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La verità, vi prego, sulle stragi!

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Benedetta Tobagi, figlia di Walter, è stata la prima a mettermi al corrente di questo appello. Aveva tre anni quando uccisero suo padre sotto casa, ne ha scritto un libro con cui muove già oltre la propria memoria e il proprio dolore, e oggi dedica una parte cospicua della sua vita a una ricerca che mira a restituire verità e giustizia a tutte le vittime di quegli anni. In primo luogo quelle delle stragi. Le stragi nere e “di Stato” che restano un buco nero come trauma collettivo e come lascito oscuro che ha potuto continuare a agire sotto, ma che rischiano di rimanere per sempre senza colpevoli. L’ultima sentenza per Piazza della Loggia a Brescia è un’assoluzione per mancanza di prove (quelle stesse prove manipolate e fatte sparire dai servizi deviati). Lo stesso è accaduto per Piazza Fontana.

Questo appello è meno “visibile” di altri, visto che non è indirizzato al presente o al futuro prossimo, ma, per una volta, potrebbe diventare uno strumento di pressione politica reale. L’accesso agli archivi è forse l’unica carta per cambiare il corso della giustizia. Sicuramente sarebbe un contributo decisivo per ottenere quella verità che ci spetterebbe per bisogno e per diritto. (hj)

La vicina

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di Andrea Inglese

Questa vicina è una vecchia, ha tutto quel che, sul viso, nei modi, nell’indolenza maligna, malfidente, nell’insistenza dello sguardo, lanciato da dietro le sbarre del suo cancello, la rende vecchia, il mutismo, l’asciuttezza del corpo, quasi fosse bidimensionale, una sagoma di cartone, i capelli corti e slavati, non grigi ma bianchi, non le occhiaie ma le borse, ossia dei rigonfiamenti lividi sotto gli occhi, la vecchia di cui non so nulla, tranne che è vecchia, e che si comporta in modo totalmente adeguato alla vecchiaia, senza illusioni, compiacenze, slanci, ma secchezza e sorveglianza, perché quasi sempre, se è visibile, compare nella medesima posa, appoggiata come un’ergastolana alle sbarre del suo cancello, con i gomiti che sporgono, lo sguardo fisso su di me, sul lato opposto della strada, che esco, che tento di estrarmi dalla porticina del giardino, che raschia per terra, traballa, chiude male, cosicché io, uscendo, sono quasi certo di trovarla al suo posto, la sentinella, con tutta la sua vecchiaia ostile, e nel migliore dei casi solo ostinata e muta, che mi fissa, e allora io ricambio lo sguardo, mi rendo indagatore, poliziesco, ottuso, a volte mi sorge l’idea astrusa di attraversare la strada, e di domandarle i documenti, sostenendo che si tratta di un normale controllo di polizia, dal momento che io stesso, nonostante lei non l’abbia mai sospettato, date le mie abitudini di vita apparentemente disordinate, sono un poliziotto, e per questo stesso motivo mi sento legittimato, e persino obbligato a interrogarla, a chiederle da quanti anni è diventata vecchia, e per quanti anni ancora pensa di perseverare in questa sua commedia acida della vecchiaia, non sarebbe forse ora di smetterla, essere vecchi va bene, ma uno può anche riparare in casa, nel proprio soggiorno, tirare le tende e appisolarsi sulla poltrona più comoda…

