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Il miracolo, il mistero e l’autorità

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di Fedor Dostoevskij

Dostoevskij.gif«Tu hai promesso loro il pane celeste ma, te lo ripeto ancora una volta, potrà mai esso stare alla pari con il pane terreno agli occhi della debole razza umana, eternamente viziosa ed eternamente ignobile? (…) Essi sono viziosi e ribelli, ma alla fine anche loro diverranno ubbidienti. Essi si meraviglieranno di noi e ci guarderanno come dèi per il fatto che noi, assumendo la loro guida, abbiamo accettato di portare il fardello della loro libertà e di governarli – ecco fino a che punto sarà diventato orribile per loro essere liberi! Ma noi diremo loro di essere i tuoi servi e di governare nel Tuo nome.

Scegliendo il pane terreno, tu avresti dato una risposta all’ansia comune ed eterna dell’umanità, l’ansia che si riassume nella domanda: “Chi venerare?”. La preoccupazione più assillante e tormentosa per l’uomo, fintanto che rimane libero, è quella di trovare al più presto qualcuno da venerare. Ma l’uomo vuole venerare qualcosa di inconfutabile, tanto inconfutabile che tutti gli uomini acconsentano immediatamente a venerarlo insieme. Giacché la preoccupazione di questi poveri esseri consiste non solo nel trovare qualcosa che uno o l’altro possano venerare, ma trovare quel qualcosa in cui tutti credano e che tutti venerino; la condizione essenziale è che si sia assolutamente tutti insieme.

Noi abbiamo rettificato la tua opera e l’abbiamo rifondata sul miracolo, il mistero e l’autorità. E gli uomini si sono rallegrati di essere guidati nuovamente come un gregge.»

(F. M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov)

La restaurazione

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di Antonio Moresco

rembrandt.jpgNazione Indiana sta organizzando per il mese di maggio, alla Fiera del libro di Torino, un incontro sull’editoria e, più in generale, su quanto sta succedendo in questi anni nel campo della cultura e delle sue proiezioni. Questo intervento vuole essere un contributo iniziale alla discussione.

Viviamo in un periodo di pesante restaurazione. Siamo alle prese con un’intossicazione che attraversa le strutture della vita, dell’organizzazione sociale e professionale, delle forme economico-politiche e democratiche, delle finalità scientifiche e tecnologiche, della religione, dei media, del pensiero, della cultura, dell’arte…
La domanda è questa: dobbiamo aspettare 10 o 20 anni per vederlo scritto nei libri o lo possiamo, lo vogliamo, lo dobbiamo vedere e dire lucidamente adesso, mentre stiamo vivendo questa situazione?
E ancora -detto in un altro modo- abbiamo o no la responsabilità di mostrare la macchina in azione nel momento stesso in cui agisce o dobbiamo mettere la testa sotto la sabbia, tirare a campare e aspettare di vederla inoffensivamente descritta domani, come abbiamo letto -seduti in poltrona o prima di addormentarci- le narrazioni di altri periodi di restaurazione descritti da chi ci è vissuto dentro? E a leggere sembrava tutto chiaro ed era facile stare dalla parte dell’autore che ce ne mostrava il peso sulla vita umana e la sofferenza e il prezzo e ci dicevamo: “Cazzo, ma com’erano mediocri, ciechi, vili, trasformisti e corrotti gli uomini di quel tempo!”

Il fallimento papale

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di Slavoj Zizek

Zizek.jpg(Su Nazione Indiana tendiamo a non riportare articoli già disponibili in rete. Per una volta, trasgredisco questo stile di comportamento incollando l’articolo del filosofo sloveno uscito sul manifesto il 7 aprile scorso. T. Scarpa).

L’ambigua reazione di Karol Wojtyla nei confronti di Passion, il film di Mel Gibson, è ben nota. Subito dopo averlo visto, profondamente commosso, ha mormorato: “È proprio come avvenne in realtà!”, dichiarazione poi velocemente ritrattata dai portavoce ufficiali del Vaticano. La reazione spontanea del papa è stata dunque immediatamente sostituita dalla posizione neutra “ufficiale”, emendata in modo da non ferire nessuno. Con questa ritrattazione, con questa concessione alla sensibilità liberale, il papa ha tradito ciò che di meglio c’era in lui, la sua intrattabile posizione etica.

La restaurazione – risposta a Filippo La Porta

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di Antonio Moresco

(Ripropongo qui la risposta che Antonio Moresco ha scritto alcuni giorni fa nella finestra dei commenti al contributo di Filippo La Porta sulla restaurazione in atto. T. Scarpa)

Caro Filippo,
ti rispondo in ritardo, perché ero via da casa. Ma cercherò di farlo con la stessa franchezza e confidenza che tu hai usato con me. Come spesso mi succede leggendo le tue cose, ho trovato nella tua risposta al mio pezzo sulla restaurazione una compresenza di preoccupazioni reali, serie e condivisibili e di argomentazioni generiche e moralistiche che rendono difficile un confronto reale e profondo.

