Buràn è una rivista letteraria online che raccoglie storie dal Web di tutto il mondo. Il suo scopo è scoprire le scritture invisibili: storie scritte in lingue inaccessibili, o che si perdono nel grande oceano della Rete. (www.buran.it)
Buràn è una rivista letteraria online che raccoglie storie dal Web di tutto il mondo. Il suo scopo è scoprire le scritture invisibili: storie scritte in lingue inaccessibili, o che si perdono nel grande oceano della Rete. (www.buran.it)
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disegno di Andrea Pedrazzini
1
D’uno che nella sua bottega di bolle
d’aria prepara certe strane pozioni
che a storte riluttano e il vetro alle ampolle
smeriglian con mille pelosi magoni
che dire? E d’uno in una bottega ove il fango
si fa e non si sfa che mai dire?
Che al suo banco la ganga fu rango
prima che impresero quei due a fuggire?
Dei due fu lei con gonna tessuta dal tuono
a credere a un inferno reale pensandolo
succedaneo del paradiso che lui vede prono
alle lusinghe di quell’imperfettibile mandorlo?
Così in un emporio di bolle d’aria e d’argille
la morte suggella le sue buste col vischio
come in un frutteto, fornello delle scintille
si smerigliano mele ai ritornelli del picchio.
di Giordano Meacci

Da quassù, la vista sarebbe straordinaria, se non fosse per l’impaccio delle mani. E dei piedi, naturalmente. I piedi sono quelli che fanno più male – costretti come sono l’uno sull’altro, senza nemmeno poter sgranchire le dita; e le dita fanno quello che possono, dopotutto: ma credo proprio che tra un po’ non riuscirò più a sentire nemmeno il punto esatto dove gli alluci si concludono e cominciano le piante, le vene grosse dei dorsi, tutta quella lunga corsa di pelle e ossa e muscoli e magrezza conquistata che poi risale su fino alle anche, alle costole – mi hanno sempre fatto impressione le mie costole, quando alzo le braccia al cielo, o semplicemente riposo i gomiti alzandoli e piegandoli appena, in un gesto che ho ereditato da mia madre – Mia madre è nata con dei problemi gravi ai tendini, ogni tendine del suo corpo è cresciuto, nel tempo, privo dell’ultima guaìna che di solito li protegge, i tendini: è la malattia di Raschenbach, ma questo mia madre non lo sa: o quantomeno non lo sa dire, nessuno lo sapra dire ancora per centinaia e centinaia di anni, a parte me, fino alla nascita di Raschenbach e la sua scoperta della malattia che lo battezza: ma questo è facile, per me, visto che io so tutto.
di Luca Rossomando
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[Alle ore 16,30 del 23 gennaio 1996, a Secondigliano, crolla una palazzina di tre piani. L’implosione innesca un violento incendio causato dallo scoppio del metano fuoriuscito dalle tubazioni che corrono sotto l’asfalto, causando una voragine stradale larga 27 metri e profonda 20, e facendo precipitare le auto in sosta e quelle in transito.Nella zona erano in corso dei lavori per la costruzione di una galleria per collegare Arzano e Miano. In quel momento nella galleria erano al lavoro otto operai. Morirono undici persone, tra cui una ragazzina di dodici anni. Alle 15.30 di oggi, al Quadrivio di Secondigliano, i familiari delle vittime e gli abitanti della zona si incontrano per una fiaccolata. Pubblico un testo di Luca Rossomando, già comparso nel 2003 su Carta del Manifesto. Su quella milionesima tragedia annunciata, Rossomando ha scritto “La voragine. Una cronaca della periferia di Napoli“, pubblicato da Editori Riuniti.
