di Gianni Biondillo
Sto facendo pubblicità, lo ammetto. L’altro giorno giravo per una libreria e ho visto la copertina di un libro (quella che vedete qui sopra) intitolato Le scimmie sono inavvertitamente uscite dalla gabbia. E ho sorriso.
di Gianni Biondillo
Sto facendo pubblicità, lo ammetto. L’altro giorno giravo per una libreria e ho visto la copertina di un libro (quella che vedete qui sopra) intitolato Le scimmie sono inavvertitamente uscite dalla gabbia. E ho sorriso.
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E’ on line PER UNA CRITICA FUTURA, Quaderni di critica letteraria
a cura di Andrea Inglese.
www.cepollaro.it/poesiaitaliana/CRITICA/critica.htm
Numero 1
Andrea Inglese, Editoriale
Interventi:
Alessandro Broggi, Questionario
Gherardo Bortolotti, Su Neuropa di Gianluca Gigliozzi
Biagio Cepollaro, Note per una Critica futura
Marco Giovenale, Del sottrarre
di Joe Ross
traduzione di Andrea Raos
La sparizione
Così perfetto, un atto.
Risplendente palmo accenno di –
Scomparsi alla vista, gli scarsi
a cui di rado pensavamo per paura
o sua mancanza. Un improvviso non parlare
dove solo ieri induceva alla permanenza
o respingeva da essa. Le ruote non possono
girare all’indietro, come a cadere, prendere tempo, attaccare.
Quale se ci mantenne in flagranza?
I miei denti radicati nell’anima del volere.
Come un desiderio di irridere supposizioni
intente a vantarsi di una pretesa. Non è così.
Non è così?
Le ombre verdi albeggiano attorno.
Precedente alla notte è il suo richiamo.

NOTA DIECI
in www.cepollaro.it/poesiaitaliana/CRITICA/NotCriTe.pdf
Ricondurre il testo alla sua potenzialità morale, psicologica, politica, tenderebbe a radicare l’atto della lettura nelle fondamenta antropologiche della poesia, riconoscendole pienamente.
Il testo si presta alla lettura come una voce che parla ai molti anche se in pochi o pochissimi ascoltano.
di Franz Krauspenhaar & Sergio Garufi
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Critici quarantenni affermati, bella presenza, offrono recensioni altamente elogiative su prestigiose riviste letterarie nazionali a giovani e avvenenti scrittrici max quarantenni in cambio di equo pagamento in natura. Massima serietà e riservatezza. Astenersi perditempo.
Abbiamo visto più di una volta la società chiedere ai propri migliori elementi il sacrificio della loro vita. Sarebbe strano non poter chiedere a quelli che già attentano alla forza dello Stato questi sacrifici minori, spesso non percepiti tali dagli interessati, al fine di evitare di essere sommersi dall’incapacità. È meglio per tutto il mondo che, invece di aspettare di giustiziare la progenie degenerata per la sua criminalità, o di farla morire di fame per la sua imbecillità, la società possa impedire a coloro che sono chiaramente non idonei di continuare la propria stirpe. Il principio che legittima la vaccinazione compulsiva è lo stesso che giustifica il taglio delle tube di Falloppio. Tre generazioni di imbecilli sono già abbastanza.
Roberto De Caro su Carmilla in due parti, qui e qui, ha pubblicato un lungo saggio che reputo sia importante leggere. Fatelo. Lo segnalo qui su NI tenendo aperti i commenti, sperando sia da stimolo a una discussione attenta sui moltissimi temi che De Caro mette in atto nel suo saggio documentato e, giustamente, indignato.
di Bernd Rauschenbach
traduzione di Domenico Pinto
Arno Schmidt nasce ad Amburgo il 18 gennaio 1914, secondo figlio del sovrintendente di polizia Otto Schmidt e di sua moglie Clara. Cresce insieme alla sorella Lucie, più grande di lui di tre anni, in una abitazione di due stanze nel quartiere operaio di Hamm. È un bambino estremamente miope, poco socievole ma pieno d’immaginazione, che si rifugia – avendo già imparato a leggere in età prescolare – nei mondi letterari di Jules Verne e Karl May.
di Giorgio Fontana
Si parte perché si deve imparare l’inglese. Si parte perché l’Italia è un paese senza sbocchi, schiavo delle raccomandazioni e degli stipendi inadeguati. Si parte da soli, in tre o quattro, perfino in blocchi. Si parte e basta.