Porta, accanto

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Sabato 4 alle ore 16 in Sala Ametista durante la fiera della piccola e media editoria di Roma, PiùLibriPiùLiberi, Piero Manni presenta La scomparsa del corpo, la raccolta di racconti di Antonio Porta, con Andrea Cortellessa, Angelo Guglielmi e Rosemary Liedl Porta.
Ho letto il libro tutto d’un fiato da una stazione all’altra – non ricordo da dove e dove andassi ma è poi così importante? I racconti letti quasi a voce alta si mescolavano ai rumori di fondo, alla resistenza dell’aria del locomotore, al succedersi dei paesaggi, alle voci sussurrate dai vicini o quelle amplificate dagli altoparlanti, come in un dialogo costante. Se dovessi tentare una fenomenologia del leggere, applicata per esempio a quella compagine, il gruppo ’63, a cui Antonio Porta partecipò dalla sua fondazione, direi che se Nanni Balestrini ed Edoardo Sanguineti, per esempio, sono scrittori da leggere negli spazi interni, voci da camera, Antonio Porta e Adriano Spatola sono stati sicuramente degli autori dell’en plein air, da interni alla vita. Di qui l’inafferrabilità, talvolta, dei percorsi, il multiversum che ha reso difficile l’alfabetizzazione delle loro opere. Di qui la loro inattualità da “intempestivi”. Ho chiesto così a Rosemary Liedl Porta di accompagnare con una nota l’annuncio di questa presentazione. Eccola, insieme al pensiero manoscritto di Antonio Porta, usato in apertura. effeffe

Una nota di accompagnamento
di
Rosemary Liedl Porta
Lo so che sono passati venti e più anni, ma per me Antonio è intorno a me e ogni libro che arriva a voi lettori è come una prova per sapere se quello che io provo è qualcosa di così personale o se può essere invece condiviso. Ma io non so trovare la strada, il modo della condivisione e contemporaneamente mi viene chiesto scrivere ma non so come fare, le parole si gelano.
Posso farti delle domande?

MARIO MONICELLI “… con levità.” [ post in progress – comments off ]

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Vicino al Colosseo… c’è Monti [ 2008 ] Mario Monicelli


 
Di cosa si tratta?
Mario Monicelli: E’ una cosa molto piccola, semplice. Accenni al volo di un rione di Roma. Il più antico, credo. Ho voluto prendere degli appunti, ma senza enfasi . Anzi, dandogli il tono che ha il rione, molto quotidiano, fatto di artigiani, botteghe, parecchie che non si conoscono però molto curiose, vie solitarie percorse da passanti modesti, barbieri, e poi tintori. Insomma, dando soprattutto un’immagine senza forte sottolineatura. L’importante è che si capisca che è un ritrattino fatto per accenni, senza approfondimenti.
[…]
Cosa ti piace del rione?
Mario Monicelli: Beh, questa realtà nascosta, piccola, dove ci sono delle verità veramente quotidane, le ottobrate che si fanno quando viene l’autunno, i banchetti all’aperto, le feste di paese, la processione. Quelle cose che si erano dimenticate, che appartenevano a un’Italia prima della guerra, direi. E’ rimasto, qui, qualcosa di sopravvissuto. E poi ci sono degli angoli nascosti, come alcuni giardini dietro le mura, in piccole vie tranquille, che sembrano orientali, con palme, bambù. Una cosa insolita, veramente strana. Ecco, ho cercato di dare qualche notizia di questi luoghi appartati. Molto a volo d’uccello, senza approfondire niente.

da “Vicino al Colosseo… c’è Monti”

Il luogo del riposo

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di Gianni Biondillo

Giunto da una Parigi gelida, l’aria umida e calda che mi investe uscito dall’aereo pare uno schiaffo che toglie il fiato. È notte all’aeroporto internazionale Hassan Djamous – guida dell’esercito durante la guerra libico-ciadiana e “casualmente” anche cugino dell’attuale presidente Idriss Déby – e il nostro è l’unico aeromobile presente sulla pista. D’altronde, come scoprirò in seguito, non esistono voli interni nel Ciad se non quelli umanitari organizzati dall’Onu, e quelli internazionali sono sporadici. Con la Libia, l’Etiopia, la Francia e poco altro ancora.
A piedi raggiungo l’edificio aeroportuale, dove un paio di trabiccoli ammazza zanzare dai neon viola sono completamente ricoperti di cadaveri di insetti a formare una lanugine che fodera le griglie. “Cominciamo bene” penso, vagamente ipocondriaco, conscio che i ceppi di malaria falcipara presente in Ciad sono i più tignosi e mortali e che della profilassi se ne fanno un baffo. Dentro all’edificio il caldo e l’umido non si mitigano, e neppure la presenza di insetti dalle fogge inimmaginabili; alcuni, zampettanti, sono di tale fattura e dimensione che paiono transgenici ai nostri occhi di europei che hanno della natura un’idea pacificata.

il passato non è una terra straniera

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di Sabina de Gregori

Il passato non è una terra straniera. Il passato riscalda, conforta, consola, è un pavimento di gomma su cui è più facile e più morbido cadere.

