di Flavia Ganzenua
Seduta sul letto, in sottoveste, mia madre si infila i collant color carne. Sorride, i capelli mangiati dal sole che devasta la finestra. Li arrotola e li infila. Mi accuccio davanti a lei, coi talloni affondo nello scendiletto. E’ infeltrito, punge, mi sfrega gli slip. Non riesco a tenere gli occhi aperti, la guardo a fatica. La luce ormai ha ingoiato quasi tutta la stanza. Ho il grembiule trasparente. Mia madre è a metà, immobile, spuntano solo le braccia e le gambe. Le sfioro le calze, il nylon luccica, si squaglia, si incolla alle dita. Corro via. La camera si accartoccia. La voce di mia madre stona, si assottiglia. Gratto via il suo fard da sotto le unghie. Lo lecco. Si incolla al palato. E’ così che arrivo in ufficio col suo fard tra i denti. Bevo e sa di fard, fumo e sa di fard, parlo e sa di fard.


