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ricorda la ex-moglie di mio fratello?

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di Chiara Valerio

Dio mio, c’era qualcosa in questo essere ragazzi che la vita domestica e la civiltà stessa non riuscivano a toccare, e spesso potevano diventare pazzi o esasperanti, ma quando perdevano questa componente, i ragazzi come gli uomini, erano spenti. Così a una donna non rimaneva che scegliere fra un ragazzo troppo cresciuto e un piatto maschio americano, ed entrambe le scelte potevano farti diventare matta, ma almeno con il ragazzo la tua follia era più omicida che suicida, come invece avveniva nell’altro caso. Non c’era da stupirsi se gli uomini al bar, o quando andavano a cacciare o a pescare, si chiamavano tra loro ragazzi. Dicevano: vado a bere una birra coi ragazzi, vado a pescare coi ragazzi. E nei loro occhi c’era una luce diversa, una luce di distanze, di fantasticherie e di predilezione, come se stessero srotolando la bandiera per cui avevano prestato servizio quando erano giovani. Voci dalla luna di Andre Dubus (Mattioli 1885, trad. di Nicola Manuppelli) è un esterno giorno americano con al centro una famiglia sghemba formata da un padre, un figlio adolescente che vuole farsi prete, un altro figlio più adulto, ballerino che, più o meno, lavora nella gelateria del padre, la moglie del ballerino, ballerina lei stessa, una figlia che vive altrove ed è indecisa – ma non per vizio, per disposizione di sé – tra erba e cocaina, una madre che lavora come cameriera in un bel ristorante fuorimano, lungo una highway, Melissa in camicia di jeans annodata in vita che fuma sul campo da softball e Conroy, il suo cane, che ogni tanto si perde nel buio. Al figlio adolescente e sarà molto difficile rimanere cattolici a casa nostra piace Melissa, e a Melissa lui, il ballerino ha divorziato, il padre quarantasettenne dei due si è innamorato della ballerina, e la sposerà. Il padre dunque sposa l’ex moglie del figlio maggiore. E con È colpa del divorzio il romanzo comincia.

Lettera aperta a Giuliano Pisapia

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di Antonio Sparzani

domenica 29 maggio 2011

Caro Giuliano,
scrivo questa lettera stamattina, domenica, appena tornato dal voto, al mio seggio di via Andrea Costa, zona Loreto. Sono stato molto contento di vedere quanta gente si affollava all’ingresso della scuola che ospita i seggi. Ho visto uomini e donne, molti anziani, molti con difficoltà vere di deambulare, alcuni in carrozzella, ma tutti con stampato in faccia il tuo nome, non so com’è, ma si vedeva, niente volti torvi e vendicativi, niente espressioni corrucciate, niente visi dell’armi. Il vento sta cambiando dunque davvero, vedo in giro sorrisi e fiducia e sono certo che domani sera avremo da festeggiare parecchio. Da festeggiare, è quasi ovvio, non solo perché tu sarai il nostro sindaco speriamo per un bel po’ di tempo, ma anche perché sarà un segnale forte per questo paese che da troppo tempo ne ha bisogno, per non rovinare nell’imbarbarimento e nel ridicolo nel quale sta sempre più affondando.
Tutto questo è scontato. Ma c’è un altro pensiero che è arrivato a disturbarmi,

Radio Londra: Alessio Arena

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Somos el viento
Intermezzo silenzioso dalla Repubblica democratica di Plaça Catalunya
di
Alessio Arena

Gli unici sgomberati fino a pochi giorni fa erano i colombi della piazza. Sporchi, affamati come sempre, zoppicanti, più o meno consci di star perdendo il centro, gradualmente, spintonati verso gli alberi mozzi che costeggiano la Rambla, dove i turisti sono troppo impegnati per dare loro da mangiare, o verso il Passeig de Gràcia, con la sua minacciosa sarabanda di semafori.
La piazza, a partire dalla calorosa mattinata del 15 maggio scorso, s’è vista riempita di tende da campeggio, striscioni, sacchi a pelo, da una variopinta accampata di persone, coordinatesi per mesi attraverso le reti sociali, giovani e meno giovani, unite da una educatissima vocazione al cambiamento.
Non ci sono partiti che rappresentino il popolo degli accampati di Barcellona, Valencia, Madrid, Zaragoza, e delle altre principali città spagnole. Si tratta di gente unita da un precariato sempre più denigrante, da una insofferenza profonda verso il sistema politico attuale dal quale non si sentono rappresentati nemmeno in minima parte.