Come amava ricordare Goethe, non esiste futuro senza passato e le cose importanti che nascono nel presente non possono permettersi di tralasciare ciò che hanno ricevuto in eredità. Il mondo, la vita, le creazioni, persino le intuizioni geniali e innovative hanno bisogno di essere alimentate, anche inconsapevolmente, da quelle precedenti.

La Gioconda, o Madame Lisa come la chiamava Napoleone, ne è un esempio.

Murene, il secondo volume: Ingo Schulze, “L’angelo, le arance e il polipo”

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[Sta per essere spedita la seconda Murena. Ancora uno splendido testo, in una grande traduzione di Stefano Zangrando e Valentina Di Rosa, e con copertina sempre più trendy disegnata da Mattia, stavolta astutamente comprensiva (abbiamo capito come gira il mondo) di pubblicità occulta alla Fanta. È sempre possibile abbonarsi qui. E ancora una volta, grazie a tutti. a. r.]

di Stefano Zangrando

Ingo Schulze non sarà forse un «autore importante di cui nessuno in Italia si stia curando», com’era negli obiettivi di Nazione indiana nella fase ancora embrionale del progetto poi concretatosi con le Murene, ma è da molti anni un amico e un compagno di strada. Fin da quando, nel 2005, lo invitammo a proporre al blog un racconto inedito, poi confluito nella raccolta Bolero berlinese (Feltrinelli 2008), Schulze ha sempre partecipato con piacere e gratitudine a pubblicazioni più o meno vicine a NI e ai suoi membri – nel 2007 uscì un suo bell’intervento sul numero 9 di «Sud»; più tardi intervenne al Seminario Internazionale sul Romanzo di Trento, per il cui volume collettaneo ci donò un ricco saggio sulla sua poetica (apparso anche qui).

Penelope/Bolzano Poesia

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Dalla Penelope omerica, fragile e temeraria, alle fragili guerriere di un rinascimento epico delle poete contemporanee: è questo il Progetto Penelope di Bolzano Poesia 2010, organizzato dall’Ufficio Cultura del Comune di Bolzano e curato da Daniela Rossi, che a partire dal 29 novembre vedrá il susseguirsi di grandi nomi del teatro e della musica.

BOLZANO Poesia – Dichtung in BOZEN

PENELOPE
a cura di/unter der Leitung von Daniela Rossi

MILTON – II parte

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di Franco Buffoni

Fu il Tillyard, uno dei più acuti studiosi di Milton nel Novecento, ad osservare, verso la metà degli anni cinquanta, come – a differenza di quanto era sempre accaduto con altri grandi della letteratura – nei riguardi di Milton la critica si occupasse molto più di questioni inerenti la versificazione, lo stile (il Grand Style miltoniano, come scriveva Matthew Arnold), il pensiero filosofico, nonché la teogonia (cioè la geografia celeste), o la ricerca del protagonista (chi è l’eroe nel Paradiso perduto? Dio o – ben più verosimilmente – Satana?), piuttosto che di una semplice ma basilare questione: qual è il significato – vero, profondo – del Paradiso perduto? Che – in altri termini – significa chiedersi di che cosa parli veramente l’opera, aldilà della ovvia risposta “contenutistica” inevitabilmente imperniata sulla “caduta” degli angeli e la conseguente, inevitabile caduta dell’uomo.
Una delle risposte più autentiche può venire dalla riflessione sulla estrema musicalità del poema. Secondo le note categorie stilate da Ezra Pound all’inizio del secolo scorso (melopea: la poesia dove prevale l’elemento musicale; logopea: la poesia dove prevale l’elemento concettuale; fanopea: la poesia dove prevalgono l’immagine e la visione), l’opera di Milton sarebbe fondamentalmente melopeica, a scapito per l’appunto dell’immagine fulminante (oggi diremmo dell’epifania) e del logos.

