di Giovanni Catelli

Tu credi ancora, lo so, di poter un giorno ritornare, a quella stanza della F.Strasse, a quei mattini, a quella musica, quasi che le cose, la luce, la stagione, ti potessero aspettare, immutabili, sospese, nella perfezione innaturale del ricordo, nella pace del tempo che non fugge, come in quei giorni a primavera, in lieve anticipo su tutto, in quell’attesa leggera di partenze, d’ogni cosa misteriosa del futuro.
Non avevi ancora biglietti, treni, appuntamenti, nessuna cifra s’incideva, nera, sulle carte del domani, Praga ti aspettava, in una lontananza tenue, familiare, in ogni leggera foschia serale oltre la Westbahnhof, in ogni brauner bevuto solo al Kleines Cafe, dove lei già non si vedeva, già mancava senza risposta, silenziosa scavava un vuoto tra le cose, separava sottile i tuoi gesti dal passato, ti cedeva ignaro alle vie fredde, ancora luminose nel crepuscolo.