cinéDIMANCHE #12 INGMAR BERGMAN “Fanny e Alexander” [1982]
Renata Morresi
Io vedo Fanny e Alexander e trovo due strade, che in certi momenti, nei miei spazi di geometrie non-euclidee, riesco a pensare insieme: quella di un’arte mai colma abbastanza di sensualità e stupore, quella di un’arte piena di lavoro e studio.
“Forse siamo la stessa persona, e tra noi non ci sono confini, forse passiamo l’uno nell’altro, e mirabilmente scorriamo all’infinito l’uno attraverso l’altro”, dice Ismael, transgender e sensitivo, ad Alexander, mostrando la voragine che assilla/che nutre il bambino, aprendo la voragine che ci culla ed inghiotte. Pronuncia queste parole Ismael, persona indecidibile, persona per eccellenza, ma è come se ne avesse dette altre, come se avesse pronunciato la mia spiegazione: che abbiamo vissuto nell’inspiegato, che viviamo, a dispetto di quanto vorrebbe lo spietato Vergérus, sul confine tra la menzogna e la verità, e non c’è mai stato un posto altrove.
O forse devo calmarmi, non farmi affatturare da questo cosmico, fragile, bellissimo non sapere, procedere invece con disciplina, coscienza, ordine e amore – in quest’ordine li elenca Oscar, il direttore del teatro, nel suo discorso sulla ‘piccola’, non ‘grande’, funzione dell’arte: capire, almeno capire un poco. Forse devo considerare i limiti della materia, le carenze dell’umano, il bisogno di costanza e cura. E anche senza compiacermi, invilupparmi, ossessionarmi delle meraviglie dell’immaginazione e dei suoi tormenti, fare quel che è giusto, procedere al lavoro, stare con chi amo, perché “forse siamo la stessa persona, e tra noi non ci sono confini”.
Questo film di Bergman dovrebbe vederlo ogni artista, io credo, “piccolo” o “grande”.
Tutto può avvenire, tutto è possibile e verosimile. Tempo e spazio non esistono, sopra un insignificante fondo realistico l’immaginazione trama e tesse nuovi modelli: un miscuglio di ricordi, di vicende, di libere invenzioni, di stravaganze e d’improvvisazioni. I personaggi si scindono, si moltiplicano, si sdoppiano, si eclissano, si condensano, si dileguano, si raccolgono. Ma una coscienza è su tutti, quella del sogno; perché non ci sono segreti, incoerenze, scrupoli né leggi.
AVVERTENZA
da August Strindberg
IL SOGNO [1902]
Mariasole Ariot
Le cose incomprensibili fanno uscire di senno, perciò è meglio dare la colpa agli apparecchi, agli specchi, alle proiezioni.
C’è un luogo in cui tempo e spazio perdono corpo e coordinate, e dove perdono corpo, i fantasmi ne recuperano con un senso raddoppiato : si animano le statue, i morti, le cascate sprofondano, una marionetta avanza come un Dio minaccioso, solo sott’acqua la possibilità di un aggancio. E’ un gorgo.
Le mie due figlie sono scese per prime, ma hanno perso la presa e il fiume le ha ghermite, trascinandole nel fondo. Io ho cercato di salvarle, ma sono stata travolta da un gorgo di acqua nera che ha risucchiato i miei vestiti. Soltanto sott’acqua sono riuscita ad afferrargli le mani e ad attirarle a me.
Ma è solo nel mettere in forma l’invisibile che il visibile perde una quota di terrore, si sposta nella messa in scena, scritto ed esoricizzato.
Fanny e Alexander è allora l’esperienza pura dello spaesamento, dell’esilio da sé e – proprio in quell’esilio, proprio perché esilio – del ritrovarsi.
Faccia a faccia con il reale dell’allucinare, testa contro testa, senza confini, quando ciò che scuote e sovverte non è l’insolito, l’anormale, ma il quotidiano : quando il pianto è impossibile e scoppia in una risata.
Ti seccherebbe se piangessi un pochino? Niente da fare, è inutile, non ci riesco.
Se le figure femminili portano la voce, le figure maschili portano il perturbante dello sguardo. Due padri : il primo gentile, debole, amato nella zona rossa, il secondo gelido, crudele, odiato nella casa blu. Cambiano le inquadrature, le tinte, le luci calde virano al freddo. Le feste diventano punizioni, i racconti non sono ammessi, il teatro si sposta nel retroscena, il meraviglioso ha il sopravvento.
Ho visto una luce misteriosa, c’era una di quelle bambine, immobili.
I fantasmi sono ovunque. Le mummie respirano.
Tutto ha vita. Vita inspiegabile e piegabile : Alexander la piega, la sforma, si sforma, riscrive una storia già scritta, la manovra.
Perché non è il compiuto ad esoricizzare i fantasmi, ma l’atto stesso della messa in scena, della ripresa, della costruzione di una zona potenzialmente infinita, incompiuta perché interrogativa :
Sai perché?
Non so se voglio saperlo.
Nella pausa delle domeniche, in pomeriggi verso il buio sempre più vicino, fra equinozi e solstizi, mentre avanza Autunno e verrà Inverno, poi “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera“, riscoprire film rari, amati e importanti. Scelti di volta in volta da alcuni di noi, con criteri sempre diversi, trasversali e atemporali.
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Non si può passare senza lasciare un segno. Vi ringrazio.
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Semplicemente magnifico! Grazie.