Linguamadre: 27 novembre, 4 dicembre a Bologna

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presso Libreria delle Moline
Via delle Moline 3, Bologna

Perché leggere e ascoltare la poesia

«La scrittura è ora un ponte tra la terra del silenzio, le mie parole e il recinto rumoroso della mia voce. Il ponte mi permette di dire tutto sulla carta. Il ponte è il mio silenzio, un silenzio amico, in cui posso elaborare tutto senza spaventarmi subito della mia stessa voce e del timbro che le appartiene» (Marica Bodrozic)

27 novembre 2010 – Ore 18

Generazioni di poesia.
Latitudini e climi del linguaggio tra anni ’90 e inizio millennio

Presenta Vincenzo Bagnoli, intervengono:

Francesca Matteoni, TAM LIN e altre poesie, Transeuropa, 2010

Fabrizio Lombardo, Confini provvisori, Joker, 2008

Vito M. Bonito, Fioritura del sangue, Perrone, 2010

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4 dicembre 2010 – ore 18

I codici della voce.
Presentazione del n. 15 di «Versodove», rivista di letteratura

intervengono: Vincenzo Bagnoli, Vito Bonito, Fabrizio Lombardo, Vittoriano Masciullo, Stefano Semeraro, Franca Mancinelli e Barbara Ivancic.

Cinesi in Italia: cittadinanza e illegalità

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(c) 2010 Fiorenzo Digifiore, per gentile concessione dell'autore

di Andrea Pia (via Tommaso Facchin)

The Guardian del 17 novembre esce con un bell’articolo sull’immigrazione cinese a Prato. L’autore, John Hopper, descrive il suo ingresso nella Chinatown  cittadina passeggiando lungo via pistoiese: “Dopo la panetteria, al numero 29, L’Italia evapora”. Il trenta per cento dei residenti a Prato e’ di origine cinese (circa 50,000 persone) e  sono quasi 5000 le aziende possedute (2,700 quelle registrate secondo Silvia Pieraccini) da imprenditori cinesi in citta’.

Falso movimento. Su un romanzo di casa Pound

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di Francesco Forlani

Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga

Jorge Luis Borges, “Altre inquisizioni”, in “Metamorfosi della tartaruga

Ad un’amica su cui erano inciampati gli uni, più o meno della nostra parte e gli altri di quell’altra, dopo la lettura di un post che secondo me andrebbe portato nelle scuole libere come esempio di “smontaggio” delle attuali pratiche dell’ignominia a mezzo stampa, avevo scritto:

Cara amica, sono d’accordo con te. il livello di manipolazione è allucinante. Per esempio, ho letto il romanzo Casapound, Nessun dolore   e sulle prime mi sono detto , non è affatto un libro brutto. Ho lasciato che la lettura sedimentasse -intanto dicevo al mio Achille di non agitarsi – e man mano si faceva più chiaro il paesaggio, cominciavano ad apparire le svastichette, la violenza ecc. Tralascio i passaggi del libro in cui si palesa insieme a quella violenza primaria il decalogo del nuovo fascista – attenti però a non confonderlo con vitalismo che è altro-  ma è bastata una semplice cosa. A un certo punto risuonava in me, come lettore, il nome della  band che il protagonista utiizza come soundtrack del romanzo e che ritorna una pagina su due come No logo no party delle magliette in salsa casa Pound, e voilà, svelato l’arcano. Visita il sito, ascolta se ce la fai fino alla fine una canzone e la maschera vien giù, il sottotraccia della timeline  di questo strano video récit, apparentemente dissimulato sotto gli anabolizzanti dei neo palestrati della violenza purificatrice, appare in tutto il suo splendore. Quello che sconvolge è come persone che reputo serie – vd l’einaudiana Rosella Postorino o Vins Gallico – vengano citate nei ringraziamenti insomma a quel punto Achille, te lo assicuro, non riuscivo a tenerlo più fermo. Tuo effeffe

E già. Achille. Una nuova versione del celebre paradosso, da applicare a queste nuove rappresentazioni di fascismo ordinario, si potrebbe sintetizzare così.

