LA STRADA DI ARETUSA
di
Paola de Luca
Siamo sotto Natale, ognuna col suo respiro, con la maglia sulla camicia da notte, nell’odore della sua pelle. Io nel letto nobile, Isa su quello di sopra, la straniera per terra. Quando si rimette a piangere, accendo due sigarette e ne passo una a Isa, senza guardarla, so che non dorme, alzo il braccio che s’illumina del faro nel cortile, vedo lo strascico di fumo giallo, incontro dita fredde, appuntamento spaziale, l’altra singhiozza.
“Prima o poi si calmerà”, dico.
“Se non si calma da sola ci penso io”, dice Isa.
Quella è passata all’urlo, biascica frasi bagnate, impervie.
Vado ad accendere la luce, prendo una scarpa e la sbatto forte contro la porta. Già conosco tutti i rumori di ferro che ci invaderanno le orecchie, le tempie, la nuca. Pesto con cura il tacco sulla parte più alta, quella che risuona di più.
Scrosciano altre porte nel corridoio, arrivano urla metalliche, passi di piombo, io torno a letto, le ginocchia sotto al mento, mi copro la testa


di Armando Trivellini