Vomitorium (5)

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di Gianni Biondillo e Sergio Garufi (con una incursione di Raul Montanari)

vomitorium5.gif GIANNI BIONDILLO
Sergio, nel mio bar virtuale tu sei quello del tavolino di fianco che ha ascoltato tutto e si è intromesso per dire la sua. E hai fatto benissimo. Ecco che ti offro di cuore una birra virtuale.
Hai colto, in buona sostanza, uno (uno, fra gli altri, ma forse il più importante) dei noccioli della mia questione. In effetti chi mi dice che gli “iperurani” non sappiano quanto costa un chilo di pane? Chi mi assicura che gli “anomali” hanno uno sguardo obliquo? Questa tendenza, da sociologia spiccia, a incasellare tutto, dove porta? Sono generalizzazioni, e come tutte le generalizzazioni lasciano il tempo che trovano.

SERGIO GARUFI
Caro Gianni, innanzitutto ti ringrazio dell’invito, che mi lusinga e mi imbarazza, forse per il fatto che non sono uno scrittore, né vero né tantomeno anomalo.
Chissà, magari la mia allergia alla tua classificazione dipendeva anche da questo, dal sentirmi un po’ escluso; anche se in uno dei tuoi ultimi commenti compariva una categoria alla quale potrei iscrivermi, quella dei cazzi&mazzi.

I numeri del Lotto

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di Sergio Garufi

lotto-femme.jpgSebbene sussista ancora nel grande pubblico qualche pregiudizio, incentrato più che altro sul presunto minor valore artistico delle opere a soggetto sacro rispetto alla ritrattistica, la verità è che non è più il tempo di scoprire Lorenzo Lotto, come scriveva Flavio Caroli in un brillante saggio (Lorenzo Lotto e la nascita della psicologia moderna, Fabbri, 1980). Non lo è più perché quel lungo percorso di avvicinamento e di rivalutazione iniziò già ai primi del Novecento, con le appassionate peregrinazioni filologiche di Berenson nelle Marche, nel Veneto e nel bergamasco (descritte in Lotto, Electa, 1955), proseguì con le liriche divagazioni di Anna Banti, per concludersi infine con la grande mostra che Bergamo, sua patria di adozione, gli tributò pochi anni fa. Ma forse sarebbe il caso di riscoprire, o perlomeno di far conoscere a un pubblico più vasto, quel documento umano di sconvolgente modernità, quell’autobiografia in cifre che è il Libro di spese diverse (a cura di P. Zampetti , Olschki, 1969), nel quale il Lotto annotò, nell’arco di quasi vent’anni, i suoi debiti e crediti.

Contrappello

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di giulio mozzi

trenino.JPGCon riferimento al precedente intervento intitolato Appello di Italialaica (e successivi commenti), faccio notare che nella mia città (Padova) c’è una Piazza Garibaldi; e io (e non solo io, credo) dissento profondamente dalle opinioni e dalle convinzioni di Giuseppe Garibaldi. C’è anche una via Battisti; e io (e non solo io, credo) dissento profondamente dalle opinioni e dalle convinzioni di Cesare Battisti (quello impiccato in Austria-Ungheria, intendo). C’è anche una Piazza Mazzini; e io (e non solo io, credo) dissento profondamente dalle opinioni e dalle convinzioni di Giusppe Mazzini.

Appello di Italialaica

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Cari amici,
vi presentiamo questo appello che renderemo pubblico dalle ore 14 di domani, giovedi’ 7 aprile. Chiediamo la vostra adesione per poter far parte del drappello dei primi promotori. Cosi’ come fara’ Italialaica, vi preghiamo di diffonderlo con tutti i mezzi a vostra disposizione e di iniziare una raccolta di firme.

Vomitorium (4)

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di Gianni Biondillo e Leonardo Colombati

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GIANNI BIONDILLO:
Leonardo, ricominciamo un discorso che avevamo già fatto l’altro giorno a Roma, mentre si chiacchierava degustando un tiramisù che si è depositato all’istante sui miei rotondissimi fianchi.
Te la senti? Avresti voglia di continuare questa sorta di birra virtuale fra amici?

LEONARDO COLOMBATI
State parlando di molte cose. Troppa carne al fuoco.

G.B.
Quello di cui vorrei discutere con te è, l’avrai capito ormai, di come il mondo dell’editoria/letteratura (vedi tu) abbia fatto irruzione nella mia vita. Da scrittore anomalo (io, architetto nella vita) a scrittore anomalo (tu, venditore di cavi di fibre ottiche). Anzi: tu doppiamente anomalo, perché, ufficialmente, ancora non esisti. Esisterai solo da dopo il 5 maggio (“ei fu”, etc, etc). Che però esisti lo stesso virtualmente, da circa un anno, da quando Giulio e Giuseppe hanno “montato il caso”.

