Home Blog Pagina 543

Cristina, Mita e l’amicizia

10

di Linnio Accorroni

cristina_campo.jpg
( Questo pezzo è apparso su ‘Stilos’ del 3 gennaio 2006. Ho chiesto a Franz la possibilità di pubblicarlo anche su Nazione Indiana perché questo bel libro della Pieracci Harwell ­Cristina Campo e i suoi amici”, Edizioni Studium­ è passato in mezzo a quello che, con ricorrente ossimoro, si usa definire come ‘un assordante silenzio’, quando invece avrebbe dovuto godere, a parer mio, di maggiore considerazione ed attenzione. Un ottimo viatico per coloro che ancora non conoscono la Campo, un testo ‘imperdonabile’ per gli iniziati .)

More...

L’idea di umano e i Frankenstein della cultura pop

75

di Giorgio Vasta 

frankenstein.jpg

Sei nato negli anni ’80 e hai trascorso la giovinezza guardando la tv. Qualsiasi cosa passasse, dai cartoni animati alle serie, dalle sit-com alle soap, mescolando tutto in una sorta di unico iperplot dolcificato orrorifico exploitation apparentemente illeggibile. Durante l’adolescenza è stato il turno della consolle, dei giochi on line, con il gergo delle gilde e l’elaboratissima strategia delle battaglie combattute contro un “nemico” che sta a migliaia di chilometri di distanza, che conosci soltanto tramite un nickname e che non incontrerai mai. Poi, un po’ più grande, altri giochi di ruolo, ma più complessi, giochi rispetto al quale il primo Dungeons & Dragons è come il telefono senza fili per la generazione dei tuoi genitori. Modernariato ludico, niente di più.

Memoria del vuoto

9

fois_memoria.jpg di Gianni Biondillo

Marcello Fois, Memoria del vuoto, Einaudi, 2006 

Chiedo al lettore di non cadere nell’errore di leggere Memoria del vuoto in fretta, come si suol dire “tutto d’un fiato”. Perderebbe l’occasione di ammirare il lavoro dell’artigiano che leviga la pagina come una pietra preziosa, del sapiente artista che dopo anni di tirocinio sa usare tutti i trucchi del mestiere trasfigurandoli in oggetti di autentica bellezza.

La montagna bianca

19

di Christian Raimo

Beati quelli che precipitano dal tetto di un capannone che cede all’improvviso, beati quelli che vengono schiacciati dal carrellino elevatore che stavano guidando, beati coloro che vengono investiti da frane di materiale edilizio nei cantieri abusivi, beati coloro che vengono trascinati e stritolati dai nastri trasportatori, beati i camionisti che rimangono ustionati mentre controllano l’olio, quelli schiacciati tra la motrice e il proprio mezzo, beati coloro che scendono nei pozzi per lo scarico delle acque reflue e soffocano a causa delle esalazioni tossiche, beati i soffocati da un incendio improvviso in una fabbrica-garage di materassi, beati i bruciati vivi, beati gli affogati in una tramoggia di olio di sansa, beati quelli che non entrano nelle statistiche perché muoiono per incidenti stradali avvenuti per la stanchezza conseguente al lavoro appena finito, beate le vittime di esposizioni ad agenti cancerogeni e tossici,

Nuovo cinema paraculo / L’estetismo del degrado

9

di Christian Raimo

Nel cinema italiano, dalla fine degli anni ’90 è cominciata a riapparire la bruttezza. I corpi sfatti, le città oscene, la lingua sporca. Nei film di Alessandro Piva, Roberta Torre, Daniele Vicari, Matteo Garrone, Ciprì e Maresco… si riscoprivano luoghi e facce che sembravano essere spariti: macilenti, nani, grassi, sdentati, sessualmente deformi che vivevano tra Villaggio Coppola, Iapigia, l’hinterland milanese, le neo-baracche romane. Consapevole o istintiva, era una scelta visiva chiara e spiazzante, che si opponeva con radicalità alle due estetiche che hanno dominato il cinema italiano degli ultimi quindici anni: i begli arredi delle micro-tragedie famigliari della borghesia in crisi d’identità sociale e politica (da Moretti a Muccino, da Calopresti alla Comencini) e la deriva iper-televisiva, a tinte pastello, natalizia o balneare, dei film dei comici (a chi tra Pieraccioni, Panariello, Ceccherini, i Fichi d’India… non ne è stato concesso almeno un paio?).

