di Marco Rovelli
(il manifesto, 24/5/2011)
“Milano non può, alla vigilia dell’Expo 2015, diventare una città islamica, una zingaropoli piena di campi rom e assediata dagli stranieri a cui la sinistra dà anche il diritto di voto”. Il Caro Leader – trovandosi d’un tratto di fronte alla catastrofe personale, frantumatosi lo specchio narcisista come per Dorian Gray – invoca gli spiriti, raschiando il barile. E in fondo al barile c’è un humus fatto appunto di fantasmi evocati per dar corpo a quello stato generalizzato di paura da sempre funzionale alla richiesta di ordine. Clandestini, islamici, zingari, comunisti ad abbeverare i cavalli in piazza Duomo: un esercito di fantasmi in fitta schiera. Troppo fitta per essere credibile, viene da pensare, come di un giocatore che si gioca tutte le sue carte in una mano sola non facendo che rivelare la propria oscena nudità. Perché l’evocazione dell’Altro come nemico funziona, lo sappiamo bene, ma non è sufficiente per sé sola.











