L’insegna “Villa delle Ninfe” troneggia accattivante sulla parete gialla scrostata del ristorante. Sembra un bel posto, visto da qui. Dentro lì non ci sono mai stato. Io mangio nella trattoria “Bel Paese” ogni domenica, da quando avevo sei anni. Amici.
Quando ho visto la polizia lì davanti, l’altro giorno, ho pensato subito che fosse stato avvelenato qualcuno. Sì, avvelenato. Sono passati sotto l’insegna senza guardare, con una faccia tesa e i denti schiacciati, e io dico che se avessero alzato gli occhi, la scritta li avrebbe messi tranquilli, perché è accattivante, ti dico, su quelle pennellate crepate di giallo. Sono entrati come se avessero avuto paura di perdersi qualcosa. Con l’obiettivo già lampeggiante negli occhi. E, infatti. Si sono portati via il Potenza. Lui si teneva la testa chiusa dentro il petto. Non so cosa pensasse. Un poliziotto lo fece salire in auto. Un altro si voltò verso di me. Io non so niente. Io non so niente.













Di seguito il terzo intervento della rassegna Sguardi a perdita d’occhio. I poeti leggono il cinema. L’introduzione e gli altri interventi si posso leggere 