Il balletto degli operai flessibili

6

cap6_0_3.jpg

  di Andrea Bajani

In ventotto anni Julia ha cambiato tre posti di lavoro. Dal 78 all’85 alla Fiat di Torino, dall’85 al 93 alla Sepi di Robassomero, e dal 93 a oggi alla Lear di Grugliasco. Ventotto anni, tre aziende, eppure sempre lo stesso lavoro: sellatura per le vetture Fiat. Dal 78 a oggi ha continuato a iterare un identico movimento, mantenendo un’identica postura, svolgendo un’identica mansione.

Rimedi francesi

5

di Magali Amougou

“Fermezza”, “sicurezza”, “polizia”, “provvedimenti penali”, queste le parole che risuonano più spesso nelle orecchie dei francesi. È la linea di Nicolas Sarkozy che non smette di fare propri gli argomenti di Jean-Marie Le Pen, presidente del Fronte Nazionale, agitando gli spettri dell’insicurezza e dell’immigrazione. Uno degli esempi più recenti della strategia del ministro degli Interni, da tempo in corsa per le elezioni presidenziali, è la risposta fornita di fronte al caso delle occupazioni abusive.

Ricordo di un poeta

4

 ricordo-di-un-dolore.jpgdi Stefanie Golisch

Percorrendola a ritroso dal momento della scelta suicida, la vita del poeta Manfred Streubel (1932-1992) appare un fallimento: un uomo si spezza al centro. Si arrende.
In molte poesie Streubel evoca il  preciso istante in cui la capacità dell’uomo di resistere si esaurisce. Divenire scambiabile/ uno dei tanti, una prova malriuscita: questa è una possibilità. L’altra è di andarsene come scelse lui, quando non vide più nessuna possibilità, né per sé né per la sua  poesia.

Openclosed, e altre

26

 0503md22.jpgdi Fabrizio Centofanti 

I

la paura sottostante, la pineta, e l’ombra

onnipresente della madre, nelle grida violente,

l’impressione di scavare in una pietra,

l’ultima versione: il rumore e il clangore,

nonostante. la domanda, perché, perché tre volte

TANA!

13

lecce.gif

Santi liberi tutti
di Manila Benedetto

Zero.
La prima volta era verde.
Non so di preciso come lo fosse diventata, ma la prima volta era verde. Un verde vivo, un verde abbagliante, potrei dire fosforescente.
Mi spostavo adagio, attratta da quel verde, eppure spaventata. Dove mi avrebbe portata non lo sapevo, ma non potevo far altro che seguirlo, per un atto di fede, che nient’altro mi rimaneva che aver fede in quel colore. In fondo il verde ha sempre rappresentato la speranza
E la prima volta Lecce era verde.

VibrisseLibri: la carta non è tutto, ma aiuta

290

Pubblicando questo post, cogliamo l’occasione per salutare Giulio Mozzi, che inaugurando l’avventura di Vibrisse Libri, lascia la redazione di Nazione Indiana.

Come ho liquidato il Barracuda

8

il liquidatoredi Mauro Baldrati

Il taxi corre per le strade lucide di pioggia. E’ sempre emozionante tornare a Londra, la città dove ho passato l’infanzia. Ormai non ho più una città mia, vivo sparso per l’Europa e l’America, per ragioni di sicurezza. Ma, se arrivassi alla vecchiaia – chissà, forse mi sarà concesso – vorrei che la città del riposo e della fine fosse Londra. Ci si perde a Londra, ci si nasconde, si dimentica il passato e non si pensa al futuro a Londra.

Attenzione poeti (il 23 a Milano)

69

satirical_freak_monster_12.jpg

Milano, giovedì 23 novembre 2006, ore 21:00

Casa della Poesia
(Palazzina Liberty – Largo Marinai d’Italia)

La poesia di ricerca oggi in Italia

Incontro curato da Andrea Inglese

con
Alessandro Broggi, Gherardo Bortolotti, Marco Giovenale,
Andrea Raos, Massimo Sannelli, Michele Zaffarano.

