Home Blog Pagina 369

Finanziare il lavoro creativo: Produzioni dal Basso

2

murales di Felice Pignataro

di Jan Reister

Intervista a Produzioni dal basso, un servizio italiano di autoproduzione ed a Martina Pignataro.

31
lettera di effeffe

“ Ho sempre aspirato a una forma più capace

che non fosse né troppo poesia né troppo prosa

e permettesse di comprendersi senza esporre nessuno,

né l’autore nè il lettore a sofferenze insigni.”

(Czeslaw  Milosz)

da “Alcune cose”
di

Carmine Vitale

Anche la felicità deve fare il suo dovere
sotto forma di altre apparizioni
residui di stelle
voci di cui ci si dimenticherà
Conoscere l’inglese mi avrebbe evitato una brutta figura;
volevo sapere il significato della parola
– terreni prativi o forse prati –
Si scatenerà una ridda di voci
già lo so che ognuno vorrà dire la sua
ma non volevo questo:
era della felicità che tentavo di parlare
(una di quelle cose semplici
elementari
tipo: sentire una figlia spingere per entrare
così forte tra la luce del giorno,
senza paura di sapere cosa l’aspetta).

FRATTINI ATEOFOBO

15

di Giorgio Mancuso

Sul sito del Ministero degli Esteri, a questo indirizzo: 

http://www.esteri.it/MAE/IT/Sala_Stampa/ArchivioNotizie/Interviste/2010/10/20101022_FrattiniMedioOriente.htm
e sull’Osservatore Romano è apparso un articolo del Ministro degli Esteri Frattini dal titolo “La libertà di promuovere la pace”, nel quale si afferma tra l’altro:

”I cristiani dovranno essere consapevoli anche di ricercare con i musulmani un’intesa su come contrastare quegli aspetti che, al pari dell’estremismo, minacciano la società. Mi riferisco all’ateismo, al materialismo e al relativismo. Cristiani, musulmani ed ebrei possono lavorare per raggiungere questo comune obiettivo.

Credo che occorra un nuovo umanesimo per contrastare questi fenomeni perversi, perché soltanto la centralità della persona umana è un antidoto che previene il fanatismo e l’intolleranza.”



Premonizione

4

di Leonardo Palmisano

I miei figli sono morti.
Ci penso tutti i giorni, quando cammino lungo il fiume mentre vado in ufficio, e passo davanti alla scuola materna, e vedo i figli degli altri scendere dalle macchine e salutare con un bacio il papà che li ha accompagnati.
Li osservo finché qualcuno incrocia il mio sguardo: non mi piace che si accorgano di me. Mi volto verso il fiume e proseguo, e mi pare che nella mia testa tutto diventi freddo, ghiaccio, e che debba essere così in eterno. Poi, lentamente, ogni cosa torna quasi come prima.
Alcuni minuti dopo mi siedo alla mia scrivania e comincio a lavorare.
Leggo e scrivo per otto ore, più o meno. (Non serve entrare nei particolari.) Per farlo mi danno seicento euro al mese. Ho degli amici che per lo stesso lavoro prendono cinquecento o settecento euro. Per i più bravi – e i più fortunati – si arriva a ottocento. Si sentono felici. C’è anche chi non vede un soldo per sei mesi e spera che prima o poi gli facciano un contratto, che non lo caccino per far posto a un altro.
Non sempre la speranza si avvera.