Diario di una rivoluzione

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[Youssef Rakha è nato al Cairo nel 1976. È un intellettuale poliedrico: giornalista, fotografo, poeta, scrittore e blogger. È autore di cinque raccolte di racconti brevi, due diari di viaggio, un libro di poesie e un romanzo pubblicato di recente dalla casa editrice Dar el-Shouruk. L’ho conosciuto qualche giorno fa, al Cairo. Ho chiesto a Barbara Teresi – “cairota di Palermo” – di tradurre per noi queste pagine pubblicate da Youssef sul suo blog the arabophile. Raccontano della rivoluzione di gennaio. Ringrazio Youssef e Barbara per il regalo. G.B.]

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di Youssef Rakha

Mi è stato chiesto di scrivere un pezzo a proposito dei recenti avvenimenti che hanno scosso l’Egitto. Il mio sarà un resoconto personale prima di qualunque altra cosa. Ho visto gente morire, ho visto gli assassini, e ho visto cronisti – tra cui anche conoscenti o colleghi – mentire spudoratamente su tutto questo. Inevitabilmente, questa sarà solo una piccola fetta di quella che credo diventerà la principale epopea del popolo egiziano per i decenni a venire.
[…]

TQ, fenomenologia di una generazione allo specchio : Andrea Libero Carbone

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Performance di Michelangelo Pistoletto

Sognai che ero una farfalla
che d’esser me sognava
guardava in uno specchio
ma nulla ci trovava
-Tu menti-
gridai
si svegliò
morii.

R.D. Laing

di
Andrea Libero Carbone

Di recente mi sono trovato a scambiare due parole con persone che in buona parte non avevo mai incontrato prima e che partecipano alla discussione di TQ, uno di quei crocicchi che inevitabilmente si formano a margine delle grandi assemblee, quando certuni vanno a fumare o a prendere una boccata d’aria (che poi forse è lo stesso), e allora nuovi percorsi si delineano rispetto al discorso generale pronunciato ai microfoni. In effetti TQ ricorda tutte, ma dico tutte, le dinamiche di queste assemblee delle occupazioni, alle quali assistevo magari senza intervenire (o allora facendo delle figuracce) perché c’era sempre chi la sapeva più lunga di me, e con la retorica e con la dialettica se la cavava assai meglio.

bum bum bum

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di Guido Catalano

quanto t’amo secondo te quanto?
in chili quanto t’amo?
il litri quanto t’amo?
quanto t’amo in metri?
quanto, dimmi quanto secondo te quanto
in iarde? (una iarda è 0,9144 metri)
quindi quanto t’amo in iarde secondo te?
e secondo te quanto t’amo in megatoni?
in mele?
in api?
in camions?
ma secondo te è possibile amarti in cani?
in cani ad esempio quanto t’amo in cani?
in fuchi?
in biglie?
in polpastrelli?
in delta di fiumi?
quanti delta di fiumi abbisognamio per esprimere quanto io t’amo?

e io che mi credevo

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ovvero
I compagni che sbagliano
di
effeffe

Al film di Mario Martone, Noi credevamo, sono andati ben sette Premi David di Donatello. Da quello più importante per la sezione migliore film a quello apparentemente minore, del Miglior trucco. Dico apparentemente perché, a parer mio, l’arma vincente dell’opera è stata proprio il maquillage ovvero l’arte dello svelare e insieme rivelare (nascondere, velare due volte) verità altrimenti disturbanti nella presa diretta. Per spiegare come e perché questo film non mi sia affatto piaciuto e soprattutto perché lo considero come l’ennesimo esempio di esperienza mancata mi sono necessari alcuni passaggi che spero non tedieranno il lettore.

È qui la festa?

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E due. Avete notato la colonnina di destra? Insomma, per chi non l’avesse capito, c’era piaciuto così tanto organizzare una festa lo scorso anno – al Castello Malaspina di Fosdinovo – che abbiamo deciso di replicare. In un altro luogo carico di storia, non aristocratica ma operaia. Quella che fu, agli inizi del Novecento, la “Società di Mutuo Soccorso per l’educazione dei metallurgici” e che oggi è l’ARCI Bellezza di Milano (mappa).
Dal 17 al 19 giugno (da venerdì a domenica) Nazione Indiana esce ancora una volta dalla rete. Dopo la Lunigiana, la metropoli lombarda.
L’obiettivo resta quello di sperimentare un corto circuito tra l’esperienza virtuale di Nazione Indiana e quella reale del territorio e della sua storia. Ma è anche, e soprattutto, il piacere di far incontrare fra di loro i suoi lettori, commentatori, redattori, autori.
Poesia, narrativa, fotografia, arte, musica, politica, letture, incontri, dialoghi, concerti, quasi fosse una riproposizione delle variegate e ricche pagine quotidiane del blog, dove per una volta la consueta e attiva partecipazione di tutti – autori, curiosi, lettori – sarà reale e concreta.
Non un evento, una manifestazione, un festival, solo un modo di conoscersi, incontrarsi, fare comunità, “corrispondenza di amorosi sensi”.
Una festa, semplicemente.

