Home Blog Pagina 542

Expasse, e altre quattro

15

sudoku20datos.gifdi Marco Saya

SCORE 

accado nel magma del passaggio.
siccome disturbo  nel desueto divorio
punta i gomiti quello che non ha il limite,
così per caso, un bar vale l’altro,
il dispetto sta nella resistenza,
il cablaggio ci fortifica
sino a esaurimento scorie.
 

Terra! Eleonora Puntillo

14

jodice.bmp
foto di Mimmo Jodice
VELE
di
Eleonora Puntillo

Piazza Dante, pietra deserta, temibile, riarsa, abbruciante lo stinco, oppure gelida percorsa da travolgenti irreparabili impeti di pioggia. Domandano spesso come scamparla, e lungo quale vico antico ombroso imbrecciato fuggire.
Furono inizialmente chiamate ‘tende’ divennero poi ‘vele’ quelle di Scampìa, e la casuale lettura della primigenia definizione progettuale propone una (forse impropria assurda illogica) associazione mentale fra architetture, luoghi, fruizione e funzioni del territorio. Eppure…

Il silenzioso muscolo sabotatore

8

di Giorgio Vasta 

escher-mani_che_disegnano.jpg

Per scrivere e per leggere descrizioni occorre amore. Intendo dire, provocatoriamente (ma neanche poi tanto), che avere la forza e l’ostinazione di continuare a mettere una parola dietro l’altra, accanto all’altra, una oltre l’altra, non cercando abbreviazioni o scorciatoie o riduzioni, insistendo a fissare l’immagine di una cosa, di un gesto, di una parete o di una strada, di un telefono a gettoni o di un geranio, di un’acconciatura o di una scatola trasparente di mentine (sulla quale sembrerebbe, essendo trasparente e magari vuota, non esserci niente da dire, ma questo soltanto perché sottovalutiamo la descrivibilità della trasparenza), e continuando a “dirla” senza diminuire la capacità del proprio sguardo, senza attenuarne la potenza per stanchezza o per pigrizia, senza opacizzare in modo complice la propria scrittura per smaltirla, estinguerla, congedarla – tutto ciò, secondo me, ha direttamente a che fare con l’amore.

Vite minori

8

di Marco Rovelli

Quando sale in macchina, al posto di guida, Thomas entra rinculando, appoggia il sedere sul sedile e tira dentro le gambe. Allora te ne accorgi. Te ne accorgi anche quando deve superare un dislivello, come quando ha sceso il gradino per entrare nel basso dove mi ha portato a mangiare, una stanza arredata solo di tavoli e sedie di plastica dove una coppia di ghanesi ha messo in piedi una specie di “trattoria”, chiamiamola così, dove il piatto unico è riso con carne, e dove incontri quei ragazzi che lavorano nelle fabbriche, che perdono il lavoro e diventano clandestini, che offrono le braccia per la raccolta delle patate (magari, pensi, per una strana costellazione proprio quella patata che stai mangiando con il riso mentre lui ti racconta il suo “viaggio in Italia”).

All inclusive

21

di Elisabetta Bocchino 

 all-inclusive.jpgIo aspetto solo le vacanze per fare la signora.
E certo: una settimana all’anno vado in albergo di lusso e mi tolgo tutti gli sfizi che nella vita di tutti i giorni non mi posso togliere.

L’industria dello sterminio: l’incubo secondo Schmidt

7

di Daniele Ventre 
 20041117-spiegel.jpgArno Schmidt, coscienza della letteratura tedesca del secondo dopoguerra; scrittore troppo poco noto da noi, se si pensa che Schmidt è in Germania quello che per noi sono un Gadda o un Fenoglio. La sua sorvegliata opera “Dalla vita di un fauno” (1953) appare ora, su iniziativa di Lavieri editore, tradotto per la prima volta in italiano, con piena aderenza al testo, da Domenico Pinto, che ne ha reso, senza sbavature o compromessi, il complesso impasto stilistico.

Petrus Romanus

26

mitra.jpg di Riccardo Ferrazzi 

Quest’anno avrebbe dovuto esserci il censimento, ma non si farà. Non lo fanno più neanche in Francia, in Austria, in Spagna.
    In Germania la Bild Zeitung ha scoperto che l’Istituto di Statistica aveva truccato le cifre e lo scandalo ha travolto maggioranza e opposizione. Girano voci incontrollabili: pare che i luterani siano scesi al 9% e che i cattolici siano in caduta verticale. La percentuale dei musulmani è top secret. Neanche la Bild è riuscita a saperla. 

Una riflessione su “Baldus” (la rivista)

70

bald_4f.jpgdi Biagio Cepollaro

L’inizio di una riflessione sulla rivista Baldus (1990-1997)

Sta per uscire, ma darò notizie più precise, la digitalizzazione di tutti i numeri della rivista Baldus (1990-1997) a cura di Massimo Rizzante.