C’era una volta il treno

27

di Luca Carlucci

C’era una volta il treno.
Mezzo bello e popolare.
Incontravi gente, chiacchieravi.
Ti affacciavi al finestrino, socchiudendo gli occhi controvento.
Sedevi comodo, con un sacco di spazio, allungavi le gambe, allungavi il sedile, aggiustavi il poggiatesta, dormivi.
Guardavi rapito il diorama che scorreva incessante di là dai grandi finestrini.
Passeggiavi nei corridoi, mangiando un panino.
Anche nella canicola, non faceva mai davvero caldo. Tutti abbassavano i finestrini, le tendine svolazzavano impazzite, e tutto trasfigurava in un’atmosfera, a dispetto del clangore, ovattata, da sogno. I treni erano raramente puntuali ma frequenti, e in qualche modo arrivavi sempre.

Poesia per la domenica (« No te salves »)

15

immagine-028.jpg Non ti salvare

Di Mario Benedetti

Traduzione di Martha L. Canfeld

Non rimanere immobile
sull’orlo della strada
non raffreddare la gioia
non amare indolente
non ti salvare ora
né mai

Impronte sull’acqua #2

13

di Francesco Marotta

*

ti cammina sul braccio

la tenebrosa

sapienza di

chi regge lumi

al mattino, ti

acceca

il risucchio dell’olio

che sciama in vapore e

incendia il tuo

occhio

 

Filmmaker DOC 11

0

home.gif 

Festival Internazionale FILMMAKER DOC 11
Milano 21/28 novembre 2006
SPAZIO OBERDAN ­ V.le Vittorio Veneto 2
ingresso libero
  

Oltre la morte

72

di Gian Ruggero Manzoni

dawn.gif
La perdita di uno stato consente di acquistarne un altro, all’infuori che non si reputi l’Universo quale inutile custodia fisica chiusa e volta, esclusivamente, ad essere considerata un enorme ‘scherzo’ dovuto ad una mutazione di campo di una realtà ben maggiore, a sua volta parte di altro e altro ancora, e ciò all’infinito.” (Stephen Hawking)

Pare che l’Universo, e per il 90% è ormai assodato dalle rilevazioni fatte, si distenda in accezione piana e aperta (seppure incisa dal relativismo einsteniano), che il Big Crunch (il Grande Collasso) mai avverrà  (cioè che l’andamento ondulatoria di espansione e contrazione sia ipotesi non plausibile) e che invece più certa sia la fuga dell’insieme (materia luminosa e materia oscura) verso l’infinito, in attesa di un raffreddamento totale entropico (comunque risolvibile, per la vita, da un essere di quel futuro – si veda il tal senso l’ottimistica Teoria dell’Intelligenza Eterna di Dyson); oppure, quale ultima ipotesi,  resta quella del Big Rif, il Grande Strappo, la teoria che segue direttamente quella del Big Bang e che prevede una continua accelerazione dell’espansione del Cosmo fino ad un punto critico che porterebbe alla disintegrazione dell’insieme. Se ciò dovesse essere, l’Universo verrà alla fine frantumato.

Ha ragione la mia sposa

64

di Franco Arminio

La mia sposa si chiama Antonietta e fa la maestra elementare come me. Qualche volta che le parlo delle persone che conosco nell’ambiente letterario la mia sposa non sembra molto contenta. Io le dico di quello che non ha risposto alla mia mail o di quello che doveva telefonarmi e non lo ha fatto. Insomma, mi lamento. La mia sposa vorrebbe che invece di pensare a queste cose io aiutassi i figli nei loro compiti scolastici. Questa è una cosa curiosa: ho le tipiche nevrosi degli sfaccendati e degli scapoli, ma io ho due figli adolescenti e non sono affatto sfaccendato. Perché sto scrivendo questo testo?

Da “Degli angeli minori” (2)

5

immagine-070.jpgimmagine-070.jpg di Antoine Volodine

Traduzione e notizia di Andrea Inglese

15. Babaïa Schtern

Bisogna salire le scale a piedi, l’ascensore è rotto, il motore è stato incendiato negli scantinati una trentina d’anni fa da non si sa chi, degli erranti o dei soldati, forse involontariamente o forse per malignità, o forse perché certi si sono immaginati che vi fosse una guerra o una vendetta in corso e che era in quel modo che la si vinceva o la si appagava. Gli odori d’olio bruciato e i vapori radioattivi si sono dispersi e l’edificio è nuovamente salubre. Abito al quattordicesimo piano, il meno devastato.

A mia moglie

3

 harold-pinter.jpg

di Harold Pinter

Ero morto e ora vivo

Mi prendesti la mano

Ciecamente morii

Mi prendesti la mano