di Giorgio Vasta

Ci sono retoriche – anche retoriche politiche e di configurazione sociale – che si incarnano in un’attività fisica, in un impegno muscolare e agonistico. Lottare, ad esempio, oppure correre, tirare di scherma, pedalare.
Per la prima volta ne ho sentito parlare tre anni fa. Mi ero iscritto a una palestra a due passi da casa – economica, scalcinata, essenziale. Quello che mi serviva. Desideravo recuperare un po’ di forma, di tono muscolare, un minimo di elasticità, di postura, eventualmente persino vigore. Prima dei fisiologici prolassi, del crollo dei pannicoli, della disgregazione delle adipi. Avevo bisogno di stancarmi fisicamente per dormire meglio la notte e per favorire la digestione.