Io non sono Percival Everett

5
[Due estratti del nuovo romanzo di Percival Everett Io non sono Sidney Poitier, che l’editore Nutrimenti mi ha gentilmente concesso di pubblicare. E’ Percival Everett a mettersi in scena come Percival Everett, di fronte a un allievo che si chiama “Io non sono Sidney Poitier”. La consueta arguzia everettiana, che ti tiene fino in fondo nelle sue traiettorie oblique. “E tu chi sei?”. “Non Sono Sidney”. “Ok, ma allora chi sei?”. “Te l’ho detto. Non Sono Sidney”. “Perché qualcuno ti ha detto che sei Sidney?”. “Non hai capito: Non Sono Sidney”.
Ha detto Everett a proposito del libro: “L’idea del libro è scaturita dalla mia passione per la più semplice delle asserzioni della logica, il principio di identità, e dalla constatazione che niente può essere identico a sé stesso. Questo è il presupposto, poi naturalmente c’è la mia esperienza di nero in America, il mio chiedermi come diavolo sia possibile che i bianchi mi scambino in continuazione per qualcun altro con la pelle nera, quando l’unico tratto che abbiamo in comune è, più o meno, il colore della pelle”. E poi: “Ho scelto Sidney Poitier perché è alto, scurissimo, parla e si presenta bene: è il simbolo stesso della dignità nera. Ma sebbene negli anni Sessanta Poitier sia certamente stato una star del cinema, non si può certo dire che egli rappresentasse l’esperienza nera, se mai ne sia esistita una; Poitier non è stato altro che il mezzo per soddisfare la necessità di avere una faccia nera sullo schermo”. m.r.]
*
È arrivato un autunno ancora più caldo dell’estate appena passata, un caldo tremendo, umido, rovente che rendeva impossibile restare asciutti. Io, almeno, non riuscivo a essere meno che fradicio di sudore. Era settembre ed ero uno studente universitario, uno studente universitario in un lago di sudore, fatto che non sembrava avere importanza dal momento che, come ho avuto subito modo di imparare, all’università ero un reietto quanto al liceo, con l’unica differenza che lì invece di picchiarmi e prendermi in giro semplicemente mi ignoravano. Avrei potuto rendere il mio primo giorno più facile se avessi visitato il campus in anticipo.

Il mercato senza mercanti: il sito, il progetto

1

Prezzosorgente.com

Prezzosorgente.com, Il Mercato senza mercanti, è una piattaforma ideata da Pino Tripodi che nasce con l’obiettivo di creare, promuovere diffondere sistemi di produzione e relazioni sociali basati :

La tigre nella giungla

2

di Marilena Renda

– Mi sono svegliata che ti stavo sognando, eravamo al mare e io ti toccavo sott’acqua. Da lontano vedevo tanti ami, e una barca di quelle che fanno il raduno sul lago.
– Io non ricordo invece il mio sogno. Sono cosciente del fatto che mi hai svegliato.
– Un momento dopo eravamo in una piazza, guardavamo le case attorno perché volevamo comprarne una, riuscivamo a vedere dentro le case i divani, i salotti, le pentole, i piatti, poi alle spalle arrivavano due con l’aria da turisti, e mi colpivano alle spalle.
– Ti colpivano alle spalle con cosa?
– Con una siringa attaccata a una pistola. Il dolore era così forte che non riuscivo a vedere più niente. Non cadevo per terra, era un dolore abbacinante, che non ho mai sentito da sveglia. Vedevo l’uomo che mi aveva accoltellato, era soddisfatto.
– E io che facevo?

Cultura fuori dalla cultura

36

(da «il Fatto Quotidiano» – venerdì 22 ottobre 2010)

Non solo libri: la «società intellettuale» deve conquistare rilevanza.
Oggi più che mai può farlo uscendo dai confini letterari
e misurandosi con i temi politici e sociali

di Evelina Santangelo

«Come posso far sì che la mia attitudine critica, l’impegno civile, l’esperienza politica non sia una forma di intrattenimento, di mero consumo culturale, un passatempo come un altro?» Così si interroga Christian Raimo sulla Domenica del Sole 24 ore di qualche settimana fa, dando voce al disagio di quanti in Italia svolgono un lavoro intellettuale scontando la colpa singolare di appartenere a una generazione destinata a vivere la frustrazione della propria ininfluenza. La ragione di questo stato di cose, secondo Raimo: quel «deserto di cultura» in cui ormai si è tutti calati e che i giornali nella loro noncuranza contribuiscono ad alimentare. Un deserto che – come puntualizza Gianluigi Ricuperati – si nutre di quel genere di risentimento (riversato soprattutto nella blogosfera) legato al sospetto che nulla ormai in questo paese sia conseguito e conseguibile in base al merito.

