Place Djemaa el-Fna, Marrakech. È autunno. Il sole sta per tramontare, ma fa ancora caldo. Il vento comincia ad alzarsi e la piazza con i suoi venditori di denti, cantastorie, danzatori estatici e incantatori di serpenti si trasforma in uno degli ultimi spettacoli del mondo. Sono seduto al Café de France con Juan Goytisolo, lo scrittore spagnolo che da anni vive a Marrakech. Tutte le sere Juan dà appuntamento qui ai suoi amici. Di solito il gruppo è formato da gente del luogo. Persone che Juan conosce da tempo. Non sono intellettuali. C’è un poliziotto, un barbiere, una guida turistica… e Alì, un bellissimo adolescente, uno dei tanti componenti della sua vasta “tribù”, come lui la chiama.
non credo che ARTE e VITA tocchino il punto più alto . . .
di Antonio Sparzani

Luisa Gustavovna Salomé (San Pietroburgo 1861, Göttingen 1937), figlia di un generale russo di origine francese ugonotta e di una madre tedesca, e nota poi come Lou von Salomé, nel 1903 aveva 42 anni, quattordici abbondanti più di Rilke. Aveva alle spalle, oltre e prima della relazione con quest’ultimo, che, come s’è detto, durava dal 1897, un intenso, anche se sui generis, ménage à trois con Paul Rée e Friedrich Nietzsche e un matrimonio, diciamo un po’ forzato, con l’iranista Friedrich Carl Andreas, da cui il nome col quale è più nota, Lou Andreas-Salomé. Matrimonio fraterno ma che resse al tempo e si rinsaldò negli ultimi tempi della vita di entrambi.
Negli anni 1898-1900 la relazione con Rilke si fece più difficile, alternando periodi di grande vicinanza (due viaggi in Russia, con visita a Tolstoj, tra l’altro) a periodi di sofferte lontananze, dovute al crescente timore della scrittrice di diventare eccessivamente, e morbosamente, importante per il poeta, che ‒ almeno a quanto si legge dall’epistolario ‒ le si professa amorosamente devoto oltre ogni confine. In questi anni la Salomé scrive Fenitschka e Eine Ausschweifung [una dissolutezza], racconti lunghi nei quali è ben riflessa la problematica che le poneva la relazione col poeta praghese (trad. it. di Alberto Scarponi, Lucarini, Roma 1987).
Epilogo di questo periodo fu l’interruzione della componente amorosa della relazione, annunciata dalla Salomé nell’autunno del 1900, di cui già avevo detto,
Disordine capitalistico e popolo minore. Note sull’amnesia mediatica
[Questo articolo è apparso sul numero 6 di alfabeta2]
di Andrea Inglese
“Il 15 settembre 2008, data del tracollo di Lehman Brothers, sta al fondamentalismo di mercato (ovvero il concetto che i mercati, da soli e liberi da ogni vincolo, possano garantire la crescita e la prosperità economica) come l’abbattimento del muro di Berlino sta alla caduta del comunismo.” Lo scrive un premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz, nel suo ultimo lavoro, Bancarotta. L’economia globale in caduta libera (Einaudi, 2010). Se in quest’affermazione c’è qualcosa di vero, e se noi, come si è spesso detto, siamo una società aperta, allora è divenuto necessario affrontare una discussione collettiva e spregiudicata sulla natura del capitalismo e sulla sua compatibilità con i principi di una società realmente democratica. D’altra parte, abbiamo visto in questi mesi un numero sempre maggiore di persone, pur sprovviste di Nobel per l’economia, testimoniare contro l’introduzione in Europa delle solite ricette neoliberiste (taglio della spesa pubblica, blocco dei salari, flessibilità del lavoro, privatizzazioni). Hanno rotto invisibilità e silenzio i lavoratori clandestini arrampicati sulle gru, gli operai che difendono i loro elementari diritti, gli studenti privati di futuro. Sennonché la risposta delle classi dirigenti a queste voci di dissenso pare bizzarramente riprodurre gli stessi principi di quella dottrina che ha subito nel settembre 2008 una plateale confutazione.
Marco Ceriani: Memoriré
di Alessandro Baldacci
Circa dieci anni fa Giovanni Raboni introduceva l’anomalia di Marco Ceriani parlandone come di un «Poeta agonico, nel senso strettamente originario del termine, come pochissimi altri in questi anni e su queste scene». Oggi, di fronte al nuovo libro pubblicato da Ceriani (Memoriré, Lavieri, p. 124), in cui si respira (anche se il verbo appare azzardato) il cimento solitario di un eremita e faraonizzatore dell’artificio, questa rarità si configura in modo più palese, tutta scavata all’interno di uno stile ‘inaddomesticabile’, petroso.
