
(Continuo la pubblicazione di inediti di Kis e su Kis, apparsi su Nuova Prosa n. 40. A. I.)
Di Danilo Kis
Gli idioti e i martiri
Sino a Flaubert la letteratura rappresentava un insieme unitario (si pensi a Balzac), la totalità del mondo e dell’essere; era uno degli assi portanti della vita e della società, allo stesso modo dell’esercito, del potere, della filosofia, dello Stato, della famiglia. Con Flaubert inizia l’epoca della decadenza, che si protrae fino ai nostri giorni. La letteratura ha perso la propria superiorità, la propria imparzialità, la propria integrità.

Nel mese di agosto sono stato invitato da Antonio Scurati al festival di Ravello, per un incontro con lo scrittore americano William T. Vollmann, e per un successivo incontro e lettura, questa volta da solo, a Capri. Non ero stato in vita mia né a Ravello né a Capri, che ho visto in quei giorni per la prima volta. Era con me l’attrice Federica Fracassi e il regista Renzo Martinelli di Teatro aperto, la prima per recitare brani dai libri di Vollmann e da Canti del caos, il secondo per occuparsi dei suoni.

Napoli presenta la violenza anche nei suoi musei più prestigiosi. Sembrerebbe un assurdo che luoghi deputati alla conservazione e fruizione di opere d’arte mantengano così viva nel proprio interno la carneficina che anima le cronache locali e nazionali e calcola il numero di nuovi aiuti militari sul numero sempre crescente di morti per camorra. L’arte, nonostante il suo statuto di sublimazione del vero su di un piano formale, in realtà coglie questo sentimento nel pieno della sua recrudescenza qui a Napoli.
Marco Vichi da tempo su “il Giornale” (sic! Anzi: sigh!) pone le stesse domante a cani e porci (in questo caso il porco sono io). Pubblico su NI queste mie dimenticabili risposte per due ragioni: la prima è che così, è la mia prima volta, imparo a usare le istruzioni per postare (male che vada non perdo nulla), l’altra ragione… non me la ricordo (cominciamo bene!) Insomma: menomale che i commenti non funzionano.

Ciò che fa della Lega un’anomala forma di banditismo è il suo totale disprezzo delle istituzioni. Bossi, ai “suoi”, l’ha più volte ripetuto: “Andiamo al potere con la mafia perché così la possiamo combattere dal di dentro”. Per Bossi, Berlusconi è un mafioso, oltre a essere un grande statista. E’ un mafioso di fronte alle masse di Pontida, è un grande statista quando si tratta di mantenere le poltrone della Lega.
Continua la pubblicazione delle segnalazioni che ho ricevuto per la lista della spesa (vedi