta, l’autore non ha realmente dedicato al testo di Saviano. Se non per fraintenderlo senza particolari suggestioni stilistiche. Per altro bestializzare le persone può anche essere una scelte stilistica, che ha in tozzi, o nello stroheim di greed degli ottimi esempi. come dire, solo perché è di sinistra, a dal lago bisogna dare tutta questa attezione. per me è sbagliato. su saviano, come sul suo minotauro, la camorra, non ha senso parlare di destr e sinistra. comunque bell0’analis, un saluto
Larry, qui che è casa anche di Roberto, che ci scrive da molto tempo prima che pubblicasse Gomorra, nessuno ti menerebbe. I toni fanatici da parte dei redattori (anche quelli che tu ti permetti di prendere in giro) qui non li hai mai trovati.
Concordo con Alcor: le lettere anonime dei fan sono inquietanti e mettono in mostra come (non solo) in questo paese il desiderio di schierarsi a prescindere, con una logica calcistica, blocca ogni possibile pensiero critico.
Ché Saviano ha il diritto, per come la vedo, di essere criticato. E lui per primo ne sentirebbe la necessità, senza che ogni critica positiva o negativa, appaia sempre e solo dentro la logica dello schieramento, inter- vs-milan. Logica che almeno noi dobbiamo cercare di non condividere. E invece ci caschiamo sia quando dichiariamo la scialbità di Saviano negli anni dell’università sia quando lo eleggiamo a bellezza ultraterrena.
Il fenomeno è enorme, fuori dalla portata comune, però a lui pare che nulla sia perdonabile. Un Moccia vende tanto quanto lui, e nessuno disquisisce sulla sua fotografia in quarta di copertina. Un Giordano (altro super-bestsellerista) ha intere pagine del Corriere a disposizione, e nessuno si inabera. Ciò che temo, e non sono il solo lo so – è una cosa che sentiamo comune fra amici e redattori di NI-, è che l’onda di fango stia tornando e travolgerà tutto. Allora tutto questo a cosa è servito? Non ci perderemo tutti, alla fine?
Signor Larry Massino, la adoro e mi fa morire dal ridere. Voglio andare a cena con lei e con la sua moglie storica ed esperta di russità.
Questo raccontino è una disfida letteraria immaginaria con il titolare satirico del blog. Primo premio biglietti autobus per Pordenone, vicino a Cuneo, validi tre anni; premio di consolazione visita guidata a Palazzo Palladini di Posillipo, guida d’eccezione Michele Saviani.
Per modestia la castellana raccontava di avere un solo coniglio, ma in realtà ne possedeva intere schiere, di tutti i pesi e colori. Vivevano liberi nel castello indiano, tutto il tempo aspettando il ritorno della loro dolce fatina. Lei, una volta a casa, stesa sul canapè che era una da canapè, ne coccolava tanti, li pettinava con calma per il loro verso e curava loro le unghia. Poi ci fantasiava, a uno gli faceva credere di avere l’armatura, a un altro la cresta, a un altro ancora, che chiamava ariete, gli faceva credere di avere le corna e di poter combattere con volpi e cinghiali libero nel bosco. Da morir dal ridere. Infatti tutti ridevano e le serate passavano serene e felici. Un idillio solo un po’ guastato dalla ostentata malinconia del coniglio miszotico, che se ne stava sempre in disparte perché odiava quelli del suo stesso genere, come i misantropi gli umani. A un certo punto della serata il miszotico voleva tutti lontani, per essere pettinato in esclusiva. Gli si metteva sulle ginocchia, alzava bene la testa e guardava fisso la castellana, severo, come a chiedere una capigliatura all’altezza, una (s)pocchia, una bella cresta. Gli altri conigli a questo punto della serata chiaccheravano e si mettevano a bevere drink, dividendosi in capannelli. Quello che aveva più successo si formava intorno al coniglio a cui la fata, che è per forza brava a raccontare le favole, ha fatto credere di essere architetto. Sicché, per stare nel ruolo, il coniglio architetto faceva battute di spirito che tutti ridevano. Umorismo raffinato degli architetti. Diceva sempre sticazzi, sticazzi, sticazzi. Sempre esplodevano le risa (pl) dei conigli indiani che a questo punto della serata avevano quasi tutto fumato qualche cosa che porta un coniglio pusher africano che gli vogliono tutti bene che a volte cià anche dell’erba. La coniglia più bella se ne andava a fumare alla finestra e per divertirsi urlava a tutti gli zotici di passaggio fuori dalla recensione