(a breve il programma esteso. Vi attendiamo numerosi. Magari organizziamo un torneo al parco lì di fianco. Chi porta il pallone?)

DROGA? NO, GRAZIE

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Pubblico volentieri questo appello, che sintetizza quanto personalmente penso sul problema “droga” da quando raggiunsi l’età della ragione. Franco Buffoni, antiproibizionista da sempre.

di Alice Jay – Avaaz.org

Nel giro di pochi giorni potremmo finalmente assistere all’avvio della fine della “guerra alle droghe”. Questa costosissima guerra contro la piaga della dipendenza dalle droghe ha fallito miseramente, mentre ha lasciato sul campo numerose vite umane, ha devastato intere comunità, e ha versato miliardi di euro nelle casse di violente organizzazioni criminali.
Gli esperti sono d’accordo nel sostenere che la politica più efficace sia la regolamentazione, ma i politici hanno paura di toccare l’argomento. Fra qualche giorno una commissione globale, cui parteciperanno fra gli altri i Capi di stato e i responsabili degli affari esteri di ONU, UE, USA, Brasile, Messico e molti altri, romperà il tabù e chiederà pubblicamente un nuovo approccio, che comprenda la depenalizzazione e la regolamentazione delle droghe.

Muti come conigli

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di Patrizia Dughero


nell’apparato scheletrico
da lì sgorga il sangue

Muti come conigli

Sono nell’aia della macelleria di nonna.
E’ settembre, mamma ha il pancione,
deve partorire prima di Natale.
Non so se farà un fratellino
o una sorellina e non so cosa preferire.

Nucleare Acqua Giustizia. Possiamo decidere?

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Quanto vale il voto degli italiani ad un referendum? La nostra voce che potere ha nel panorama politico nazionale? Quali sono i 4 quesiti su cui siamo chiamati ad esprimerci e cosa potrebbe realmente cambiare il giorno dopo il referendum?

E’ disponibile on line a soli 2,99 euro Nucleare Acqua Giustizia. Possiamo decidere? Un instant ebook realizzato da Quintadicopertina in collaborazione con l’agenzia giornalistica 4Medi@ di Roma che raccoglie tre inchieste sui quattro quesiti su cui siamo chiamati a votare il 12 e 13 giugno 2011.

Quasi una partita – di Davide Racca

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Caricature di 11 autori di lingua tedesca e

11 autori di lingua italiana del ventesimo secolo

Alfred Döblin

Società Dante Alighieri – Nollendorfstr. 24 – 10777 Berlin
Tel. 030 – 883 14 01
www.sda-berlin.de
info@sda-berlin.de

Mostra – Inaugurazione: 26.05 ore 19:00

durata dal 27.05 al 27.06.2011

fronte del libro

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di Antonella Agnoli

Per parlare del futuro delle biblioteche dobbiamo partire da domande apparentemente lontane dal nostro tema, come per esempio: “Perché esistono i pub a Londra, le osterie a Venezia e i caffè sul porto di Marsiglia?” “Perché andiamo ad ascoltare un gruppetto di strimpellatori nella sala comunale quando potremmo ascoltare Bach sul divano di casa nostra?” E ancora: “Perché Netflix oggi negli USA è più conosciuto della Library of Congress ma non sufficiente?”

L’eros estinto della commedia statunitense

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di Andrea Inglese

Prendiamo due commedie statunitensi prodotte nel 2009: Tra le nuvole (Up in the air) e I Jones (The Joneses). La prima, patinata e abbastanza noiosa, con George Clooney come protagonista, ha avuto un certo successo; la seconda, passata più in sordina, possiede un tono più aspro e vivace. In entrambe giunge ad espressione, nella forma depurata e onirica di cui il cinema statunitense è maestro, una contraddizione centrale del modello di vita capitalistico. La ricerca della felicità pare realizzarsi ormai attraverso un’alternativa secca: o l’individuo persegue, accrescendo mobilità e denaro, la sua piena autosufficienza, a costo di sacrificare tutti i legami sociali, o accetta la famiglia tradizionale e i suoi cerimoniali, organizzando attraverso di essa un consumo sempre più efficace ed esigente. In nessun caso, il sentimento amoroso costituisce più il tema privilegiato del genere, il motore delle peripezie.

