di Andrea Inglese
Vi è un grande compiacimento quando due o più italiani, siano essi di destra o di sinistra, si trovano a parlare del proprio paese. “È tutto una merda” è divenuta una formula senza colore e altrettanto proverbiale di “governo ladro”. Da sinistra viene detta in modo apocalittico, da destra in modo cinico.
La catena del vizio, naturalmente, non compie salti: essa lega in una stessa vischiosa fratellanza chi ha eluso qualche fattura sino al rapinatore in armi, passando per corruttori e frodatori dal colletto bianco. Questo atteggiamento fornisce una straordinaria narrazione corale, compiutamente sottratta alla logica del divenire storico e immersa in un’eterna commedia delle basse passioni. In tale contesto ogni forma di analisi critica, che si voglia porre come preludio a un possibile cambiamento, giunge sempre tardi. Tutto è già stato, da tempo immemore, denunciato e denigrato; tutti i mali sono risaputi. Accade, poi, che certi mali siano talmente risaputi, da scivolare in una zona inerte della coscienza nazionale, dove galleggiano in una sorta di foschia definitiva, né compiutamente rimossi né inclusi una volta per tutte nella zona vigile.