del parco “ abbiamo capito che NON sei di sinistra! “ rideva e ripeteva, rideva e ripeteva “ abbiamo capito che NON sei di sinistra! “ Si divertiva così. Poi c’era la coniglia flipperina che stava sempre al telefono. Poi c’era la coniglia francese, ma non veniva tanto considerata, perché lei, bicchiere di assenza in mano, se ne stava sempre ispirata in un angolo con l’aria istessa ispirata, si rivolgeva di tanto in tanto a chi gli capitava a tiro, poche parole belle, ma sempre le stesse “ Savian est bon, beau, de haute taille, capigliato’, bon acteur, objectif, bon, de haute, acteur fantastique, beaux yeux, peau blanche, civile, comme se permettont cert deficent de criticher… Larry strons, Larry strons. Resta da dire del coniglio più aggressivo che gira sempre con la mazza da baseball, Kausparecchiosever, che fa un po’ terrore, ma è innocuo, se lo incontrate non impauritevi, anzi accarezzatelo, è anche molto intelligente che sa un sacco di cose sui reazionari. All’improvviso i conigli pettinati e con le unghia a posto si mettono a dire allo unisono come un rosario “ dal lago sei una merda perché si sa noi perché dal lago sei una merda perché si sa noi perché dal lago sei una merda perché si sa noi perché dal lago sei una merda perché si sa noi perché dal lago sei una merda perché si sa noi perché dal lago sei una merda perché si sa noi perché. Lo alternavano: ha scritto un pamphlet pseudoscientifico senza verificare le fonti ha scritto un pamphlet pseudoscientifico senza verificare le fonti ha scritto un pamphlet pseudoscientifico senza verificare le fonti ha scritto un pamphlet pseudoscientifico senza verificare le fonti ha scritto un pamphlet pseudoscientifico senza verificare le fonti. Andavano avanti per parecchio, finché la castellana medesima, che aveva nel frattempo completato la (s)pocchia al coniglio miszotico, batteva le mani e tutti si immobilizzavano: “ basta Saviani, non ne parliamo più di Saviani, più, mai più! “. Sapeva che non era vero, ma era l’unico modo per riportare la calma nel castello indiano e fare in modo che gli ospiti si disperdessero a festeggiare cosa sapeva lei. Per ora il racconto è finito. Forse riprenderà dopo la prossima serata a pettinare e sistemare le unghia ai conigli.
@Biondillo mi piace il linguaggio dell’ultima missiva. Tutti i gusti son gusti.
e poi c’era il coniglio (col parrucchino) scribacchino:larry massino etc.
Per amor di dibattito, sperando che il tutto rimanga nella ragionevolezza e nell’ambito della doverosa critica. Uno delle osservazioni critiche di Helena Janeczek nei confronti del libro Dal Lago è che questo tende a svincolarsi da quanto effettivamente riferibile a Saviano. Vi riporto un brevissimo intervento a riguardo, anche se in realtà più centrato sul fenomeno del “populismo mediatico” in generale, di un blog del panorama antagonista: http://staffetta.noblogs.org/post/2010/05/27/eroi-di-carta-un-analisi-del-populismo-mediatico. Vi troverete anche frequentazioni e riferimenti culturali-ideologici del Nostro alquanto ingombranti.
Per Roberto Saviano ho sempro visto in lui un grande scrittore e ammiro il suo coraggio, ma non ho mai visto in lui un’icona. Quando scrivo di bellezza, i miei occhi non sono abbagliati. Invece di vedere un’icona, ho sempre visto in lui la sua umanità, il suo appetito di vivere, la sua giovinezza. Non vedo qualcuno che si alza all’ultraterrena. Immagino benissimo il suo desiderio di andare al mare, al teatro, di camminare sulla spiaggia, suoi momenti di interrogazione, di solitudine. Quando parla del giovane Salvatore o di Peppino Don Diana, si sente questo vincolo alla vita reale, al sorriso, al amicizzia.
Certo, VV, anche il Figlio di Dio si fece uomo.
Ma poi, voglio dire… In Italia ci sono tanti coraggiosi. A partire da Helena che ha editato Gomorra, passando per la Mondadori che lo ha stampato e distribuito, per arrivare al gruppo Rizzoli che pubblica gli articoletti e le missive del nostro Redentore nazionale: circondato da preti e poliziotti, si e’ messo pure a pontificare. A invocare il pentimento degli uomini ormai finiti, perche’ possano finalmente redimersi. Ormai il nostro Robertone nazionale dovrebbe avere acquisito perfino la facolta’ di impartirci la sua benedizione. E noi che facciamo, non ce la prendiamo?
Pace e bene a tutti. Alla prossima.