P.S.]
di Giorgio Mascitelli
Il fatto che l’attuale mercato librario sia dominato da una narrativa ormai extraletteraria o postletteraria può essere spiegato in molti modi. Per esempio i sostenitori di quello che un tempo si chiamava il best seller di qualità possono indicarne la causa nell’infiltrazione nelle case editrici e nel mondo accademico di esponenti dell’avanguardia intellettualistici e lontani dal lettore. Al contrario coloro che amano l’avanguardia replicheranno che proprio quel concetto di best seller di qualità è stata la breccia da cui poi sono passati nani e ballerine.
di Giorgio Fontana
Per Laura e Luca e gli altri
“Quando l’odio degli uomini non comporta alcun rischio, la loro stupidità si convince presto, i motivi arrivano da soli.” Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte
Il paesaggio è quello che conosci da una vita. Campi brumosi, file d’alberi secchi, palazzi color ribes, un paio di gru, e la tangenziale ovest come un fiume in piena. Il campo le sorge quasi a fianco, all’imbocco del paese. Il cartello OPERA ti dà il benvenuto. È un pomeriggio di fine gennaio. Sai che ne hanno già parlato i telegiornali, a tempo debito: ma questo non è un motivo per smettere d’interrogarsi. Come se le cose possano finire, una volta trasformate in “notizie”. Come se non ci fossero anche tempi indebiti.
Passi davanti al presidio. Davanti agli striscioni VIA I ROM e DOPO I POOH…I NOMADI. La gente parla e ti guarda sdegnata. Poi il primo che ti viene incontro, dopo cinquanta metri di fango, è un bambino di sette anni. Si chiama Andrej.
Il passato continua ad accadere
di Massimo Parizzi
(Apparso in “L’indice”, XXIII, 12, dicembre 2006, p. 34)
Una recente raccolta di “conversazioni con ebrei critici verso Israele” curata da Seth Farber inizia così: “Ebrei critici verso Israele? Per l’americano medio suonerà come un ossimoro. L’istinto di molti americani ebrei è di tacciare gli ebrei che criticano Israele di ‘traditori’ in mezzo a loro, ‘ebrei che si odiano’, che si vergognano della loro ebraicità, addirittura di ebrei antisemiti” (caso di “uso improprio dell’antisemitismo e abuso della storia”, come recita il sottotitolo di un polemico studio di Norman Finkelstein).

raccolti con amorosa cura da Marino Magliani
A Nativitate Domini 1659, indictione
decima tertia, die mercurij ultima
septembris – in testijs – in scriptorio
In nome Domini amen. (una parola illegibile) testis summarie receptus et productus per me notario infrascripto ad instantiam, probare ed fidem facere intendis de infrascriptis (parola illegibile) cui testi delato iuramento de veritate dicenda et qui iuravit…
di Cristina Babino
EPIFANIA
L’avevo creduta
una viadidamasco
questa noia palindroma
d’altalene e di giorni.
E d’infinito solo
il limite d’un nome.
di Francesco Longo
L’intervento di Sanguineti che proponeva di restaurare “l’odio di classe” non mi ha stupito. Ho incontrato le idee di Sanguineti all’università, e come tutti, credo che i suoi saggi su Pascoli, su Gozzano o sul liberty siano imprescindibili per chi studia il Novecento. È affascinante il suo atteggiamento radicale, la sua tensione politica, la sua avversione verso i compromessi, e il fatto che sia simpatico: un vecchietto ruvido ma pieno di humor. Tuttavia, negli anni, mi sono convinto che egli odiasse la letteratura, così quando l’ho sentito parlare di odio di classe mi è dispiaciuto, ma un po’ me lo aspettavo. Uno che ha ribadito infinite volte che il romanzo è borghese e che bisognava far fuori il romanzo, prima o poi può finire per dire quelle cose.