Per me è occasione di una riflessione che vuole superare le difficoltà incontrate fin qui a ripensare a quel periodo, in serenità, al di là di automanieriste e autocelebrative identificazioni ma anche al di là di una poco generosa severità rispetto a fasi precedenti del proprio lavoro. Quando si storicizza un’esperienza, si vede farlo ad altri, occorre equilibrio di giudizio. E vorrei provarci. Le seguenti riflessioni chiedono approfondimenti che spero di fare successivamente.

Formazione formatori

4

managers-con-palle.jpg
di Paolo Cacciolati

Ha detto di essere un consulente aziendale di successo, abbiamo chiacchierato, io parlo bene con i distintissimi, li accolgo in ambiente confortevole, li ascolto con massima riservatezza.

Sembrava giù di corda, era ormai passata l’era della felicità imprenditoriale, quando organizzava corsi per manger (così chiamava i suoi clienti), che tipo di corsi?, prendi l’enpowerment, mai sentito?, un successo garantito, serve a potenziare il sé dei manger, già solo il nome sa di potenza in atto, en-power-ment, suona bene no? Comunque si va per step, prima creare un sistema di valori, poi condividere una vision e infine indicare una strategia. Con l’enpowerment si risollevano battaglioni di dirigenti depressi. Ri-costruire i loro skills, ri-lanciare le performances, ri-motivarli sulla mission, ri-elaborare il self-assessment, ri-organizzare la position in organigramma, re-indirizzarli verso i target, re-investire i loro output in leadership.

Caro Scalfari

35

Pubblico con colpevole ritardo questa lettera aperta di Lucio Del Corso a Eugenio Scalfari in seguito al suo articolo del 19 novembre su “Repubblica”. Mi sembrava tuttora più che attuale.

Caro Scalfari,
quando ho letto il suo articolo di domenica, non ho potuto fare a meno di provare un certo stupore: non tanto per il tentativo di giustificare, con una serie di sapienti giri di parola dal sapore vagamente filosofico, un attacco a leader sindacali (lei citava Guglielmo Epifani, ma in piazza il 17 novembre c’erano anche rappresentanti di altre organizzazioni, oltre alla CGIL), al presidente della CRUI, ai direttori dei più importanti istituti di ricerca italiani, a un paio di Nobel che si sono schierati con loro, a centinaia di presidi di facoltà e di direttori di dipartimenti inviperiti, e a migliaia di ricercatori strutturati e a tempo, per tacer delle centinaia di migliaia di precari sempre più spremuti e in bolletta, che erano scesi in piazza prima di loro: tutti accomunati, nel suo sermone, dalla spiacevole tendenza a valutare il proprio particulare più della casa comune democratica in cui pure tutti viviamo.

Mare Padanum

0

Venerdì 1° Dicembre 2006 alle ore 17.30

Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, via S.Eufemia, 12 – Piacenza

presentazione di Mare Padanum (Lavieri Editore) nuovo libro di racconti di Maurizio Rossi

Terra! Felice Piemontese

4

terra1.jpg
LE AFASIE DEL SIGNOR P.
di
Felice Piemontese

Il signor P. si è svegliato, una volta tanto, di buon umore. Un importante editore americano gli ha infatti chiesto un racconto da pubblicare nell’antologia che un noto critico, professore ad Harvard, sta preparando per il prossimo anno. La controllata euforia del signor P. è giustificata: lui si guadagna la vita, infatti, lavorando come impiegato (del livello più basso) in una società di navigazione, ma la sua passione è sempre stata la letteratura, e ha pubblicato alcuni libri che hanno anche suscitato un certo interesse nella critica, vendendo però poche centinaia di copie. Per questo il signor P. non sa bene se è giusto che si definisca uno scrittore – pochi in effetti lo considerano tale – o un qualsiasi impiegato del quale, nel migliore dei casi, si giudicano con una certa indulgenza le bizzarrie, in nome appunto della letteratura.

Antropodicea

14

di Christian Raimo

Com’è fatto l’inverno? In che modo le foglie alla fine cadono?
Da che parte scorre il sangue? Quand’è che hai sbagliato a cadere?
Dovevi dormire a lungo e non l’hai fatto?

Anonimato e responsabilità

22

di Bruce Schneier, traduzione di Communcation Valley

In un recente articolo, Kevin Kelly mette in guardia sui pericoli dell’anonimato. Va bene a piccole dosi, egli ammette, ma quando è troppo diventa un problema: “In ogni sistema da me analizzato, dove l’anonimato diviene comune, il sistema finisce col fallire. La recente macchia sull’onore di Wikipedia è generata dall’estrema facilità con cui dichiarazioni anonime possono essere inserite in uno strumento ad altissima visibilità pubblica. Le comunità infettate dall’anonimato finiscono con il collassare oppure con il mutare l’anonimato in pseudo-anonimato, come su eBay, dove si ha un’identità tracciabile dietro a un nickname inventato”.