Il vescovo rosso e il comandante

di
Roberto Bugliani
“Nell’Ezln militano persone di differenti credo religiosi e non credenti, ma la statura umana di quest’uomo (e quella di coloro che, come lui, camminano a fianco degli oppressi, degli sfruttati, dei disprezzati) ci impone di prendere la parola. Anche se non sono stati pochi né superficiali i disaccordi, le differenze e le distanze, noi oggi vogliamo sottolineare un impegno e un percorso che non appartengono a un solo individuo, bensì a un’intera corrente all’interno della Chiesa cattolica. Don Samuel Ruiz García non si è distinto unicamente nel praticare un cattolicesimo tra e con i diseredati, ma con il suo gruppo ha anche formato un’intera generazione di cristiani impegnati nella pratica della religione cattolica. Non soltanto si è preoccupato della grave situazione di miseria e di emarginazione dei popoli originari del Chiapas, ma ha anche lavorato, insieme al suo eroico gruppo pastorale, per migliorare queste indegne condizioni di vita e di morte. Ciò che i governi hanno volutamente dimenticato allo scopo di coltivare la morte, è divenuto memoria di vita nella diocesi di San Cristóbal de Las Casas”.
Con queste parole inizia il comunicato con cui l’Esercito zapatista di liberazione nazionale, per mano del Tenente colonnello insorgente Moisés e del Subcomandante insorgente Marcos, ha voluto ricordare la morte, avvenuta a Città del Messico il 24 gennaio scorso, di don Samuel Ruiz.
Quelli che però è lo stesso
[E’ in uscita nella collana Contromano di Laterza Quelli che però è lo stesso di Silvia Dai Prà. Un reportage narrativo di un anno scolastico nelle periferie romane. Insegnanti precari, periferie, scuole devastate: uno sguardo sull’Italia. mr]
di Silvia Dai Prà
Daiana sembra più piccola, ora. Il passo sicuro e seduttivo con cui divora i corridoi di una scuola in cui, in prima, lei sa già di essere una delle più belle, se n’è andato: ora è soltanto una quattordicenne con un metro di extensions nere attaccate ai capelli, coi jeans strettissimi che lei non si tira su neanche una volta come di solito fa sempre, con la maglietta corta di Monella Vagabonda che continua ad abbassarsi sull’ombelico e sul relativo piercing, come se fossimo in chiesa, e lei avesse all’improvviso percepito quanto è sacrilega la seminudità con cui esce di casa ogni giorno. «Quello l’ho visto in televisione, prof», mi afferra con le unghie finte che graffiano quando arriviamo nel Transatlantico e, a un paio di metri da noi, si erge la figura teutonica di un leghista dall’occhio blu e la cravatta smeraldo.
La guida di Montecitorio insiste a parlare di soffitti a cassettoni, ma anche le colleghe sono distratte dal leghista dall’occhio azzurrino: che, mentre continua a parlare con un altro girato di schiena, nota la nostra attenzione, e fa cadere lo sguardo sulla mia studentessa.
Gainsbarre Hommage
Con Rosario Tedesco, communiste dandy, stiamo scrivendo e registrando delle canzoni. Le immagini le ho recuperate in rete da un documentario anni ‘5o sul metrò di Parigi e da un videoclip del cantante francese. Il testo, una mia traduzione della bellissima canzone di Serge Gainsbourg, ” Le poinçonneur des Lilas”, lo avevo pubblicato su Nazione Indiana qualche anno fa. A quella traduzione contribuirono diversi commentatori e dunque ringrazio anche loro insieme all’interprete. effeffe
PREMIO MARAZZA 2011
PREMIO NAZIONALE DI POESIA E DI TRADUZIONE POETICA
ACHILLE MARAZZA
BANDO 2011
XV EDIZIONE
La Fondazione Achille Marazza, in collaborazione con la Regione Piemonte e con il Comune di Borgomanero, bandisce la quindicesima edizione del Premio Nazionale di poesia e traduzione poetica “Achille Marazza” nella seguente formula rinnovata:
PREMIO ACHILLE MARAZZA – sezione traduzione
Premio destinato a una traduzione poetica da lingue antiche o moderne edita tra il 1° gennaio 2009 e il 31 gennaio 2011, con una dotazione di euro 2.500.
