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Carmina non dant panem

di Riccardo Ferrazzi

killer.jpgSu “Stilos” dell’8 febbraio Gianni Bonina esordisce così: “Vizinczey osserva che la maggior parte delle persone non può vedere meriti artistici in romanzi che contraddicano le loro opinioni”. E più avanti, rifacendosi ancora a Vizinczey supportato nientemeno che da Unamuno, arriva a dire chiaro e tondo che il romanzo deve consolarci e non inquietarci, e ci piace di più se ci conferma nelle nostre opinioni.
Con la solita sincerità (che può solo farmi danno) confesso che io, da poer fioeu de campagna quale sono, questo Vizinczey non l’avevo mai sentito nominare. Ma sono pronto a battergli calorosamente una pacca sulla spalla e a consegnargli il Bertoldo d’Oro, il premio che riservo a chi urla (purché non a sproposito) la celebre frase: “Il re è nudo !”.

Diciamo la verità: quando andiamo a letto e ci leggiamo un giallo, se l’autore ci portasse fino a pagina 200 per poi dichiarare: “Cari lettori, il 90% degli omicidi dell’anno scorso è rimasto impunito: vi dirò chi è l’assassino solo al decimo romanzo” ci incazzeremmo, sì o no ? Noi vogliamo sapere chi è stato. Vogliamo vederlo entrare a San Vittore e non uscire più. Meglio ancora se entra a Sing Sing per arrostire sulla sedia elettrica. Lo vogliamo in manette un po’ perché ci affascina il lato enigmistico della storia, ma soprattutto perché, dopo esserci ricordati che al mondo esistono anche gli assassini, i mostri, i cannibali, vogliamo sentirci dire che la giustizia alla fine trionferà, i cattivi finiranno in gattabuia e i buoni (cioè noi) potranno passeggiare senza paura per i vialetti del parco. Non è vero, e lo sappiamo benissimo. Ma guai se qualcuno ce lo viene a dire.

Questo discorso vi lascia dubbiosi ? Facciamo la prova del nove. Esiste uno scrittore, in Italia o in Nuova Zelanda, che abbia l’incoscienza di progettare un romanzo in cui si parli bene di Berlusconi (o di George W. Bush) ? Neanche per sogno. Anche se l’autore profondesse tesori di ispirazione, arte somma, artigianato di ottimo livello, bellettrismo, scienza narratologica, introspezione, fine psicologia, indagine umana, se sciorinasse un mirabile “spaccato della società contemporanea”, o addirittura delle intuizioni sconvolgenti sul futuro della specie umana, o tutto ciò che più vi piace, non ci sarebbe niente da fare: Berlusconi ammazza tutto. Non comprerebbero il romanzo neanche quelli che lo votano, perché vorrebbero sentirne parlare bene ma senza argomentarci sopra (cosa che, in un modo o nell’altro, aprirebbe la strada a una discussione).

Altra controprova. Ormai dappertutto la narrativa si sta polarizzando sul noir. Anche il normale libro di avventure, anche la fiction televisiva, tirano verso il giallo-nero, con l’apparizione in controluce o in bella vista del Male Assoluto. Di che fenomeno si tratta ? Satana ha deciso di monopolizzare il mercato della narrativa ? Mai più ! Tutta questa invasione di cattiveria serve soltanto per dare maggiore risalto all’apoteosi finale del Bene, dei buoni sentimenti, e via gigioneggiando. E allora, di cosa stiamo a discutere quando parliamo di Faletti (e Ravera, Maraini, Tamaro, De Carlo e compagnia, tutti autori da 100.000 copie a botta, se non di più, alla faccia della crisi, degli italiani che non leggono, ecc.ecc.) ? Tutte queste distinte persone non fanno altro che seguire la scoperta dell’acqua calda targata Vizinczey. E se centinaia di migliaia di lettori comprano i loro libri, vuol dire che smerciano un prodotto apprezzato. Be’, che c’è di male ? Vogliamo strappare di mano al ragionier Brambilla Io uccido ? Ma perché ? E con quale diritto ?

Semmai ci sarebbe da notare, con buona pace di Vizinczey, che la richiesta di consolazione da parte del pubblico è vera, ma non è tutta la verità. Verga e D’Annunzio sono stati autori di grande successo, ma io faccio fatica a pensare che I Malavoglia o le Novelle della Pescara abbiano qualcosa di consolatorio. Cosa ci sia di consolatorio in Madame Bovary o nella Certosa di Parma è una cosa che mi sfugge. E più vado nel passato ripercorrendo i classici, più mi accorgo che il tempo ha selezionato quanto di meno consolatorio si possa immaginare: Amleto, Otello, Re Lear, Edipo, Antigone, Medea. C’è qualcosa di consolatorio nell’Iliade ? E l’Odissea, con la sua strage finale, con il vecchio Laerte costretto a riprendere le armi, che consolazione è ?

Ma, si dirà, resta vero il primo assunto di Vizinczey: le tragedie, anche le più cupe, possono aver successo se confermano i lettori nelle loro opinioni. Insomma, basta non accarezzarli contropelo. Certo: questa è la strada più facile. Chi scrive per fare soldi, diventare famoso e scopare le veline, deve tenerla presente e non discostarsene mai. Diventerà il beniamino e lo schiavo degli editori, i quali non cesseranno di procurargli interviste con servizio fotografico sui periodici e ospitate in televisione, ma gli proibiranno severamente ogni minima variazione nello stile e nelle tematiche: non sia mai che il golden boy mi finisca fuori target !
Eppure, se avessero dovuto accarezzare il pelo dei lettori per il verso giusto, Poe, Melville e Musil sarebbero nomi sconosciuti, di Kafka non ci sarebbe pervenuta neanche una riga e nessun editore avrebbe accettato da Faulkner L’urlo e il furore.

E allora ? Se uno scrive con uno stile particolare o dice cose antipatiche (per quanto vere) non pubblicherà, non farà soldi, non scoperà neanche una impiegata della Rai ? Ebbene, fratelli, vi devo dare questa brutta notizia: è molto probabile che sia proprio così. Chi scrive per dire qualcosa deve mettere nel conto che forse non riuscirà neanche a pubblicare. La regola del gioco è questa ed è abbastanza inutile strapparsi i capelli o progettare sofocrazie ideali in cui il popolo sia obbligato a leggere solo ciò che piace a noi. Tanto vale saperlo e regolarsi di conseguenza.

E non è tutto. C’è un’altra brutta notizia: non è neanche colpa di Berlusconi. È sempre stato così, ahimè. Se ne erano già accorti al tempo dei romani: Carmina non dant panem.

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6 Commenti

  1. “Hanno questo di proprio le opere di genio, che quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano la più terribile disperazione tuttavia a un’anima grande che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggiamento della vita… servono sempre di consolazione, raccendono l’entusiasmo e non trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta”
    Giacomo Leopardi
    nello Zibaldone il 4 ottobre 1820

  2. Molto bello il tuo articolo, salvo il pezzo che riguarda Berlusconi. Mi sembra un esempio poco calzante. Per nostra sfortuna c’è moltissima gente ben lontana dal ritenerlo un ammazzatutto. Se i più non lo considerassero l’Uomo della Provvidenza, non sarebbe lì dov’è. Lui stesso, di recente, l’ha smenata con la storia del Bene (Forza Italia) che trionfa sul Male (i soliti comunisti trinariciuti).

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