25 Novembre – Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne

16

In base ad un agghiacciante calcolo statistico diffuso anni fa da Amnesty International, ogni minuto e mezzo un essere umano appartenente al genere femminile viene sottoposto a violenza. Bambine, adolescenti, ragazze e anziane. Generazioni di donne accomunate dall’essere possibili oggetto di soprusi da parte dei compagni di vita, amici, colleghi e in parte minore da sconosciuti. Le statistiche annuali con i dati delle violenze sulle donne non cambiano molto. Anzi, la sensazione che molto sia ancora sottoposto a silenzi omertosi o dettati da pudori sociali è forte e  presente. Una volta all’anno, il 25 novembre, si esce dal silenzio per ricordare come esista ancora l’idea di una presunta colpa da scontare, come l’autodeterminazione di corpi, esistenze e decisioni vitali siano ancora definite oggetto di aggressioni maschili, di pressioni sociali, di anatemi religiosi. (MLV)

Vita da prete. 1# – una cosa ridicola

60

 chiesa2.jpgdi Fabrizio Centofanti 

Sembra facile alzare un prete. Con queste sedie di adesso, piene di sporgenze, diventa tutta una questione di gambe. Movimenti precisi, una danza che distribuisce il peso in proporzioni perfette, altrimenti addio colonna vertebrale. Mi sembra impossibile sollevare questa mole senza soccombere, rimanendone illeso. L’istante in cui il corpo giace finalmente sul letto è un record continuamente eguagliato e completamente inutile (siamo servi inutili, ci viene suggerito: e molti hanno problemi con questa semplice manifestazione di buon senso).

il Contagio

26

di Marco Rovelli 

Si trattava, per me, di iniziare. Si trattava, allora, di comprendere come iniziare. Come inaugurare questo mio ingresso nella tribù indiana. E ho ripensato a uno scritto “a fondo perduto” di qualche tempo fa, una meditazione sulla “lingua della sovranità”. In uno di quei paragrafi tentavo di articolare la forma dell’amicizia. Così ho deciso di “iniziare” (ma se l’Origine è ovunque, questo non è un “vero” inizio) con questa “esposizione” (esposizione di una forma, di un gesto: il gesto dell’amicizia, il contagio). Se nazione indiana ha da essere, non può che essere questo. Contagio, amicizia.

 

Nell’undicesimo paragrafo del Trattato Terzo del Convivio, Dante richiama proprio la descrizione dell’amicizia aristotelica per determinare i caratteri della filosofia. Filosofia e amicizia condividono la medesima struttura.

E’ arrivato L’accalappiacani

14

accalappiacani1.jpg

Ricevo da Paolo Nori la notizia della nascita di una nuova rivista. Si chiama L’accalappiacani, è un “settemestrale di letteratura e arte” ed è pubblicata da DeriveApprodi. L’accalappiacani è fatta al cinema Cristallo di Reggio Emilia, in via Ferrari Bonini 4, in collaborazione con l’Arci locale. Quello che è uscito è il numero 0.0 ed è stato preparato da Daniele Benati, Ugo Cornia, Andrea Lucatelli, Paolo Morelli e Paolo Nori. Il numero 1.0 uscirà appunto tra circa sette mesi ma non è escluso che nel frattempo escano dei numeri 0.1, 0.2 eccetera. Dal numero 1.0 in poi L’accalappiacani sarà reperibile nelle librerie, prima di allora può essere richiesto direttamente a DeriveApprodi.

Quello che segue è il pezzo che apre il numero 0.0, è stato scritto da Paolo Colagrande e si intitola Non possiamo non dirci cani. Vale in qualche modo da premessa all’intero progetto.

A Paolo Nori e a tutta la redazione dell’Accalappiacani un in bocca al lupo.

O, meglio, al cane.

L’ultimo guappo

39

di Angelo Petrella

merola_01.jpg

L’immagine delle massime autorità cittadine e regionali che presenziano solennemente ai funerali di Mario Merola sono il simbolo del mancato rinnovamento di una classe dirigente. Ciò che deve destare preoccupazione, a mio avviso, non è tanto la battuta del sindaco Iervolino – in realtà ben riuscita e politicamente sagace – a proposito della “guapparia”, ma piuttosto l’apprezzamento della sceneggiata meroliana e del suo patrimonio culturale. Un patrimonio che culmina nel mito stantio e logoro di una Napoli “pizza e mandolino”, fondata su valori conservatori: la famiglia come unico universo di relazioni concepibile, il paternalismo, la subalternità della donna, il senso dell’onore feudale, l’immutabilità della realtà e la rassegnazione all’esistente.

Juke-Box:De Andrè vs Brassens

26

scheletro.jpg
Scheletro con askoi. Mosaico. Area vesuviana,
I sec.d.C. Museo Archeologico Nazionale, Napoli

Mourir pour des idées, l’idée est excellente
Moi j’ai failli mourir de ne l’avoir pas eu
Car tous ceux qui l’avaient, multitude accablante
En hurlant à la mort me sont tombés dessus
Ils ont su me convaincre et ma muse insolente
Abjurant ses erreurs, se rallie à leur foi
Avec un soupçon de réserve toutefois
Mourrons pour des idées, d’accord, mais de mort lente,
D’accord, mais de mort lente