Sta nella bocca, il male risiede nella bocca. Come la lingua, come l’ostia sconsacrata che ti mangi, che ti succhi, che ti tocchi con la lingua. Risiede dentro la bocca, il male: come il verbo.
La prima cosa che fa è sorridermi. Mi sorride di un sorriso sgangherato, aperto, eccessivo, brutto, lo tira con due dita, come dal dentista: come una pernacchia. Mi mostra il dente che gli hanno spaccato, a luglio. Nella bocca, risiede il male. In due, lo hanno menato. Gli hanno detto: “Ti ammazziamo stronzo. Questo è perché così non te lo scordi”. Quella era la quarta minaccia, poi è arrivata la quinta. Cinque, le minacce. A morte. A non parlare più.





Di seguito il terzo intervento della rassegna Sguardi a perdita d’occhio. I poeti leggono il cinema. L’introduzione e gli altri interventi si posso leggere 







