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Dai “Salmi penitenziali per la Settimana Santa del 1946”

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di David Maria Turoldodavidmariaturoldo.jpg

N. 1
Più dura è la nostra vita
della Tua, Signore,
rotta, giocata,
dall’onda di giorni
disumani
sulle macerie di pietre;
(le mie ossa levigate
come le piastre della spiaggia).

Vomitorium (1)

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di Gianni Biondillo e Franz Krauspenhaar
vomitorium.JPG GIANNI BIONDILLO:
Franz,
Voglio farti una proposta più che decente. Se non ti aggrada portai rifiutarla subito.
Pensavo: ora scrivo a Franz e, come di fronte a una birra virtuale, mi metto a parlare a ruota libera. E poi lui mi risponde, di seguito a questa mia email. Poi io rigiro la sua e allego un mio commento, una risposta a una sua domanda, una mia nuova domanda, o cazzeggio, o elucubrazione. E così ancora lui.
Insomma, alla fine avremo una specie di dialoghetto tutto da inventare, che ancora non so dove ci porterà. Senza troppo leccare le parole, senza preoccuparsi della bella forma, così come si fa al bar.
Poi, tutto questo, sempre se ti va, lo pubblicherei su qualche Blog, tipo Nazione Indiana, o quello della Lippa o di Giulio, o il tuo, vediamo un po’.
L’unica vera regola è: tutto quello che scriveremo, tutto quello che ci diremo, non verrà censurato. Se ci viene la cattiveria su qualcuno la teniamo, se ci viene la cazzata la teniamo.
Nei tempi che ci pare, nelle dimensioni che ci pare.
Ora tu potresti dire: “perché io?”
“Perché no?” potrei battistianamente risponderti. E, dicendo “battistianamente”, mi accorgo già di darti una piccola autentica risposta.

Da un Adversus Nietzsche

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di Vito Mancuso

L’anima. Che cosa sia oggi nessuno lo sa, e dopo i paralogismi di Kant è pericoloso formulare ipotesi.

Nuntio vobis gaudium

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di Livio Borriello

navarro.jpg La cosa è poco nota, ma Joaquin Navarro-Valls non è un giornalista, e men che meno un prete, ma un medico psichiatra, che si è trovato quasi per caso ad essere investito del ruolo di portavoce del Papa. La cosa ha una sua logica, in un certo senso.

Bestie sempre in salita

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di Giusi Drago

armadillo.jpg

Una fiera

Il monte manca di vita e quasi
la sola vista delle sue nevi
spaventa gli animali nei mesi

fedeli all’inverno, quando la fame
lavora e cresce e sembrano le nevi
troppo tiepide per assiderare

Quel poco di vita sarebbe quasi
dimenticato se da un crinale
buio una fiera sicura nei passi

e in salita, sempre in salita…

Preghiera funebre

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di Antonio Moresco

tiara.jpg … Non lo so, non so neppure io da dove mi sia arrivato questo impulso improvviso. Forse da tutto l’orrore che mi portavo dietro da giorni e giorni, durante quello spaventoso conclave all’interno della Sistina sradicata assieme a tutto il resto dalla sua sede e trasportata fino alla nuova sede di Pietro, a Los Angeles, forse dallo Spirito Santo, chi può dire… Le luci basse, tutta quella massa sterminata e stilizzata di cardinali nella penombra. Torcevo gli occhi, ogni tanto, verso quegli scimmioni nudi dipinti su pareti e soffitto, poi di nuovo verso gli altri vecchi scimmioni nudi ricoperti di paramenti. “Che orrore, che orrore!” mi dicevo, “E’ tutto un enorme corpo marcio, privo di grazia, non potrà esserci mai redenzione per questa orribile cosa marcia che si perpetua. Signore, mio sventurato Signore, come potrà mai essere attraversata dalla luce, da qualsiasi luce, questa spaventosa cancrena? Cosa devo fare? Cosa posso fare? Che contributo posso dare?”

Poi… non lo so… Ho sentito in quello stesso istante che stava risuonando forte il mio nome, il mio povero nome, al termine dell’ultima, estenuante votazione, all’interno di quello spazio spaventoso, in penombra, di quella capsula marcia della storia, dell’arte.

Lo spettacolo del battito

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di James G. Ballard

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[…]

“Sss…” Susan mi diede un colpetto sul ginocchio col macinino del pepe. “Gli hanno appena fatto un Inventario di personalità di Eysenk… il vecchietto ha totalizzato il massimo dei punti nella risonanza emotiva e nella capacità di relazione. Tenendo conto di fattori correttivi per l’età, dicono… non so bene che cosa voglia dire.”
“Vuol dire che praticamente è un relitto umano.” Io stavo per cambiare canale, sperando di vedere qualcosa sui veri guai che c’erano in giro per il mondo, ma nella parte inferiore dello schermo era apparsa una strana figura, una specie di decorazione natalizia, pensavo io, come il profilo di un agrifoglio stilizzato. L’onda si spostava ritmicamente da sinistra a destra, mentre in sottofondo si sentiva la melodia ipnotica e nostalgica di Bianco Natale.