L.C.
Bontà loro…

In memoria di un eroe borghese. Intervista a Umberto Ambrosoli.

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di Jacopo Guerriero

giorgioambrosoli.jpg

«Di mio padre nessuno poteva dire “è uno dei nostri”».

Così afferma Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio, il commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, ucciso da un sicario l’11 luglio 1979, a Milano. Una figura ingombrante, capace di ricostruire, tassello per tassello, la rete di traffici illeciti tessuta dal banchiere Michele Sindona. Il «salvatore della lira» secondo Giulio Andreotti, di certo il mandante riconosciuto di un omicidio annunciato.

Omaggio a Bellow

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di Antonio Moresco

Bellow.jpgE’ morto Bellow, uno scrittore americano che ho cominciato a leggere da ragazzo e che amo in modo particolare. In questi anni, negli Stati Uniti, ci sono diversi bravi scrittori e, se è per quello, Bellow certe volte è anche irritante con quella sua esibizione di finta mediocrità e sano e basso sentire, come può esserlo anche Orazio tra i poeti latini. Eppure, se devo dire qual è lo scrittore americano di questi anni più vicino al mio cuore, allora devo dire Bellow. Se si escludono alcune eccezioni e soprattutto lo straordinario e trasmigrante Arcobaleno della gravità di Pynchon, è Bellow -che cammina su quel filo sottile che separa sempre ottimismo da nichilismo- a sembrarmi il più grande. Altri scrittori del suo paese sono magari bravi, bravissimi a usare il calco, prendono gli stereotipi del romanzo americano e ci danno dentro e tutti applaudono e ci sono, anche in casa nostra, molti cloni che vengono incitati a imitarli. Però si sente, anche nei migliori, che sono di quelli che “hanno imparato”. Bellow è più artista. E coi suoi libri riesce a darci una cosa preziosa che altri scrittori, magari anche più grandi di lui, non riescono a dare: quell’intrepido e tranquillo fervore che è raro incontrare nei libri e che non trovo di meglio che chiamare “felicità”.

Vomitorium (3)

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di Gianni Biondillo e Pier Sandro Pallavicini
vomitorium3.gif GIANNI BIONDILLO
Sandro, qui la tavolata si ingrossa. Bene, lo spazio virtuale, fortunatamente, è tale e tanto che ci stiamo tutti. Siediti, bevi una birra, raccontiamocela un po’. Hai letto quello che è stato scritto fin ora?

PIERSANDRO PALLAVICINI:
Caro Jean, ho letto le tue considerazioni iniziali, e ho letto anche buona parte delle reazioni al tuo colloquio con Franz – e poi a quello con Raul – sia su Nazione Indiana che sul blog della Lipperini. Poiché tutto è troppo frazionato e rizomatico per affrontare il discorso dalla galassia di punti dove è ora arrivato, io ricomincio da capo. Dalla tua lettera e dalla suddivisione della “scena scrittoriale” che propone.

Vomitorium (2)

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vomitorium2.jpg di Gianni Biondillo e Raul Montanari

GIANNI BIONDILLO:
Va bene, Raul, beviti questa birra virtuale, nel mio bar virtuale, e difendi la posizione!
Spero tu abbia letto la prima puntata di vomitorium, che se fossi stato uno scrittore serio avrei dovuto intitolarla: “il mio cuore messo a nudo”. Ma mi sarei sentito più che uno scrittore, un pirla.

RAUL MONTANARI
Se intendi il dialogo fra te e Franz, l’ho letto sì!

Kant e la disciplina – contro il pensiero dei prigionieri nella caverna

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Ai filosofi col martello… J.G.

di Vito Mancuso

kant.jpgKant, con la posizione dei quattro paralogismi prodotti dalla ragione pura nella sua riflessione sull’uomo, ha inchiodato il pensiero occidentale all’impossibilità di dimostrare sia l’esistenza sia la non esistenza dell’anima, e ci ha consegnati alla più totale igonoranza.

Verso una spiritualità atea 2

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Galileo II.bmp
Di Franco Buffoni

Perché leghi i due argomenti?

Ateismo e omosessualità? Per risultare completamente antipatico anche agli omosessuali cattolici. Perché prendano coscienza della contraddizione in cui vivono.

Penso che la conoscano già.

E allora perché continuano a lasciarsi offendere senza reagire dalle gerarchie cattoliche e conseguentemente dalla mentalità corrente?