La fantasmagoria dell’amore in rete

2

di Marco Rovelli

La virtualità non è irrealtà, ma solo un’altra forma di realtà. Per un caso qualsiasi, un qualsiasi snodo nella rete, accade di incrociare un’altra persona. Ma “un’altra persona” significa, in rete, essenzialmente “un’altra scrittura”. E quella scrittura ci coglie, ci accoglie, ci chiama. Allora si comincia a camminare per una strada costellata di segni, e si entra nella vita di uno sconosciuto, trascinati solo dalle parole, da un riconoscimento compiuto parola per parola, brano a brano. All’apice della mente (sic), pare di sentire una musica nelle parole dell’altro che fa riconoscere il suono prima che il senso, una musica che si accorda con la forma del vivere, che mostra il ritmo che ognuno ha nel camminare. Ci si legge e si sente la stessa metrica. E allora, accade, ci si sente e ci si desidera. Senza pensare, come invece si dovrebbe, che quel “si” non è reciproco, ma riflessivo. Che nella persona immaginata è proiettata la nostra fantasmagoria di desideri. E allora, sempreché – miracolo su miracolo – non avvenga l’Incarnazione, quei desideri, al contatto con il piano di realtà della quotidianità, implodono e si afflosciano, ripiegandosi sul vuoto che li costituisce. Oppure, ancora peggio, non hanno il coraggio di manifestarsi, mantenendo lo “scrittore” preda perenne delle proprie fantasmagorie. Come capita, ad esempio, in un lieve ma acuto romanzo, Le ho mai raccontato del vento del Nord (Feltrinelli) di Daniel Glattauer, quasi 800mila copie vendute in Germania. Un romanzo epistolare fatto di mail scambiate tra una donna e un uomo, scambio nato da un errore di persona e che è andato a costruire un’intimità soffocante che non può che rivelarsi un vicolo cieco. Glattauer è riuscito a costruire una ragnatela fatta di richiami, avvicinamenti e prese di distanza, la ragnatela paradossale della virtualità, e questa ragnatela scrittoria riesce a prenderti e portarti, in un paio d’ore, alla fine del libro. E ognuno che abbia creduto di riconoscersi in un’altra persona virtuale si riconosce inevitabilmente in questa féerie.

(pubblicato su l’Unità il 23/10/2010)

E. E. CUMMINGS – II. THE BOYS I MEAN

1

di Franco Buffoni

Nel 1927 E. E. Cummings mette in scena un particolare dramma poetico in prosa, Him, che riflette – trasfigurandole – le sue disavventure coniugali: due i matrimoni alle spalle, entrambi di brevissima durata. Saldissimo invece continua il sodalizio con William Slater Brown. Nel 1931, dopo la composizione di un’altra pièce teatrale – Anthropos – anch’essa inquadrabile in un particolare genere di teatro di poesia, o teatro da camera, destinato qualche anno più tardi a fiorire anche con Auden(The Dog Beneath the Skin), E. E. Cummings ottiene un visto di ingresso per l’Unione Sovietica. Vi resta un mese, dapprima a Mosca – al Metropole, “assistito da un ‘Virgilio’ omosessuale, e poi ospite di una ‘Beatrice’ figlia di ‘Lack Dungeon’, anagramma di Jack London” (come ricorda Massimo Bacigalupo nel saggio dedicato a Cummings, apparso nella serie dei Contemporanei dell’editore Lucarini nel 1982)  – quindi a Kiev e a Odessa, prima di di rientrare a Parigi attraverso Istanbul con l’Orient Express.

Risultato del viaggio e dell’avventura – sempre trattenuta a fior di pelle, subita, desiderata, oppressa dall’onnipresente clima di terrore poliziesco staliniano – è il secondo romanzo dell’artista, Eimi, pubblicato nel 1933. Inutile rilevare che Cummings rifiuta in quanto tale, per le sue opere in prosa, il termine romanzo, così come rifiuta le distinzioni canoniche di tutti i generi letterari. Persino quando, ormai in età ormai matura, verrà invitato a Harvard a tenere delle lezioni, le definirà: non-lectures.

