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Satisfaction

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(Ricevo da Gian Paolo Serino e pubblico. F.K.)

Dopo le polemiche di Baricco sul ruolo della critica italiana nasce SATIFICTION, un nuovo gioco letterario:periodicamente Vi consiglierò un libro. Se vi fidate della mia recensione, decidete di acquistare il volume e ritenete che il mio entusiasmo non corrisponda al Vostro gli utenti di Satisfiction possono motivare i propri dubbi e il prezzo di copertina sarà rimborsato. Chiaramente, se mi trovo a consigliare le ultime poesie di Bukowki, e rispondete che siete rimasti scandalizzati perchè siete dei lettori di Liala e avete trovato l’ultimo BUK troppo spinto, il gioco decade.

Pronti a giocare?

IL PRIMO LIBRO CONSIGLIATO E’ IL PAESE DELLE COSE SENZA NOME di Daniela Rossi, appena proposto nei tascabili FAZI.

Buona lettura

Gian Paolo Serino

SATISFICTION

http://satisfiction.blog.kataweb.it/

Baricco chi? Leggere (note)

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schlienger.jpg Immagine di Philippe Schlienger

Leggere uccide.

di
Luis de Miranda
(trad. di Irene Stelli)

Non solo leggere uccide, ma leggere assassina, elimina, massacra, mette fuori uso, azzoppa, liquida, strangola, lincia, decima.
Leggere rovina, sfianca, neutralizza. Leggere non fa bene alla salute- il problema è che ci ho messo ventotto anni ad accorgermene. Avrei dovuto dar retta a mia nonna: non avevo ancora dieci anni che già mi diceva di non stare tanto tempo a leggere che mi si rovinava la vista. Oggi, a trentatrè anni come sempre non porto gli occhiali, ma mi sono definitivamente rovinato il cervello; leggere mi ha reso pazzo, degenerato. Leggere ha fatto di me un uomo finito, del tutto inadatto ad una vita sociale e sessuale normale. Leggere mi ha reso altezzoso, disperato, disorientato, dissociato, cupo, maniaco-depressivo, solitario. Molto solitario: la persona a cui parlo di più è il mio gatto Aristotele.

Poesie

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(Dal numero 1 delle rivista “Re:” a cura di Tommaso Lisa e Alessandro Raveggi)

PABLO GARCÍA CASADO

Traduzione di Alessandro Raveggi

Da I dintorni

I DINTORNI

per quanto si estendano le città fino ad unirsi
l’una con l’altra per quanto le disillusioni che il sesso la morte
o le opposizioni ci procurano rimarranno sempre i dintorni

l’oscurità dei complessi industriali l’inefficacia
il ministero delle opere pubbliche per quanto si impegnino
collettivi cittadini associazioni di vicini continueranno

ad albeggiare i resti dell’amore nei dintorni

Leccare la lingua altrui come quando ci si bacia

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 Gli autori italiani aprono il laboratorio.

Florilegio a cura di Alessandro Canzian *

 

Questo montaggio di frasi da interviste e recensioni trae spunto dalla recente discussione sulla lingua degli scrittori italiani contemporanei, avviata da Massimo Rizzante e Giacomo Sartori e proseguita, sul web e su carta, a capannelli sempre più larghi. Da più parti è rimbalzato, implicito o detto a chiare lettere, l’invito agli scrittori a esprimersi in prima persona su questi aspetti del loro lavoro: padronanza e pratica della lingua, suo utilizzo consapevole, ricerca della parola, rapporto tra lingua e storie e tra lingua e tecniche narrative.

Omaggio (triste)

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sempemuray1.gifRitratto di Sempè

Libération : Philippe Muray: la mort d’un réactif. L’essayiste fin de siècle qui dénonçait l’air du temps est mort d’un cancer à 60 ans. Il avait du style.

Bambini

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charlesreznikoff.jpg

di Charles Reznikoff

Otto marzo

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di Giancarlo Tramutoli

Vorrei per una volta
l’otto marzo
regalare al fioraio
un panettone.
E a Natale di mimose
fargli un mazzo così.

