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Non c’è bisogno della terza guerra mondiale per estinguersi!

di Andrea Inglese

L’uomo è ciò che mangia, perciò non fidarti dei cannibali.

Mariano Baino

Cerchiamo di farlo capire a Netanyahu, a Trump, a Putin, a tutti quelli che fremono per scatenare un finimondo su scala sempre più grande. Certo, la democrazia è un imbarazzante freno riguardo ai progetti davvero avanzati di estinzione dell’umanità. Ma, con un po’ di volontà politica, l’idea anche vaghissima di una qualche sovranità popolare finirà per sprofondare nell’oblio, come il ricordo sgradevole di un vecchio incubo.

I trans e post-umanisti sono anche loro d’accordo sull’obbiettivo – l’umanità ha fatto il suo tempo, quindi circolare! – ma ancora tentennano, laddove gli umanisti terminali (dotati di un superlativo arsenale militare) hanno un progetto più coerente: finirla subito, prima che i disastri climatici ci abbrustoliscano lentamente, fino all’ustione completa. Già, perché sono tutti programmi catastrofici e violenti, quelli che vengono portati avanti sia dal “regime change” sia dal “climate change”: bombe di qui e di là, oppure tandem di tsunami e desertificazioni. Grazie al cielo, qualcuno ha capito che solo un’IA ci può salvare, quella generativa, di ultimo conio. Con la dose adeguata e il giusto abuso, l’intelligenza artificiale ci condurrà per mano al niente, senza stressanti maremoti o funghi atomici*.

C’è gente del tutto aggiornata sulla questione, e con le idee chiare in testa, nonostante gli allarmi dei complottisti che vedono minacce e pericoli dappertutto, come se gli Stati non avessero mai osato controllare i cittadini, come se l’imprenditoria capitalista non si basasse su distruzioni-creative e ondate di licenziamenti, come se la manipolazione delle coscienze l’avesse inventata Open IA e non invece, da noi almeno, l’Istituto Luce. Come dicono anche certi intellettuali del lontano oriente: tutto è brodo psichico, mica bombe e frammenti di corpi. Basta rimestare nel brodo più veloci degli altri, e si vedrà che belle composizioni cromatiche e concettuali verranno fuori, degne di un caleidoscopio da fanciullino e di una supercazzola da maturandi. Insomma, bando ai disfattismi dei vecchi, che proprio per aver vissuto tanto, mancano della virtù antropologica fondamentale: la giovinezza. Con tale primavera di bellezza e un buon chat bot, l’estinzione è finalmente a portata di mano, ma in maniera del tutto cool, senza morti ammazzati. Però noi genitori, noi vecchi, dobbiamo darci dentro: facilitare il piano, oliare gli ingranaggi, portare acqua al mulino, facilitare la svolta. L’obiettivo sembra immane – far scomparire l’umanità in modo incruento – ma la ricetta è veramente elementare: da 15 minuti di preparazione, un cucchiaio d’olio, sale e pepe quanto basta, e niente più.

Dicevo i genitori: senza la loro complicità, non si va lontano. La giovinezza primavera di bellezza ci mette l’idea, ma la prole ce la dobbiamo mettere noi (i vecchi), quanto ai chat bot ci pensano le aziende sempre fiorenti della Tech statunitense. Le femministe anche devono dare una mano. Poi spiego perché.

Si piglia il figlio o la figlia adolescenti, che hanno già capito tutto delle nuove tecnologie, e quindi dell’essenza del mondo, ma che tentennano ancora, per via di tremendi atavismi, tra slinguata reale e sesso verbo-virtuale. La “limonata”, purtroppo, e quel che ne consegue in termini di manipolazioni corporee, implica un maledetto partner in carne e ossa, effimero e stronzo finché si vuole, ma a tre dimensioni. La sessione erotica con il chatbot, invece, implica solamente un qualche abbonamento e il proprio apparecchio elettronico. L’adolescente la sa molto lunga, in quanto privo dei paraocchi dell’esperienza e dei dogmatismi analogici, ma è pur sempre adolescente, cioè un po’ bamba, con quella tipica tendenza ad atteggiarsi ad asino di Buridano. Quindi ci vuole la spinta, la sorveglianza parentale. Bisogna far pendere l’ago della bilancia sul chatbot mica sul partner antropico, sul petting digitale mica sullo smanazzamento carnale, sul dialogo idilliaco via schermo mica sulla rugosità imprevedibile degli incontri tra intelligenze naturali. Blindate in casa i vostri figli, abbonateli a tutte le applicazioni possibili, disperdete fuori dalle mura domestiche spasimanti e morose di razza umana! I risultati non tarderanno a farsi vedere: legami duraturi e rapporti sessuali protetti, consentiti, in quanto puramente virtuali. Femministe e antiabortisti alla fine d’accordo. Non solo è impossibile essere messe incinta da un chatbot, ma anche essere prese a coltellate. Zero interruzioni di gravidanza, zero femminicidi. Una situazione bipartisan e incredibilmente win win. E poi niente figli tra le palle! Spese per i pannolini e il conservatorio, per le ripetizioni di matematica e le scarpe da calcio! Niente più dilemmi, se regalare al maschio la macchinina o la barbie, o alla femmina i nunchaku da kung-fu o la scarpette con gli strass e i brillantini.