PREMIO ACHILLE MARAZZA – sezione poesia
Premio destinato a una silloge poetica edita tra il 1° gennaio 2009 e il 31 gennaio 2011, con una dotazione di euro 2.500.
PREMIO MARAZZA GIOVANI – sezione traduzione: traduzione poetica di autore che alla data di scadenza della presentazione delle opere non abbia superato i 35 anni; dotazione del premio 500 euro.
PREMIO MARAZZA GIOVANI – sezione poesia: silloge di autore che alla data di scadenza della presentazione delle opere non abbia superato i 35 anni; dotazione del premio 500 euro.
Una risata disseppellirà: Angelo Orlando Meloni
di
Francesco Forlani

C’è un libro, Io non ci volevo venire qui, (ed. Del Vecchio) di Angelo Orlando Meloni di cui vorrei raccontarvi ma per poterlo fare ho bisogno di proporre le seguenti considerazioni preliminari.
Quando vedo una scena con Peter Sellers non riesco a trattenere le risate. Al contrario, quando mi è capitato di vedere Salemme in televisione, non solo non ridevo, ma mi sentivo anche un po’ pirla rispetto ai miei vicini che si scompisciavano nonostante conoscessero quelle battute a menadito. Non c’è niente da fare. Non si ride tutti delle stesse cose! La questione diventa ancora più complessa quando si varcano i confini e si scopre che la comicità, come la poesia, è spesso intraducibile, non esportabile da un paese all’altro. Non ricordo infatti nel mio lungo soggiorno francese di aver visto un solo film di Aldo, Giovanni e Giacomo nelle sale d’ oltralpe e ho realizato recentemente quanto un grande comico francese di nome Coluche sia assai poco conosciuto dalle nostre parti. Come è possibile allora inquadrare, canonicamente, una letteratura che si dica comica?
Luoghi contro flussi. La resistenza di Massa
(pubblicato sul manifesto, 29/1/2011)
Massa è una città di confine che addensa da sempre una serie di contraddizioni forti, e spesso in negativo. Guardare quel che avviene in terra apuana credo sia utile a tutti. Negli anni novanta c’è stato un annichilimento radicale di quella che era la Zona Industriale Apuana, in perfetta sincronia con il passaggio epocale dal fordismo al postfordismo. Oggi quelle aree sono state sminuzzate, e a lavorare in molti di quei capannoni ci sono piccole imprese, lavoratori precari, immigrati – oltre che una quota di lavoro nero che in questa provincia non è irrilevante. Disoccupazione, precarietà esistenziale e lavorativa, disagio sociale, sono sempre più diffusi in questa terra, che alla crisi di medio periodo ha visto precipitarsi addosso anche la crisi di sistema che ha travolto tutti.
L’etica di WikiLeaks nuoce ai citizen media?
Il paradosso di un fenomeno percepito come frontiera del web, pur sposando relativamente poco la logica di partecipazione e condivisione della rete abitata dalle persone.
Rudolf Elmer, ex manager della banca svizzera Julius Baer, è stato riconosciuto colpevole di violazione del segreto bancario. È stato condannato a pagare le spese processuali (7.200 franchi svizzeri, 5.600 euro) con la condizionale, scampando la galera. Passate un paio d’ore, viene però nuovamente arrestato. L’accusa? Qualche mese addietro aveva passato a WikiLeaks informazioni riservate sull’istituto di gestione patrimoniale e i suoi clienti. Bissando pochi giorni fa con la consegna a Julian Assange di altri due dischetti contenenti dati su 2.000 fra i principali clienti della banca. Un doppio arresto per “rivelazioni” largamente preannunciate dai titoli dei giornali sull’arrivo della lista dei conti offshore dei Vip consegnate da un ex banchiere ad Assange.
Les nouveaux anarchistes
…Prima di accadere, una catastrofe sembra impossibile, ma dal momento in cui accade diventa agli occhi di tutti necessaria e inevitabile.
Reportage di un’ apocalisse annunciata, dunque, l’ acre e non conciliante romanzo di Piero Pieri, docente di Letteratura italiana contemporanea per il corso D.A.M.S. di Bologna, edito nel 2010 da Transeuropa Edizioni.
In tre fitti, stringenti Quaderni di cruda indagine sociale, l’ io narrante, inevitabilmente Capriccio, cerca di assemblare i cocci dell’ ormai esploso vaso di Pandora del senso comune, palpando senza patetismi “una sofferenza all’ avanguardia, contemplativa e inutile, tipica di quel ceto confuso che neanche ha il buon gusto di farsi borghesia”.