Dicevi di esempi dalla attualità…

Atei e agnostici

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di Riccardo Ferrazzi

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Da un po’ di tempo su Nazione Indiana è in atto una campagna pubblicitaria a favore della tesi: Dio non esiste.
Dico la verità: mi sembra logico che, se la Chiesa cattolica fa proselitismo (o apostolato, chiamatelo come vi pare), se gli Hare Krishna giravano per le città (ultimamente molto meno: che fine hanno fatto ?), se i Testimoni di Geova suonano i campanelli e si intrufolano nei condomini anche senza essere invitati, mi sembra normale che anche gli atei si diano da fare. L’unica cosa che non mi torna è il tono delle loro perorazioni. Ma questo è un fatto mio e ci tornerò sopra più avanti.

Verso una spiritualità atea 1

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Galileo I.bmp
di Franco Buffoni

(A conclusione del mio mese dell’ateismo, propongo un brano tratto da un testo inedito di Franco Buffoni. Il titolo del testo è Più luce, padre. Si tratta di un’opera anomala, a metà strada tra l’autobiografia intellettuale, il dialogo filosofico e il pamphlet. In esso l’autore, unendo disinvoltura e lucidità, affronta di petto una serie di questioni che percepisce come strettamente legate: dalla “camaraderie” al fascismo, dall’omosessualità all’ateismo. Il filo conduttore: un percorso di formazione dalle grandi certezze, che producono violenza e cecità, alla libertà di una ragione laica, che costruisce nella certezza solo provvisoria, attraverso continue correzioni, ma anche evidenti progressi parziali. A. I.)

Dunque, la tua proposta, riducendola entro i confini italiani…

E’ quella di un annuale meeting, analogo nella impostazione a quello dei cattolici a Rimini, imperniato sui valori dell’ateismo e del laicismo. Invitando come high ligths – invece di Andreotti e Ruini – Zapatero e Mainardi. Purtroppo, sul piano organizzativo, scontiamo decenni di fatiche, esperienze, energie d’ogni tipo bruciate dagli atei italiani all’interno del P.C.I.

Amore sfatto

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di Davide Racca

lenzuola.jpg

LE LENZUOLA SONO BIANCHE

Le macchie si rapprendono nelle lenzuola
e diventano croste che l’uno ha lasciato
nel sonno dell’altro. Lavarle, schiarirle,
asciugarle (le lenzuola sono bianche)
e poi darsi altre notti per farne di nuove.

Touching the void

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di Giovanni Maderna

Nelle sale c’è in questi giorni un bel film-documentario. Lo segnalo così, giusto perché un film guardabile è diventato nel circuito di prima visione una rarità, uno bello poi…
Si tratta di “La morte sospesa” (Touching the void), tratto dal romanzo di Joe Simpson che racconta la sua impresa alpinistica sulla vetta del Siula Grande (Perù). Una docu-fiction che con asciuttezza britannica racconta né più né meno come andarono le cose e riesce, senza retorica, a parlare della vita, della morte e della verità. Niente meno. La voce narrante del protagonista verso la fine afferma “quando ho sentito che al mio grido non rispondeva nessuno, in quei secondi di silenzio, lì ho perso qualcosa. Ho perso me stesso.
E’ un film che in una scalata di 7 giorni racconta il viaggio al termine della notte di un uomo di 25 anni, un uomo che dopo quella impresa non ha mai smesso di fare l’alpinista, un uomo che sembra ricordarci, come Céline, che “la verità della vita è la morte”.

I deologi della Liberazione

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crumb 1.bmp di Francesco forlani communiste dandy

Et si que je voudrais le dir le mot – parole
d’accumpagnà lu scrit du puet Inglesh
seria parole douce comme de sutte voz
et murmuriata et limpia seulement
ke ‘l’est questiun du deo de gratia et de madonne
(nun la cantante pé charité de dieu)
et de lu sentiment de perdida et de gente
et du sense du caos et de s- fidenza

Da 10 anni in qua, pubblicare le poesie

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riccio.jpg di Andrea Raos

«Gli esseri amati spariscono, la rivoluzione mondiale si sparpaglia in polvere come sterco secco, nel buio dello spazio chi si ama non si incontra più, i golem crollano uno dopo l’altro, il senso della storia si inverte, le passioni vanno alla deriva verso il nulla, il significato delle parole svanisce, i nemici del popolo e le mafie trionfano per sempre, i sogni tradiscono la realtà – ma la vendetta sussiste, un mozzicone irriducibile di vendetta che non ha più alcun senso, limitato ad un atto di violenza contro un bersaglio più che discutibile. E un’altra cosa, più rivoltante ancora : nessuno sfugge al proprio schwitt.»
Antoine Volodine, Dondog

Se è vero, come dice Giancarlo Majorino, che «vivere è diventato faticoso», figuriamoci scrivere (poesia). Pubblicare, non parlarmene.