Il poeta aveva ottenuto il visto di ingresso in Urss attraverso il partito comunista francese, in particolare grazie alla mediazione di Aragon; dunque poteva anche limitarsi a descrivere i miracoli del socialismo reale.

pop muzik (everybody talk about) #2

3

Ankle Injuries / Fujiya and Miyagi. 2006

The Social Network: vita (asociale) del fondatore di FB

48

di Matteo Ciucci

Quasi una nemesi divina, una maledizione. Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, il sito che con i suoi 500 milioni di iscritti raggiunge un valore di 25 miliardi di dollari, padre dell’incarnazione del più vasto social network del mondo, perde per colpa della sua creatura l’unico amico che aveva. Zuckerberg è infatti un Nerd di Harvard incapace di stabilire relazioni sociali con gli altri, che genera l’esperimento di Facebook per vendetta contro una studentessa che lo ha rifiutato. E’ questo l’incipit del film The Social Network di David Fincher sulla vita socialmente arida del fondatore di Facebook, il cui nome, per ironia della sorte, in tedesco significa “montagna di zucchero”.

Riva

2

di Francesca Matteoni

Ru, in vietnamita significa ninnananna, cullare. In francese è lo scorrere di un piccolo ruscello. È il titolo originale del romanzo di Kim Thúy, Riva, tradotto dal francese da Cinzia Poli per Nottetempo edizioni, che narra la storia autobiografica dell’autrice dal Vietnam del Sud dopo la guerra e durante il governo comunista, all’esodo verso un campo profughi malese, all’esperienza tragica dei boat people in cerca di un paese accogliente, al Canada infine, per un nuovo inizio. Ninnananna, una cosa infantile, che trascina nel sonno, dove temporaneamente si perde ogni contatto con la realtà conosciuta, con gli affetti, il mondo visto. Ruscello, corso d’acqua che fluisce, ma mai violentemente, anche se soggetto a scosse – massa liquida in tumulto, gonfia di temporale e monsone, che lascia affiorare in sé pezzi del presente e del passato, sintomi dell’esistenza a venire.

Classifiche Pordenonelegge-Premio Dedalus, ottobre 2010

7

Come da regolamento, sono stati esclusi dalle votazioni i libri di Guido Mazzoni (I mondi, Donzelli) per la Poesia; La strada di Levi di Marco Belpoliti-Andrea Cortellessa-Davide Ferrario (Chiare Lettere) per le Altre Scritture.


NARRATIVA

1) Helena Janeczek, Le rondini di Montecassino, Guanda    p. 83
2) Michele Mari, Rosso Floyd, Einaudi     p. 52
3) Franco Cordelli, La marea umana, Rizzoli    p. 49
4) Paolo Zanotti, Bambini bonsai, Ponte alle Grazie    p. 36
5) Emanuele Trevi, Il libro della gioia perpetua, Rizzoli    p. 33
6) Carlo D’Amicis, La battuta perfetta, minimum fax    p. 24
7) Gabriele Frasca, Dai cancelli d’acciaio, Luca Sossella Editore    p. 21
7) Gilda Policastro, Il farmaco, Fandango    p. 21
9) Antonio Moresco, Gli incendiati, Mondadori    p. 19
10) Davide Longo, L’uomo verticale, Fandango Libri      p. 18