Massino
a parte che concordo con Biondillo, mi chiedo se ignorandoti acuisci e allunghi i tuoi interventi o tocca saltarli e basta. Che noia questa tua ossessione contro i Saviani
@Lucia avevo detto che non le rispondevo più ma faccio una sola eccezione. L’ossessione per Saviani ce l’ha NI, io mi limito a schifarmi quando lo vedo in tv (ma non quello della soap un posto al sole, che invece rispetto). E’ NI che lo sta facendo diventare PARADIGMA del conflitto di interessi. Comunque le giro gentile un bel Dosto Dai Fratelli Karamazov, letto proprio stamattina su Primo Amore, parecchio adatto allo uopo:
” Non c’è per l’uomo rimasto libero piú assidua e piú tormentosa cura di quella di cercare un essere dinanzi a cui inchinarsi. Ma l’uomo cerca di inchinarsi a ciò che già è incontestabile, tanto incontestabile, che tutti gli uomini ad un tempo siano disposti a venerarlo universalmente. Perché la preoccupazione di queste misere creature non è soltanto di trovare un essere a cui questo o quell’uomo si inchini, ma di trovarne uno tale che tutti credano in lui e lo adorino, e precisamente tutti insieme. E questo bisogno di comunione nell’adorazione è anche il piú grande tormento di ogni singolo, come dell’intera umanità, fin dal principio dei secoli. È per ottenere quest’adorazione universale che si sono con la spada sterminati a vicenda. Essi hanno creato degli dèi e si sono sfidati l’un l’altro: “Abbandonate i vostri dèi e venite ad adorare i nostri, se no guai a voi e ai vostri dèi!”. E cosí sarà fino alla fine del mondo, anche quando gli dèi saranno scomparsi dalla terra: non importa, cadrànno allora in ginocchio davanti agli idoli “.
Ama, sei molto allontana della mia idea…
Larry Massimo: Nazione Indiana non è ossessionata da Roberto Saviano.
E’ normale che Nazione Indiana consacri pagine a uno scrittore che ha scritto articoli sul blog, prima di essere pubblicato con Gomorra e che rappresenta valori di libertà, coraggio, riflessione sul mondo odierno.
Non vedo ossessione ma attenzione. Non è la stessa cosa…
Secondo me non si coglie un punto della critica mossa da Dal Lago. I mezzi di comunicazione tendono ad “idolatrare” le notizie , a personificarle ,a bloccare le immagini nel divenire. Se è vero che Gomorra ha vuto il merito storico di creare attenzione mediatica in quelle terre , di accendere i riflettori; Dal Lago vuole sottolineare che è altresì vero che il passaggio da questo operazione a quella del savianismo , inteso come creazione di un iconona , di un personaggio ,è breve. Quello che Dal lago vuole mostrare è che la dicotomia “a favore / contro Saviano ” è una falsa dicotomia , prodotto della tendenza postmoderna di far prevalere l’icona sulal realtà . Quindi secondo me Dal lago avrebbe dovuto soffermarsi non tanto su una critica personale a Saviano(che ha scritto un opera importnate fondamentale ), bensi su un attenta analisi dei mezzi di comunicazione che distruggono la funzione specifica di gomorra nell’atto stesso in cui la idolatrano. L’importnaza di questo libro è stato quello di offrire una chiave di lettura , un filtro tra conoscenza specialistica e la “massa” . L’intuizione geniale di Saviano è stata questa : la letteratura è il vero linguaggio universale che permette ciò. Ma poi dopo cos’è successo?cosa succede nel passaggio televisivo?Si crea un distacco con la realtà fattuale ; la “televisione” (per audience ) quasi naturalmente tende a trasformare quella realtà in reality show. Tutto è improvvisazione. I personaggi di gomorra escono dal libro e si manifestano nella piazza di Casalee. Lo scrittore saviano diventa personaggio minacciato da quegli stessi casalesi descritti nel Libro. Pensandoci tutto ciò è orribile , per lo stesso autore. E’ come se nella trasposizione televisiva si tenda a continuare la narrazione un nuovo capitolo di gomorra . Ma in chiave reality Show. Ci sono nuove minaccie ?? è vero che per natale hanno proggettato di amamzzarla?Questo è devastante per saviano non solo perchè deve sopportare il gravissimo peso di una minaccia , ma perchè deve soportare quell’attenzione mediatica che coglie nella minaccia gli aspetti televisivi ,teatrali , quasi mostrando una prennunciata morte in diretta per creare scoop.Lo spettatore guardando la tv , si domanda come andrà a finire la narrazione di Gomorra : vinceranno i casalesi o saviano?.In televisione non denunciano mai le minaccie dei camorristi in modo , razionale riflessive. ma cercano di fare gossipp di intrattenimento con con domande del tipo “com’è la tua stanza? cosa fai durante tempo libero (pugilato?)è vero che hai tatuaggio maori?In questo modo non descrive nè il vero pericolo delle minaccie della camorra , nè la loro pericolosità. ma Si deve solo teatralizzare . La televisione tende a questo spostamento di livelli : Analizziamo tutte le interviste. Prima si parla di gomorra ,poi successivamente gli hanno posto domande generiche sulla camorra , poi (terzo livello) si passa a Saviano (scrittore contro camorra),quindi alla sua vita personale e ,infine Saviano diventa un icona una brand che “funziona ” televisivamente parlando. Può parlare benissimo di messi , del calcio o dell’importnaza della letteratura. Su questo si doveva soffermare Dal lago. Perchè intervistano Saviano e non un professore universitario sull’importanza della letteratura? Semplicemente Perchè svaiano è diventato quell’icona mediatica che crea audience. E’ stato in virtù del successo , dell’attenzione mediatica che si conquista prestigio letterale. Se saviano scrive per repubblica o New york times non è dovuto (soltato) alla sua indubbia bravura , ma soprattutto al Successo. Se appari esisti.