Il futuro della privacy

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[Questo articolo di Bruce Schneier, esperto statunitense di sicurezza, riguarda la percezione e la realtà dei problemi di riservatezza personale negli Stati Uniti, con un confronto con l’Europa. Lo traduco qui, come punto di inizio di un discorso su privacy, sicurezza e libertà civili.]

OMAGGIO ALLE DONNE, indiane e circostanti

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le korai di Cnosso

vorrei pubblicare questa immagine — le korai di Cnosso — grande come tutto lo schermo per tutte voi, perché è bellissima, ma mi pare che il sito non me lo consenta. Ingranditela voi! Ciao

[fatto, Antonello!]

Baciamo le mani/Dario Borso

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baisers_voles.jpgimmagine da http://www.affichescinema.com

db Says:

March 1st, 2006 at 18:56 edit
I latini avevano tre parole per definire i baci: “Osculum”, “Savia” e “Basium”. Il primo è il bacio del rispetto, il secondo della libidine e dell’amore, mentre l’ultimo è quello dell’affetto. In pratica, spiegava Isidoro da Siviglia, l’osculum si dà ai figli, il basium alle mogli, il savium alle prostitute.

Poesie/Lello Voce

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SHORTCUT n° 1
(la rosa e la voce)


e sono come scorciatoie del corpo e dell’anima come le cosce i polpacci
tesi allo sforzo del piacere come nervi e corde che si fanno frasi come stasi
immobili sull’acrobazia della vita come parole sospese nel vortice della materia
come un abisso in cui precipiti e vedi infine le tue gambe le braccia la traccia
del pensiero perché piuttosto c’è bisogno di voce di fiato che dice c’è bisogno
della fattura e della sua matrice del conto esatto dei decimi e dei millesimi
della frattura che scheggia l’osso che lo getta oltre l’ostacolo della mossa
che salta il fosso c’è bisogno piuttosto d’una lentezza lenta che allenta e
distende d’un lungo respiro a braccia intrecciate c’è bisogno piuttosto
dei tuoi fianchi e dei capelli dei tuoi occhi c’è bisogno piuttosto d’un
costante silenzio rotto dal tuo ansimare intermittente c’è bisogno del
dente bianco da belva piuttosto c’è bisogno della zampata vivace che
squarta e sconfigge piuttosto che la morra dei dadi dei destini dei confini
che come abiti o camicie di forza c’è bisogno piuttosto di questo bicchiere
che ci fa vedere il mondo maledetto e porco lo sporco delle unghie e degli
occhi gli schiocchi dei grilletti i tonfi dei morti di miseria la lista seria dei
dispersi c’è bisogno piuttosto di versi che sappiano ancheggiare di poesie
pingui di sillabe che scavino la fossa di soli mandolini e flusso di coscienza
c’è bisogno di una scienza dei nostri sentimenti poverelli degli amori da
pipistrelli vissuti a testa in giù dei fratelli e dei coltelli c’è bisogno piuttosto)

Un segno

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 di giuliomozzi

Noi riscriviamo sempre la stessa storia, dice. Facciamo finta di volere storie nuove, ma quella che vogliamo è sempre la stessa. Vogliamo che ci sia una sconfitta, e dopo la sconfitta vogliamo che ci sia una vittoria insperata. Razionalmente è comprensibile il desiderio della vittoria: ma perché desideriamo, prima della vittoria, che appaiano tutti i segni della sconfitta?

La discarica della salute

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di Alessando Iacuelli

Nell’estate 2004, il dottor Alfredo Mazza, ricercatore in Fisiologia Clinica del CNR a Pisa, ha pubblicato sulla prestigiosa rivista medica “The Lancet Oncology” un suo agghiacciante studio sull’incidenza tumorale in Campania. I risultati degli studi e delle analisi effettuate dal ricercatore furono anche pubblicate su quasi tutti i quotidiani italiani. Nello studio, ci si riferisce ad un’area di 12 comuni, compresi tra Acerra, Pomigliano d’Arco, Nola e le falde settentrionali del Monte Somma, facente parte del Parco Nazionale del Vesuvio. In quest’area vivono oggi circa un milione di persone. Statistiche alla mano, Mazza mostra come l’indice di mortalità per tumore al fegato ogni 100.000 abitanti sfiora il 35.9 per gli uomini e il 20.5 per le donne rispetto a una media nazionale che è del 14.