Al giovane italiano che arriva, mezzo spaesato e carico di sogni, nella capitale irlandese, si offre uno spettacolo profondamente diverso da ciò che lo avrebbe atteso solo qualche tempo prima.
di Franz Krauspenhaar
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Conosco Pinketts da quasi trent’ anni, da quando condividemmo per quasi due anni lo spazio di una classe di adolescenti al da tempo deceduto Liceo Linguistico Cristoforo Colombo, a Milano. Pinketts è sempre stato un uomo eccessivo. Fa finta di non conoscere il significato della parola moderazione se messa in relazione con la sua parola preferita: io. E’ un incontinente. Non ha il vizio dell’eccesso, ne ha proprio le stigmate, come fosse un santo rovesciato come un guanto durex.
(Pubblico questa lettura di Carlo Capone del bel romanzo di Bartolomeo Di Monaco “La scampanata” (Marco Valerio Editore); un romanzo che ho avuto il piacere di leggere recentemente anch’io, in un colpo solo. FK)
di Carlo Capone
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Terminando questo romanzo breve di Bartolomeo Di Monaco ho avvertito un disappunto. Non perché la storia, l’intreccio e il lessico mi abbiano deluso, anzi: il libro è scritto bene e si legge in un soffio. Parlo dell’inquietudine per il destino di Angela, la protagonista, e della domanda consequenziale sul perché la vita sia matrigna con chi trasgredisce, sia pure con travagli, e premia chi liberamente asseconda i propri estri. Quesito non da poco, se niente meno che Dante ce lo propone con le vicende di Francesca e Cunizza, dannando l’una a una tempesta eterna e assegnando il Paradiso all’altra.
di Alessandro Iacuelli

Basta leggere i giornali, spesso senza bisogno di andare all’indietro nel tempo, per leggere degli illeciti riguardanti i rifiuti in Campania. E non sempre si parla di Rifiuti Solidi Urbani (RSU). La continua emergenza nel settore dei rifiuti, che tiene stretta la Campania nella morsa di un dannoso commissariato straordinario da 13 anni, ci ha fatto in qualche modo abituare ai rifiuti per strada, a non far caso ai cumuli di scorie abbandonati lungo le provinciali, lungo l’asse mediano, nelle campagne appena al di fuori della città.
Tanti i casi “famosi”, dalla discarica di Pianura, alla discarica Tre Ponti di Giugliano, dal ritrovamento di una mega discarica (abusiva) nel nolano, piena di rifiuti altamente tossici, ai 120 fusti aperti pieni di materiale chimico a Santa Maria La Fossa (Ce), l’etichetta sui fusti era scritta in tedesco. Questo per citare solo i casi più eclatanti.
Oggi, secondo quanto emerge dalle numerose indagini delle Procure di Nola, Napoli e Santa Maria Capua Vetere, venire a smaltire in Campania è conveniente.
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di Nicola Fanizza
(La prima parte di questo intervento si trova qui)
IL PASSAGGIO DI MASSA ALL’AUTONOMIA
Nel famoso scritto Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo, che Kant pubblicò nel 1784, è possibile cogliere il senso di una svolta epocale. L’Illuminismo è definito come «l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare solo a sé stesso». Si tratta di un interrogarsi sul presente, di una definizione dall’interno della propria epoca vista nella sua differenza, nella sua discontinuità nei confronti del passato. È come dire, da adesso in poi il mondo non è più come prima, usciamo dal vecchio mondo e ce lo mettiamo alle spalle.
di Francesco Marotta
*
riesce più il sale a
dire la verità del
la luce, quando il suo
nome è un’eco, un’
impronta su
un foglio di via, come
avviene tra il fuoco e
una vela
arenata in onde di brace
o allevando porfidi d’acqua
per la sete di
segni
illeggibili, cresciuti
in punta di dita, anche ieri
fa giorno da un
grumo di secoli, sottrae
domande ai ricordi e
si pensa, già in odore
di sabbie, risalire i tuoi
occhi fino all’aria
che brucia, ora
tace, l’inverno è
un pantano di fumo, tu
comincia a guardare il
rivo di pioggia
che ti esce sangue dai
pori
di Franco Damico
“Il dottor Kuz’menko rovesciò i pezzi sul tavolo”.