io credo che Saviano abbia una formazione di “sinistra”. Ma è sbagliato affermare politicamente questo. Dopo il successo mediatico , credo che saviano si voglia costruire(giustamente o ingiustamente ) una figura super partes.Insomma “la legalità viene prima di qualsiasi orientamento politico”. L’intellettuale che loda maroni e critica berlusconi è esattamente l’intellettuale che vuole essere obiettivo , e non militante in qualche fazione politica.Quando Dal Lago parla dell’altra faccia del berlusconismo , non intende dire che Saviano ha una militanza in quella fazione politica , nè che condivide quell’orientamento politico. Ma significa che entrambi fanno parte dello stesso processo. Bisogna comprendere il passaggio da una dialettica reale ad un livello mediatico , cioè antidialettico ed eroico. Quando c’è stato recentemente lo scontro Saviano- fede , quello che mi ha colpito è stato che in in quegli stessi giorni hanno ammazzato nella mia città un poveraccio , venditore abusivo perchè non si è piegato al clan. nessuno ha parlato , neanche i giornali. Qui(Afragola) hanno prodotto film un camorrista perbene , ma chi ne ha parlato davvero?. Ci sono notizie gravissime che posso elencare , ma che non vengono riportate dai media nazionali. Il discorso si sposta sul livello Saviano-fede. ora , ben intesi ritengo gravissime le accuse di fede a Saviano : Non può permetetrsi di Zittirlo. ma da cittadino campano mi fa male. Mi fa male che mentre qui amamzzano , lì venga teatralizzata una realtà drammatica. La colpa non è di saviano , la colpa è della televisione. Gomorra ha avuto il merito di descrivere questa realtà , ma bisogna continuare su questo solco. bisogna continuare a raccontare a descrivere. Possiamo affermare che oggi si raccontano ancora i meccanismi della camorra come è successo nel libro Di saviano??
Purtroppo Bisogna asserire invece che l’immagine distrugge la parola. La televisone ha distrutto gomorra.Abbiamo bisogno di nuove narrazioni , di nuovi racconti. Bisogna ritornare al vissuto.
L’immagine distrugge la parola.
scusi larry ma non capisco lo schifo, lei sta andando al di là della discussione su cosa sia o rappresenti saviano e, tra l’altro senza, volerlo alimenta quello che deplora, il presunto culto di saviano appunto, citando addirittura i fratelli Karamazov! Suvvia un po’ di senso delle proporzioni.
Ho letto Gomorra tre anni fa e lo trovai un gran bel libro, sotto ogni aspetto, non escluso quello estetico, ho letto e apprezzato lo scritto di helena, ma adesso conto di leggere anche Eroi di carta perchè non penso che Dal Lago l’abbia scritto così tanto per fare, per invidia, o altro.
Delle cose che ho letto mi pare di aver capito che Dal Lago critica non solo Saviano ma il savianesimo e cioè una sorta di via d’uscita alla crisi politica in cui si dibatte la sinistra dopo la batosta del secolo scorso, arrivando a definire Saviano un bene comune, il che mi pare un po’ esagerato, e quindi perchè stupirsi se lo scrittore , persona giovane e travolto da un successo meritato ma ampliato in modo spesso banale dai media di tutti i tipi a cominciare da fabio fazio ,crede di poter chiedere il pentimento di mafiosi proprio come il papa chiese quello dei rapitori di aldo moro?
Fatemi capire bbene, gli orfanelli di sinistra vorrebbero contrapporre il savianesimo al berlusconismo? Interessante! Insomma, mi pare di capire che in Italia non ci sia nessuna via di fuga. O forse si’?
Saviano è un giovane giornalista che è stato rapito dai carabinieri,prima di ogni discorso si dovrebbe liberarlo no?
Scrive un sacco di gente pare maleducato non rispondere.