Inoltre, diciamolo, con il chatbot è l’amore vero, l’essenza, il distillato puro. Non c’è più quell’intrusione dell’alterità, che rende tutto più complicato, appesantito da compromessi, negoziazioni, voltafaccia. Altro che tinder e i maledetti date, che sono una perdita di tempo e soldi, per risultati sempre aleatori. Anche perché ognuno il proprio partner se lo parametrizza come vuole: fedele o infedele, sado o maso, omo o etero, binario o meno. Quindi basta sceneggiate e musi, lente cumulazioni di rancore o detonazioni improvvise d’odio. Basta separazioni. Basta rischi di violenze o ammazzamenti. Tutto si svolge a casa, dopo aver incamerato la cenetta deliveroo menu singolo, con la porta chiusa a doppia mandata e senza più intrusione d’esseri umani scapestrati. Il risultato è sicuro: utilizzatori individuali contenti come pasque, istinto della specie sabotato alla radice. L’estinzione si farà con tutta calma, senza che nuove generazioni siano ogni volta convocate e poi spinte in un paesaggio sempre più sgangherato e temibile. Tutta quella paura della macchina che prende il sopravvento sull’uomo e lo sottomette, una bolla di sapone. Anzi, la macchina sarà fino all’ultimo giorno, in mezzo a un consesso di esseri umani loschi e inaffidabili, l’unica garanzia di fedeltà, di riflesso limpido del nostro desiderio: avere qualcuno che ci dica sì in modo sistematico e illimitato.

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*Da uno spunto di Niccolò Argentieri.

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Foto da Claude Closky, 8002-9891, mac/val, 2008.

8 Commenti

  1. Mi tornano sempre in mente i Troppi paradisi di Walter Siti e i suoi “desideri realizzabili”; vale la pena recuperare la citazione:

    “Più che il paese dei sogni realizzati, gli Usa sono il paese dei desideri realizzabili: cioè della fine del desiderio. Hanno capito che, per estinguerli, basta avvicinare i desideri alla loro soddisfazione – perché tu non abbia il tempo di formularli, di nutrirli, di elevarli a ideale. L’ideale è già lì, più perfetto di come l’avevi mai immaginato perché è la risultante ottenuta al computer di molti ideali possibili – ti sta addosso, ti schiaccia, non ti permette lo spazio di un’elaborazione”.

    In un articolo avevo associato questa idea al Kitsch: è ovvio che, nel mondo del Kitsch, l’unico desiderio possibile è quello realizzato in partenza. Da cui i vari surrogati, le varie esperienze paradigmatiche: la prostituzione (ti pago per amarmi), il turismo (pago per vedere solo la porzione di mondo che mi soddisfi esteticamente senza turbarmi), la televisione (vivo per procura i sentimenti degli altri attraverso i reality ecc).
    Zero stress, zero domande. Del resto, nell’utopia Kitsch “une question est comme le couteau qui déchire la toile peinte du décor pour qu’on puisse voir ce qui se cache derrière” (Kundera), e quindi bisogna evitare di porla.
    Ti lascio con un breve quiz, scegli la risposta esatta:
    1) Questo commento è stato generato da ChatGPT con parole chiave: Siti, desideri, Kitsch;
    2) Questo commento è stato prodotto dalla nipote quindicenne dell’autrice durante una sessione di sonno ipnotico provocato da sostanze derivate dall’oppio e acquistate nel deep web;
    3) Questo commento è stato pronunciato da Brian Lee, studente in Italian Studies, a seguito di una conferenza svoltasi a Miami nel 2009: l’oggetto della conferenza era il benessere digitale applicato ai bisogni emotivi. Brian Lee non si è mai laureato.

  2. Bè, Brian Lee, e la sua mai realizzata laurea, incontrano tutti i miei favori, Ornella. Siti aveva visto giusto, in uno dei suoi libri più belli.