Poesie incivili I

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di Franco Arminio

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L’agonia non è mai gentile.

Non è una conversazione

non è un intrattenersi con gli amici

a tarda sera.

Ateismo per tutti

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988820251g.jpgdi Andrea Inglese

Omaggio a Bertold Brecht

(Il primo aprile crudele è passato. Il mio tedesco potrebbe al massimo permettermi di scatenare una rissa perdente in un bar di Colonia. Ma sono contento che la poesia sia piaciuta ad alcuni. Il mio mese dell’ateismo si concluderà comunque fra poco. Per la cronaca: “Mann ist mann” è un dramma di B. B. che contiene la splendida “Canzone del fluire delle cose”. A. I.)

Non sto dicendo che non credo
in dio, io dico che dio non esiste,
constato, segnalo il fatto, il dato,
non è la forma allucinatoria
che prediligo: un maschio anziano
che incendia roveti, un clown giovane
che illude pescatori, un ossessivo
dalle astruse e complicate regole
sadiche, ho altro per la mente
quando sballo: donne lascive
a montagne, su cuscini, sabbia,
tappeti d’erba e primule, nude
membra, gambe schiuse, tagli
morbidi di sessi.

La via lattea 5

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di Franco Arminio

lattea.gif Se c’è un solo motivo per odiarti

ti odieranno.

Se c’è un solo motivo per amarti

altri te ne chiederanno.

*

Laureata, 40 anni, 250 euro al mese

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di Aldo Nove

pochisoldi.jpgParla con pacatezza, la mia interlocutrice. Nella sua voce ci sono l’orgoglio di una storia privata che ha da sempre cercato di dare un senso all’esistenza nella sua integrità, nel privato e nel sociale. Continuando a testimoniare valori che per troppi, nella nostra generazione, sono vaghi, lontani. Anche per necessità. Per impotenza reale. Eppure esistono persone incapaci di smettere di lottare. Come trapela da questa conversazione.

Incominciamo?

Incominciamo pure. Allora, mi chiamo Roberta, ho quarant’anni, vivo a Roma, guadagno 250 euro al mese…

La storia manichea

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di Lea Melandri

Uno dei luoghi comuni, per non dire dei capisaldi, delle analisi politiche è l’idea di “strumentalità”. Nell’articolo di Sergio Romano, sul Corriere della sera del 5 marzo 2005, relativo alle vicende che hanno accompagnato la liberazione di Giuliana Sgrena, il “rischio” che qualcuno faccia “uso” di una situazione per i propri fini si moltiplica tanto da coinvolgere in vario modo tutte le parti in causa, anche se prevale, per nulla celata, la convinzione che a cadere in questo “vizio” sia soprattutto la sinistra. Il corrispettivo di questa visione machiavellica, che separa mezzi e finalità, alludendo indirettamente all’esistenza di un agire politico “vergine” di compromessi, è, per quanto riguarda il lettore-spettatore, una non meno radicata sfiducia verso tutti i protagonisti della politica, accomunati dal sospetto di obbedire all’unico improrogabile imperativo del proprio utile.
Di Giuliana Sgrena si sarebbero serviti innanzi tutto i rapitori: per muovere compassione nell’opinione pubblica e per garantirsi risonanza mediatica, essendo lei donna e giornalista, per mobilitare le piazze contro gli Usa, in virtù del suo impegno per la pace. Di lei e del tragico viaggio verso l’aereo che doveva condurla finalmente libera in Italia –in cui ha perso la vita il suo salvatore, Nicola Calipari- avrebbero poi tratto profitto tutti quelli che le sono stati solidali, a partire dagli amici e colleghi del Manifesto, convinti assertori della necessità di ritirare il contingente italiano dall’Iraq, e, infine, entrambi gli schieramenti politici, centro-destra e centro-sinistra, decisi a spaccare il paese in due. Una chiave interpretativa così totalizzante, e così universalmente condivisa da passare inosservata, meriterebbe quanto meno una breve riflessione.

La restaurazione #2

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Filippo La Porta risponde a Antonio Moresco

laporta.jpgCaro Antonio,
condivido totalmente la tua diagnosi sulla situazione italiana. Parli, in modo appropriato, di “intossicazione”, che attraversa l’organizzazione sociale, l’economia, la vita stessa, e , fatalmente, anche l’arte e la cultura (che non costituiscono affatto un’oasi protetta). Mi piace poi il tono personale, sinceramente coinvolto – che è della nostra migliore tradizione saggistica – come quando scrivi di vedere “con sofferenza le persone cambiare giorno dopo giorno, trasformarsi, piegarsi a certe logiche, dietro la maschera del buon senso e dell’arroganza…”. Ma proprio per questo ti chiedo uno sforzo ulteriore. Ti chiedo di farci sapere da cosa, soprattutto, ti senti intossicato, nella tua esistenza privata, nella tua attività pubblica, nel tuo mestiere di scrittore. Ci provo io, anche dicendoti quello che meno mi convince delle posizioni che hai espresso negli ultimi anni.