Siamo in uno degli ultimi Racconti di Kolyma di Varlam Šalamov.
E questi sono piccoli scacchi di pasta di pane, ispirati all’Epoca dei Torbidi. La fattura finissima non tradisce che furono intagliati con mezzi di fortuna e in circostanze sciagurate dallo scultore Kulagin, prigione delle Butyrki, 1937.
“Tutti i detenuti della sua cella hanno masticato per ore e ore il pane che gli serviva. La cosa fondamentale qui era cogliere il momento esatto in cui la saliva e il pane masticato arrivavano a una specie di punto di fusione irripetibile. Solo il maestro stesso poteva decidere e aveva fortuna se riusciva a far uscire dalla bocca una pasta adatta ad assumere qualsiasi forma sotto le sue dita e poi indurire per l’eternità, come il cemento delle piramidi egizie”.
Questi scacchi hanno seguito Kulagin in tutti i suoi trasferimenti, sono sopravvissuti alle disinfestazioni, alla rapacità dei malavitosi, ai rovesci del caso.
Se al termine di ogni ricognizione sulla città la domanda che emerge è sempre la stessa, “c’è ancora per speranza per Napoli?”, vuol dire che in realtà la speranza già non c’è più. Che questo nominarla altro non è che una forma di evocazione. Che siamo lontani e condannati, abbastanza da dover ricorrere ad una domanda che vive di se stessa, e che non ha mai risposta, ma si moltiplica all’infinito rimbalzando da un giornale all’altro, da una cronaca all’altra.
Per chi abita ogni giorno questa città però, la questione non è così semplice. Non si tratta di una domanda che può essere facilmente elusa, tra il caffé del mattino ed il lavoro. Perché è su questo punto che si gioca l’identità della città, e quindi la nostra; è qui che scopriamo l’ago che baricentra la nostra vita: divisi tra un fujtevenne di edoardiana memoria e un appello alla resistenza, tra una percezione della realtà che sconvolge e talvolta taglia il fiato, e un bisogno morale di non rendere i nostri giorni un semplice trascinarsi di ore su altre ore.
di Nicola Fanizza
IL LUNGO CAMMINO DELLA DEMOCRAZIA
La democrazia è forse l’idea più potente di questo inizio del terzo millennio. Dopo aver imposto, negli ultimi due secoli, spesso con la forza, all’intero pianeta la libertà della merce, l’Occidente, oggi, fa della democrazia un valore sacro e sempre con la forza la esporta insieme al libero mercato. Eppure, in Occidente la democrazia si è pienamente sviluppata solo nel XX secolo. Prima della Grande guerra, i regimi democratici erano davvero pochi; erano presenti per lo più nell’Europa occidentale, in America settentrionale e nell’Oceania; potevano votare solo gli uomini, mentre le donne avevano il diritto di voto soltanto in quattro Paesi – Nuova Zelanda, Norvegia, Australia e Finlandia; in Italia l’hanno ottenuto nel 1946 e in Svizzera solo nel 1974.
di Marino Magliani
In quel periodo, con un paio di amici argentini vivevamo a Gulpen, una cittadina olandese, nella regione del Limburg. Per gli olandesi il Limburg è una regione molto collinare, per noi un posto appena più mosso di un mare. Poi, come sempre, non durò a lungo neanche a Gulpen, e un giorno comprammo tre biglietti, destinazione Stavanger, Norvegia. Il traghetto salpava da Amsterdam e infilava il Nord Zee Kanaal sbucando sulla spiaggia di Zeewijk. Sull’argine destro vedevo la grande acciaieria dai fumi bianchi, e sull’altro la cittadina di IJmuiden, con le case di mattoni e i bunker, il porto affollato di pescherecci e gru, e sullo sfondo le dune soffiate dalla tempesta. Avevo solo sentito qualche leggenda sul grande nord, sapevo che era terra mai ferma, landa di sabbia continuamente scavata e spostata, e posto abitato da vagabondi stanchi di rincorrere.