A Gamba Tesa/Come invecchiano i romanzi?

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Immagine, Buster Keaton working with Samuel Beckett on Film (1965) da www.wacc.org.uk/var/ corporate/storage/images

Note al margine del recente scambio su NI (Biondillo, Sartori, Inglese, Rizzante)

Di
Francesco Forlani

Ci sono in francese delle espressioni che letteralmente mi incantano. Beau comme un camion, bello come un camion, o Avoir la gueule de bois, che potremmo tradurre con avere la faccia di legno e che sta a significare lo stato di post ubriachezza dei santi, mai abbastanza, bevitori. Eppure, insieme a queste, ci sono frasi che uno non vorrebbe sentirsi dire mai e che spesso emergono in certe discussioni provocando, almeno in me, un brivido lungo la schiena: il (elle) a pris un coup de vieux.

Come se un colpo di vento spingesse la persona oltre la linea invisibile che separa quell’insieme di esperienze, nonostante tutto, ancora legate al presente, che si tratti dell’infanzia o dell’adolescenza e perfino dell’età adulta, dal mondo dei vecchi, solo passato e vero punto di non ritorno.
In questi giorni di esilio nomade mi è capitato di recuperare la vecchia scatola di scarpe, riempita di fotografie e presente ad ognuno dei venti e passa traslochi, sempre più pesante e preziosa come le ceneri di un antenato.

Processi virtuali. Il blogger va alla guerra.

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di Gemma Gaetani 

«Ogni volta che esce un libro di Baricco escono a ruota una serie di articoli che dicono sempre le stesse cose. Che Baricco è un veltroniano. Che porta le camicie bianche con le maniche arrotolate. Che se la tira. Che piace alle ragazzine. Probabilmente è quello che si intende oggi per critica stilistica». Così scriveva Antonio D’Orrico sul Magazine del Corriere della Sera l’8 dicembre scorso recensendo l’ultimo romanzo dello scrittore. Il quale – stufo di fare la sputacchiera per i critici letterari – mercoledì ha risposto su Repubblica a Giulio Ferroni e Pietro Citati, critici imputati di (pro)ferire «frasette seminate a infarcire articoli che non hanno niente a che vedere con me».

Ammazza la vecchia 2

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di Elio Paoloni
03524715.jpgCome notava Vito Bruno sul Corriere del Mezzogiorno, Sergio Rubini non è realmente interessato alla Puglia: La terra non si occupa della realtà antropologica cara a Edoardo Winspeare, e neppure della trasformazione epocale del microcosmo cittadino esplorata da Alessandro Piva. Rubini ha da fare i conti con un Sud stilizzato, arcaico. Con il sangue, con l’eredità biologica, con la Famiglia. E il professor Luigi Di Santo i conti con la famiglia li regola allo stesso modo di Michael Corleone nel Padrino. Colto, benpensante, proiettato nel futuro, urbanizzato (americanizzato), legato a una donna non meridionale (non italiana), Bentivoglio-Al Pacino torna per un breve periodo a una famiglia che ormai lo disgusta. Quando i fratelli vengono coinvolti in fatti di sangue, però, si ritrova a caricarsi sulle spalle tutto il peso della famiglia, riunita nella copertura di un assassinio. In tutti e due i film a riunire e a pacificare non è l’affinità del sangue che scorre nelle vene dei fratelli ma l’estraneità di quello versato per strada. Il succo è lo stesso: non si sfugge all’eredità (della terra ma soprattutto biologica). Il destino del meridionale è segnato: per quanto lontano vada, basta che rimetta piede al paesello e resta impaniato nel familismo amorale.