Sostenne Pereira

3

-Tabucchi, nella giornata di ieri, era presente al Salon per ricevere da France Culture il premio per il miglior libro straniero Si sta facendo sempre più tardi. Rilassato, tutt’altro che voglioso di riprendere la polemica, lo scrittore ha cercato di glissare alle domande insistenti che gli chiedevano un commento alle dichiarazioni che in Italia ci fossero «intellettuali clown». Sorridendo ha replicato con ironia: «Davvero Berlusconi ha detto questo? Beh chiederei conferma al nostro ministro degli Esteri, anche perché trovandomi in un paese straniera avrei bisogno di verifiche. In ogni caso l’affermazione denota che il personaggio è dotato di buona cultura. Anzi sospetto che abbia letto quel libro magnifico che un grande professore di Ginevra, Jean Starobìnski, ha dedicato ai saltimbanchi, meglio al rapporto fra gli artisti e i saltimbanchi». Ma davvero gli intellettuali italiani sparlano del proprio paese? Ancora una volta Tabucchi è ricorso all’arma dell’ironia: «Facciamo una cosa elegante, rispondo al presidente del Consiglio che in giro per il mondo portiamo la letteratura».
C’è stata poi l’attesa per il breve discorso che lo scrittore e traduttore di Pessoa avrebbe fatto dopo il premio. Non ha deluso le aspettative di chi si aspettava un piglio più diretto. «Sono uno scrittore che ha scelto la parola, certi scelgono il silenzio. Io ho scelto di parlare differentemente dagli anacoreti. In Italia c’è una situazione paradossale. Gli avvenimenti evocati l‘altro giorno al teatro dell’Odeon dove un gruppo di intellettuali e di scrittori italiani ha parlato di quello che accade nel nostro paese, sono stati visti come una provocazione, un atto di vigliaccheria. Il presidente del Consiglio ha attaccato tutti coloro che hanno osato criticare il governo. Li ha chiamati terroristi. La verità è che sono degli scrittori che usano la parola in modo pacifico e sereno. C’è in Italia un terrorismo che uccide la gente, ma questi sono degli assassini. E’ assurdo immaginare che abbiano qualcosa da spartire con noi».

Avventure 9 (fine) – Famiglia

0

di Giacomo Sartori

Il rilevatore che arriva nella corte della masseria è stanco, si domanda che senso abbia questo suo accanimento a nutrirsi di vento. La costruzione settecentesca ha una loggia aperta alla brezza della valle, e le chiazze di sole sulla facciata e sulla signorile terrazza fanno pensare a un acquerello inglese, ma proprio davanti sono stati eretti due capannoni di cemento armato per le galline. E anche la cucina nonostante l’alta volta e gli stucchi è una cucina di contadini poveri. Il padre mangia chino in avanti sul piatto e intanto parla, e quando parla nessuno lo interrompe. Strappa il pane con le mani che sembrano troppo grandi, e poi lo strascica nel piatto

le château tremblant

4

di Giovanni Catelli

Non siamo più tornati al Château Tremblant, ed è un peccato.
Ci dev’essere un motivo, chissà, forse lo scopriremo, una mattina, svegliandoci, e sarà tutto chiaro, come averlo saputo da sempre.
Era un giorno di calura intensa, ricordo, e passavamo lenti, con i finestrini abbassati, sul lungo ponte metallico, non sapevamo davvero dove andare, quell’estate ci saziava con le sue giornate africane, le sue notti corte, in cui proseguire la veglia era una felice condanna, sino all’alba, senza mai desiderare il sonno, mai essere tentati dalla stanchezza.
L’avevi scorto con un’occhiata distratta, e ne ripetevi il nome, lentamente, come una filastrocca: Le-Châ-teau-Trem-blant-Le-Châ-teau-Trem-blant…
Era un invito troppo suadente, alla fine del ponte presi la strada a destra che scendeva verso il fiume, all’ombra dei platani.
Parcheggiai la macchina, e ci sedemmo sotto la pergola, non c’era nessun altro, eravamo soli davanti al fiume, e questo ci bastava.
Quel giorno, tutto si sfaldava nella luce, il colore dell’acqua, il ponte, i muri delle fabbriche sull’altra riva, il rumore vano di un macchinario in movimento, la tristezza interrotta di quella banlieue, come uno spettacolo sospeso