Prove tecniche di romanzo storico, di Marco Palasciano (Lavieri Editore 2006) pubblicata su Stilos in isti juorni.
Una vera follia da parte dell’autore, quella di ambientare il proprio discorso a Napoli in un periodo che parte dalla Repubblica Partenopea, continua con Murat re di Napoli e si conclude con la Restaurazione. Quando grazie anche ai diversi anniversari tutto è stato detto. Si scrive di fatti storici quando non tutto è stato detto, e solo a condizione di avere studiato, elaborato ogni cosa che sia stata scritta. Il libello, ma forse varrebbe la pena definirla “Operetta” – si impone dal principio il programma di essere tutt’al più quasi finale, all’incirca finale, semifinale. E prima che gli storici distruggano le sue congetture Palasciano chiude:
«Non altrimenti è da intendere Prove tecniche di romanzo storico che come un carnevale (e «Un carnevale» ne è per fatalità il primo sintagma) dove villani, pastorelle, vecchie acquaiole e figli di fornai si travestono da re, da regine, da príncipi e generali; e i veri re, le vere regine, i veri príncipi e generali, da dietro l’infrangibile cristallo delle loro finestre, osservano la festa senza offendersi punto se un trovatore ne fa grassa satira.»
La tecnologia come agente sociale
Fiumi d’inchiostro e tantissimi libri sono stati scritti sul rapporto tra tecnologia e società, di come e quanto la tecnologia stia cambiando il nostro modo di vivere, di comunicare, di organizzare il nostro tempo e di disporre d’informazioni. Spesso, vengono coniati neologismi di ogni sorta e inventate tortuose definizioni su quello che può essere riassunto nel grande tema degli effetti ed impatti sociali delle tecnologie sulle società umane.
Ma questo complesso rapporto viene meglio compreso attraverso esempi e soprattutto esempi su larga scala. Il problema e’ che questi macro-eventi sono difficili da identificare mentre si verificano, lo si può fare solitamente post-hoc, visto che hanno luogo durante archi temporali non brevi.
Tuttavia, qualche eccezione esiste ed e’ particolarmente interessante.
di Walter Siti
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A Franco Cordelli e a Enzo Di Mauro ripugna essere apparentati al protagonista del mio libro; niente di più legittimo. Sotto le categorie negative di “narcisismo, esibizionismo, autoelezione e prepotenza” raccolgono una pattuglia eterogenea di scrittori che va da me ad Antonio Moresco, a Tiziano Scarpa, a Michel Houellebecq e a Bret Easton Ellis, fino al pochissimo autobiografico Alessandro Baricco. E aggiungono che quelle categorie negative “nei termini della vecchia politica sarebbero considerate di destra”.
di Franz Krauspenhaar
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Caro Piero Ciampi, ti conosco da non molto, tanto tempo è passato da quando te ne sei andato per quel cancro in gola (e che? tu pensavi di morire di cirrosi, vero? e invece tac, il cancro alla gola; e già, la sorte è originale…)e io di te, allora, 1980, non ne sapevo niente, tu avevi 46 anni, io ne avevo diciannove, ascoltavo il rock, quello progressivo, bum bum, e i Led Zeppelin, doppio bum bum, e qualche volta il cool jazz, – Lee Konitz, Lennie Tristano, patam patam.
Caro Piero Ciampi, ascolto tutte le tue canzoni, ora che di tacche di vissuto ne ho 45 come un calibro d’arma da fuoco; e si, quelle tue canzoni che non ebbero alcun successo mi tengono la compagnia di un’alchimia negativa; non m’interessa, io ho una corazza ben dura, anzi le cose troppo leggere cominciano davvero a infastidirmi, mi piace la durezza di parole acuminate e trapananti, e le canzoni che aumentano la mia nostalgia (e non ne avrei il bisogno, a dire il vero, ché di nostalgia ne sono pieno, ne sono assediato addirittura); e dunque, forse, ascoltarti è rischioso, perché l’arte può far male, certa arte (certa, certissima) può anche ammazzare, pian piano, sofficemente, un giorno dopo l’altro, io credo, però si, comunque ammazza; anche se la corazza tiene, si, questa mia corazza è solida, è temprata, ha resistito, in passato, a colpi micidiali.