Brandelli di una generazione disgregata dall’ insensatezza panica, pungolata da un ripiegamento ciecamente intimista, che per sbarcare il lunario si scopre impegnata in annoiati Tentativi abortiti di ribellione, fallimentari già nell’ intenzione, inequivocabili nelle loro velleità antieroiche.
un’altra storia di Johnny Tossi (1977-2006) [2]
In autunno Coloccini apre una tipografia e gli offre lavoro, al che Johnny mette da parte la diffidenza per l’esule che fa troppe domande e accetta. All’inizio sbrigherai le consegne. Nel frattempo guardando il mestiere impari. Ce l’hai un motorino? Se lo procura ma troppo fragile per uno che continua a ingrassare. In curva trema, deve gonfiare le ruote ogni settimana e in salita non lo porta, per fortuna ci sono i pedali. Consegna carta in città, perlopiù a certi sindacati coi quali Coloccini ha i suoi agganci. Sembra che Coloccini conosca tutti, eppure è arrivato da un anno, non è mica nato qui (pensa Johnny). La tipografia sta in un garage sulla Casilina. Un corridoio, due stanze. Insieme a Coloccini lavora Aurora Maturáno, che non è la sua donna ma è chiaro che si vogliono bene. Johnny non l’ha mai vista al Centro. È magra, riccia di capelli e secondo Johnny “non bella bella ma sus tetas!”. Poi è scaltra, pensa Tossi. È nervosa, “fumatrice senza sorrisi” (Johnny sostiene che più le donne fumano, meno sorridono). Coloccini dice che sono amici da una vita. A Buenos Aires lui la salvò e poi lei ha salvato lui. Aurora chiama Johnny gordito, a volte stringendogli il collo tra il pollice, l’indice e il medio come a un gatto. I tre pranzano insieme.
Porte à Portes
Rewind: una lettera di Giulia Niccolai sui maestri (Porte senza porta)
di
Beppe Sebaste
Alcuni anni fa, nell’ipotesi di ripubblicare una nuova edizione dell’ormai esaurito feltrinelliano Porte senza porta (ora Il libro dei maestri. Porte senza porta rewind) ebbi l’idea di chiedere alla mia amica Giulia Niccolai, già protagonista di una bellissima puntata della trasmissione che ai Maestri avevo dedicato su Radio 3 (riproposta nel cd abbinato al libro), una prefazione: lei aveva pratica, insieme, di scrittura e di meditazione, di sottomissione ai maestri e di indipendenza. Ma, giustamente, la sintesi a cui Giulia era pervenuta irreversibilmente, la sua vita nuova, non permetteva la complicità che lei ha immaginato le chiedessi, e che io avevo probabilmente immaginato di chiederle. Mi scrisse invece una lettera personale da cui mi sentii benevolmente trafitto, e che da allora mi accompagna. Ebbi da lei, in una parola, il dono della severità.
L’ho riletta tante volte, fino a pensare (con il consenso di Giulia) che forse potrebbero leggerla giovandosene anche altri, altri magari che come me si dibattono tra alcune delle contraddizioni che lei indica nel suo testo.
Da oggi in edicole e librerie “alfabeta2” numero 6
«alfabeta2» numero 06
dal 28 gennaio in edicola e in libreria
«Gentile ministro Tremonti,
[…] mi domando come mai l’Italia abbia meno indotto turistico della Francia o della Spagna, e naturalmente di New York. C’è qualcosa che non funziona, qualcuno che non sa come far soldi (e mangiare) con la cultura nazionale». Umberto Eco apre il numero con una lettere al ministro Tremonti: Non si mangia con l’anoressia culturale.
Il focus Cultura anno Zero denuncia lo stato di collasso delle istituzioni culturali italiane. Interventi – distinti nei diversi settori (cinema, teatro, biblioteche, musei, librerie) – di Andrea Carandini, Claudio Strinati, Manuela Gandini, Antonella Agnoli, Vincenzo Ostuni e altri.