  3. Certo che voi di Nazione Indiana siete proprio dei maleducati a scrivere pezzi come questo nei giorni del matrimonio veneziano di sua maestà Jeff Bezos, l’imperatore dell’estinzione del desiderio, ovvero –per citare il Dostoevskij de “I fratelli Karamazov”– della «moltiplicazione e soddisfazione immediata dei bisogni» che ci illude di essere liberi.
    Che quell’«esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli» presagito da Zeno Cosini abbia la forma di un locker?

  4. Brrr brrr brrr, Andrea (= bravo + brividi), anche se sei preistorico più che fantascientifico, ormai urge osservare cosa succede quando per caso la realtà – ma esiste ancora, da qualche parte? – incrocia il virtuale, se si infiltra, anche per un attimo, è devastante, perché è scomparsa la facoltà di distinguere i due livelli… Vai a vedere “A Normal Family”…

  5. Bell’articolo, Andrea. E la frase che più risuona col mio rimuginio di quest’anno è questa:
    Non c’è più quell’intrusione dell’alterità, che rende tutto più complicato, appesantito da compromessi, negoziazioni, voltafaccia.
    La mancanza dell’alterità: è proprio ciò che si desidera. E se, come diceva Lacan, “la follia è credersi un Io”, sento che a questo ci stiamo sempre più avvicinando, con l’illusione, però, che l’altro/macchina sia effettivamente un altro, ma un altro che non ci mette in discussione, che non muove, che non disorienta, che anzi porta a dirci e darci ciò che in fondo, già nelle prime parole di un prompt vogliamo e speriamo sentirci dire: quindi, di fatto, un non altro.
    Per riprendere invece la bella citazione di Siti che ha riportato Ornella, mi verrebbe da dire che appunto, siamo sempre più nell’epoca di un iper-godimento che annulla la dimensione quasi totalmente la dimensione realmente desiderante.
    In questi giorni mi sto informando in particolare sulla nuova tendenza di sostituire la figura dello psicoterapeuta con quella di un bot. Rivolgersi a chat gpt o a qualunque altra forma di intelligenza artificiale per chiedere aiuto. A costo zero, disponibile 24 ore su 24.
    Nulla di fantascientifico, è in voga non solo tra i più giovani ma pure tra moltissimi adulti. Apre una questione davvero controversa e, a mio avviso, inquietante. Ma, va da sé, quando ne ho discusso all’interno di un forum, sono stata accusata di paternalismo. Trovo invece la cosa preoccupante, e siamo di nuovo alla mancanza dell’Altro, al suo annullamento. Ma è riduttivo parlarne qui in un commento a margine del tuo. Vedrò se scriverne in un post a parte.

  6. Cara Mariasole,

    come con internet si è diffusa una certa corrente della medicina fai da te, con chat-GPT è già in vigore la terapia fai da te. Per altro gratuita e meno impegnativa. Già vi sono casi documentati in cui il chatbot invita il suo “paziente” in carne ed ossa a rinunciare alle terapie ufficiali o all’assunzione di medicine prescritte dallo psichiatra. La cosa fantastica è che in tutto questo vige più o meno lo stesso diniego collettivo che sta già prendendo piede nei confronti del riscaldamento climatico. La gente ci vuole credere. A che cosa voglia credere rispetto all’IA, non è affatto chiaro, ma è proprio la vaghezza del progetto che attira cosi tante adesioni.
    L’altro, di cui giustamente parli, è poi l’altro di cui abbiamo bisogno per vivere. Da quello che ci fa nascere a quello che ci accoglie in ospedale quando siamo ormai buoni per la cassa, l’altro è quello che ci permette di vivere, nonostante i nostri puerili sogni di completa autonomia. Il Chatbot ci mantiene più a lungo nel nostro sogno puerile.
    Comunque, ti prego, nutri l’eresia, prendi la penna o la tastiera: fai santire che c’è discordanza, che non tutti si accordano al coro generale. Facciamo sentire un piccolo rumore stridente nei loro canti di lode.

    Quest’anno alcuni giornalisti francesi hanno censuto una quarantina di decisioni politiche, che sono chiaramente identificabili come una regressione nei confronti delle precedenti politiche ambientali. Non solo non andiamo abbastanza veloci, per ridurre gli impatti negativi crescenti del mutamento climatico, ma addirittura facciamo marcia indietro. Siamo quindi nell’idiozia plateale e più assoluta. Ma per carità, chat-gpt mi scrive le lettere di motivazione. Evvai!!! Diamoci dentro, allora. Continuiamo a baloccarci in camera nostra o davanti al nostro smartphone.

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andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023 (Premio Pagliarani 2024). Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Storie di un secolo ulteriore, DeriveApprodi, 2024. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato i volumi collettivi Teoria & poesia, Biblion, 2018 e Maestri Contro. Brioschi, Guglielmi, Rossi-Landi, Biblion, 2024. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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