@Rita senta se la fa ridere questa che mi hanno raccontato fresca: la castellana è stata recinzionata su Repubblica da iddu qualche giorno fa (non ne pronuncerò mai più il nome in vita mia; iddu sta per idolo forse suo malgrado e forse no). Ora sono sicuro che edda è stata l’editor di iddu. Qualcuno dice che centra la corruzione dell’anima fino a che punto si può arrivare. A me pare che l’anima non centra, per prudenza se ne sta ben conservata in un caveau banchistico. Centrerebbe però la coscienza, che secondo me è pulita, perché, come dice un mio vecchio amico nell’inattuale (S.LEC), non la usano quasi mai.
Per la cenatura la ringrazio, ma sua russità è diffidente, dice che mi vuole proteggere… di fatto mi tiene prigioniero, l’aguzzina, dice che se non la smetto di far ridere la gente GRATISSE rischio l’avvelenativo, magari durante un convivio cenativo. Poi sono troppo impegnato come adottando, perché la russità dice che sotto i ponti non sa dove tenere i libri e i fogli che ce n’ha copiosi. Lei Rita le saprà che mi sono offerto per l’adottatura a Simona Ventura, Aldo Busi e Romina Power, che adottan volentieri. La prima si tratta da mesi, è venuta a casa e tutto con tutti i modoli da ripienare. Solo che per farla ridere (lei Rita) faccio le bizze, le impongo clausole che la fanno infuriare (la Ventura). Lei questultima prima se ne va, poi, dopo qualche giorno, fa i’ ritornativo e cede. A quel punto io fo’ i’ rincarativo. Con la scusa di arzare a i’ massimo i’ livello curtulare ho ottenuto robe strambe tipo dare le chiavi di casa a gente pericolosa, che so, Carlo Cecchi, Stefano Agosti, Maurizio Milani. Ma sulla clausola ora in discussione la Ventura non cede: io non voglio vedere Briatore! Lei dice che è disposta al limite a non fare entrare mai Gregoraci e il figlio Natale. Al limite un cazzo! Io rimango sulle mie posizioni. Ci ho una coscienza. Sua russità dice che sono uno sciagurato. Si vedrà, le farò sapere, Rita. Per ora è tutto. La abbraccio per il bel complimento nonostante le rappresaglie che alimenterà e nonostante, forse, era una gran presa di ‘ulo (visto come mi alzo presto?)
@Lucia Cossu SALTI PURE.
@Maria effettivamente per iddu è troppo. Infatti era rivolto a issi. Ma forse è troppo pure per issi?
@Elio, giusto quello che dice. Temo che se si fa un blitz liberativo i carabinieri si arrendono subito. Ma iddu, il giornalista?
@Ama se c’è la letteratura (l’arte in genere) c’è anche la via di fuga. Però se non si leva la recinzione della cultura inutile provare fughe, ci pigliano subito.
@Veronique sono d’accordo con lei, non è la stessa cosa. In un certo senso iddu è attenzionato, ma, come dice Elio, troppo da vicino. Vergé se vuole continuare a storpiare il nome lo faccia pure, ma sappia che è quasi sempre una pratica umoristicamente vile. Comunque, nel suo caso penso sia una svista. Larry si chiama MA-SI-NO con una s in più per via del suono.
@Lorenzo Galbiati il dubbio circa i tentativi di conversione di Sandokan se mi posso permettere glielo chiarisco io. ISSI VOGLIONO LO STATO ETICO!
@thejgsf.exe il suo umorismo non l’avevo capito al volo, vuol dire che fa del retroumorismo raffinato: tutta la storia del parrucchino lasciato su una panchina che viene ritrovato da un barbone universitario che lo vuole regalare al primo pelato che incontra ma poi viene offeso dagli amici del pelato che lo trovavano perfetto com’era… Geniale!
larry,
no, è lei che ha detto una castroneria nel tentativo fallito di ridicolizzare Saviano e la discussione che stiamo facendo.
La cittadina castellana ha denunciato ai cittadini del Tribunale della Rivoluzione
di avere
a) lavorato sul testo Gomorra
b) essere stata recensita dall’autore del medesimo sul quotidiano la Repubblica
ha altresì dichiarato a sua discolpa di non essere l’editor del medesimo nel senso di responsabile editoriale che gestisce budget e firma contratti, in quanto semplice collaboratrice a cui vengono affidati degli editing, nonché di aver pubblicato il proprio libro con casa editrice facente parte di un gruppo concorrente di Mondadori.
Respinte tali obiezioni e sentito il verdetto, la castellana ha espresso come ultimo desiderio quello di potersi recare dal parrucchiere, dato che ci tiene a essere ghigliottinata con la testa in ordine.
