di Giacomo Sartori
Marino Magliani ha colpito ancora. A giudicare dalla collana, “Ciclopolis” (che così si autopresenta nel risvolto: “La collana ospita libri che raccontano le città attraversate a pedali”) e dall’editore (Ediciclo), questo suo Amsterdam è una farfalla, dovrebbe trattarsi di una guida turistica velocentrica. Bof, si dice l’appassionato di testi maglianici, dove sono transitati davvero tantissimi muri a secco liguri, ma pochissime o punte biciclette. L’inizio, per molti versi imbarazzante, sembra confermare questa prima impressione. Il personaggio Magliani, perché si chiama appunto Magliani, come il vero Magliani, anche se gli olandesi dicono Makliani, non sembra amare molto queste benedette biciclette delle quali gli olandesi sono cultori (la tassonomia è molto complicata, ci dice, limitandosi a qualche impressionistico saggio) e sulle quali a differenza di quanto riesce a lui saltano agilmente, partendo in quarta (lui le ha temute fin dall’infanzia). E non sembra amare particolarmente nemmeno Amsterdam, e nemmeno l’Olanda, a parte forse la costa del nord dove la vita, come una marea, lo ha portato a vivere.