Libertà d’informazione in Italia

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di Lorenzo Ansaloni

“La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire”.
George Orwell

Tempo fa mi capitò di sentire di una classifica che posizionava l’Italia attorno al quarantesimo posto in quanto a libertà d’informazione e dietro paesi quali il Mozambico. La notizia mi rimase in mente e ci rimuginai fin quando, dopo quasi due anni di vita in Inghilterra, mi è sembrato evidente che qualcosa di vero dopotutto ci dovesse essere.

Favola blu

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di Fiammetta Cirilli

Quella sera, mamma e papà Paperotti ritardavano. Erano le otto passate e ancora non tornavano a casa. I piccoli non sapevano proprio spiegarselo.
– Forse hanno perso la strada per qui – disse Camilla con fare sentenzioso. I fratellini la guardarono sbalorditi: com’era possibile? mamma e papà non erano grandi abbastanza da non smarrirsi mai?
– Tutti si perdono, ogni tanto – ripeteva Camilla. Poi, più rassicurante: – Vedrete che presto saranno a casa.
Bibino però non era per niente tranquillo. Sbuffava, balbettava frasette incomprensibili e sembrava lì lì per piangere: gli occhioni grandi come due uova al tegamino, lucidissimi.
– Mamma mi av…aveva… det..toto…dedetto… la favol… ffaffa…

Chiose di tutti i giorni

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di Gianni Biondillo

liber.jpg

1.
Che penosa umiliazione per un autore dover spiegare le proprie parole. Chiosare a margine un proprio scritto. È una evidente dichiarazione di sconfitta, non c’è che dire. Significa che sei stato incapace di esprimerti. Ho scritto una cosa che mi sembrava evidentemente non in contrapposizione guerresca con le parole di Sartori. Ma una puntualizzazione, magari uno slittamento, un desiderio di apertura verso altri spazi. È finita come l’orrendo titolo che Stilos mi ha affibbiato e che ho evitato di riportare qui su NI proprio perché assolutamente forviante.
Il titolo era, per capirci: Torna la questione di sempre. Vale la forma o il contenuto?

La ragazza bruciata

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di Franz Krauspenhaar
Quando fu uscito credette di poter respirare meglio ma s’ingannò, l’aria era come sempre satura di fumo di scappamenti aperti. Prese il metrò  e subito si fermò a guardare la ragazza bruciata, che stava in piedi vicino a lui e parlava con due amiche che la guardavano senza battere ciglio – “hanno imparato a guardarla”, si disse, “puntano i loro occhi nei suoi in maniera così abile che magari lei non si accorge nemmeno dello sforzo che loro fanno per non guardarle il volto sfigurato, la pelle bruciata che sembra ancora colare come fosse quella di una bambola che si accartoccia su se stessa in un incendio”- e intanto la guardava come incantato, e con una parte del suo essere sentiva come un sollievo, quello di non essere anche lui così, e che soprattutto lei, la sua lei che aveva appena lasciato nel suo appartamento, non fosse così, fosse invece bella e quasi perfetta, distesa nuda nel letto come l’aveva lasciata, o con indosso quella vestaglia blu che le donava e che probabilmente ora aveva indossato; e con un’altra parte di sé sentiva uno struggente rancore per il fato che aveva colpito quella giovane donna che indovinava essere stata carina sotto a quei tratti somatici disfatti, in un prima dell’incidente che chissà quante volte – lui fantasticava – aveva ripercorso più tardi con la mente, con una nostalgia della propria integrità fisica che sicuramente la rendeva ancora più infelice.

Amori mostruosi

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Locandina kartabiank n3.jpg

suggestioni letterarie e sonore del gruppo di scrittura Kartabianka

Amori Mostruosi è uno spettacolo centrato sulla lettura di racconti brevi, agiti teatralmente e accompagnato da una varietà di suggestioni sonore e musicali inedite, ideate e messe a punto appositamente per lo spettacolo. I racconti “mostruosi” sono scritti e interpretati dal gruppo letterario KartabianKa