@Helena facciamo che nell’immaginario ha vinto Danton, l’indulgente Danton, quello della Société des Amis des droits de l’homme et du citoyen. Teste non se ne tagliano. Anzi, di più, si dichiara l’inviolabilità dei corpi, di tutti i corpi nessuno escluso, nemmeno quello del terribile Sandokan, nemmeno quello del povero Dal Lago, che non pretende nessuna scorta per difendersi dalle minacce fanatiche che sta ricevendo per via che avrebbe scritto un libro pseudoscientifico; nemmeno quello di Nori… che l’avete processato mica per scherzo! Io preferisco rimaner disoccupato e rischiare i sottoponti piuttosto che lavorare per i direttori peggio che fascisti, sempre fatto così, ma non ho nulla contro chi lo fa: è solo una questione di gusti (o di disgusti). E a volte di vita o di morte, visto che Repubblica sostanzialmente nega gli spazi letterari agli scrittori per concederli ai giornalisti di successo. Gli operai a Pomigliano firmeranno e faranno bene. Ma i partiti di sinistra dovranno rimanere rigidi sulle posizioni della FIOM, almeno per salvare la faccia ta…
Per il resto, Helena, se si può dire che non ci piace questo e quello si deve poter dire tutti. Se dico che la recensione dentro la quale vi state rinchiudendo rischia di rinchiudere come in un lager anche chi non centra? A me non piace il conflitto di interessi che c’è nella vostra bella fazione, ma non vi definisco Radical Chic: cerco di argomentare, anche troppo…. Dato che il conflitto c’è cercate almeno di attenuarlo. Ehddai! Capisco l’affetto, ma non poteva iddu scrivere su un blog invece che sul giornalone? Se no vi mettete sotto tiro e quando uno è sotto tiro viene bersagliato anche dai più idioti Massini, che ci ha il diritto anche lui di difendere spazi dell’immaginario letterativo dall’attacco dei triangoli oramai quadrangolari Repubblica-Fazio-Dandini-Fazione Indiana (se diventeranno Penta saranno guai seri). Ma sarà ancora peggio. Vedrete che quelli di destra ne trarranno la conclusione che siete una cricca come tutte le altre, che vi scambiate i favori. Non è vero, ma tant’è… Peggio farà, prevedo, il Riformista. Temo siate entrati in una guerra editoriale che aumenterà la vostra visibilità, mahanche e a dismisura i conti dell’estetista, per via delle UNGHIA. Le è chiaro che vi siete ficcati in una guerra editoriale? Passi una bella giornata.
PS: apprezzabilissima la sua autoironia.
Miih, mi è bastato il conto dell’parrucchiere, non mettiamoci pure l’estetista. Larry, stai qui, scrivi quel che ti pare, e – se questo non ti fa incazzare- ho apprezzato il tuo racconto (serve un editor, per caso?), ti ho risposto in quel modo per fartelo capire. E mi trovo più a mio agio con la tua incazzatura nera che con Dal Lago che se avesse scritto così, ossia un pamphlet vero, l’avrei molto più rispettato. Oppure un saggio con più rigore e argomenti, come ne ho sentiti da parte di tante persone, visto che non siete poi così pochi ad avere una visione estremamente critica di Saviano. Tu forse mi farai presente che se Dal Lago avesse scritto un libro più apertamente incazzato, allora probabilmente avrebbe ricevuto ancora più insulti e peggio. Per quel che mi riguarda, se qui qualcuno avesse fatto un commento insultante o denigratorio contro Dal Lago, io glie l’avrei censurato. Spiegando il perché. Ma in genere lascio stare tutto quel che mi sembra entro una soglia accettabile.
Te lo ripeto, Larry. Questo, per essere una fazione, è un luogo che ha la porta aperta. Anche per te. Almeno per quel che mi riguarda.
Larry, non ho storpiato il tuo cognome volontariamente. Ho molto confusione nella mia mente, in particolare per i nomi. In classe mi accade di confondere i nomi. Sono molto sbadata. Se leggi i miei commenti, vedrai che faccio mille errori :-)
@ Larry Massino: io invece presto non mi alzo, e non era un gran presa di ‘ulo, tutt’altro!
Ci sarebbe, poi, anche il pezzo di Cesari:
http://www.ilprimoamore.com/testo_1832.html
Peccato si trattasse non di una «manifestazione anticamorra» ma dello «Speciale» Che tempo che fa di Fabio Fazio del 25 marzo, che lei avrebbe potuto rivedersi con calma, perché Saviano ne ha tratto un Dvd e un libro.
E l’I-Pod? e il vibratore?
@Helena come ha intuito, per via che l’intelligenza ce l’ha, anche l’educazione fina, si può trattare. Ecco il modesto elenco delle cose che mi serve prima dell’editura. Mi sembra un elenco compatibile coi bisogni di uno che scrive al giorno di oggi. Ho incaricato la segretaria dell’Accademia di cui sono componente di trovare la sua mail, così gni se ne manda in privato, per non disturbare gli utenti del blog. Ci abbia la pazienza di aspettare.