IL BUON ESEMPIO

9

di Alfredo Matacotta Cordella

Il giorno 21 settembre 2010 il Deputato Antonio Borghesi dell’Italia dei Valori ha proposto l’abolizione del vitalizio che spetta ai parlamentari dopo solo 5 anni di legislatura in quanto affermava cha tale trattamento risultava iniquo rispetto a quello previsto dai lavoratori che devono versare 40 anni di contributi per avere diritto ad una pensione.
Ecco com’è finita:
Presenti 525
Votanti 520
Astenuti 5
Maggioranza 261
Hanno votato sì 22
Hanno votato no 498).
i 22 sono: BARBATO, BORGHESI, CAMBURSANO, DI GIUSEPPE, DI PIETRO, DI STANISLAO, DONADI, EVANGELISTI, FAVIA, FORMISANO, ANIELLO, MESSINA, MONAI, MURA, PALADINI, PALAGIANO, PALOMBA, PIFFARI, PORCINO, RAZZI, ROTA, SCILIPOTI, ZAZZERA.

leggère attentamente

18

ISTRUZIONI PER UN ADDIO
di
L.R. Carrino

1. Aprire la vaschetta del detersivo (è quella a destra)
Mi è venuta un poco di paura. Poso i fogli sul tavolo, faccio cadere la borsa del PC a terra, la casa è profumata, brilla tutto, tutto pulito, sistemato. Resto così per un minuto e sento che tutta la casa si sta zitta, non si sente niente, non ce la faccio manco a pensare, ma che madonna mi hai detto vicino all’ascensore? Non ho capito niente, ho capito male senz’altro, ho capito una cosa per un’altra.
Vado in cucina, apro il frigorifero e vedo il latte ad alta digeribilità, mi calma vedere la busta di latte, la prendo e vedo la scadenza, mancano ancora tre giorni. Apro il forno e dentro ci sta il tacchino con i piselli, la parmigiana di melanzane, tutto pronto. Mi calmo, mi calma un poco ’sta cosa.
Apro il mobile dove sta la pasta, i biscotti che ti mangi, quelli senza glutine, stanno quasi per finire ma ci stanno. Apro il balcone, dentro a una busta di plastica, appesa alla maniglia della porticella della caldaia, ci sta un foglio, sul foglio ci sta un disegno della parte di sotto della caldaia.
Quanto sei bravo a disegnare tu, io mai, manco una casarella so’ fare, faccio pure i fiori più grandi dei cristiani. Nel disegno ci stanno le quattro manopole della caldaia, su una ci sta una freccia grossa e a fianco c’è scritto “pressione dell’acqua”, appresso c’è scritto “aprila lentamente verso destra”, poi c’è scritto “richiudila quando l’indicatore segna 1,5 bar“.

pop muzik (everybody talk about) #1

0

Pop Muzik / M. 1979

Cambio di paradigma

59

di Marco Giovenale

Micropremessa

Quanto di séguito si schematizza e si afferma vale come primo resoconto e presa d’atto – report osservativo – di una determinata area di scrittura contemporanea. In più, il perimetro così delineato non è privo di interruzioni, falle, faglie, porosità, cedimenti. Come ogni neoformazione, tutto sommato. In aggiunta, chi qui scrive non inscrive l’intera sua identità di autore nella detta area. Alcuni suoi testi le appartengono in pieno, altri in parte, altri per niente.

Quando si parla di cambio di paradigma, in riferimento alla scrittura o ad alcune scritture di ricerca degli ultimi decenni e segnatamente a quelle degli ultimi quindici-venti anni, specie in Francia e Stati Uniti e perfino in Italia, può essere sensato annotare e rammentare che :

  1. marcano spesso una linea di differenza dalle avanguardie storiche e da un numero consistente di esperimenti di fine Novecento a quelle legate;
  2. segnano un tendenziale anzi radicale distacco da derive metatestuali, veteromallarmeane, da ‘culto del Libro’ (e del libro), o ragionative-rilkiane, alato-heideggeriane – in voga specie tra anni Ottanta e Novanta;
  3. si connettono semmai strettamente a una serie di meccanismi o avvenimenti, occorrenze (non necessariamente tutte sempre verificate e/o contemporanee), e caratteristiche o proprio fatti, che possono essere non inutilmente elencati :