CARI POLIZIOTTI,

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di Antonio Sparzani

oggi come allora

ma non vi siete ancora stancati di picchiare gli studenti?

nel 1968 non eravate ancora nati, ma non importa
quegli studenti sono figli vostri, sono tutti gli studenti d’Italia, non protestano per non studiare, per studiare meno, per fare i fancazzisti, figli di papà, non sono buona razza non mente, non hanno l’occhio cattivo, non sono paurosi, incerti, ma sono sì disperati, non sanno più come essere prepotenti, ricattatori e sicuri e ieri non erano solo a Valle Giulia, ma erano a Milano, a Roma, a Firenze, a Bologna e hanno la forza della disperazione e la forza più forte della specie: il desiderio di sopravvivenza.

Cari poliziotti, che certo anche voi siete figli di poveri, che venite da periferie contadine o urbane che siano, nessuno vi racconta perché siete chiamati sulle vostre piazze, di fronte ai vostri cittadini e figli a impedire con la violenza una protesta che quindi non conoscete.

Segni

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di Mariasole Ariot

Ciò che dall’interno
preme -e sbuffa, e macina
è un corpo lasciato a maggese
un resto
dei resti, del resto del tempo.
Avevo gli anni delle scarpe
senza tacco,
il tubo digerente
a comando,
e la medicina pura dei controllori.

f u t u r o   s e m p l i c e

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di Antonio Sparzani

Ai piedi del muro

Mi piacerebbe fare un gioco azzardato con questo Futuro semplice di Gianni Montieri (LietoColle 2010, € 10), voi direte esagerato, ma ascoltate senza paura delle esagerazioni: se io facessi leggere Le Occasioni montaliane a qualcuno che non le conosce ‒ non sarà facile trovarlo, lo so, ma supponete ‒ e ci mettessi dentro: scivolo dentro quelle notti / processioni d’auto sul lungomare /risate chiassose e clacson / come ci pareva facile / … il lettore, pur attento, si stupirebbe poi molto? Io non credo, anche se naturalmente, non appena poi proseguisse nella lettura di Futuro semplice perderebbe ogni dubbio e comincerebbe a percepire una personalissima vena, non assimilabile ad alcun’altra. Forse voglio soltanto dire che io ho intravisto in qualche movimento, giro di frase, immagine, presenti nelle brevi poesie di Montieri un’eco che mi rimanda alle mie prime letture poetiche, appunto gli Ossi e Le Occasioni. Certo comunque non è un cattivo viatico, per cominciare una lettura nuova. Magari Gianni ci dirà se le prime raccolte di Montale sono state tra le sue assidue letture.

Da un’altra parte che sembra assai diversa mi arriva un rimando a Futuro semplice: Giancarlo Majorino,

Io e Anne a Napoli

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Giovedì 25 novembre ore 18.00

carta st[r]ampa[la]ta n.37

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di Fabrizio Tonello

Al soccorso della ridotta berlusconiana, ormai simile al sogno nazifascista di un’estrema resistenza sulle Alpi dopo l’aprile 1945, arriva l’intellettuale di riferimento della destra, Marcello Veneziani, che nell’editoriale del Giornale (15 novembre) spiega a Galli della Loggia: “La guerra è appena cominciata”. Sallusti, Veneziani e la Santanchè apparentemente aspettano le “armi segrete” di Berlusconi che dovrebbero rovesciare il corso della guerra e far trionfare il Reich per mille anni. Li ritroveremo in Valtellina, armati fino ai denti, in compagnia delle ceneri di Dante, come proponeva il gerarca Pavolini nell’aprile 1945?