Elenco di 5 richieste di ciò che mi serve:
1) Qualcuno mece natico che con pietosa discrezione paghi l’affitto, per i prossimi tre anni, del discreto bilocale sito in località Fiesole con bella vista collina e casa di Ferragamo. Andrebbe bene anche disponibilità di casa o porzione di essa in luogo altrettanto nobile, meglio se marino, ma non troppo umido, per via dei reumatismi. In cambio posso scrivere piccoli ritratti dei castellani, lo so fare veloce e benino, per uso ricorrenze familiari, genetliaci, nascite, anniversari, anche dando vita a quadri, cristallerie, animali, ninnoli, ciarpe ecc. Di notevole c’ho anche che mi invento storie orali sui sotterranei di dove unque, inventandomi parimenti fonti accademiche credibili, storielle che tengan di solito compagnia istruttiva agli anziani di casa, tipo cunicoli che collegano monasteri di clausura con palazzi signorili, ciò che permetteva commerci sessuali nel passato ma che forse anche nel presente qualcosa ci viene fatto. Di solito i vecchiacci ci cascano perché sanno dei cunicoli sottoterra perché li usavano come rifugi durante la guerra. Di solito dicono che non si erano fatti domande sulle loro origini. Meglio per me. Posso infine cucinare pregevole due o tre volte la settimana per un massimo di 10 persone (un po’ ricompensato perché i fornelli son bassi, a cucinare si dura fatica, e non mi piace lavorare gratisse). Sua russità mia moglie che deve scrivere i libri sua che son complicati di solito non vòle esser troppo distratta, ma dice che sa fare l’orto e ci coltiverebbe anche dei fiori che gli viene bene.
2) Un completo di camicie nòve comprensive di abbonamento lavaggio e stiraggio con prenditura e riportatura a domicilio. Varia biancheria.
3) Un conto aperto in libreria (che però pagherei io stesso una volta ricevuti i copiosi diritti a me spettanti dopo l’editing della bella castellana)
4) Uno scooter da fare abbastanza figura.
5) In ultimo disponibilità saltuaria di BMV nera nòva fiammante decappottabile che Bukowski ci si trovava bene. A proposito dell’americano c’ho un Raccontivo.
Carlo – che sarebbe un mio amico contadino geograficamente campigiano, nei pressi del pratese e del fiorentino, che gli feciano fa’ l’attore a Roma perché i sua vendettano la tera ‘n Campi Bisenzio (Champs sur le Bisance) e gli andiedero sottoposti ‘n fabbri’a a Pra’o – lo chiamò un regista basilare pe’ fare un film che si girava a Los Angeles, ollivudde precisa. Due mesi di lavorativo intensivo. Du’ palle, perché quelli de’ cinema non lo invitonno mai alle serate pe’ via che lo consideronno rozzo. Ma lui tanto rozzo non era, perché s’era ‘struito fin da bambino sotto le querce di confine de’ podere in mezzadria a leggere poeti i cui libri, dice lui medesimo, comprava all’edi’ola de’ centro paese. Leggeva a voce alta come santagostino, in particolare rivolto al suo cavallo che una volta gli tirò un cazzotto pe’ rabbia. Carlo, per questa sua qualità di dicitore poetico, si guadagnò presto l’attenzione della contessina figlia dei proprietari del podere, via via una magnifica accoglienza nei salotti culturali delle virago in Firenze, infine la fama di primo imbroccatore sempre in Firenze, dove ammaliava le ameri’anine decantando loro poesia nel loro stesso idioma. Le faceva ridere parecchio le ameri’anine, sicché della cricca degli attori toscani novativi era più o meno l’unico a trombare. Un giorno che erino su i’ sette a ollivudde – sapesse Helena quanto gli è noioso i’ sette! – si era finalmente all’ultimo giorno di lavorazione. Mentre aspettava i’ trucco il campigiano vide una bella ameri’anona mora, le sapeva riconoscere, e gli si mise a dire certe poesie erotiche di Verlaine. Lei le si divertì. Gliera un’attraice di importanza notevole ma Carlo dice che non lo sapeva de’ jette set. Fissonno: lurido vengo a pigliatti stasera in arbergo, fatti trova’ pulito! Così tradotto in campigiano simultaneo da Carlo. In Inglese suonerebbe immagino così: “ You, dirty man, I’ll come to pick you up tonight from the hotel, I hope to find you clean! “ Carlo a fine giratura del film, saltò anche i’ brindisi rituale e andò filato nel grande albergo di ollivudde a fare i’ bagno nella vasca piena di schiuma come fanno gli attori apposta pe’ non fassi vede’ gnudi. Poi si improfumò e si vesti. Si mise anche i’ foulard, mi pare di seta rosso, che si fece imprestare da