In fondo al barile del Caro Leader

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di Marco Rovelli

(il manifesto, 24/5/2011)

“Milano non può, alla vigilia dell’Expo 2015, diventare una città islamica, una zingaropoli piena di campi rom e assediata dagli stranieri a cui la sinistra dà anche il diritto di voto”. Il Caro Leader – trovandosi d’un tratto di fronte alla catastrofe personale, frantumatosi lo specchio narcisista come per Dorian Gray – invoca gli spiriti, raschiando il barile. E in fondo al barile c’è un humus fatto appunto di fantasmi evocati per dar corpo a quello stato generalizzato di paura da sempre funzionale alla richiesta di ordine.  Clandestini, islamici, zingari, comunisti ad abbeverare i cavalli in piazza Duomo: un esercito di fantasmi in fitta schiera. Troppo fitta per essere credibile, viene da pensare, come di un giocatore che si gioca tutte le sue carte in una mano sola non facendo che rivelare la propria oscena nudità. Perché l’evocazione dell’Altro come nemico funziona, lo sappiamo bene, ma non è sufficiente per sé sola.

Archètipi: Beniamino Servino

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Necessità monumentale nel paesaggio dell’abbandono
di
Beniamino Servino

Enunciazione/annunciazione

Abusi di necessità.

Abuso. Cattivo uso, uso eccessivo, smodato, illegittimo di una cosa. Io abito troppo, lo faccio in modo eccessivo smodato illegittimo.

Abuso. Esercizio illegittimo di un potere. Io esercito illegittimamente il potere di modificare il paesaggio. Di-segnare il territorio, o semplicemente un campo. Una sponda. E mentre modifico illegittimamente il luogo del mio bisogno lo rendo vulnerabile [il luogo, non il bisogno]. Siamo vulnerabili insieme [io e il luogo, la parte attiva e la parte passiva, vicendevolmente]. Conviviamo vulnerabilmente, mirabilmente.

Necessario. Da cui non c’è modo di ritirarsi. Io non posso ritirarmi da un bisogno.

Tutte le poesie di Anna Cascella Luciani

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di Biagio Cepollaro
[dato che l’editore Gaffi mi ha cortesemente inviato il volume Tutte le poesie, di Anna Cascella Luciani, ho chiesto a Biagio di scriverne una recensione da poeta, e questo è quello che mi scrive., a.s.]

Caro Antonello,
mi chiedi di scrivere qualcosa su Tutte le poesie di Anna Cascella Luciani. Un volume di 800 pagine che raccoglie le poesie scritte tra il 1973 e il 2009 e pubblicate dall’editore Gaffi di Roma, con introduzione di Massimo Onofri.
Dunque la prima cosa che mi salta agli occhi è la fedeltà, la continuità della postura attraverso i decenni. Lo stile, pur conoscendo delle variazioni episodiche significative, fondamentalmente resta lo stesso come una sorta di ‘sostituto’ dei fatti. Uso quest’ultima espressione perché credo sia proprio la relazione tra la parola poetica e i fatti della vita ordinaria una delle questioni affrontate. Certo, la tradizione classica, latina e greca, certo la nostra tradizione che va da Penna, Saba, a Cardarelli, a Caproni … Giustamente viene subito rilevato. Ma quel che conta, a mio avviso, non è quanto di già visto si torni qui a vedere, ma un discorso sotterraneo

QUANTO SEI CATTOLICO ?

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di Uaar

Un nuovo sito promosso dall’UAAR permette a tutti di conoscere qual è il proprio profilo di cattolicità. Basta infatti accedere a

quantosei.cattolico.info

e rispondere alle ventinove domande proposte dal test. Al termine del test, a ogni intervistato verrà presentato un profilo coerente con le risposte fornite. Sarà anche possibile confrontare le proprie opinioni con quanto afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica. L’iniziativa mira esclusivamente a informare i cittadini per aiutarli a riflettere sulle proprie presunte convinzioni, assumendo posizioni coerenti.

da “La neve nel bicchiere”

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di Francesco Accattoli

Noi passeremo le colline di sale

Noi passeremo le colline di sale
poste a levante,

e a levante andremo,

seguendo il solco cartesiano
del sole,

in una zona che non è più uomo
o femmina o strumento manuale.

Viviamo per punti.