Pereživanie
Walter Benjamin
La forza di una strada è diversa a seconda che uno la percorra a piedi o la sorvoli in aeroplano. Così anche la forza di un testo è diversa a seconda che uno lo legga o lo trascriva. Chi vola vede soltanto come la strada si snoda nel paesaggio, ai suoi occhi essa procede secondo le medesime leggi del terreno circostante. Solo chi percorre la strada ne avverte il dominio, e come da quella stessa contrada che per il pilota d’aeroplano è semplicemente una distanza di terreno essa, con ognuna delle sue svolte, faccia balzar fuori sfondi, belvedere, radure e vedute allo stesso modo che il comando dell’ufficiale fa uscire i soldati dai ranghi. Così, solo il testo ricopiato comanda all’anima di chi gli si dedica, mentre il semplice lettore non conoscerà mai le nuove vedute del suo spirito quali il testo, questa strada tracciata nella sempre più fitta boscaglia interiore, riesce ad aprire: perché il lettore obbedisce al moto del suo io nel libero spazio aereo delle fantasticherie, e invece il copista lo assoggetta a un comando. La pratica cinese del ricopiare i libri era perciò garanzia incomparabile di cultura letteraria, e la trascrizione una chiave per penetrare gli enigmi della Cina.
[Da: Strada a senso unico, trad. del brano di B.C. Marinoni, Einaudi 1983.]
MILANO IN PIAZZA SABATO 29 GENNAIO
PER RACCONTARE UN’ALTRA STORIA ITALIANA
Le moltissime adesioni che continuano ad arrivare all’appello “Mobilitiamoci per ridare dignità all’Italia”, partito da Milano e dalla Lombardia, insieme alla richiesta arrivata spontaneamente da centinaia di donne di una presa di parola pubblica, ci hanno indotto a lanciare la proposta di una manifestazione nella nostra città. L’appuntamento è per sabato 29 gennaio, alle 15, in piazza Scala. Con un simbolo: la sciarpa bianca del lutto per lo stato in cui versa il Paese. Uno slogan: Un’altra storia italiana è possibile. Ci saremo con le nostre facce. Le facce delle donne italiane, quelle della realtà. Appuntandoci sulla giacca una fotocopia della nostra carta di identità con su scritto chi siamo: cassaintegrate, commesse, ricercatrici precarie, artiste, studentesse, registe, operaie e giornaliste, per dire la forza che rappresentiamo, a dispetto di tutto. Perché sarebbe bello che una spallata, magari quella definitiva, politica molto prima che giudiziaria, la dessimo proprio noi al capo supremo di questa telecrazia autoritaria, eversiva e misogina.
Quel che accade del nostro Paese offende le donne, ma anche gli uomini che non si riconoscono nella miseria della rappresentazione di una sessualità rapace e seriale, nello squallore di una classe dirigente che ha fatto dell’eversione di ogni regola e nel sovvertimento di qualunque verità il suo tratto distintivo. Ed è anche a questi uomini che chiediamo di essere con noi sabato 29. Per ribadire insieme che “un’altra storia italiana è possibile”.
Su un editoriale di Silvia Avallone
di Andrea Inglese
Ieri Silvia Avallone, autrice di un romanzo di cui molto si è parlato, e che quindi – pur non avendolo letto – immagino sia stato importante, ha scritto sul “Corriere della sera” un editoriale, in ragione credo di una duplice competenza, quella del romanziere e quella della donna. Questo editoriale ha bizzarramente due titoli, uno in prima pagina, e l’altro a pagina 6, dove è possibile leggere interamente il pezzo: “Se le donne perdute diventano conformiste” e “Ma dove è finito quel tormento delle donne perdute?”. Da questi titoli, probabilmente redazionali, si deduce che, oltre ad esistere la categoria delle “donne perdute”, vi è un rapporto inverso tra “tormento” e “conformismo”. E il tema potrebbe essere interessante, anche se bisognerebbe capire di che donne perdute si parla: quelle di carta o quelle di carne?
Notte e Nebbia [Aiutami a parlare della cenere di un cuore.]
[sottotitoli tradotti da O. Puecher]
Con ognuna delle tue parole così brillanti d’oro
Aiutami a parlare della cenere di un cuore.
[“Père Jacques, mon pur feu flambant” di Jean Cayrol]
di Orsola Puecher
Ogni anno il 27 Gennaio mi attende il dovere di commemorare il Giorno della Memoria, rinnovando una sofferenza che solo chi ha avuto delle vittime del Nazifascismo fra i suoi familiari può comprendere profondamente. Ma mai come quest’anno occorre raccontare della cenere di un cuore, per strappare la memoria alla retorica, all’abitudine e all’intento strisciante di svilire, ridicolizzare e ⇨ falsificare la storia, per poi più facilmente rimuovere e dimenticare.




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