di Stefano Palmisano
La notte scorsa il rosario di morte dei cosiddetti “infortuni” sul lavoro ha visto sgranare una nuova vittima sacrificale, Jan Zygmunt Paurowicz, 54 anni, polacco; stavolta, ancora, in quella specie di tempio satanico per gli esseri umani e per l’ambiente circostante che risponde al nome di stabilimento siderurgico Ilva di Taranto.
Ancora un dipendente dell’appalto, come gli ultimi due poveri sventurati che lo hanno preceduto quest’anno, vera e propria carne da macello immolata sull’altare di un’inarrestabile catena di montaggio a due linee parallele: profitti esorbitanti per l’azienda da una parte (878 milioni di utili nel solo 2007), morti e feriti per i lavoratori dall’altra (tre morti nel solo 2008, per l’appunto).





di Silvio Mignano