Dentro la città. La città e i diritti

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Mercoledì 24 novembre 2010, ore 21

presso gli Antichi Magazzini del Sale, Palazzo Comunale – Pistoia

La città e i diritti
*il diritto di ciascuno come dovere di tutti*

Ne discutono:

Luca Baccelli – filosofo del diritto, autore di I diritti dei popoli (Laterza, 2009)
Franco Buffoni – poeta, autore di Roma (Guanda, 2009) e Laico alfabeto in salsa gay piccante (Transeuropa, 2010)
Giovanna Campani – sociologa dell’interculturalità, autrice di Veline, niokke e cilici (Odoya, 2009)
Daniela Belliti – delll’Associazione Palomar

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Info: Associazione Palomar – Via Mazzini 28, Pistoia
info@associazionepalomar.it

Omofobia, identità e omosessualità

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“La rinuncia accresce l’intolleranza”

Freud, Il disagio della civiltà

di Domenico Lombardini

L’Italia non possiede un registro pubblico dei reati “omofobici”, siano questi di natura discriminatoria (ad esempio, nel mondo del lavoro) o propriamente violenta e intimidatoria. Per contro, gran parte dei paesi europei, come Bulgaria, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Romania, Slovenia ma sopratutto Regno Unito e Finlandia hanno una qualche forma di raccolta dati del genere[1]. Gli Stati Uniti con un atto legislativo (Hate Crime Statistics Act[2], 1990) hanno incluso tra i crimini violenti perpetrati su base pregiudiziale anche quelli di matrice omofoba. È interessante notare che l’Italia condivide questa inadempienza o, se vogliamo, trascuratezza con Cipro, Grecia, Portogallo e Spagna (ibid. pag. 22), tutti paesi mediterranei in cui storicamente la presenza della religione cristiana, ortodossa o cattolica, ha plasmato i destini nazionali politici, culturali e sociali in maniera assai profonda.

Il pregiudizio negativo nei confronti degli omosessuali in Italia è diffuso, secondo alcuni studi, non soltanto tra i comuni cittadini ma anche, ciò che è ancora più grave, tra gli stessi psicoterapeuti, specie quelli ad indirizzo freudiano[3], i quali hanno a che fare con questo tipo di pazienti ogni giorno. Ci si deve chiedere quindi quali siano i fattori sociali e psicologici che predispongono gli individui, siano questi singoli o gruppi di soggetti, a sviluppare un atteggiamento spontaneamente negativo nei confronti dell’omosessualità.

Un libro vi trasporterà: Fabio Geda

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Appuntamento su torno giovedì dedicato questa volta al libro di Fabio Geda “Nel mare ci sono i coccodrilli”,BC Dalai editore. Insieme all’autore incontriamo al Pastis, storico locale del quadrilatero di Torino, Andrea Gerbaudo, cantante della band torinese, les sans papier. E poi piove
effeffe

Il re che ride

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di Simone Barillari
[E’ uscito da pochi giorni per Marsilio un saggio di Simone Barillari (a cui hanno collaborato Nicola Baldoni ed Emmanuela Nese) intitolato Il Re che ride, che raccoglie e analizza tutte le barzellette raccontate da Silvio Berlusconi dal 1994 a oggi – sono più di ottanta – per descrivere il linguaggio comico di Berlusconi e mostrare come sia alla base del suo discorso politico.
A seguire la trascrizione della barzelletta “Paradiso s.p.a.” con i due video (Benevento, 10 ottobre 2009 e Milano, 17 aprile 2010 ) di Berlusconi che la racconta e il commento di Barillari.]
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Berlusconi muore e, ahimè, anche in paradiso leggono «Repubblica» e «l’Unità», e quindi lo mandano all’inferno. Lui va lì, ma dopo qualche giorno non può stare fermo, si tira su le maniche… perché c’è tutto che non funziona: non arrivano le fruste, non arrivano i martelli… non arriva niente. Morale: in un mese l’inferno va a posto.