di Gabriele Pedullà
Le premesse sono note. Lo strapotere della distribuzione nel determinare l’offerta culturale; il riorientarsi delle librerie Feltrinelli verso il mass market, con un taglio del 30% dei titoli prima normalmente disponibili così da ridurre i costi di gestione (meglio vendere dieci copie del solito, ecumenico Ammanniti che quindici di altrettanti autori diversi); la sempre più rapida senescenza dei nuovi libri che ormai hanno una vita sugli scaffali di meno di tre mesi; insomma la crisi, forse irreversibile, della “bibliodiversità”… E ancora (questa volta dal punto di vista delle case editrici): l’imperativo di guadagnare su ogni singolo libro, rinunciando a compensare le perdite o anche solo i modesti profitti dei titoli più difficili con i titoli di maggior successo commerciale; le costrizioni dei bilanci preventivi, che obbligano i management delle imprese a replicare risultati eccezionalmente buoni, trasformando l’eccezione in norma, con conseguente riduzione dei margini di manovra e degli spazi per i volumi meno accessibili al grande pubblico…
di Antonio Sparzani
L’ultima parola del pezzo precedente era imbroglio. Parola impegnativa. Nella scienza, poi, perbacco, cosa può voler dire.
Prima di tutto, per tranquillizzare (o forse non tranquillizzare) i bisognosi di certezze, diciamo subito che non è che adesso rispondiamo alla domanda se la luce è un’onda o una particella con l’ultimo ritrovato della scienza moderna. Bisogna purtroppo adattarsi al fatto, il fatto, che la scienza non va avanti risolvendo tutti i problemi già posti, negli stessi termini e con gli stessi criteri con cui si erano posti. No. La scienza va avanti – e così è anche stata e continua a essere un po’ più divertente – cambiando i problemi, facendone sparire qualcuno di vecchio e inventandone di nuovi e risolvendo quelli vecchi in termini insospettati, termini che magari non sarebbero stati in precedenza accettati.
di Marco Rovelli
A. – il Diritto.
Benjamin, dunque, ci aiuta a comprendere Dante, e viceversa. Benjamin dice però qualcosa là dove Dante tace: afferma che è il giudizio all’origine della cacciata dell’uomo dal paradiso della lingua di Dio, e della necessità che la parola debba comunicare qualcosa. E’ questo il peccato originale della parola umana, per cui il nome esce da se stesso (‘l’albero della conoscenza… come emblema del giudizio sull’interrogante… contrassegno dell’origine mitica del diritto’).
Quel giorno che il dottor Cangiani – il direttore del centro di psicologia olistica dove lavorava mia moglie – mi telefonò, le mie giornate erano segnate dal ritmo lento dell’ozio. La disoccupazione mi abbracciava con le sue ali nere e ogni mattina mi alzavo dal letto con l’unico pensiero di uscire a passeggio col mio cane Orso.
di Flavia Ganzenua
Vado a trovare mio padre una volta alla settimana, di domenica, come tutti. Solo che io lavoro a casa e non ho famiglia. Potrei passare più spesso. E’ che questo posto è sigillato ermeticamente. E’ strizzato, compresso, consuma poca aria, scade lentamente.
Ho tutto il tempo del mondo, penso ogni volta che finisce l’orario di vista.
Ci vengo volentieri, qui si sta bene. E’ un ex-convento di clausura arroccato alla collina che domina la città. Sembra distante, ma è un’illusione ottica. Cunicoli sotterranei arrivano fino in centro, alcuni sono stati usati come magazzini, rifugi durante la guerra. Uno di questi passa proprio sotto il mio appartamento. E’ cieco, strozzato, una lastra di acciaio e un sistema di chiuse lo rendono inaccessibile. E’ un moncherino ormai, però mi fa sentire in qualche modo meno colpevole. Immagino che conduca proprio nella stanza di mio padre, è un po’ come dormire nella stessa camera da letto.
di Christian Raimo
Quattro persone vengono trucidate in casa. Una donna, suo figlio, sua madre, una signora che viveva al piano di sopra. Accade in un paesino della Brianza. Da subito si pensa che sia stato il marito della donna. Che è tunisino, ha avuto a che fare con giri di droga, è stato in carcere, aveva screzi con la famiglia della moglie. Si crea immediatamente una contrapposizione tra comunità. I Calderoli e i Gasparri d’Italia puntano l’indice contro l’uomo, sottintendendo: “Siamo noi la comunità sana”, non quelli usciti con l’indulto. Poi si scopre che l’uomo è innocente, gli assassini sono in realtà altri due vicini di casa. Anche loro avevano dato vita a una microcomunità domestica, fondata su valori incompatibili con l’esterno. Isolati, con pochi contatti col mondo, in rotta anche con le famiglie d’origine, non sopportavano neppure i rumori del vicinato. Questa ostilità assoluta, e il delitto stesso, li aveva uniti in una forma di fortissima solidarietà a due.