Ben. Scendiede e si recò a i’ barre nella hall, in improbabile attesa. Lo si poteva osservare un po’ nervoso co’ i’ solito gin tonic in mano, che le ragazze belle della truppe lo pigliarono ancora più in giro de’ solito pevvia dell’acqua di colonia che s’era dato bondantemente. Senonché a un certo punto l’altoparlante disse, da sé, senza pigliare ordini da nessuno come fanno gli orgogliosi quando gliènno orgogliosi d’origine: “ Mr Carlo is waited outside, mr Carlo is waited outside! “ Tutti zitti! Carlo finì di bevere il drink, con calma, guardò soprattutto le ragazze più specchiose, senza dire nulla, loro non dissero nulla nemmeno loro. Saspens, lui rigirò la testa verso i’ bancone, appoggiò il bicchiere a braccio distensivo, che lui dice che in uno che beve denota più classe del braccio piegativo, infine si incamminò lentico verso i sortitivo, facendo ben suonare gli stivaletti di coccodrillo sul pavimento della broadway della hall libera come il viale dei film western prima del duello finale (come in questo post?). Fuori c’era una limousine scoperta con dentro la sua amica attraice notevole mora, Bukowsky e fidanzata a sua volta attraice bionda. Da fòri Carlo gni disse: vu c’avete stile! Salì a bordo con eleganza, senza voltarsi indietro, ma quando partirono urlò: bucaiole! E Buk anche si mise a urlare a tutte le ragazze de’ tragitto che basseggiavano su i’ bulevarde: bucaiole! S’intendettano subito. Buk gni disse a Carlo: “ You have your style, you too “ “ Tu c’hai i’ tu stile anche te! “.
Non la sto a fare lunga. Irono a cena all’ippodromo, che si vede gli pareva brutto al poeta non interpretare la sua notoria parte davanti a un europeo per lui importante dato che gliera protagonista de’ film del regista basilare. Dice Carlo che a un certo punto Buk gli pareva Moravia, di cui anche frequentava abitualmente il salotto romano, du’ palle, co’ su’ amici attori più intellettivi, prima d’andare ‘n discoteca a ‘mbroccare. Dice Carlo che Buk si lamentava pevvia che i su’ compaesani ameri’ani non gli davan troppa ‘onsiderazione. Che sì, guadagnava, vendeva, ma solo nella vecchia Europa lo ‘onsideravano come artista di riputazione. Dopo parecchi ragionativi intellettuali Carlo gni disse, a i’ poeta che lo aveva fatto ridere e che diceva a tutte le donne dell’ippodromo Bucaiole, gnene disse Carlo, senza nessun riverimento, gliene ‘mportava ‘na sega, tanto dopo sarebbe andato di sicuro a dagliene di Verlaine e Frost a casa dell’attraice notevole mora; gnene disse a Buk che non poteva chiedere anche i’ riconoscimento nazionale cogli stendardi: aveva fica, limousine, soldi, successo, cazzo voleva di più? Finì così, co’ un proverbio contadino, che Buk lo ripetette anche quello tutta la sera insieme all’appellativo Bucaiole: “ I understand, Buk, You want the bottle full and your wife drunk! “ Madonna quanto rise Bukowski quella sera.
Helena il prossimo raccontativo che le manderò, sempre per mail riservativa, riguarderà la dentiera di Gregory Corso appoggiata sul tavolino del bar Il Fico di Roma, quando era ancora un bar per guerrieri spoetati: “ I’ll write a play for you, Larry! You, give me a home! “ ‘ Tacci tua Gregorio! Helena mi passi una buona giornata.
PS Helena se puole lunedi quando la segretaria dell’accademia farà lo speditivo lo faccia ridere anche a Rita che se lo merita, ma le dica che non insistesse coi complimenti: “ l’ha letto, Rita, come è andata a finire con Frenki Cordello? Che mi vòle rovinare anche ne’ letterativo?!
Fiesole, sabato 19 giugno 2010 ore 12.42
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[…] so quanti di voi conoscono la rivista on-line Nazione indiana. Ecco il link a un bell’articolo di Helena Janeczek, autrice peraltro di un libro molto importante […]
[…] Lago, esposta, enucleata, ammollata e centrifugata fin nelle minime virgole nell’intervento di Helena Janeczek, secco e breve come suo solito (è comunque già pronta la prossima querelle Saviano – […]
in dialetto veneto, a proposito dell’incipit dell’articolo:
“mi so responsabile de queo che digo, no de queo che te capissi ti”.
[…] verosimiglianza. Al di là della correttezza dell’analisi testuale proposta da Dal Lago (vedi al proposito i rilievi critici che Helena Janeczek muove a sua volta al testo del sociologo, ri…), è evidente che proprio questo modo di scardinare, e spesso di irridere, i testi di Saviano ha […]