IL PAPA ENTUSIASTA

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di Giovanni Maderna

Ho notato che anche qui su Nazione Indiana non si è immuni dalla fascinazione per quel grande e sovraesposto personaggio pubblico conosciuto ormai da oltre due decenni con il nome di Giovanni Paolo II.
Intervengo in proposito con un paio di brevi annotazioni semmai potessero contribuire al dibattito.
Tempo fa mi era venuto spontaneo, in un appunto personale, di prendere proprio il Papa, questo Papa, ad esempio di quel meccanismo così ben descritto da Debord: “i grandi uomini del novecento hanno pagato come prezzo per la loro immagine di rinunciare alla propria vita individuale: famosi per non essere ciò che sono.”
Avevo letto diversi resoconti di vaticanisti che descrivono il Wojtyla appena salito al soglio pontificio come un uomo molto diverso dall’idea che abbiamo oggi di lui, un uomo che si è progressivamente perso nelle pastoie del sistema clericale.

Ma Wojtyla viene in genere raccontato anche come un uomo dal fare molto disinvolto, spontaneo, accattivante, senza nulla di pretesco…

J’accuse e altre poesie

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di Aharon Shabtai

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poesie tradotte dall’ebraico da Davide Mano

Questo Stato

Questo Stato messo su da cooperative di lavoratori e pionieri.
Questo Stato nato accanto a una fetta di pane e marmellata.
Ora viene venduto come salsiccia a uomini d’affari
E accaparratori di capitale.
Domani dopodomani questo capitale se ne andrà, tra tre giorni Sarà come se non ci fosse mai stato.
Nel frattempo i privatizzatori accumulano titoli e si lavano
Il culo nello champagne.
Quanto ai privatizzati, alcuni saranno poliziotti o mercenari
Al servizio di imprenditori assicurativi,
Altri saranno cacciati di fabbrica, licenziati, faranno scioperi.
E la sera rivedranno se stessi in tivvù:
Chi dalla parte dei picchiatori, chi da quella dei picchiati.

(da “J’Accuse”, 1997)

J’accuse e altre poesie di Aharon Shabtai

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di Davide Mano
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Uscite fuori, guardate:
Gli schiavi si stanno sollevando,
Una mano coraggiosa sta seppellendo
Nella sabbia l’oppressore

“In tempi oscuri, quando uno stato costringe il suo popolo alla sottomissione, arriva il momento in cui il poeta non può accettare il silenzio. I coraggiosi poemi di Shabtai perforano la cupa oscurità di Israele come un raggio laser. Shabtai scrive in ebraico , ma parla in nome di tutti gli oppressi.” – Tariq Ali

Quando la poesia si scaglia contro il popolo, lo fa per scuoterlo a reagire, a ribellarsi alla brutalità cui è sottomesso, a mantenere fede ai valori morali in cui crede e che lo Stato disattende. Quando c’è bisogno di denunciare gli abusi del potere, la poesia sente l’obbligo di captare, registrare, fotografare, riportare, senza omettere nulla. In tempi bui il poeta parlerà dei tempi bui, usando occhio vigile, critico, impietoso, puntando il dito sui veri nemici della politica, sul degrado morale che inquina l’operato dell’uomo.

omaggio a Dario

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Alice was too much puzzled to say anything; so after a minute Humpty Dumpty began again. `They’ve a temper, some of them – particularly verbs: they’re the proudest – adjectives you can do anything with, but not verbs – however, I can manage the whole lot of them! Impenetrability! That’s what I say!’
`Would you tell me please,’ said Alice, `what that means?’
`Now you talk like a reasonable child,’ said Humpty Dumpty, looking very much pleased. `I meant by “impenetrability” that we’ve had enough of that subject, and it would be just as well if you’d mention what you mean to do next, as I suppose you don’t mean to stop here all the rest of your life.’
`That’s a great deal to make one word mean,’ Alice said in a thoughtful tone.
`When I make a word do a lot of work like that,’ said Humpty Dumpty, `I always pay it extra.’

Buona Pasqua

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da Dario Voltolini

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Vicino a Parma

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di Helena Janeczek

burri.composotion Continua

La via lattea 4

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di Franco Arminio

Galassia.jpg

Dentro il corpo non ci sono parole.

Le prendiamo fuori.

Costano moltissimo

le migliori.

L’afferramento

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(Monologo teatrale d’occasione)

Di Marco Alderano Rovelli

mano.jpgSi guarda intorno, muovendo la testa lentamente, e muovendo velocemente gli occhi, come a cercare qualcosa che dovrebbe essere lì, davanti a lei, all’altezza dei suoi occhi sbarrati. Dovrebbe proprio esserci. Ma non c’è. Senti, Lama, ascolta. Lo so che ci sei. Non è stata colpa mia. Mi ha afferrata. Mi ha afferrata come si afferra un concetto. Das begriff. Il concetto è ciò che si afferra, i tuoi amici tedeschi la sanno lunga. Più che lunga la sanno bene. Ce l’hanno dimostrato, a Dresda. Ma a me non interessa la cosa che si afferra. A me interessa il gesto dell’afferrare. Fa il gesto di afferrare qualcosa, lentamente, lentamente la mano si contrae, i nervi delle dita tesi, vibranti.