di Franco Buffoni
Le lingue delle madri
Da tre anni qui a Roma ho un compagno
Turco, di etnia curda.
Comunista, torturato in galera,
Conosce gli uomini e la vita divora, quando può.
Qui a pranzo da me in giorno di Ramadan
Mangiò di tutto e con buon appetito.
Poi non so come fu ma gli chiesi
Di mamma e fratelli, di casa.
Li sente una volta al mese, quasi sempre chiamando lui:
“Ieri sera ha chiamato mia madre,
Per dirmi di non mangiare di giorno e di pregare”.
E tu perché mangi? Perché ho fame.
Poi facemmo l’amore molto bene
E alle tre tornò ridendo a monte
Testaccio dai compagni.
di Philip K. Dick / Mattia Paganelli
Spaesamento; traduzione (mia) da Philip K. Dick, “A Scanner Darkly”, capitolo 8:
CAPITOLO OTTO
Sulla sua via per Bobo Arcore casa, dove un mazzo di teste poteva usualmente essere trovato per un morbido girato su tempo, Carlo Frico lavorava fuori un numero per mettere il vecchio Barri su, per pagarlo indietro per l’offesa senza senso al ristorante dell’Albero Violino quel giorno. Nella sua testa, come lui abilmente evitava le trappole radar che la polizia teneva ovunque (i furgoni dei radar della polizia normalmente prendevano la maschera di vecchi scassati furgoni Volkswagen, dipinti di un marrone noioso, guidati da strani barbuti; quando lui vedeva un tale furgone lui rallentava), lui corse un numero di fantasia anticipata del suo metti-su.
di Marco Giovenale
7.
porta: una durezza di acqua rappresentata. Figlia molto piccola, quasi non si tiene in piedi. Però riesce a sollevare il sasso e massacrare mucchi di formiche nella terra chiara. Rischia di farsi male nella furia. Per questo le tolgono la pietra di mano. Dicono imparerà a non ferirsi; allora bene
*
di Nicola Lagioia
Non è mai tardi per una gita a Chiasso. Sembra bizzarro nel 2007, ma il monito con cui Alberto Arbasino sbeffeggiava gli intellettuali del Ventennio – i quali, anziché piangersi addosso, avrebbero potuto varcare il confine con la Svizzera e acquistare tutti i “libri proibiti” e dunque rimettersi in carreggiata – ha ancora una sua qualche utilità. Solo che in questo caso non si tratta di acquistare libri ma di vedere un film documentario. Precisamente un lungometraggio sulla Feltrinelli. Un lungometraggio di co-produzione europea, nato su iniziativa e co-prodotto dalla stessa Feltrinelli, e presentato con successo al festival internazionale di Locarno, molto apprezzato da personaggi come Bernardo Bertolucci, mandato in onda dal canale televisivo franco-tedesco Arte, pronto a venire proiettato il prossimo 23 gennaio al Solothurn Film Festival, ancora in terra elvetica, e però mai apparso o presentato in Italia. E come mai?
ovvero l’Erba del vicino è sempre più verde
di
Francesco Forlani
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immagine tratta da:
http://www.mccord-museum.qc.ca/fr/
– Edizione straordinaria ! – gridava il monello brandendo il giornale.
In realtà non gridava, perché era un quadro di fine ottocento, “lo strillone”, che mio padre mi indicava come il pezzo più bello di una collezione, modesta e forse per questo ancora più autentica, che era riuscito a mettere su in tutta la sua vita.